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https://it.wikipedia.org/wiki/CPAN
CPAN
CPAN è la sigla di Comprehensive Perl Archive Network, ed è l'archivio pubblico dei moduli, packages e applicazioni scritte in Perl e pubblicate con licenze libere. È basato sul modello di CTAN (Comprehensive Archive Network). La nuova interfaccia web per la consultazione dell'archivio è MetaCPAN. I moduli stessi archiviati in CPAN sono replicati e distribuiti in numerosi mirror presenti su tutto il globo terrestre. Il CPAN è stato creato da Jarkko Hietaniemi e Andreas König ed è online dal 26 ottobre 1995. Al 2010, il repository contiene circa 7 Gbyte di moduli Perl, sviluppati da oltre 8000 autori diversi, per un numero complessivo di più di 17000 moduli. Il sito viene relazionato come mirror in altri 228 server in tutto il mondo. Collegamenti esterni Siti web
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https://it.wikipedia.org/wiki/CTAN
CTAN
CTAN è la sigla di Comprehensive Archive Network. È il sito web di riferimento da cui scaricare materiale e software relativo al sistema di tipografia digitale . I siti di altri progetti, quali la distribuzione di MiKTeX, offrono un servizio di mirror della maggior parte del materiale contenuto in CTAN. L'archivio del materiale per Perl, CPAN si basa sullo stesso modello di CTAN. Storia Prima di CTAN c'era una quantità di persone che rendevano disponibile materiale per al fine di scaricarlo, ma mancava una collezione sistematica. Durante una discussione pubblica organizzata da Joachim Schrod durante la conferenza EuroTeX del 1991, venne ventilata l'idea di integrare le collezioni separate in una unica (Joachim fu coinvolto poiché gestiva uno dei server FTP più grandi della Germania all'epoca). CTAN fu messo in opera nel 1992, da Rainer Schöpf e Joachim Schrod in Germania, Sebastian Rahtz nel Regno Unito e George Greenwade negli USA (quest'ultimo ebbe l'idea del nome). La struttura del sito venne impostata all'inizio del 1992 — Sebastian fece il grosso del lavoro — e sincronizzata all'inizio del 1993. Il TeX Users Group fornì una struttura, un gruppo di lavoro tecnico, per l'organizzazione di questi compiti. CTAN venne annunciato ufficialmente alla conferenza EuroTeX di Aston nel 1993. I siti tedesco e britannico sono stati stabili sin dall'inizio, ma il sito statunitense è stato spostato due volte. Dopo aver iniziato alla Sam Huston State University sotto George Greenwade, nel 1995 si spostò all'UMass Boston dove era gestito da Karl Berry. Nel 1999 si spostò nella sua sede attuale al Saint Michael's College di Colchester, Vermont. Note Voci correlate CPAN CRAN Collegamenti esterni TeX
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https://it.wikipedia.org/wiki/Cervus%20elaphus%20corsicanus
Cervus elaphus corsicanus
Il cervo sardo (Cervus elaphus corsicanus ) o cervo corso è una sottospecie endemica sardo-corsa del cervo europeo (Cervus elaphus), un mammifero ruminante dell'ordine degli Artiodattili. Il nome scientifico richiama la sua prima osservazione in Corsica, ma l'animale si è estinto nell'isola attorno alla metà degli anni sessanta, per esservi poi reintrodotto solo dal 1985 (dapprima in recinti e dal 1998 in natura). Attualmente il cervo sardo-corso è fuori pericolo e in espansione, sia numerica che territoriale, in entrambe le isole. Origine L'origine del cervo sardo-corso rappresenta ancora oggi un mistero e per spiegare la sua presenza nelle isole sono state formulate due teorie principali: La prima sostiene che dei cervi di provenienza italica, nel periodo di massima regressione marina avvenuta durante l'ultimo periodo glaciale, abbiano raggiunto autonomamente le due isole (all'epoca unite fra loro) attraversando uno stretto e poco profondo tratto di mare che le separava dalla penisola. La seconda sostiene che l'origine del cervo sardo sia da considerarsi artificiale, ed attuata, da parte dell'uomo, nell'ultimo periodo dell'età del bronzo (1200-700 a.C.). La sua importazione si giustificherebbe per la presunta utilità che l'animale avrebbe potuto recare all'uomo, in particolare nell'ambito sacro-rituale. Si ritiene infatti che questo ungulato possa aver destato un interesse casuale o di generica utilità, oppure come specie venatoria, tanto da garantirgli un passaggio in Sardegna o in Corsica (in concomitanza o in precedenza rispetto ad altre specie venatorie come il daino sardo e la lepre sarda, anche se il cervo presente in Sardegna è di origine europea, mentre il daino proviene dal Vicino Oriente e la lepre dall'Africa). Favorito anche dalle selve e dalle rigogliose foreste che ricoprivano le due isole, l'animale si è successivamente diffuso uniformemente su tutto il territorio. Giova peraltro tenere presenti gli studi archeozoologici con i quali sono stati individuati resti di Cervus Elaphus in età neolitica (fonte: https://www.academia.edu/29833794/L_alimentazione_e_lo_sfruttamento_delle_risorse_animali_nell_area_di_Mogoro_tra_il_III_e_il_II_millennio_a_C_I_dati_archeozoologici_dai_siti_di_Puisteris_e_Cuccurada) tali da escludere la sua introduzione per importazione. Non è invece considerato discendente del preistorico Praemegaceros cazioti, estintosi all'inizio del Neolitico. Tra la fine dell'Ottocento e soprattutto i primi decenni del Novecento, in concomitanza con la forte deforestazione permessa dalla prima legge forestale italiana (L. 3917/1877), l'intensificarsi della caccia e degli incendi pastorali, il cervo ha visto ridursi notevolmente sia la propria densità distributiva, sia il proprio areale, nonostante la prima legge sulla caccia del 1939 (regio decreto 1016/1939) che imponeva in Sardegna il divieto totale di caccia al cervo. Descrizione Si tratta della varietà sardo-corsa del cervo rosso europeo (Cervus elaphus elaphus Linnaeus), è leggermente più piccolo e più snello di questo. Lungo circa 2,50 metri compresa la coda, gli esemplari maschi raggiungono un'altezza al garrese attorno ai 100 cm ed un peso massimo di 130 kg. Le femmine, invece, hanno un peso compreso fra 70 e 80 kg. Il cervo sardo corso rappresenta il più grande animale presente in Sardegna ed in Corsica. Presenta la testa di medie dimensioni; il muso è allungato, tronco all'apice; gli occhi sono grandi; ha le orecchie ovali molto grandi e dritte; il collo si presenta grosso e lungo; il tronco robusto; gli arti, lunghi e snelli, sono muniti di due grosse dita provviste di robusti zoccoli (altre due dita laterali rimangono in stato rudimentale); la coda è corta e grossa; la sua pelliccia presenta peli abbastanza lunghi e spessi con un manto bruno scuro e parti inferiori più chiare; caratteristico è il cosiddetto disco codale, zona bianca nella parte posteriore delle cosce. Il maschio ha palchi (impropriamente chiamati corna) caduchi, sottili e ramificati, fissati sull'osso frontale: i palchi vengono rinnovati ogni anno e nei primi anni di vita cadono e rispuntano con un ramo in più. La femmina è completamente sprovvista di palchi e presenta mammelle in numero di 4. Biologia Rispetto al cervo europeo il ciclo riproduttivo risulta anticipato di circa un mese, con il bramito (decisamente più cupo rispetto alla specie continentale) che presenta il picco nella prima metà di settembre. La gravidanza dura 33-34 settimane. I piccoli (in genere uno, più raramente due) nascono tra maggio e giugno. Distribuzione e habitat Predilige le fitte foreste di macchia mediterranea alta e la boscaglia. Gli areali di diffusione sono ancora limitati e localizzati a specifiche aree, seppure in costante espansione, grazie a mirate reintroduzioni. Stato di conservazione Fino al XIX secolo la popolazione di cervo sardo corso viene descritta come "comune e abbondante" in entrambe le isole. La drastica diminuzione delle aree forestali permessa dalla prima legge forestale italiana, la L. 3917/1877, la frammentazione del territorio, l'aumento del numero degli incendi, la caccia e la conflittualità nell'utilizzo delle risorse naturali con l'agricoltura e l'allevamento fecero ridurre all'inizio degli anni Cinquanta la popolazione di Cervo Sardo Corso a sole tre aree, l'Arburese, il Sulcis ed il Sarrabus, nonostante il regio decreto 1016/1939 avesse introdotto il divieto totale di caccia al cervo in Sardegna. Alla fine degli anni sessanta fu inserito nella Lista rossa IUCN con una popolazione stimata fra i 100 ed i 200 esemplari in Sardegna, mentre nel 1969 si estingueva completamente in Corsica (quando fra il 1967 ed il 1969 morirono gli ultimi 4 esemplari che vivevano nella riserva nazionale di caccia di Casabainda). La completa estinzione della specie in Corsica fece suonare un forte campanello di allarme in Sardegna. Negli anni settanta il primo censimento attendibile stimò una popolazione superstite di 90 maschi bramenti equivalenti a 250-300 esemplari. Questa popolazione era frazionata in due nuclei, dislocati nei monti del Sulcis e del Sarrabus, ai quali si aggiungevano pochi esemplari confinati nell'areale di Montevecchio – Costa Verde. La salvaguardia dall'estinzione di questa specie ha la sua pietra miliare nella metà degli anni ottanta, con l'acquisizione della Riserva di Monte Arcosu da parte del WWF Italia. L'opera di tutela dell'associazione, affiancata dall'attività di allevamento e ripopolamento attuata dall'ex Azienda Foreste Demaniali della Sardegna, ha permesso di allontanare lo stato d'emergenza consentendo l'incremento della popolazione nel territorio del Sulcis e la sua reintroduzione negli areali del Sarrabus e del Monte Linas e, recentemente (2003), nella stazione forestale del Monte Lerno e in Corsica (Quenza e Casabianda - dove i primi 4 esemplari furono trasferiti nel 1985). Negli anni si sono susseguiti tentativi di ripopolamento di altre aree, in particolare nella Barbagia, e nel Gerrei. Nell'opera di salvaguardia sono stati coinvolti diversi organismi pubblici o privati. Alle azioni dell'Ente foreste della Sardegna, dell'Università di Cagliari, del WWF Italia si sono affiancati nel tempo gruppi di volontari e associazioni che operano in contesti locali. Dal 1989, a Guspini opera l'associazione Elafos, che si occupa della salvaguardia di questa specie nell'areale di Montevecchio – Costa Verde, eseguendo un censimento annuale della popolazione. Un censimento del 2005 stimava una popolazione di oltre 6.000 esemplari allo stato libero in Sardegna, distribuita in tre areali non contigui della parte meridionale dell'isola: Sulcis: quasi 2.600 esemplari, di cui 1.000 nella Riserva di Monte Arcosu e 1.500 nei territori contigui delle foreste demaniali di Gutturu Mannu, Monte Nieddu e Is Cannoneris. Sarrabus: oltre 2.000 esemplari. Areale di Montevecchio- Costa Verde e Monti dell'Iglesiente: quasi 1.500 esemplari, di cui 1.250 nell'areale di Montevecchio e i restanti nel Monte Linas. A questi si aggiungevano circa 400 esemplari confinati nei recinti faunistici dell'Ente Foreste, fra cui Monte Lerno, Montarbu di Seui e nel Tacco di Ulassai, nonché la popolazione in Corsica, che si stimava essere di circa 150 esemplari. Un censimento effettuato dalla Regione Sardegna nel 2014 ha stimato la presenza di 4.270 esemplari nelle sole foreste demaniali, in aumento numerico e in espansione territoriale. A tale popolazione va aggiunta quella presente in Sardegna fuori dalle foreste demaniali (non nota) e quella in Corsica, stimata nello stesso anno in almeno 1.000 esemplari, in rapido aumento. Nel convegno finale del progetto Life finanziato dall'Unione europea, che si è svolto nel marzo 2018, sono state comunicate le stime della popolazione di cervo: almeno 10.635 esemplari in tutta la Sardegna; almeno 2.534 esemplari in tutta la Corsica; per un totale pertanto di almeno 13.169 esemplari. Entrambe le popolazioni sono in incremento demografico e in espansione geografica. Il cervo sardo-corso in Italia è fra le specie particolarmente protetta a livello nazionale (art. 2 L. 157/92) e regionale (art 5 L.R. 23/98). Anche in Francia è specie protetta Inoltre è inserita nelle specie individuate dall'Allegato II della Direttiva Europea "Habitat" 92/43/CEE come specie prioritaria. Note Bibliografia Associazione ELAFOS, Atti di convegni sul Cervo Sardo e attività di ricerca e censimento Massoli-Novelli R, Attuale distribuzione del Cervo sardo e del Muflone sardo in Sardegna e loro prospettive di conservazione. Scritti in memoria di Augusto Toschi. Ricerche di Biologia della selvaggina. 8 suppl.: 475-488, 1976. Voci correlate Mammofauna della Sardegna Cervo berbero (Cervus elaphus barbarus) Grotta dei Cervi (Alghero) Praemegaceros cazioti Altri progetti Collegamenti esterni Specie animali in pericolo di estinzione Cervidi Fauna della Sardegna Fauna endemica della Sardegna Taxa classificati da Johann Christian Polycarp Erxleben
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https://it.wikipedia.org/wiki/Covarianza%20%28probabilit%C3%A0%29
Covarianza (probabilità)
In statistica e in teoria della probabilità, la covarianza di due variabili statistiche o variabili aleatorie è un valore numerico che fornisce una misura di quanto le due varino assieme. Probabilità Definizione La covarianza di due variabili aleatorie e è il valore atteso dei prodotti delle loro distanze dalla media: La covarianza di e può anche essere espressa come la differenza tra il valore atteso del loro prodotto e il prodotto dei loro valori attesi: Infatti per la linearità del valore atteso risulta Proprietà La covarianza rispetta le seguenti proprietà, per variabili aleatorie , e , e costanti e : Due variabili aleatorie indipendenti hanno covarianza nulla, poiché dalla loro indipendenza segue Due variabili aleatorie che hanno covarianza nulla sono incorrelate. Due variabili aleatorie dipendenti possono essere incorrelate. Ad esempio, se è una variabile aleatoria di legge uniforme sull'intervallo e , allora Varianza La covarianza può essere considerata una generalizzazione della varianza e compare come termine di correzione nella relazione Più in generale, per variabili aleatorie e vale come caso particolare di Statistica In statistica la covarianza di due variabili statistiche e , indicata come , è un indice di variabilità congiunta. Su una popolazione di osservazioni congiunte , di rispettive medie e , la covarianza osservata è Uno stimatore della covarianza di osservazioni congiunte può essere ottenuto correggendo la formula della covarianza, dividendo per il numero di gradi di libertà. In questo caso il numero di gradi di libertà è dato dal numero delle osservazioni, , a cui va sottratto il numero di stimatori utilizzati nel computo della covarianza. Nella covarianza entrano le medie campionarie delle , e si può dimostrare che il computo di queste medie corrisponde alla sottrazione di 1 solo grado di libertà (non due, come ci si potrebbe aspettare). Perciò lo stimatore della covarianza è dato da Lo stimatore della covarianza è anche detto covarianza campionaria. La varianza e la covarianza intervengono per definire l'indice di correlazione di Bravais-Pearson Voci correlate Valore atteso Variabili dipendenti e indipendenti Varianza Matrice delle covarianze Collegamenti esterni Statistica matematica Analisi della varianza Indici di correlazione
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https://it.wikipedia.org/wiki/Corrado%20Gini
Corrado Gini
Viene ricordato per aver definito l'omonimo coefficiente statistico economico. Biografia Figlio di Lavinia Locatelli e Luciano Gini, si laureò con lode in giurisprudenza nel 1905 all'Università di Bologna quindi, nel 1908, conseguì la libera docenza in statistica, per avere, l'anno successivo, un incarico di insegnamento di statistica nella Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Cagliari, di cui divenne titolare nel 1910 come professore ordinario. Nel 1913, passò alla stessa cattedra dell'Università di Padova, dove fondò e diresse l'Istituto di Statistica. Nel 1925, fu chiamato alla cattedra di politica e statistica economica dell'Università di Roma, mentre, dal 1927 in poi, resse la cattedra di statistica della stessa università fino al pensionamento, quindi la nomina a professore emerito nel 1955. Nel 1936, fece istituire la Facoltà di Scienze Statistiche, Demografiche ed Attuariali, di cui fu preside fino al 1954. Dal 1911 al 1926, fece parte del Consiglio Superiore di Statistica, mentre, nel 1926 fondò, su incarico di Benito Mussolini, l'Istituto Centrale di Statistica – poi Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) – di cui fu anche presidente fino al 1932, rinnovandolo e riorganizzandolo, nonostante gli ostacoli frapposti e le varie opposizioni, a livello sia amministrativo che tecnico-funzionale (dotandolo pure di strumenti adibiti al calcolo automatico). Nel 1929, diede pure vita al "Comitato italiano per lo studio dei problemi della popolazione" (CISP), che poi confluì nell'"Unione internazionale per lo studio scientifico della popolazione" (UIESP). Dal 1941 fino alla morte, fu anche presidente della Società Italiana di Statistica (SIS), nonché fondò e diresse alcune riviste scientifiche fra cui Metron (1920), Genus (1934), Indici del movimento economico italiano (1926) e La vita economica italiana (1925). Appartenente a diverse istituzioni e società scientifiche italiane e straniere, fu socio onorario della Royal Statistical Society (1920), vicepresidente (1933) e poi presidente (1950) della International Society of Sociology (che contribuì a riattivare), presidente della Società Italiana di Genetica ed Eugenetica (1934), membro della Società Italiana di Sociologia (1937) e membro onorario dell'International Statistical Institute (1939). Fu inoltre socio nazionale dell'Accademia Nazionale dei Lincei e membro onorario dal 1962, che lo aveva già premiato nel 1919 col premio reale per le scienze sociali. Fondatore della scuola italiana di statistica, con notevoli incarichi politici ed istituzionali nonché insignito di diverse onorificenze e vari riconoscimenti, fra cui diverse lauree ad honorem da parte di università italiane e straniere più alcuni premi nazionali, Gini è stato uno dei massimi studiosi e ricercatori di statistica pura ed applicata. Attività scientifica Studioso e ricercatore indefesso, di ampia cultura, considerò la statistica da un punto di vista interdisciplinare, rapportandola in particolare alla biologia, alla sociologia, all'antropologia e all'economia, e ciò sulla base dell'idea di fondo che vedeva l'uomo quale organismo complesso soggetto a fenomeni di varia natura (biologici, socio-antropologici, economici, etc.). Cercò dunque di applicare concretamente i suoi studi e i risultati delle sue ricerche attraverso il suo impegno civile, politico e sociale. Da un punto di vista strettamente scientifico, i maggiori contributi di Gini riguardarono principalmente la metodologia statistica, la statistica descrittiva (in particolare, le medie statistiche e la teoria degli indici in cui introdusse, tra l'altro, un indicatore detto indice di differenza media per la misura della variabilità statistica dei dati), la statistica economica (dove stabilì una notevole relazione, detta identità di Gini, che lega teoria statistica ed economia, riguardante gli indici dei prezzi), la statistica applicata alla demografia (fertilità differenziale, migrazioni, studi sull'evoluzione delle popolazioni), il calcolo delle probabilità applicato alla biologia (biometria), la macroeconomia (in particolare, i cicli economici). In statistica economica, nello studiare problemi di ripartizione (qual è, ad esempio, quello di distribuzione del reddito globale di una nazione fra i suoi componenti), raggiunse risultati tali da portarlo alla notorietà internazionale, con incarichi e consulenze da parte di diverse nazioni estere; in particolare, introdusse un importante indice, detto coefficiente (o rapporto) di Gini, che ha permesso, oltre al chiarimento delle problematiche connesse alla distribuzione dei redditi e le relative disuguaglianze sociali, l'evoluzione dei moderni standard di benessere delle società, indice divenuto popolare anche per una sua possibile rappresentazione grafica tramite la curva di Lorenz. Autore di più di 800 pubblicazioni, l'archivio privato e la biblioteca di Corrado Gini sono stati acquistati dalla Soprintendenza archivistica del Lazio presso la Libreria antiquaria «I Quaderni di Capestrano» di Roma, quindi destinati all'Archivio centrale dello Stato nel 1999. Contribuì inoltre all'Enciclopedia delle Matematiche elementari e complementi. Opere Il sesso dal punto di vista statistico. Le leggi della produzione dei sessi, Sandron Editore, Milano, 1908. I fattori demografici dell'evoluzione delle nazioni, F.lli Bocca Editori, Torino, 1912. L'ammontare e la composizione della ricchezza delle nazioni, F.lli Bocca Editori, Torino, 1914. Appunti di statistica, La Litotipo, Padova, 1917. Problemi di sociologia della guerra, Nicola Zanichelli Editore, Bologna, 1921. Sociologia (a cura di F. Lapenna e A. Parboni), Tip. A. Sampaolesi, Roma, 1927. Nascita, evoluzione e morte delle nazioni: la teoria ciclica della popolazione e i vari sistemi di politica demografica, Libreria del Littorio, Roma, 1930. Demografia, antropometria, statistica sanitaria, dinamica delle popolazioni (a cura di), UTET, Torino, 1930. Le basi scientifiche della politica della popolazione (a cura di G. Rugiu), Studio Editoriale Moderno, Catania, 1931. Le rivelazioni statistiche tra le popolazioni primitive, III edizione, Tip. F. Failli, Roma, 1942. Appunti di statistica metodologica e statistica economica, Casa Editrice Castellani, Roma, 1942. Teorie della popolazione, Casa Editrice Castellani, Roma, 1945. Metodologia statistica: integrazione e comparazione dei dati (con G. Pompilj), Ulrico Hoepli Editore, Milano, 1951 (come Vol. III-Parte III dell'Enciclopedia delle Matematiche elementari e complementi). Corso di Statistica, Libreria Eredi V. Veschi, Roma, 1953. Patologia economica, V edizione, UTET, Torino, 1954. Appunti di sociologia generale e coloniale (a cura di C. D'Agata e I.F. Mariani), Libreria Eredi V. Veschi, Roma, 1956. Economia lavorista. Problemi del lavoro, UTET, Torino, 1956. Corso di Sociologia (a cura di C. D'Agata), Editrice Tip. Ricerche, Roma, 1957. Memorie di metodologia statistica, Vol. I: Variabilità e concentrazione, Vol. II: Transvariazione, Dott. Aldo Giuffrè Editore, Milano, 1955-59. Le medie (con G. Barbensi), UTET, Torino, 1958. Ricchezza e reddito, UTET, Torino, 1959. La logica nella statistica, Paolo Boringhieri Editore, Torino, 1962. Questioni fondamentali di probabilità e statistica, 2 voll., Pubblicazioni dell'Istituto di Statistica e Ricerca Sociale "C. Gini" dell'Università "La Sapienza", Roma, 1968 (miscellanea di contributi di Gini, pubblicata postuma). Statistica e Induzione, CLUEB, Bologna, 2001. Articoli "Contributo alle applicazioni statistiche del calcolo delle probabilità", Giornale degli Economisti, Volume 35, Anno 1907. "Il diverso accrescimento delle classi sociali e la concentrazione della ricchezza", Giornale degli Economisti, Serie II, XXXVII (1909) pp. 27-83. "Sulla misura della concentrazione e della variabilità dei caratteri", Premiate Officine Grafiche C. Ferrari, Venezia, 1913-14. "Patologia economica, un’interpretazione della politica economica di guerra e di dopo la guerra", Rivista Internazionale di Scienze Sociali e Discipline ausiliarie, 97 (369) (1923) pp. 59-61. "Quelques considérations au sujet de la construction des nombres indices des prix et des questions analogues", Metron, 4 (1924) pp. 1-162. "Di una applicazione del metodo rappresentativo all'ultimo censimento italiano della popolazione" (con Luigi Galvani), Annali di Statistica, Roma, Provveditorato generale dello Stato, 1929. "On the Circular Test of Index Numbers", International Review of Statistics, 9 (2) (1931) pp. 3-25. "La politica demografica delle democrazie", Genus, 4 (3-4) (1940) pp. 117-124. "La théorie des migrations adaptatives", Études Européennes de Population, INED, Paris, 1954. "Progresso o decadenza? Il dominio della tecnica", Rivista di politica economica, 49 (3) (1959) pp. 923-939. Note Bibliografia Giovanni Maria Giorgi, "Gini, Corrado", Il Contributo italiano alla storia del Pensiero – Economia, Anno 2013. Nora Federici, «GINI, Corrado», Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 55, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2001. N. Federici, "L'opera di Corrado Gini nell'ambito della demografia e delle scienze sociali (Sintesi ragionata)", Genus, Vol. 22, NN. 1/4 (1966) pp. 7-41. "Corrado Gini: innovator and leader of Italian statistics", Special Issue of Statistica Applicata - Italian Journal of Applied Statistics, Vol. 28 (2-3), 2016 (cfr. ). Francesco Cassata, Il fascismo razionale. Corrado Gini fra scienza e politica, Carocci Editore, Roma, 2006. Onoranze a Corrado Gini in occasione del suo settantesimo anno di età, IGAP, Roma, 1956. Studi in onore di Corrado Gini, 2 voll., Istituto di Statistica dell'Università di Roma, Roma, 1960. J-G. Prévost, Total Science. Statistics in Liberal and Fascist Italy, McGill-Queen's University Press, London/Montreal, 2009. Amartya Sen, "Foreword", in: Handbook of Income Inequality Measurement, Edited by J. Silber, Springer Science + Business Media, New York, 1999, pp. XVII-XXVI. Bert M. Balk, Price and Quantity Index Numbers. Models for Measuring Aggregate Change and Difference, Cambridge University Press, Cambridge (UK), 2008. Voci correlate Coefficiente di Gini Differenza media assoluta Indice di concentrazione di Gini Indice di eterogeneità di Gini Istituto nazionale di statistica Movimento Unionista Italiano Altri progetti Collegamenti esterni Francesco Cassata, Il fascismo razionale: Corrado Gini fra scienza e politica recensione sul sito della SIS Società Italiana di Statistica. URL visitato il 10/09/2014 Matematici italiani del XX secolo Eugenisti
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https://it.wikipedia.org/wiki/Corona%20danese
Corona danese
La corona danese (in danese krone) è la valuta ufficiale utilizzata in Danimarca, Isole Fær Øer e Groenlandia; è stata istituita il 1º gennaio 1875. La forma plurale è kroner e una krone è divisa in 100 øre, il cui nome è derivato dalla parola latina aureus. Il codice ISO 4217 è DKK. La valuta è legata all'euro dagli accordi europei di cambio; un referendum sull'adozione dell'euro del 2000 è stato respinto con il 53,2% dei voti contrari. Storia L'introduzione della corona come valuta legale in Danimarca nel 1873, fu un risultato dell'Unione monetaria scandinava che durò fino alla prima guerra mondiale. Gli aderenti all'unione monetaria erano gli stati scandinavi di Svezia e Danimarca, cui si aggiunse la Norvegia due anni dopo. Il nome della valuta era krone in danese e norvegese, e krona in svedese. Dopo la dissoluzione dell'unione monetaria tutti e tre gli stati decisero di mantenere invariato il nome delle rispettive valute, che però adesso sono indipendenti. Uso corrente Ingresso nell'eurozona La Danimarca non ha introdotto l'euro a seguito del referendum del 2000, ma la corona danese è legata all'euro tramite gli accordi europei di cambio. La Danimarca confina con uno Stato membro dell'eurozona (la Germania) ed uno Stato teoricamente obbligato ad aderirvi in futuro (la Svezia). Isole Fær Øer e Groenlandia Le Isole Fær Øer usano una versione localizzata della valuta (la Corona delle Fær Øer), non indipendente dalla corona danese e con essa cambiata alla pari; si differenzia da quest'ultima per i disegni sulle banconote, diversi da quelli usati in Danimarca ed usati per la prima volta negli anni '50 del 1900, rinnovati prima venti anni dopo e poi trenta anni dopo il primo rinnovo, mentre le monete sono uguali. La Groenlandia ha adottato una legge sulle banconote nel 2006, entrata in vigore il 1º gennaio dell'anno successivo, con lo scopo di introdurre delle banconote separate, ma nell'autunno del 2010 il nuovo governo groenlandese ha abbandonato il progetto e la Danmarks Nationalbank ha cessato di produrre le banconote separate, portando di nuovo l'isola all'uso integrale della corona danese. Storicamente, la Groenlandia ha avuto banconote separate dal 1803 al 1968 e monete separate dal 1926 al 1964. Monete Leghe e colori La grafica delle serie delle monete ha lo scopo di assicurare che le monete siano facilmente distinguibili l'una dall'altra. La serie è, quindi, divisa in tre sequenze, ognuna con il proprio colore metallico specifico; questa divisione è dovuta al fatto che, in passato, il valore della moneta era equivalente a quello del metallo usato per crearla (si usava l'oro per le monete dal valore più alto, l'argento per le monete di valore intermedio ed il rame per quelle di valore inferiore). Le monete differiscono fra loro per dimensioni, peso e bordo ed in ogni sequenza il diametro ed il peso delle monete aumenta all'aumentare del valore nominale. Le monete da 50 øre e 10 corone hanno il bordo liscio, quelle da 1 e 5 corone sono fresate e quelle da 2 e 20 corone hanno una fresatura interrotta, inoltre le monete da 1, 2 e 5 corone sono bucate nel mezzo; tutte queste caratteristiche permettono a non vedenti ed ipovedenti di riconoscerle più facilmente. Monete commemorative e tematiche Le monete commemorative hanno dimensioni e metalli identici a quelle regolari. La prima serie di monete commemorative, monete da 20 krone rappresentanti alcune torri danesi, è stata distribuita fra il 2002 ed il 2007 con dieci disegni differenti; nel selezionare le torri, si è tenuti conto non solo della loro esteticità, ma anche della loro forma, della loro funzione e della regione di provenienza, così da avere torri quanto più eterogenee possibili. L'ultima moneta, con il disegno della Copenhagen City Hall, è stata distribuita nel 2007. Una seconda serie di monete commemorative da 20 krone è stata distribuita nel 2007 con dodici disegni differenti e dieci già pubblicati nel novembre del 2011, mostrano la Danimarca come uno Stato marittimo nel mondo, tramite navi danesi, groenlandesi e delle isole Far Oer, rappresentando, come la serie precedente, i vari modi di costruire le navi nelle tre nazioni del Regno. Nel 2005, la Danmarks Nationalbank ha iniziato a produrre la prima di una serie di cinque monete commemorative da 10 krone legate alle fiabe di Hans Christian Andersen, tema scelto proprio per illustrarle; l'ultima moneta, la cui distribuzione è iniziata il 25 ottobre 2007, è stata ispirata alla fiaba dell'usignuolo.. Nel 2007, terminata la serie sulle fiabe, è stata prodotta una seconda serie commemorativa di tre monete da 10 krone celebrante l'Anno Polare Internazionale, con i disegni di un orso polare, della Slædepatruljen Sirius e dell'aurora boreale, le monete erano mirate ad accentuare la ricerca scientifica nel contesto della cultura e della geografia groenlandesi; la terza ed ultima moneta, chiamata Luci del Nord, è stata distribuita nel 2009. Banconote Serie del ponte Il processo che ha portato a disegnare la serie Ponte è stato iniziato nel 2006 dalla Banca centrale danese; il tema è legato ai ponti danesi ed ai paesaggi circostanti o dettagli di essi. L'artista Karin Birgitte Lund ha scelto di interpretare il tema in due modi diversi: ponti come collegamenti tra i vari luoghi della Danimarca e tra il passato ed il presente, con il presente rappresentato dai ponti ed il passato da oggetti preistorici trovati vicino ad essi. Tra le nuove misure di sicurezza sono state inserite un filo finestra con un motivo ad onde mobili ed un nuovo ologramma che riflette la luce in diversi colori, mentre sono state mantenute le caratteristiche tradizionali, come la filigrana ed il filo di sicurezza interno. Nomignoli A seconda del contesto, alcune banconote hanno nomignoli retorici: la banconota da 100 corone chiamata a volte hund (cane) che abbrevia la parola hundrede (cento), quella da 500 a volte è chiamata plovmand (aratore) a causa del disegno presente in un'edizione precedente della stessa e quella da 1000 corone può avere due nomi, tudse (rospo), basato sul gioco di parole che in lingua danese si crea fra tudse e tusinde (mille), ed egern (scoiattolo), basato su un disegno presente in una vecchia versione della banconota. Note Voci correlate Allargamento della zona euro Monete euro danesi Altri progetti Collegamenti esterni Monetazione danese Valute americane Valute europee
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https://it.wikipedia.org/wiki/Cyberpunk
Cyberpunk
Il cyberpunk è un genere narrativo che trae spunto dalla critica alla possibilità di un pericoloso sviluppo senza limite della tecnologia e di un controllo capillare dell'individuo da parte di una società oppressiva, reinterpretandoli in chiave fantastica e trasponendoli in un ipotetico mondo futuro. Caratteristiche I temi del cyberpunk sono apparsi già a partire dal fumetto di Judge Dredd, pubblicato per la prima volta nel 1977. Il cyberpunk si è quindi stabilito come corrente letteraria e artistica nella prima metà degli anni ottanta del XX secolo, nell'ambito della fantascienza, di cui è divenuto un sottogenere del filone pessimistico. Il nome si fa derivare da cibernetica e punk e fu originariamente coniato da Bruce Bethke come titolo per il suo racconto Cyberpunk, pubblicato nel 1983, anche se lo stile fu reso popolare ben prima della sua pubblicazione dal curatore editoriale Gardner Dozois. Il cyberpunk tratta di scienze avanzate, come l'information technology e la cibernetica, accoppiate con un certo grado di ribellione o cambiamento radicale nell'ordine sociale. È talvolta definita genericamente "cyberpunk-fantasy" o "cyberfantasy" un'opera di genere fantasy che riguardi internet o il cyberspazio. Tra gli esponenti più noti vengono comunemente indicati William Gibson, per i racconti e romanzi fortemente innovativi e caratteristici dal punto di vista stilistico e delle tematiche, e Bruce Sterling, per l'elaborazione teorica. Sterling ha definito a posteriori il cyberpunk come «un nuovo tipo di integrazione. Il sovrapporsi di mondi che erano formalmente separati: il regno dell'high tech e il moderno pop underground». Origini Il curatore editoriale di fantascienza Gardner Dozois è generalmente riconosciuto come la persona che ha reso popolare il termine "cyberpunk" come genere di letteratura, malgrado lo scrittore del Minnesota Bruce Bethke avesse coniato il termine nel 1980 per il suo racconto "Cyberpunk" che fu pubblicato nel numero del novembre del 1983 di Amazing Science Fiction Stories. Il termine fu rapidamente riutilizzato come etichetta da applicare alle opere di William Gibson, Bruce Sterling, John Shirley, Rudy Rucker, Michael Swanwick, Pat Cadigan, Lewis Shiner, Richard Kadrey e altri. Questi scrittori in realtà avevano deciso di chiamarsi Mirrorshades Movement (movimento degli occhiali a specchio). Di questi, Sterling divenne il principale ideologo, grazie alla sua fanzine Cheap Truth. John Shirley scrisse articoli sull'importanza di Sterling e Rucker. William Gibson, con il suo romanzo Neuromante (1984), è di gran lunga il più celebre autore connesso al termine cyberpunk. Egli enfatizzò lo stile, una fascinazione per le superfici, l'aspetto del futuro e l'atmosfera oltre i topoi della fantascienza tradizionale. Considerato come l'opera che "ruppe il ghiaccio" e talvolta "l'archetipo dell'opera cyberpunk", Neuromante fu insignito dei premi Hugo, Nebula e Philip K. Dick. Seguì il debutto popolare dei romanzi di Gibson Giù nel ciberspazio (Count Zero, 1986) e Monna Lisa Cyberpunk (Mona Lisa Overdrive, 1988), costituenti la celeberrima Trilogia dello Sprawl. In base al Jargon File, "l'ignoranza pressoché totale di Gibson riguardo ai computer e all'odierna cultura hacker gli permise di speculare intorno al ruolo dei computer e degli hacker nel futuro in modi che gli hacker trovarono naif in modo irritante e tremendamente stimolanti al tempo stesso." Secondo lo stesso Gibson, il cyberpunk non fu mai un vero e proprio movimento, quanto piuttosto una sensibilità comune ad alcuni autori, identificabili in quelli raccolti nella prima antologia del cyberpunk intitolata Mirrorshades (1986). Non esistono dichiarazioni d'intenti firmate da più autori, e si deve principalmente a Bruce Sterling l'idea di un movimento formale. William Gibson ha affermato: "Non sono mai stato davvero convinto che il Cyberpunk fosse mai stato un movimento letterario in senso formale. Questa visione viene distorta dal piacere di Sterling nell'utilizzare la retorica di un movimento radicale, pur sospettando che un certo elemento di umoristica autoconsapevolezza si perda nella traduzione"; e poco più avanti "Per Cyberpunk io intendo una tendenza della cultura pop degli ultimi dieci anni circa, qualcosa che noi possiamo scorgere nella narrativa, fumetti, musica, cinema, videoclip, moda". Secondo Gibson, il suo principale esponente, e significativa parte della critica, il cyberpunk, almeno in quanto corrente d'avanguardia, si può considerare concluso già alla metà degli anni ottanta. Il suo successo in seguito avrebbe spinto molti altri autori a sfruttarne le tematiche, anche per scopi commerciali, favorendo appunto la nascita di un nuovo genere. In ogni caso la sua crescente popolarità tra lettori ed autori ha reso ormai stabilmente il cyberpunk un importante sottogenere della letteratura fantascientifica, con forti influenze estetiche sul cinema, sul fumetto e più in generale sulla cultura mediatica. Fonti e temi della letteratura cyberpunk Come movimento letterario, il cyberpunk nasce come una filiazione diretta della fantascienza americana, ma è subito evidente un allontanamento dal mainstream di questa letteratura di genere. Nel contesto della letteratura di fantascienza, la linea che porta al cyberpunk è quella che parte da Aldous Huxley e da 1984 di George Orwell e che passa per i maggiori modelli di James Ballard e soprattutto di Philip K. Dick. Il cyberpunk, come tutte quelle correnti che possono essere inserite nel clima postmoderno, si caratterizza per la grande varietà di fonti da cui attinge per l'elaborazione del proprio immaginario. Un clima culturale molto favorevole alle ibridazioni di generi. È proprio grazie a questo clima che fu possibile ad autori come William S. Burroughs, esponente di spicco della Beat Generation, di essere tra gli ispiratori del movimento. Altri elementi concorrono alla scelta dei temi della prima produzione cyberpunk. Evidenti sono gli influssi della psichedelia degli anni sessanta e settanta, con le sue promesse di nuove percezioni offerte dalla chimica e dalle droghe sintetiche, di aprire nuove porte verso mondi fino ad allora relegati alla sfera dell'inconscio. Queste visioni sono spesso associate a particolari interpretazioni del romanticismo, soprattutto William Blake, ma non solo, un parallelo spesso messo in evidenza dalla critica. Orlin Damyanov, ad esempio, mette in relazione il romanticismo del Frankenstein o il moderno Prometeo di Mary Shelley con Neuromante di William Gibson. In questo confronto, messo in evidenza da più critici, emerge uno degli elementi di maggior interesse del cyberpunk: lo spostamento dell'attenzione sulla percezione soggettiva, seppure condivisa, spazi virtuali che cessano di essere tali almeno nel significato letterale del termine. Il mondo cessa di essere una tensione al divenire, storicamente comprensibile coi suoi rapporti di causa ed effetto come lo aveva disegnato il Romanticismo, per diventare, come ha scritto Valmerz, "il dispiegarsi di un codice nella sfera della comunicazione". Un altro dei maggiori temi del cyberpunk è il rapporto che emerge tra l'essere umano e la tecnologia, che tende ad esprimersi prioritariamente nel rapporto con il corpo umano, mostruoso o, in modo aggiornato, cyborg. Nei racconti degli autori di Mirrorshades sono molto frequenti i personaggi che presentano innesti meccanici nel proprio corpo. Tecnologie che diventano parte integrante del corpo umano, aumentano le sue capacità, consentono azioni altrimenti impossibili. Il corpo umano cessa in questo modo di essere qualcosa di immutabile, naturale, e diventa un elemento modificabile e tecnologico, recuperando una visione del corpo in realtà molto antica, già presente nella cultura popolare medievale. Il cyberpunk ha avuto una notevole influenza sulla narrativa fantascientifica e non, dal cyberpunk sono ritenuti derivati (o paralleli) lo steampunk, che propone argomenti cyberpunk in un'ambientazione storica, lo splatterpunk e il postcyberpunk, un filone non omogeneo di nuovi autori che si propone un aggiornamento delle tematiche cyberpunk, con relativi sottogeneri quali biopunk e nanopunk. Imparentato e, almeno parzialmente, discendente è il gothicpunk. In Italia le istanze del cyberpunk sono germinate nell'avanguardia del connettivismo. Grazie alla serie animata Edgerunner prodotta dallo studio Trigger e ispirata dal videogioco Cyberpunk 2077 (in programma su Netflix) il cyberpunk sta avendo una rinascita. Lo stile cyberpunk Anticipato e prefigurato sotto certi aspetti nelle opere di Philip K. Dick, all'aspetto tecnologico tipico della fantascienza il cyberpunk aggiunge una forte connotazione politica e sociale. I romanzi cyberpunk sono ambientati in un futuro prossimo, in un mondo decadente e ipertecnologico dominato dalle grandi multinazionali commerciali, le Zaibatsu, spalleggiate dalla Yakuza, la potente mafia giapponese. I protagonisti, in genere degli hacker, sono in costante fuga da questa cupa realtà e trovano la loro ragion d'essere in un mondo virtuale parallelo, il cyberspazio, teatro delle loro battaglie. Lo stile narrativo è caratterizzato dall'apparente assenza di un intreccio ben definito – il racconto si concentra sulle azioni dei personaggi – e dall'uso di un linguaggio barocco che mischia tecnicismi informatici ed espressioni gergali della strada, molto difficile da rendere in una traduzione. Alcuni topos del genere la Matrice, evoluzione dell'attuale Internet: un sistema informatico del quale l'utente entra a fare parte, grazie alla realtà virtuale ed agli innesti nel corpo umano l'ICE, un firewall capace di rispondere attivamente alle intrusioni telematiche lo sprawl, la degradata periferia delle megalopoli, l'habitat degli hacker e degli emarginati gli innesti artificiali (software e hardware) per potenziare/alterare le caratteristiche fisiche o cerebrali dell'essere umano la presenza di occhiali a specchio (mirrorshades in inglese). Elementi teorici Ibridazione Replicanti e cloni Ripetizione (come in Differenza e ripetizione di Gilles Deleuze) Simulazione come realtà virtuale o come identità mutante Il grottesco romantico L'alienazione come spersonalizzazione o derealizzazione la paranoia legata all'immaginario delle droghe psichedeliche come controparte negativa Società contenente inevitabili elementi distopici Relativismo e postmodernità Tecnocrazia Gli autori di Mirrorshades Elenco degli autori presenti nella raccolta Mirrorshades del 1986, e che – secondo quanto dichiarato da William Gibson – sarebbero da ritenersi gli unici autori cyberpunk originali: Greg Bear Pat Cadigan Paul Di Filippo William Gibson James Patrick Kelly Marc Laidlaw Tom Maddox Rudy Rucker Lewis Shiner John Shirley Bruce Sterling Precursori del cyberpunk Alcuni autori e opere che sono stati ritenuti precursori del genere cyberpunk (in ordine cronologico di pubblicazione delle opere): Fritz Lang, Metropolis, 1927 Aldous Huxley, Il mondo nuovo (Brave New World, 1933) Alfred Bester, Destinazione stelle (pubblicato anche come La tigre della notte) (The Stars My Destination – Tiger! Tiger!, 1956) William S. Burroughs, Il pasto nudo (Naked Lunch, 1959); La morbida macchina (The Soft Machine, 1961) Arkadij e Boris Strugackij, Le cose predatorie del secolo (russo: Хищные вещи века, traslitterato: Chiščnye vešči veka, 1965) Roger Zelazny, He Who Shapes (1965), Il signore dei sogni (Dream Master, 1966) Philip K. Dick, Il cacciatore di androidi ovvero Ma gli androidi sognano pecore elettriche? (Do Androids Dream of Electric Sheep?), 1968 (da cui è stato tratto il film Blade Runner, 1982); Le tre stimmate di Palmer Eldritch, 1964 David Drake, Lacey and His Friends (1974) John Brunner, Rete globale ovvero Codice 4GH (The Shockwave Rider, 1975) John M. Ford, Web of Angels (1980) Vernor Vinge, Il vero nome (True Names – racconto, 1981) K. W. Jeter, Dr. Adder (pubblicato nel 1984 ma scritto durante gli anni settanta) Derivazioni futuristiche I derivati futuristici del Cyberpunk sono distinguibili per alcuni aspetti dal filone principale, sia per aspetti tecnologici (biopunk e nanopunk) che per aspetti temporali (il postcyberpunk prevede un precedente periodo in cui si siano già svolte le tematiche appartenenti al cyberpunk o agli altri sottogeneri). Nelle derivazioni futuristiche solitamente sono presenti tecnologie in grado di modificare la materia vivente a livello cellulare. Biopunk Il biopunk sui risvolti tecnologici della biologia e della bioingegneria. Ciò comporta che la tecnologia e/o la vita presente nell'opera si sia sviluppata attraverso la rielaborazione del DNA e dei cromosomi dando vita a nuove specie viventi o a nuove tecnologie aventi come base un composto o un'entità organica (armi, strutture, veicoli, ecc.). Nanopunk Il nanopunk è particolarmente simile al biopunk, ma descrive un mondo in cui la società è basata più o meno principalmente sulla nanotecnologia e sui materiali da essa prodotti. Tale sottogenere solitamente si sofferma anche sui risvolti e sulle conseguenze che una tecnologia, come la nanotecnologia (capace di manipolare la materia direttamente dalle fondamenta), può portare. Postcyberpunk Il postcyberpunk tratta le conseguenze estreme del cyberpunk e dei sottogeneri ad essi legato. Nelle opere postcyberpunk si esaminano frequentemente gli effetti sociali causati dalla diffusione dei mezzi di comunicazione, dall'ingegneria genetica e/o dalla nanotecnologia. Derivazioni retro-futuristiche Da quando una più ampia varietà di scrittori ha iniziato a lavorare con i concetti del cyberpunk, nuovi sottogeneri della fantascienza hanno preso a modello il termine cyberpunk, ritagliandosi il proprio spazio e collocandosi fuori dal filone principale. Anche se ormai la presenza del suffisso “-punk” nel nome non ha più nulla a che fare con la cultura omonima, il termine fa genericamente riferimento a fattori quali l'estetica DIY (do it yourself), richiamandosi esteticamente ai stili del passato e a una riflessione sullo sviluppo tecnologico. Questi sottogeneri possono essere definiti retro-futuristici, cioè basati su tecnologie future (o alternative) e su epoche passate. Il periodo più gettonato è collocabile tra la seconda rivoluzione industriale (XIX secolo) fino agli anni 60/70 (del XX secolo), anche se altri sottogeneri spaziano dal Rinascimento all'età della pietra. Alcuni di questi termini sono di ampio uso, altri si stanno guadagnando poco a poco un maggiore riconoscimento ufficiale, molti altri ancora sono utilizzati in maniera marginale nel mondo dei giochi di ruolo o vengono usati dagli autori stessi per descrivere le loro opere. Steampunk Il termine steampunk è nato alla fine degli anni ottanta come una variante scherzosa di cyberpunk. Piuttosto che enfatizzare i temi della distopia informatica, della bioingegneria e della nanotecnologia presenti nella narrativa cyberpunk, lo steampunk tende a concentrarsi più attentamente sulla tecnologia dell'era vittoriana con: macchine a vapore, congegni meccanici a orologeria e in alcuni casi la robotica (ma avente come base la meccanica e non l'informatica). Si presenta dunque come il trionfo della meccanica in opposizione all'elettronica del cyberpunk. Lo steampunk ha però origini precedenti rispetto alla sua definizioni degli anni 80, di fatto la paternità di questo sottogenere la si attesta a Jules Verne. Atompunk"Atompunk" è un'espressione utilizzata da Bruce Sterling per definire delle opere accostabili al cyberpunk e spesso ambientate in un'epoca pre digitale, dal 1945 al 1965 (anche se il sottogenere non è necessariamente legato a quel periodo). L'estetica incentrata su una visione del futuro dalla prospettiva degli anni '50, caratterizzata dall'uso dell'energia atomica, dall'esplorazione spaziale e dalla paranoia anticomunista negli Stati Uniti e spesso riprende i valori "tradizionalmente americani", in particolare la fede nella famiglia nucleare e lo stile di vita suburbano. Atompunk immagina un futuro utopico caratterizzato da cupole di bolle, città scintillanti, il tutto alimentato da energia nucleare. Altre volte l'ambientazione è postapocalittica, come nella serie di videogiochi Fallout e nel film del 2006 Fido. La moda Atompunk tende a trarre ispirazione da come la gente negli anni '50/'60 vedeva il futuro, e tende ad essere simile a quella vista nella fantascienza pulp dell'epoca (e che, di tanto in tanto, tende ad essere sessualmente suggestiva). Esempi del genere Atompunk sono Il Dormiglione, film del 1976 diretto da Woody Hallen e Futurama, una sitcom animata statunitense creata da Matt Groening. Dieselpunk Proposto inizialmente quale genere dai creatori del gioco di ruolo Children of the Sun, il Dieselpunk è riferibile alle opere di immaginazione ispirate ai pulp magazine della metà del Novecento ed è ambientato in un mondo analogo allo steampunk, benché specificamente caratterizzato dall'ascesa del potere del petrolio e dalla percezione tecnocratica, incorporando elementi neo-noir e condividendo temi più con il cyberpunk che con lo steampunk. Benché la rilevanza del dieselpunk come genere non sia del tutto priva di contestazioni, quale quintessenza della narrativa dieselpunk sono state suggerite opere che vanno dal film retrofuturistico Sky Captain and the World of Tomorrow al videogioco dell'Activision Return to Castle Wolfenstein (2001) passando per l'opera Full Throttle (avventura grafica della Lucas Art del 1995) e il film d'animazione Robots. Un sottogenere del Dieselpunk è il Teslapunk, una variante concentrata sulle geniali invenzioni dello scienziato Nikola Tesla, caratterizzata da scenari ucronici in cui la tecnologia è basata sull’energia pulita, libera e infinita. Decopunk Il sottogenere Decopunk è molto similare a quello del Dieselpunk, ricopre lo stesso periodo, ma qui tutto è cromato. Ha un'estetica più elegante e brillante rispetto al Dieselpunk, che ha la tendenza ad essere più grintoso e scuro. Sul piano stilistico si rifà all'Art Deco e allo Streamline Moderno. La tecnologia del decopunk e più avanzata rispetto ai tempi che dovrebbe evocare, come i nastri VHS e solitamente si avvale anche di aspetti del Biopunk per quanto riguarda la vita organica. Un perfetto esempio del decopunk si può trovare nei primi due capitoli della saga di BioShock, ambientati in un periodo non troppo dissimile da quello indicato e aventi come location la città di Rapture (città chiaramente ispirata all'Art Deco e allo Streamline Moderno). Un altro esempio, dal punto di vista estetico, può essere rappresentato da Metropolis, il film muto del 1927 diretto da Fritz Lang, ambientato, allora, in un futuro distopico. Il film, simbolo stesso del cinema di fantascienza, per il modo in cui vengono trattate le tematiche di oppressione sociale e l’utilizzo avveniristico della tecnologia e del rapporto uomo-macchina, a sua volta è uno dei migliori film cyberpunk della storia. ClockpunkClockpunk è un termine coniato in un supplemento del gioco di ruolo GURPS e si riferisce a storie di fantascienza ambientate in un mondo rinascimentale dove le invenzioni di Leonardo da Vinci sono state non solo costruite e usate, ma anche migliorate. Il maggiore autore clockpunk è Jay Lake. Nel clockpunk si assiste al trionfo della meccanica e dei congegni a orologeria, portati fino a conseguenze retrofuturistiche.: Swordpunk Un altro sottogenere "-punk" che raffigura una società altamente tecnologica in cui le questioni sociali rimangono stagnanti nel medioevo. Uno scenario dove coesistono regni feudali, combattimenti con la spada e na tecnologia futuristica molto avanzata come i mech, gli ologrammi, ricombinazione genetica e intelligenze artificiali. Lo swordpunk è anche comunemente combinato con il fantasy e la fantascienza. Il pianeta del tesoro, film d'animazione Disney del 2002, è un buon esempio. Sembra essere saldamente piantato nella scena tradizionale di un fantasy-medioevale, ma si espande con la tecnologia futuristica. The Legend of Zelda: Breath of the Wild, un videogioco action-adventure, è un altro esempio di Swordpunk, ambientato in un mondo medievale dove la tecnologia è avanzata. Sandalpunk Il Sandalpunk è un sottogenere che si riferisce all'alterazione ucronico/fantascientifica di epoche storiche che vanno indicativamente dall'Antica Grecia all'Antica Roma, fino al periodo tardo-imperiale, e comunque prima del medioevo. Come in tutti i filoni del “-punk”, le storie sandalpunk presentano tecnologie ed elementi anacronistici che alterano – parzialmente o totalmente – lo scenario storico in questione, così come noi lo conosciamo. Postulano un mondo in cui la civiltà classica (greco-romana) non sarebbe crollata, seguita dai secoli bui medievali, ma anzi avrebbe conosciuto un rapido avanzamento tecnologico non appena alcune, poche fondamentali invenzioni furono realizzate o sviluppate in chiave industriale. Esistono molte opere letterarie o cinematografiche che hanno un retrogusto sandalpunk, come ad esempio Titus, film del 1999 diretta da Julie Taymor, che ripropone la tragedia shakespeariana Tito Andronico in chiave post-moderna, mischiando elementi classici del periodo imperiale romano a un’estetica che richiama molto a certe atmosfere dieselpunk. In ambito dei giochi di ruolo, un esempio è Lex Arcana, pubblicato nel 1993 da Del Negro editore. Stonepunk Sono state definite Stonepunk tutte quelle storie che presentano una tecnologia retrofuturistica e anacronistica ispirata a quella neolitica. Un esempio popolare è rappresentato dalla serie TV I Flintstones, ma anche dai romanzi della saga I figli della Terra di Jean M. Auel e dal romanzo Back to the Stone Age (1937) di Edgar Rice Burroughs. Altre derivazioni Rococopunk Il Rococopunk è un derivato dell'estetica punk che ne spinge l'attitudine nel tardo periodo barocco. Si tratta di uno stile visivamente molto simile al movimento New Romantic degli anni '80 (in particolare di gruppi come gli Adam and the Ants). Nowpunk Il Nowpunk è un termine inventato da Bruce Sterling, che ha applicato alla fiction contemporanea ambientata nel periodo di tempo che va dagli anni successivi alla Guerra Fredda fino ad oggi. Sterling ha usato il termine per descrivere il suo libro The Zenith Angle, che segue la storia di un hacker la cui vita è cambiata dagli attacchi dell'11 settembre 2001. Steelpunk Il genere Steelpunk si concentra sulle tecnologie che hanno avuto il loro periodo di massimo splendore nel tardo ventesimo secolo. Lo Steelpunk è caratterizzato dall'hardware e non dal software, dal mondo reale senza mondi virtuali, dalla megatecnologia e non dalla nanotecnologia. Molti manufatti nello Steelpunk non vengono prodotti, stampati o programmati ma vengono costruiti con rivetti. Alcuni esempi includono Mad Max, Terminator, Barb Wire, Iron Man e Snowpiercer. RaypunkRaypunk è un genere che si occupa di scenari, tecnologie, esseri o ambienti, molto diversi da tutto ciò che conosciamo o che siano scientificamente possibili sulla Terra. Copre il surrealismo spaziale, i mondi paralleli, l'arte aliena, la psichedelia tecnologica, la "scienza" non standard, la realtà alternativa o distorta e così via. Dreampunk Il Dreampunk lega la tecnologia (cyberpunk o steampunk) con il mondo dell'inconscio dando anche ampio spazio all'esoterismo e alla psiche. Nel Dreampunk si fa spesso uso dell'alchimia, della psicoanalisi, dell'occulto e dei riti sciamanici.: Dreampunk è anche un microgenere della musica elettronica emerso a metà degli della prima decade del 2000 e che trae ispirazione delle colonne sonore dei film e dalle registrazioni ambientali, combinate con vari generi elettronici come vaporwave, techno, jungle, electro e dubstep.: Molte derivazioni del genere Cyberpunk non sono necessariamente collegabili o contestualizzabili in un'epoca e/o aventi una tecnologia precisa. Alcune di esse possono anche presentare delle connotazioni nel campo del fantastico o del fantasy: Mythpunk Catherynne M. Valente coniò il termine mythpunk per indicare un sottogenere del fantasy in cui elementi mitologici si fondono completamente con la realtà comune. I maggiori scrittori mythpunk sono Catherynne M. Valente, Ekaterina Sedia, Theodora Goss, Sonya Taaffe e Neil Gaiman. Il mythpunk differisce dal fantasy mitologico perché quest'ultimo usa elementi mitologici senza fonderli con la nostra realtà. Nelle ambientazioni mythpunk, le creature mitologiche sono viste come normali e non creano stupore negli esseri umani. Spesso, inoltre, le creature mitologiche sono rielaborate in chiave moderna. Elfpunk Durante la cerimonia di premiazione per il 2007 del National Book Award, il giurato Elizabeth Partridge ha spiegato la differenza tra elfpunk e urban fantasy, citando l'amico giurato Scott Westerfeld ha detto "Nell'Elfpunk c'è abbastanza spesso la presenza di elfi e fate e tradizione (... Holly Black è elfpunk classico) ci sono già abbastanza creature, e le sta usando. L'urban fantasy, comunque, può avere alcune creature totalmente inventate".:: Solarpunk Il Solarpunk è un movimento culturale ecologista caratterizzato da un'attenzione verso le tecnologie ecosostenbili. Esso si distingue per un'estetica futurista e green, con ambienti urbani moderni e ricoperti da vegetazione e motivi decorativi che si ispirano all'Art Nouveau. Oltre a essere un sottogenere letterario, il Solarpunk copre anche l'attivismo, poiché tratta argomenti come la lotta ai cambiamenti climatici, al razzismo, al capitalismo oltre a tematiche femministe e inerenti alla comunità lgbt. Letteratura Romanzi La trilogia dello Sprawl di William Gibson: Neuromante (Neuromancer, 1984) (Ed. Nord 1993; nuova edizione riveduta, con introduzione bio-bibliografica, Mondadori 2003) Giù nel ciberspazio (Count Zero, 1986) (Mondadori) Monna Lisa Cyberpunk (Mona Lisa Overdrive, 1988) (Mondadori) La trilogia del Ponte di William Gibson: Luce virtuale (Virtual Light, 1994) (Mondadori) Aidoru (Idoru, 1997) (Mondadori) American Acropolis, 1999 (Mondadori) Bruce Sterling, La matrice spezzata, 1985 (Ed. Nord) Bruce Sterling, Isole nella Rete, 1988 (Fanucci) Pat Cadigan, Mindplayers, 1987 (Shake) Akira Mishima, Bambole (Fanucci) Akira Mishima, Overminder - il sognatore (Fanucci) La Trilogia di Marîd Audran di George Alec Effinger: Senza tregua (When Gravity Fails) (1987) (Cosmo Argento 203). Riedito come L'inganno della gravità. Programma Fenice (A Fire in the Sun) (1989) (Cosmo Argento 216). Riedito come Fuoco nel sole. Esilio dal Budayeen (The Exile Kiss) (1991) (Cosmo Argento 237). Riedito come La guerra di Marid Audran - Esiliato dal Budayeen. In buona fede (Shovel Ready, 2014), dello scrittore e giornalista statunitense Adam Sternbergh. Francesco Grasso, Ai due lati del muro, 1992 (Mondadori, Collana Urania n. 1189 del 4/10/1992) Bay City (2002) di Richard Morgan, dal quale è stata tratta la serie televisiva Altered Carbon Antologie e raccolte William Gibson – La notte che bruciammo Chrome (Burning Chrome, 1986), Mondadori. Bruce Sterling (curatore) - Mirrorshades, 1986, Bompiani. Piergiorgio Nicolazzini (curatore), Cyberpunk, Nord, 1994. Strani Attrattori, antologia di fantascienza radicale, Shake. Sangue sintetico. Antologia del cyberpunk italiano, Pequod. Cuori elettrici. L'antologia essenziale del cyberpunk, Einaudi. Raffaele Scelsi (a cura di), Cyberpunk. Antologia di testi politici, Milano, Shake, 1990. Fumetti The Long Tomorrow (1975) breve fumetto ideato da Dan O'Bannon e disegnato dal celebre artista francese Jean Giraud, fu pubblicato in due parti nella rivista francese Métal Hurlant e nella sua corrispettiva statunitense, Heavy Metal. Ai due autori va riconosciuta anche la diffusione dell'influenza noir e hard boiled che avrebbe poi caratterizzato diversi racconti, romanzi e pellicole cyberpunk dagli anni ’80 in poi. Ranxerox (1978) di Stefano Tamburini, Andrea Pazienza e Tanino Liberatore Akira (1982) di Katsuhiro Ōtomo Black Magic (1983) di Masamune Shirow Ronin (1983) di Frank Miller Appleseed (1985) di Masamune Shirow Dominion (1986) di Masamune Shirow Tank Girl (1988) di Jamie Hewlett e Alan Martin Cyber Blue (1988) di Tetsuo Hara Cyberpunk (1989) di Scott Rockwell Angel Cop (1990) di Taku Kitazaki Hard Boiled (1990) miniserie di 3 numeri scritta da Frank Miller e disegnata da Geof Darrow Ghost in the Shell (1991) di Masamune Shirow Alita l'angelo della battaglia (1991) di Yukito Kishiro Genocyber (1991) di Tony Takezaki Nathan Never (1991) di Medda, Serra e Vigna, pubblicato dalla Sergio Bonelli Editore The Hacker Files (1992) di Lewis Shiner Ghost Rider 2099 (1994) di Len Kaminsky MARVEL ED. Bubblegum Crisis: Grand Mal (1994) di Adam Warren Transmetropolitan (1997) di Warren Ellis e Darcick Robertson, pubblicato dalla Vertigo Blame! (1998), Noise! e Biomega (2004) di Tsutomu Nihei Eden: It's an Endless World! (1998) di Hiroki Endo Mardock Scramble (2003) di Tow Ubukata The Surrogates (2005) scritta da Robert Venditti e disegnata da Brett Weldele Ergo Proxy (2006) di Yumiko Harao Blassreiter (2007) di Noboru Kimura Ex-Vita (2011) di Shinya Komi Ex-Arm (2012) di HiRock e Shinya Komi, remake di Ex-Vita Spaceman (2012) di Brian Azzarello e Eduardo Risso Empty Zone (2015) di Jason Shawn Alexander Tokyo Ghost (2015) di Rick Remender e Sean Murphy Filmografia Il cyberpunk – considerato, in senso ristretto, come il movimento letterario della prima metà degli anni ottanta – non produsse un filone cinematografico, dato che tra i suoi promotori non vi erano cineasti. L'unica trasposizione cinematografica di un romanzo cyberpunk di William Gibson (escludendo qui New Rose Hotel per motivi di attinenza) è il film Johnny Mnemonic del 1995, girato a molti anni di distanza e ritenuto in generale poco fedele alla storia originale e "banalizzante" (malgrado il contributo alla sceneggiatura da parte dello stesso Gibson). Ad ogni modo vari film influenti, tra cui anzitutto Blade Runner e Nirvana e in seguito la trilogia di Matrix, sono stati visti come esempi di cyberpunk. Volendo ampliare l'ambito fino a comprendere film che trattano temi tipici del cyberpunk come la contaminazione tra corpo e digitale, tra la carne e l'artificiale, allora si potrebbe indicare David Cronenberg come uno dei più attivi cineasti. Una lista di film, serie televisive e anime che hanno a che fare con il genere cyberpunk e i suoi derivati. Alcuni sono tratti o ispirati da autori cyberpunk, altri precedono il filone: Il mondo sul filo (1973) di Rainer Werner Fassbinder La fuga di Logan (1976) di Michael Anderson 1997: Fuga da New York (1981) di John Carpenter Blade Runner (1982) di Ridley Scott, tratto da Il cacciatore di androidi ovvero Ma gli androidi sognano pecore elettriche? (Do androids dream of electric sheeps?) di Philip K. Dick 2036: Nexus Down e 2048: Nowhere To Run (2017) sono due cortometraggi che fanno da prequel al film Blade Runner 2049 Blade Runner 2049 (2017) di Denis Villeneuve Tron (1982) di Steven Lisberger Tron: Legacy (2010) di Joseph Kosinski Videodrome (1983) di David Cronenberg Brainstorm (1983) di Douglas Trumbull Wargames (1983) di John Badham Decoder (1984) di Muscha Terminator (1984) di James Cameron Terminator 2 - Il giorno del giudizio (1991) di James Cameron Terminator 3 - Le macchine ribelli (2003) di Jonathan Mostow Terminator Salvation (2009) di McG Terminator Genisys (2015) di Alan Taylor Terminator - Destino oscuro (2019) di Tim Miller RoboCop (1987) di Paul Verhoeven RoboCop 2 (1991) di Irvin Kershner RoboCop 3 (1993) di Fred Dekker Tetsuo (1988) di Shinya Tsukamoto (sul "feticismo del metallo") Tetsuo II: Body Hammer (1992) di Shinya Tsukamoto Tetsuo: The Bullet Man (2009) di Shinya Tsukamoto Hardware: metallo letale (1990) di Richard Stanley Classe 1999 (1990) di Mark L. Lester Atto di forza (1990) di Paul Verhoeven Il tagliaerbe (The Lawnmower Man, 1992) di Brett Leonard Il tagliaerbe 2 - The Cyberspace (Lawnmower Man 2: Beyond the Cyberspace, 1996) di Farhad Mann Jackpot (1992) di Mario Orfini Freejack - In fuga nel futuro (1992) di Geoff Murphy 2013 - La fortezza (Fortress, 1992) di Stuart Gordon La fortezza: segregati nello spazio (Fortress 2, 2000) di Geoff Murphy Strange Days (1995) di Kathryn Bigelow, storia di James Cameron. Johnny Mnemonic (1995) di Robert Longo, tratto dall'omonimo racconto di William Gibson Hackers (1995) di Iain Softley Tank Girl (1995) di Rachel Talalay, tratto dall'omonimo fumetto di Jamie Hewlett e Alan Martin Fuga da Los Angeles (1996) di John Carpenter Nirvana (1997) di Gabriele Salvatores Gattaca - La porta dell'universo (1997) di Andrew Niccol Dark City (1998) di Alex Proyas Skyggen (1998) di Thomas Borch Nielsen New Rose Hotel (1998) di Abel Ferrara, tratto dall'omonimo racconto di William Gibson eXistenZ (1999) di David Cronenberg Il tredicesimo piano (1999) di Josef Rusnak Matrix (1999) delle sorelle Wachowski rielabora molti temi di Neuromante di William Gibson Matrix Reloaded (2003) delle sorelle Wachowski Matrix Revolutions (2003) delle sorelle Wachowski Animatrix (2003) di vari registi Takedown (2000) di Joe Chappelle Avalon (2001) di Mamoru Oshii Waking Life - Risvegliare la vita (2001) di Richard Linklater Cypher (2002) di Vincenzo Natali Equilibrium (2002) di Kurt Wimmer Natural City (2003) di Byung-Chun Min Io, robot (2004) di Alex Proyas Cyber Wars (2004) di Kuo Jian Hong One Point O (2004) di Jeff Renfroe Sleep dealer (2008) di Alex Rivera Il mondo dei replicanti (2009) di Jonathan Mostow Priest (2011) di Scott Stewart Total Recall - Atto di forza (2012) di Len Wiseman The Zero Theorem - Tutto è vanità (2013) di Terry Gilliam Elysium (2013) scritto e diretto da Neill Blomkamp Automata (2014) diretto da Gabe Ibáñez Humandroid (2015) scritto e diretto da Neill Blomkamp Ex machina (2015) di Alex Garland Ghost in the Shell (2017) di Rupert Sanders Upgrade, regia di Leigh Whannell (2018) Alita - Angelo della battaglia, regia di Robert Rodriguez (2019) tratto dall'omonimo manga di Yukito Kishiro Serie televisive Max Headroom (1987) di Annabel Jankel e Rocky Morton. Temi predominanti sono l'influenza sulla vita delle persone da parte delle Corporazioni, il controllo delle informazioni, la Rete e le Intelligenze Artificiali (il personaggio che dà il nome alla serie è, di fatto, una AI). X-Files (1998) stagione 5, episodio 11 Kill Switch scritto da William Gibson. Futurama, Stagione 4, Episodio 14: Obsoletely Fabulous (2003) di Dwayne Carey-Hill. Miraculous - Le storie di Ladybug e Chat Noir, Stagione 3, Episodio 20: Startrain (2019) di Jeremy Zag. Terminator: The Sarah Connor Chronicles (2008-2009), la serie è un seguito del film Terminator 2 - Il giorno del giudizio, alternativo ai successivi capitoli cinematografici. Alcuni episodi della serie televisiva Black Mirror Alcuni episodi della serie televisiva Agents of S.H.I.E.L.D. Alcuni episodi della serie televisiva Doctor Who Mr. Robot (2015), serie TV della USA Network realizzata da Sam Esmail, narra le vicende di Elliot Alderson (Rami Malek), impiegato di una ditta informatica di mattina e hacker vigilante di notte, che si batte per distruggere quella che per lui è vista come la radice di tutti i mali, ovvero la E Corp, la più potente Corporazione mondiale, con l'ausilio dell'hacker group FSociety. Altered Carbon (2018), serie TV di Netflix realizzata da Laeta Kalogridis, basata sul romanzo cyberpunk Bay City (Altered Carbon) di Richard K. Morgan. Meglio di noi (2018), serie TV Netflix creata da Andrey Junkovsky. Cyberpunk: Edgerunners (2022), serie animata Netflix ispirata dal videogioco Cyberpunk 2077. Anime Black Magic M-66 (1987) OAV tratto dal manga Black Magic di Masamune Shirow Bubblegum Crisis (1987) AD Police (1990) è un OAV di tre episodi, spinoff di Bubblegum Crisis Bubblegum Crash (1991) è un OAV di tre episodi, sequel diretto di Bubblegum Crisis Bubblegum Crisis Tokyo 2040 (1998) è un universo alternativo alla serie originale AD Police TV (1999) spinoff di Bubblegum Crisis Parasite Dolls (2002) Akira (1988) di Katsuhiro Ōtomo Appleseed (1988) diretto da Kazuyoshi Katayama, primo adattamento tratto dall'omonimo manga di Masamune Shirow Gokū: Midnight Eye (1989) serie di due episodi diretta da Yoshiaki Kawajiri Angel Cop (1989-1994) serie OAV di sei episodi creata e diretta da Ichirô Sakano Cyber City Oedo 808 (1990) anime di Yoshiaki Kawajiri Genocyber (1993) tratto dall'omonimo manga di Tony Takezaki e diretto da Koichi Ohata Dominion (1993) di Norubu Furuse, tratto dal manga omonimo di Masamune Shirow Battle Angel Alita (1993) di Hiroshi Fukutomi, OAV di due puntate tratto dal manga di Yukito Kishiro Ghost in the Shell (1995) di Mamoru Oshii, tratto dall'omonimo manga di Masamune Shirow Ghost in the Shell - L'attacco dei cyborg (2004) sequel del film del 1995 Ghost in the Shell: Stand Alone Complex (2002-2005) serie di 52 episodi ambientata in un universo alternativo rispetto al film del 1995 Armitage III (1995) è un anime OVA, di quattro episodi, del regista giapponese Hiroyuki Ochi. Armitage III: Poly-Matrix (1997) di Takuya Satō Armitage III: Dual-Matrix (2002) di Katsuhito Akiyama Cowboy Bebop (1998), anime prodotto da Sunrise e diretta da Shin'ichirō Watanabe. Serial Experiments Lain (1998) di Ryūtarō Nakamura Metropolis (2001) film d'animazione di Rintarō tratto dal manga omonimo di Osamu Tezuka Texhnolyze (2003) serie televisiva di 22 episodi diretta da Hiroshi Hamazaki Blame! (2003) miniserie di sette episodi tratta dall'omonimo manga di Tsutomu Nihei Appleseed (2004) diretto da Shinji Aramaki Appleseed Ex Machina (2007) diretto da Shinji Aramaki Appleseed Alpha (2014) diretto da Shinji Aramaki Ergo Proxy (2006), anime della Manglobe diretto da Shukō Murase Vexille (2007) di Fumihiko Sori Blassreiter (2008) serie diretta da Mardock Scramble (2010) diretto da Susumu Kudo e tratto dall'omonimo manga di Tow Ubukata. Appleseed XIII (2011) è una serie di 13 episodi di Takayuki Hamana Psycho-Pass (2012) è un anime di Gen Urobuchi Blame! (2017) di Hiroyuki Seshita Black Out 2022 (2017) cortometraggio che fa da prequel al film Blade Runner 2049 Altered Carbon: Resleeved (2020) di Takeru Nakajima e Yoshiyuki Okada Giochi Giochi di ruolo Il primo gioco di ruolo cyberpunk fu Cyberpunk 2020 (Mike Pondsmith, 1984), pubblicato dalla R. Talsorian Games e che ottenne un ottimo successo. Negli anni successivi venne supportato da diversi supplementi e da un paio di ambientazioni basate su licenza, Hardwired basata sull'omonimo romanzo di Walter Jon Williams (edito in Italia come Guerrieri dell'interfaccia) e When Gravity Falls basata sull'omonimo romanzo di George A. Effinger (edito in Italia come L'inganno della gravità). Nel 1990 venne pubblicata con altrettanto successo la seconda edizione, Cyberpunk 2020, ed altri editori tentarono di seguirne il successo, nel 1989 la ICE pubblicò Cyberspace e la FASA Shadowrun, seguiti l'anno dopo dal supplemento per GURPS GURPS Cyberpunk della Steve Jackson Games, mentre alcuni giochi di fantascienza più vecchi cercano di aggiornarsi ai temi cyberpunk, come per esempio 2300AD della GDW con il supplemento Earth/Cybertech Sourcebook (1989). Di questi altri regolamenti l'unico altro a ottenere un buon successo fu Shadowrun, che mescola i temi del fantasy classico con quelli del cyberpunk, immaginando un futuro in cui la magia era riemersa da uno stato dormiente e che nel 2005 è arrivato alla quarta edizione. Cyberpunk venne pubblicato fino alla chiusura della R. Talsorian Games nel 2000, una terza edizione venne pubblicata dalla nuova R. Talsorian Group nel 2005, senza incontrare il successo delle precedenti edizioni. Altri giochi di genere cyperpunk sono: CthulhuPunk (Chris W McCubbin, 1995) è un'altra ambientazione di GURPS che fonde i miti di Cthulhu di H. P. Lovecraft con il cyberpunk. Bubblegum Crisis (David Ackerman-Gray, Benjamin Wright, 1996), basato sull'anime Bubblegum Crisis e pubblicato dalla R. Talsorian Games. OGL CyberNet (August Hahn, 2003), ambientazione cyberpunk basata sulla Open Game Licence e pubblicata dalla Mongoose Publishing. Remember Tomorrow (Gregor Hutton, 2010), gioco di ruolo indie masterless (privo della tradizionale figura del master) e light-crunch (ovvero caratterizzato da regole molto semplici e intuitive), ispirato direttamente ai romanzi di William Gibson. Le meccaniche del gioco si incentrano principalmente sulla tematica dello scontro tra i protagonisti e uno spietato mondo fatto di criminali, gang rivali, megacorporazioni prive di scrupoli e simili antagonisti. Videogiochi Snatcher (Konami, 1988) Neuromancer (Interplay, 1988) Circuit's Edge (Infocom, 1990) B.A.T. 1 (Virgin Interactive, 1990) BloodNet (MicroProse, 1993) Syndicate (Electronic Arts, 1993) Computer Underground (Jeff Marlow/Haxoft, 1993) Shadowrun (Data East, 1993) Shadowrun Returns (Harebrained Schemes/Paradox Interactive, 2013) Shadowrun: Dragonfall (Harebrained Schemes/Paradox Interactive, 2014) Shadowrun: Hong Kong (Harebrained Schemes/Paradox Interactive, 2015) System Shock (Origin Systems/Electronic Arts, 1994) System Shock 2 (Looking Glass/Electronic Arts, 1999) Beneath a Steel Sky (Virgin Interactive, 1994) DreamWeb (Empire Interactive/Creative Reality, 1994) Burn:Cycle (TripMedia/Philips Interactive, 1995) Blade Runner (Virgin/Westwood Studios, 1997) Nightlong: Union City Conspiracy (Trecision/Dreamcatcher Interactive/MicroProse/Team 17, 1998) GUNNM Memories of Mars (Banpresto 1999) Omikron: The Nomad Soul (Quantic Dream/Eidos Interactive, 1999) Deus Ex (Eidos Interactive/Ion Storm, 2000) Deus Ex: Invisible War (Eidos Interactive/Ion Storm, 2004) Deus Ex: Human Revolution (Eidos Interactive/Square Enix, 2011) Deus Ex: Mankind Divided (Eidos Interactive/Square Enix, 2016) Uplink (Introversion Software, 2001) Rez (Sega, 2001) Paradise Cracked (Tri Synergy/MiST Land/Buka Entertainment, 2003) Enter the Matrix (Shiny Entertainment, 2003) The Matrix: Path of Neo (Shiny Entertainment, 2005) Far Cry 3: Blood Dragon (Ubisoft, 2013) Remember Me (Dontnod Entertainment, 2013) Transistor (Supergiant Games, 2014) Dex (Dreadlocks Ltd, 2015) Satellite Reign (5 Lives Studios, 2015) Va-11 Hall-A: Cyberpunk Bartender Action (Sukeban Games, 2016) Ghost in the Shell: Stand Alone Complex - First Assault Online (Neople, 2016) Ruiner (Reikon Games, 2017) >Observer_ (Bloober Team SA, 2017) Detroit: Become Human (Quantic Dream, 2018) The Red Strings Club (Deconstructeam, 2018) State of Mind (Daedalic Entertainment, 2018) 7th Sector (Sergey Noskov, 2019) Spinnortality (James Patton, 2019) Astral Chain (Platinum Games), 2019 Ghostrunner (One More Level), 2020 Cyberpunk 2077 (CD Projekt RED, 2020) Cloudpunk (Ion Lands, 2020) Musica Cyberpunk, album di Billy Idol – Tematiche e sonorità esplicitamente cyberpunk Artificial Kid (Danno, Stabbyoboy, djCraim) - N. 47 album rap di chiara ambientazione e sonorità cyberpunk Artificial Intelligence, album del 1992 di autori vari della serie Artificial Intelligence, ambientato in un futuro prossimo con testi e sonorità cyberpunk. Dior DNA, brano dell'artista elettronico Eugene, dichiaratamente ispirato a Blade Runner Daydream Nation, album dei Sonic Youth del 1988 (nel saggio Cyberpunk, una guida schematica di Richard Kadrey e Larry McCaffery presente nell'antologia Cyberpunk a cura di Piergiorgio Nicolazzini, viene definito come "il più radicale esempio di cyberpunk musicale") Kid A, album dei Radiohead, ha come concept la storia del primo bambino clonato, il quale si sente alienato in un mondo di cui non si sente parte. 1.Outside, album di David Bowie del 1995, ha come concept le indagini del detective Nathan Adler in una decadente New York in cui l'omicidio è diventata l'ultima tendenza di arte underground. Microchip emozionale, album dei Subsonica. Dystopia, album dei Megadeth del 2016. In generi musicali come Industrial, EBM, Aggrotech e Synthwave si possono ritrovare tematiche o atmosfere cyberpunk; alcuni degli esponenti principali sono Clock Dva, Front Line Assembly, Velvet Acid Christ, Front 242, Haujobb e molti altri. Floppy Disk Overdrive, album del 2020 dell'italiano Master Boot Record rappresenta una sintesi di generi musicali come il Cyber Metal, la Synthwave, il Chiptune ed il Darksynth. Note Bibliografia Voci correlate Tecnocrazia Distopia Guy Debord Differenza e ripetizione Cyberpunk giapponese Generi e filoni della fantascienza Storia della fantascienza Altri progetti Collegamenti esterni Archivio sul Cyberpunk di Intercom
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https://it.wikipedia.org/wiki/Corno%20del%20Renon
Corno del Renon
Il Corno del Renon (Rittner Horn in tedesco) è una montagna delle Alpi alta 2.261 Si trova in Italia sulle Alpi Sarentine, al limite settentrionale dell'altipiano del Renon e al limite meridionale dell'Alpe di Villandro. Toponimo Il nome della montagna è attestato nel 1770 come Hörner Berg, nel 1778 come Horne nel 1840 come Rittener Horn; "Horn" ("corno" o "picco") è un etimo alla base di molti nomi di montagna. Le due malghe più importanti della montagna si chiamano Oberhorn e Unterhorn. Il nome italiano viene introdotto solamente con il Prontuario dei nomi locali dell'Alto Adige. Caratteristiche È considerato uno dei punti più panoramici dell'Alto Adige, con una vista a 360°. Verso oriente si ha un'ottima vista sull'Alpe di Siusi, Catinaccio, Sciliar, Odle, Latemar e Sass de Putia. Si può vedere pure il ghiacciaio della Marmolada e nelle giornate con poca foschia (soprattutto in autunno) si può vedere il Großglockner (3.797 ) in Austria. Verso nord si vedono i ghiacciai che dividono l'Italia dall'Austria come ad esempio a nordest il Gran Pilastro (3.510 ) e a nordovest l'Altissima (3.840 ). Ad occidente si vede anzitutto la Catena della Mendola e sullo sfondo i ghiacciai situati nel Parco Nazionale dello Stelvio o, a sudovest, del Gruppo delle Dolomiti di Brenta. Proprio sulla cima (che è pianeggiante) si trova un rifugio, il Rittner-Horn-Haus, costruito nel 1893 e attualmente gestito dal Club Alpino Italiano (CAI). Sempre sulla cima vi è la stazione di monte di una seggiovia e vi parte una pista da sci che arriva alla Unterhornhaus, altro rifugio in zona. Già nel anni 1920, molto prima della costruzione degli impianti sciistici, vi era lo Skirennen Rittnerhorn-Oberbozen, organizzato dall'allora Skiclub Oberbozen, il club sciistico di Soprabolzano. Note Altri progetti Collegamenti esterni Webcam del Corno del Renon Montagne dell'Alto Adige Montagne delle Alpi Retiche orientali Stazioni e comprensori sciistici del Trentino-Alto Adige Montagne di 2000 m
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https://it.wikipedia.org/wiki/Altromercato
Altromercato
Altromercato Impresa Sociale Soc. Coop è una società cooperativa italiana a fini consortili operante nell'ambito del commercio equo e solidale. Fondata nel 1988 come cooperativa CTM Altromercato da Rudi Dalvai, che in seguito ricoprì anche l'incarico di presidente della World Fair Trade Organization (WFTO), Antonio Vaccaro e Heini Grandi con una connotazione senza fini di lucro, ha negli anni successivi ricoperto una sempre maggiore influenza nel Fair Trade internazionale fino a giungere la prima centrale di importazione del commercio equo e solidale in Italia, e la seconda nel mondo, per dimensioni e fatturato. Altromercato, che ha sede legale a Bolzano e centrale operativa a Verona, dal 2019 ha assunto la forma giuridica di Impresa Sociale, gestisce rapporti con oltre 140 organizzazioni di produttori in 40 paesi, nel Sud e nel Nord del mondo, i cui prodotti vengono immessi sul mercato tramite una rete di oltre 200 punti vendita sparsi su tutto il territorio nazionale. Altromercato è parte di una rete internazionale che promuove incontro e confronto sui temi del commercio equo e dell'economia sostenibile. Parte del mondo Altromercato è Ctm Agrofair, società specializzata in frutta fresca da commercio equo solidale. Storia La origini Altromercato nasce nel finire degli anni ottanta del XX secolo dall'intuizione di tre giovani studenti dell'Università di Innsbruck, Rudi Dalvai, Heini Grandi e Antonio Vaccaro, che rimasti affascinati dalla disponibilità di prodotti che in Austria, arrivavano direttamente dai produttori bypassando le usuali politiche di mercato decisero di aprire delle botteghe per poter diffondere anche in quella zona d'Italia la cultura del commercio equo e solidale. Dopo aver istituito la loro prima società nel 1986, ritennero necessario espandere la rete di cooperazione anche ad altre simili realtà che già operavano nel territorio italiano per promuovere prodotti provenienti da paesi dell'emisfero meridionale del mondo, con il risultato di istituire il 21 dicembre 1988, dopo circa due anni di lavoro, la cooperativa Ctm (Cooperazione Terzo Mondo) riunendo nove soci fondatori, fornendo i prodotti inizialmente a sei botteghe. Di quegli anni la loro decisione di sostenere il progetto di Unión de Comunidades Indígenas de la Región del Istmo R.I. (UCIRI), un'organizzazione di contadini che produceva caffè biologico nelle zone montagnose del Messico, organizzazione che vede tra i suoi fondatori, nel 1981, il missionario olandese e antesignano del commercio equo e solidale Frans van der Hoff. Già allora i contadini avevano deciso di organizzarsi per contrapporsi ai “coyotes” (intermediari) che con la violenza e la speculazione obbligavano a vendere loro il caffè a prezzi troppo bassi per poter avere una vita dignitosa. Sempre del 1988 è l'iscrizione a socio di Ctm a European Fair Trade Association (EFTA), mentre l'anno successivo fonda a Padova Ctm-Mag, ora Etimos, cooperativa di autogestione del risparmio per sostenere, nel territorio italiano, lo sviluppo del commercio equo e dell'economia sociale, ed è inoltre co-fondatore di International Federation of Alternative Traders (IFAT). Nel decennio successivo la cooperativa continua ad espandersi arrivando a includere 50 soci e, nel 1997, la distribuzione dei prodotti si apre a nuovi canali tra i quali la Grande Distribuzione, negozi di prodotti biologici e alimentari. Il 28 giugno 1998 Ctm da cooperativa si trasforma in Consorzio di Botteghe del Mondo garantendo maggiore partecipazione alle Botteghe, una crescita dei servizi per lo sviluppo qualitativo dei soci. Tra la fine degli anni novanta e inizio degli anni duemila il Consorzio vive un periodo di massiccio sviluppo, sia nel fatturato che nel numero dei soci, arrivati alla cifra di 150 membri, così come aumentano le collaborazioni con i produttori, giungendo alle 150 organizzazioni collegate. L'incremento delle attività favorisce negli anni successivi collaborazioni tra organizzazioni e aziende che operano nello stesso settore, fondando nel 2004 Ctm Agrofair, una joint-venture tra il Consorzio Altromercato e l'olandese Agrofair Europe, quest'ultima fondata nel 1996 da Nico Roozen e prima Fairtrade fruit company in Europa, che si occupa del comparto della frutta fresca. Dal 2010 ad oggi Negli anni successivi viene compiuto un ulteriore passo di valorizzazione del settore, istituendo nel 2010 Solidale Italiano Altromercato, un progetto, poi diventato una linea di prodotti, con l'obiettivo di valorizzare i prodotti realizzati in Italia da produttori, cooperative sociali, organizzazioni e consorzi attivi in aree problematiche, nel rispetto dei valori e dei principi del Commercio Equo e Solidale. L'anno successivo il consorzio diventa a tutti gli effetti una realtà di valore internazionale, con la paraguayana Manduvirà Ltd. che nel 2011 è il primo produttore del Commercio Equo e Solidale a diventare Socio del Consorzio e, sempre nello stesso anno, Rudi Dalvai, uno dei fondatori del Consorzio Altromercato è stato eletto Presidente di WFTO. Nel 2013 nasce la prima edizione dell'Osservatorio Altromercato del Vivere Responsabile, progetto che si prefigge di analizzare grazie a indagini mirate su un rappresentativo campione di consumatori, in collaborazione con personalità del mondo accademico e della società civile, giornalisti, e professionisti d'impresa, delle dinamiche che ruotano attorno al mondo del mercato equo solidale in Italia, iniziativa replicata anche nel 2014. Nel 2015, in concomitanza con la manifestazione Expo 2015, Altromercato è tra i protagonisti alla settimana mondiale del Commercio Equo e Solidale a Milano, portando il suo Oltrexpo nell'ambito della Milano Fair City. Nel 2017 prende vita la prima edizione di Altromercato Campus, presso l'Università degli Studi di Verona, arrivato nel 2019 alla sua terza edizione, manifestazione che ha tra i suoi temi il rischio che il cambiamento mondiale del clima possa influire negativamente sulle coltivazioni dei singoli produttori associati. Nell'edizione 2018 l'evento principale della manifestazione è stato moderato dal giornalista e conduttore televisivo Riccardo Iacona, mentre in quella del 2019 quel ruolo viene svolto dal conduttore radiofonico Filippo Solibello Nel frattempo, nel 2018, Altromercato celebra i suoi primi 30 anni di attività e l'anno successivo ha assunto la forma giuridica di Impresa Sociale. Nel giugno 2020 muta l'assetto societario di Altromercato, con Alessandro Franceschini che viene eletto nuovo presidente del consorzio, mentre Cristiano Calvi, che aveva ricoperto quella carica dal 2016, assume la carica di amministratore delegato. Attività Commercio equo e solidale La caratteristica principale di Altromercato è l'obiettivo di fondare la propria attività esclusivamente su processi di economia solidale e consumo responsabile. I prodotti provengono principalmente da America Latina, Asia e Africa, dove Altromercato mantiene rapporti commerciali diretti con oltre 140 organizzazioni che aggregano di contadini e artigiani. Altromercato è impegnata anche nel sostegno di produttori svantaggiati del nord del mondo mediante la commercializzazione di prodotti con il marchio "Solidale Italiano Altromercato" in accordo ai criteri previsti dalle organizzazioni di commercio equo e solidale e definiti da WFTO (World Fair Trade Organization) e Equo Garantito, (fino al 2015 AGICES - Assemblea Generale Italiana del Commercio Equo e Solidale). I prodotti Altromercato vengono distribuiti attraverso la rete delle Botteghe Altromercato e presso diverse catene di supermercati, negozi di alimentazione naturale, circoli, bar e mense scolastiche. Finanza solidale e cooperazione per l'autosviluppo Parallelamente all'attività commerciale in senso stretto, Altromercato si occupa in una serie di attività correlate, anche di turismo responsabile presso i produttori Altromercato, inclusa la partecipazione a progetti di cooperazione internazionale, attività di microcredito, campagne di informazione e denuncia sui problemi delle realtà dei paesi del terzo mondo, partecipazione a iniziative nazionali e internazionali (forum sociali, congressi del Organizzazione mondiale del commercio (WTO) e così via. Le reti nazionali e internazionali del Commercio Equo e Solidale Altromercato fa parte di reti nazionali e internazionali di Commercio Equo e Solidale. È associato a: EQUO GARANTITO (Assemblea Generale Italiana del Commercio Equo e Solidale – fino al 2015 AGICES). Associazione di categoria delle organizzazioni di Commercio Equo e Solidale italiane, che offre alle proprie organizzazioni un Sistema di Garanzia certificato per garantire il rispetto dei valori del Commercio Equo e Solidale. World Fair Trade Organization (WFTO) È l'autorità internazionale nell'ambito del Commercio Equo e Solidale ed è nata con lo scopo di tutelare e diffondere i criteri e le pratiche del Commercio Equo e Solidale e di verificarne l'applicazione da parte dei propri Soci. Per essere membri di questa organizzazione è necessario assumere un impegno al 100% nel campo del Commercio Equo e Solidale. Tra i suoi compiti, il monitoraggio del rispetto dei 10 principi WFTO da parte dei suoi membri. European Fair Trade Association (EFTA) Associazione costituita da 11 importatori europei di Commercio Equo e Solidale di 9 paesi (Austria, Belgio, Francia, Germania, Italia, Olanda, Spagna, Svizzera, Regno Unito). Svolge attività di supporto ai suoi membri, identifica e sviluppa delle connessioni fra progetti diversi e organizza seminari formativi. Tra i suoi obiettivi anche quello di sensibilizzare le istituzioni europee sulle economie sostenibili. Note Voci correlate LiberoMondo Commercio alternativo Organizzazione per un mondo solidale Cooperativa Chico Mendes Collegamenti esterni Commercio equo solidale
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https://it.wikipedia.org/wiki/Commercio%20alternativo
Commercio alternativo
Il commercio alternativo è un genere di commercio che – similarmente al commercio equo-solidale – tende a sviluppare nuove tecniche di mercato svincolate dalle rigide logiche di mercato, in ossequio ad una etica degli scambi di beni e valori che rifugga dal controllo del mercato stesso da parte di pochi gruppi di potere. A differenza del commercio equo e solidale, che si occupa dello sviluppo di rapporti commerciali eticamente corretti con Paesi del sud del mondo, rientrano nel commercio alternativo tutti gli scambi basati sui medesimi principi di eticità e di consumo critico, effettuati anche localmente. Voci correlate Commercio Alternativo (cooperativa) Localizzazione (economia) Commercio equo solidale
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https://it.wikipedia.org/wiki/GEPA
GEPA
La GEPA è la principale centrale di importazione, per la Germania, del commercio equo-solidale. L'organizzazione, fondata il 14 maggio 1975, ha sede a Wuppertal. È membro dell'IFAT, la federazione internazionale del commercio alternativo, e dell'EFTA, l'associazione europea per il commercio equo (dove è il referente per i prodotti di origine biologica). Le principali categorie merceologiche trattate da gepa sono i generi alimentari, artigianato, e prodotti tessili. I produttori da cui si rifornisce si trovano in America Latina, Asia e Africa. Si tratta principalmente di cooperative o altri gruppi organizzati di contadini e artigiani. Nel 2005 GEPA ha fatturato 45,3 milioni di euro. Altri progetti Collegamenti esterni Commercio equo solidale
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https://it.wikipedia.org/wiki/Solidar%27Monde
Solidar'Monde
Solidar'Monde è la principale centrale di importazione, per la Francia, del commercio equo-solidale. Fu creata nel 1984 dall'"Associazione di Botteghe del Mondo" Artisans du Monde. Proprio in quanto frutto di un sforzo di cooperazione che ha coinvolto gran parte delle realtà commerciali operanti nel settore, Solidar'Monde accentra il 75% delle importazioni del commercio equo-solidale in Francia, e vanta fatturati ben al di sopra della media delle centrali di importazione analoghe europee. A differenza della maggior parte di tali realtà, tuttavia, non dispone di un proprio canale di vendita; i suoi prodotti vengono infatti diffusi dall'organizzazione Artisans du Monde, sia attraverso le oltre 134 botteghe sul territorio francese (dato del 2002) sia attraverso la rete con altre organizzazioni di commercio equo-solidale europee. Voci correlate Commercio equo-solidale Altromercato Collegamenti esterni Commercio equo solidale
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https://it.wikipedia.org/wiki/Claro%20Fair%20Trade
Claro Fair Trade
Claro Fair Trade AG è la principale centrale di importazione, per la Svizzera, di prodotti del commercio equo-solidale. Nata nel 1997 dalla fusione di OS3 ("Organisation Switzerland-3rd World") con alcune associazioni locali di negozi etnici, la cooperativa Claro ha sede a Orpund, nel Canton Berna. Come Altromercato in Italia, ha anche un franchising di negozi, diffusi in tutta la Svizzera tedesca. È specializzata nell'importazione di dolciumi e cioccolato; la sua linea di prodotti di cioccolato "Mascao" viene diffusa in tutta Europa nella rete del commercio equo-solidale. Voci correlate Commercio equo-solidale Altromercato Collegamenti esterni Commercio equo solidale
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https://it.wikipedia.org/wiki/Alternativa%203
Alternativa 3
Alternativa 3 (o Alternativa3) è una delle principali centrali di importazione, per la Spagna, del commercio equo-solidale. L'organizzazione, attiva dal 1992, ha sede a Terrassa, vicino a Barcellona. Membro dell'IFAT, la federazione internazionale del commercio alternativo, è stata tra i fondatori di NEWS!, la rete europea delle botteghe del mondo. Le principali categorie merceologiche trattate da Alternativa 3 sono i generi alimentari, artigianato, prodotti tessili per abbigliamento e arredamento, strumenti musicali e dischi, bigiotteria, giocattoli e articoli da cartoleria. I produttori da cui si rifornisce si trovano in America Latina, nel Sud-Est asiatico e in Africa. Si tratta principalmente di cooperative o altri gruppi organizzati di contadini e artigiani. Collegamenti esterni Commercio equo solidale Terrassa
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https://it.wikipedia.org/wiki/I.D.E.A.S.
I.D.E.A.S.
I.D.E.A.S. Iniciativas de Economía Alternativa y Solidaria S.C.A. è una delle principali centrali di importazione, per la Spagna, del commercio equo-solidale. L'organizzazione ha sede a Cordova, con una filiale a Madrid. È membro della European Fair Trade Association (EFTA), l'associazione europea del commercio equo-solidale, e di NEWS!, la rete europea delle botteghe del mondo. Le principali categorie merceologiche trattate da I.D.E.A.S. sono i generi alimentari e l'artigianato, abbigliamento, soprammobili in legno e ceramica, tessuti, strumenti musicali, bigiotteria, giocattoli e articoli da cartoleria. I produttori da cui si rifornisce si trovano in America Latina, in Africa e soprattutto in Asia. I partner asiatici con cui I.D.E.A.S collabora si trovano in Bangladesh, Filippine, India, Indonesia, Pakistan, Nepal e Sri Lanka. Si tratta di cooperative o altri gruppi organizzati di artigiani, ma anche di comunità per il recupero di tossicodipendenti. Collegamenti esterni Commercio equo solidale
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https://it.wikipedia.org/wiki/Importatori%20del%20commercio%20equo-solidale
Importatori del commercio equo-solidale
Nell'ambito del commercio equo-solidale, i cosiddetti importatori si distinguono dalle abituali imprese di import-export in quanto devono valutare, oltre all'opportunità economica, anche il rispetto dei criteri stabiliti del commercio equo-solidale nella produzione delle merci che commerciano. Tra gli importatori si possono distinguere grosso modo tre categorie: le centrali di importazione (vedasi oltre); Le Botteghe del Mondo, spesso legate a singoli o a pochi progetti, che intrattengono rapporti diretti con piccole organizzazioni di produttori del Commercio Equo; imprese normali che si riforniscono presso produttori certificati. Le prime due categorie hanno in comune il fatto che non hanno tra i propri obiettivi la massimizzazione del profitto, ma la massimizzazione dell'impatto (positivo) sulle persone, comunità o popolazioni produttrici. Si distinguono soprattutto per il volume d'affari e per il fatto che i progetti di commercio su larga scala spesso partono da rapporti personali, o comunque diretti, già instaurati tra produttori e consumatori finali. Le imprese qui indicate come normali sono imprese libere dal vincolo del commercio equo-solidale, ma che per propria storia o semplicemente per opportunità economica decidono di introdurre nel proprio assortimento anche prodotti equi. Tendenzialmente non seguono direttamente i progetti dei produttori, ma lasciano che siano organizzazioni esterne a certificare l'equità del rapporto commerciale e del comportamento dei produttori (vedasi /Transfair e Max Havelaar). Tra questi importatori ci sono aziende note come le Coop e, in Svizzera, la Migros. Le centrali di importazione Le cosiddette centrali di importazione sono il risultato della crescita dei punti vendita (vedasi Bottega del Mondo) che ha determinato la convenienza nel creare un passaggio intermedio tra l'importazione dei prodotti e la vendita al dettaglio. Anche in questo passaggio gli intermediari non operano puntando alla massimizzazione del profitto. Anche se nel loro statuto o ragione sociale non è sempre formalmente vietato distribuire gli utili ai soci, ciò di fatto non avviene, essendo spesso i soci legati al volontariato che non vedrebbe di buon occhio una tale pratica. Questo passaggio intermedio non si limita agli aspetti amministrativi e logistici dell'importazione o della distribuzione, ma fin dagli inizi contempla pure l'organizzazione della trasformazione dei prodotti: torrefazione del caffè, produzione di cioccolata, biscotti, crema di nocciole, tè solubile, ecc. In quanto a diretto contatto sia con i produttori che con i dettaglianti (e pertanto vicino ai consumatori), queste centrali predispongono anche il materiale informativo che certifica al consumatore l'origine dei prodotti, dei progetti e, per molti prodotti, della formazione del prezzo (vedasi Prezzo trasparente). Spesso valutano direttamente sul posto o in collaborazione con altri importatori se i progetti dai quali derivano i prodotti rispondono ai criteri autoimposti del commercio equo-solidale. I progetti vengono a volte iniziati direttamente da queste centrali sentiti gli operatori legati all'aiuto ai paesi sottosviluppati o in via di sviluppo. Altre volte riprendono progetti già avviati da altri. Essendo il prefinanziamento una caratteristica fondamentale del commercio equo, le centrali creano di fatto dei circuiti finanziari alternativi (vedasi finanza etica), basandosi sul risparmio sociale. Da questa esperienza in Italia sono nate prima le finanza etica/MAG e poi esperienze come la Banca Etica. Alcune centrali di importazione in Italia: Altra Qualità, Altromercato, Commercio Alternativo, LiberoMondo, Ravinala, Equomercato in Europa: Gepa, Èze, Solidar'Monde Voci correlate Finanza etica Importazione Commercio internazionale Economia internazionale Economia Commercio equo solidale
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https://it.wikipedia.org/wiki/Prezzo%20trasparente
Prezzo trasparente
Il prezzo trasparente è un cavallo di battaglia del commercio equo-solidale, che intende dimostrare come questa particolare pratica commerciale possa ripercuotersi sul prezzo finale pagato dal consumatore. Caratteristiche Solitamente si cerca di distinguere le seguenti componenti: prezzo percepito direttamente dai produttori interessati dal progetto sostenuto ulteriori costi sostenuti nel paese di produzione (trasporti fino al porto, spese portuali, tasse, ecc.) costi di trasporto fino al paese importatore dazi doganali percepiti dal paese importatore costi legati alla trasformazione del prodotto grezzo (torrefazione, cioccolatai, biscottifici, ecc) costi legati all'attività dell'importatore (seguire i progetti, attività amministrativa, logistica, coordinamento, eventuali costi legati alla certificazione, ecc.) margine commerciale del dettagliante (necessario per pagare le spese dei locali adibiti a negozio e il poco personale retribuito impiegato) tasse e imposte (tipicamente l'IVA) In questo modo si cerca da un lato di giustificare il prezzo solitamente più elevato dei prodotti normali e dall'altro si mette in evidenza il fatto che aumentare il prezzo pagato direttamente ai produttori non incide se non in misura marginale sul prezzo pagato dal consumatore. Ha come obiettivo pure quello di sensibilizzare il consumatore alle diverse componenti presenti nel commercio internazionale in parte imposte dagli stessi paesi consumatori per proteggere il proprio mercato (tipicamente i dazi) a scapito delle economie svantaggiate. Qualche esempio Fonte per gli esempi che seguono sono: Altromercato e Commercio alternativo. Gli esempio sono realistici ma non corrispondono a nessun caso reale. Caffè Questo vuol dire che: aumentando/riducendo del 10% il prezzo ai produttori, il prezzo finale aumenta/cala di circa 6% (15 centesimi a pacchetto) riducendo/aumentando del 10% i margini commerciali dell'importatore e del dettagliante, il prezzo finale cala/aumenta di circa 4% (10 centesimi a pacchetto) se l'Euro si rivaluta/svaluta del 10% rispetto al Dollaro, allora il prezzo finale cala/aumenta di circa 7% (17 ¢) Zucchero di canna Questo vuol dire che: aumentando/riducendo del 10% il prezzo ai produttori, il prezzo finale aumenta/cala di circa 5% (16 centesimi al chilo) riducendo/aumentando del 10% i margini commerciali dell'importatore e del dettagliante, il prezzo finale cala/aumenta di circa 4% (13 centesimi a pacchetto) se l'Euro si rivaluta/svaluta del 10% rispetto al Dollaro, allora il prezzo finale cala/aumenta di circa 5% (16 ¢) dimezzando il dazio, il prezzo finale cala di circa10% (32 ¢) commercio equo solidale Sistema dei prezzi
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https://it.wikipedia.org/wiki/Codice%20di%20avviamento%20postale
Codice di avviamento postale
Il codice di avviamento postale è un codice postale introdotto in Italia nel 1967 dal ministero delle Poste e Telecomunicazioni al fine di distinguere e designare il luogo fisico di destinazione della corrispondenza. Si tratta di un codice numerico di 5 cifre coerente con le raccomandazioni dell'Unione postale universale ed è noto anche con l'acronimo di CAP, C.A.P. o c.a.p.. Struttura Il C.A.P. è un codice postale di cinque cifre, la prima delle quali identifica la regione d'appartenenza mentre la terza comunica se la località ad esso associato sia un capoluogo di provincia o meno. All'interno di queste aree è stato assegnato un codice da x0xxx a x9xxx a ciascuna provincia. Ai capoluoghi di provincia è stato attribuito il codice xx100, agli altri centri i codici da xx01x a xx09x. La quarta cifra del codice è definita come stradario e in teoria facilita l'instradamento della corrispondenza a partire dai centri di smistamento comprensoriali (CMP). Sin dall'inizio, comunque, sono state previste eccezioni: alla città di Gorizia è stato attribuito il CAP 34170, e ha perciò lo stesso "codice provinciale" (34xxx) di Trieste (34100). Di conseguenza, alle località della provincia di Gorizia è stato attribuito il campo di codici da 3407x a 3409x; alle località della provincia di Trieste quello da 3401x a 3406x. In modo simile si è proceduto con l'istituenda provincia di Pordenone (rimasta parte della provincia di Udine fino al 1968) al cui capoluogo venne attribuito il codice 33170 in coabitazione di codice con Udine (33100), mentre i comuni della relativa provincia sono indistinguibili (codici da 3307x a 3309x). Nelle province istituite negli anni settanta il CAP del capoluogo è stato pertanto costituito dal codice provinciale d'origine seguito da xx170 (Isernia 86170, Oristano 09170), mentre il rimanente territorio mantiene il codice della provincia originaria differenziandosi unicamente per il campo di codici da xx07x a xx09x. Questa situazione provvisoria costituisce ancor oggi un'anomalia. Dal 1997, per tener conto delle otto nuove province istituite nel 1992 (Biella, Verbano-Cusio-Ossola, Lecco, Lodi, Rimini, Prato, Crotone, Vibo Valentia), e per le altre tre nuove province istituite nel 2004 (Barletta-Andria-Trani, Fermo, Monza e Brianza) le regole sono in parte cambiate. Solo alle province di Prato e di Barletta-Andria-Trani è stato assegnato un codice inutilizzato, rispettivamente il 59xxx e il 76xxx, secondo le regole preesistenti. Per tutte le altre province: le prime due cifre non indicano più necessariamente una sola provincia, e per capire se si tratta di una località capoluogo è necessario verificare se la terza cifra è dispari (xx1xx per le province preesistenti e a partire da xx9xx per le nuove province). Le località non capoluogo hanno un numero pari, minore di quello identificativo del capoluogo (quindi xx0xx per le province preesistenti e a partire da xx8xx per le nuove). Lo stesso CAP può corrispondere a più località, anche tra loro non confinanti, ma per le nuove province si è adottato il principio dell'attribuzione univoca dei codici alle : un'agenzia di recapito può avere più codici, ma allo stesso codice non devono corrispondere più agenzie. I comuni più grandi (per es. Roma, Napoli, Torino, Milano) possono avere più CAP, che identificano caseggiati, quartieri, aree cittadine. Ciò è previsto anche per Verbania, in virtù del fatto che prima della sua elevazione a capoluogo di provincia era divisa in sei differenti località postali, corrispondenti alle località di cui è costituito questo comune: Antoliva, Fondotoce, Intra, Pallanza, Suna e Trobaso, per un totale di quattro agenzie di recapito (Fondotoce, Intra, Pallanza e Trobaso). Infatti nelle edizioni del volume CAP precedenti al 1997 la dizione "Verbania" non era proprio censita. Per questi comuni esisteva anche un CAP generico le cui ultime due cifre erano 00 (ad esempio il CAP generico di Roma era 00100, quello di Milano 20100); veniva usato in genere per gli uffici centrali locali e per l'inoltro di corrispondenza a grandi utenze (ministeri, grandi industrie, ecc). È stato tuttavia abolito con l'ultima riforma, a decorrere dal 20 settembre 2006. Le città italiane con il CAP legato allo stradario sono 41: Alessandria Ancona Bari Bergamo Bologna Brescia Cagliari Catania Cesena Ferrara Firenze Foggia Forlì Genova La Spezia Livorno Messina Milano Modena Napoli Padova Palermo Parma Perugia Pesaro Pescara Piacenza Pisa Ravenna Reggio Calabria Reggio Emilia Rimini Roma Salerno Taranto Torino Trento Trieste Venezia Verbania Verona Riforma del CAP In seguito alla istituzione dei codici di avviamento postale nel 1941 in Germania, il ministro delle poste e delle telecomunicazioni Tommaso Siciliani (1943-1944) fece approvare una legge che tentò di imporre un primo uso dei codici di avviamento postale per i primi 5 più grandi capoluoghi di provincia (Milano, Napoli, Bologna, Torino e Roma), uso che rimase trascurato per ignoranza o non conoscenza, e che per trascuratezza veniva spesso omesso o sostituito di volta in volta nella corrispondenza generica con il solo riferimento alla stazione centrale della città a cui la posta veniva spedita. Dalla fine degli anni '50 e per tutti i primi anni '60 si lavorò per porre un punto sulla regolamentazione dei codici di avviamento postale introducendoli obbligatoriamente (definitivamente nel 1967, dopo la Gran Bretagna nel 1959 e gli Stati Uniti nel 1963) come uno strumento per facilitare l'arrivo al luogo di destinazione della corrispondenza, e venne così esteso a tutto il territorio nazionale. I codici di avviamento postale sono stati riformati nel settembre 2006 e la riforma è entrata in vigore il 20 settembre 2006. Il cambiamento ha principalmente riguardato: la modifica del CAP di 79 comuni (su 8103); la modifica del CAP in 2400 frazioni principali (su 8500), le quali hanno assunto lo stesso codice del capoluogo di comune (al posto del precedente generico xxxx0); l'abolizione del CAP generico (xx100) per le città suddivise in zone postali, nelle quali diviene obbligatoria l'indicazione del CAP specifico associato alla via e al numero civico del destinatario; il cambiamento del CAP nel 10% delle strade esistenti nei 27 comuni suddivisi in zone postali: la creazione di nuovi CAP a Bari, Perugia, Pisa, Reggio Calabria, Roma, Trieste, Venezia e Verona; l'eliminazione di alcuni CAP in alcune città suddivise in zone postali (in particolare: La Spezia 19138, 19139; Messina 98159; Palermo 90132; Pescara 65131, 65132; Venezia 30131); l'inserimento negli stradari delle nuove strade istituite dal 1997 al 2006 nelle città suddivise in zone postali; l'aggiornamento dell'elenco delle 107 province italiane con l'ufficializzazione delle sigle postali per le nuove province della Sardegna (OT per Olbia-Tempio, OG per l'Ogliastra, CI per Carbonia-Iglesias, MD poi modificata in VS per il Medio Campidano), pur senza modificare l'originario codice postale né dei capoluoghi né del territorio: pertanto, risulteranno esserci comuni con stesso codice ma differente provincia (es. 08010, previsto sia su NU che OR, non segue la provincia amministrativa); la programmazione dell'aggiornamento annuale dei codici (prevista due volte l'anno: tra aprile/maggio e ottobre/novembre) a partire dall'anno 2006 (il precedente aggiornamento dei codici e dello stradario risaliva al 1997); la scelta della commercializzazione per la diffusione della banca dati su supporto informatico da parte di Poste Italiane. In base ai principi ispiratori della riforma, il 27 marzo 2009, è entrata in vigore un'ulteriore modifica che introduce, tra l'altro, il codice di zona per le città di Alessandria (151xx), Piacenza (291xx), Trento (381xx), Modena (411xx), Reggio Emilia (421xx), Parma (431xx), Ferrara (441xx), Forlì (471xx), Cesena (475xx), Rimini (479xx), Ravenna (481xx), Pesaro (611xx), Foggia (711xx), Taranto (741xx). Nel 2010, oltre ad ulteriori aggiornamenti minori, sono stati riattribuiti i CAP per le nuove province di istituzione statale (Monza e Brianza, Fermo e Barletta-Andria-Trani) e ai comuni delle Marche passati alla provincia di Rimini. In particolare è stata attribuita la numerazione 208xx ai comuni della provincia di Monza e della Brianza (20900 al capoluogo Monza), 638xx ai comuni della provincia di Fermo (63900 al capoluogo Fermo) ed è stato attribuito l'inutilizzato 760xx ai comuni della provincia di Barletta-Andria-Trani (per i capoluoghi rispettivamente 76121 a Barletta, 76123 ad Andria e 76125 a Trani). Per ottimizzare l’organizzazione del recapito e di conseguenza migliorare la qualità del servizio, nel 2017, a seguito dell'istituzione della provincia del Sud Sardegna e dell’istituzione di nuovi comuni, sono state attribuiti nuovi CAP sull’intero territorio nazionale. Elenco dei codici postali in Italia Di seguito una tabella contenente i CAP delle 14 città metropolitane e delle 93 province italiane (inclusa la Valle d'Aosta), della Repubblica di San Marino e della Città del Vaticano (che fanno parte del sistema postale italiano). La tabella è aggiornata alla revisione dei CAP del 2020 ed è ordinata per numero di codice postale. Si noti che, nonostante il numero delle province italiane sia oggi superiore a 100 (sono compresi i liberi consorzi siciliani), non tutti i codici numerici sono stati utilizzati o attribuiti. In particolare sono tuttora inutilizzati il 49xxx, il 68xxx, il 69xxx, il 77xxx, il 78xxx, il 79xxx e il 99xxx. Dei codici già utilizzati, il 59xxx è stato negli anni novanta attribuito alla provincia di Prato e il 76xxx nel 2010 alla provincia di Barletta-Andria-Trani. Codici postali italiani di località estere Città del Vaticano: tutto il territorio di tale Stato adotta il codice d'avviamento postale 00120 San Marino: il servizio postale della Repubblica è integrato a quello italiano, e i codici postali ad essa assegnati vanno da 47890 a 47899 Codici postali esteri di località italiane Il servizio postale delle forze armate britanniche ( o BPFO) assegna un codice postale dedicato a quattro località italiane in cui si trovano dislocati propri militari: BF1 2AB: Napoli BF1 2AY: Milano BF1 2BA: Roma BF1 2BE: Poggio Renatico La Svizzera, altresì, assegna un numero postale di avviamento all'ufficio postale transfrontaliero di Domodossola in forza di una convenzione del 1906 tra i due Paesi, a seguito della quale la località del Piemonte, confinante con la ticinese Sempione, ospita nei locali della stazione un ufficio postale istituito per il transito in entrata e uscita della corrispondenza via terra con il Paese elvetico. Il codice assegnato a tale ufficio postale, facente parte della stessa zona postale del Sempione, è CH-3907. Fino al , inoltre, esisteva un numero postale di avviamento autonomo per Campione d'Italia, exclave italiana in territorio svizzero, il cui C.A.P. è 28845; tuttavia, con l'entrata di Campione nello spazio doganale europeo, anche ai fini postali il comune italiano viene trattato dalla Svizzera come una porzione di Stato estero e quindi soggetto alle regole internazionali di corrispondenza; di conseguenza dal il codice postale CH-6911, identificativo di Campione d'Italia, è dismesso. Note Collegamenti esterni Codice di Avviamento Postale – Cerca CAP Italia Codici postali Filatelia Poste Italiane
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https://it.wikipedia.org/wiki/Cigno%20%28disambigua%29
Cigno (disambigua)
Cigno – nome comune in lingua italiana degli uccelli acquatici appartenenti al genere tassonomico Cygnus. Cigno – nome comune in lingua italiana della costellazione astronomica Cygnus, idealmente raffigurante un cigno. Cigno – simbolo araldico raffigurante uno o più cigni. Il Cigno – XIII brano e brano più famoso de Il carnevale degli animali, opera del compositore francese Camille Saint-Saëns Cigno – modello di yacht a vela per nautica da diporto di diverse dimensioni (es.: Swan 45). Cigno – torpediniera della Regia Marina Cigno - agente segreto internazionale Luis Manuel Gonzalez Mata-Lledo Geografia Cigno – affluente di sinistra del fiume Aterno-Pescara in Abruzzo Cigno – affluente di destra del fiume Biferno in Molise Cigno – affluente di sinistra del fiume Fortore in Molise e Puglia Note Altri progetti
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https://it.wikipedia.org/wiki/Cygnus%20cygnus
Cygnus cygnus
Il cigno selvatico (Cygnus cygnus ), più raramente noto come "cigno canoro" o "cigno musico", è un uccello appartenente alla famiglia Anatidae. In inglese è comunemente chiamato Whooper Swan, mentre in tempi passati veniva chiamato "Elk". Spesso in Italia viene erroneamente identificato quale "cigno selvatico" qualsiasi esemplare di cigno allo stato libero, mentre il più delle volte si tratta di cigni di specie diversa, generalmente esemplari di cigno reale (Cygnus olor), che è la specie di cigno più diffusa in Italia. Descrizione Il cigno selvatico ha il becco giallo con la punta nera, gli adulti hanno il piumaggio completamente bianco, e corte zampe palmate di colore scuro. Analogamente agli altri cigni, i piccoli (fino alla fine del loro primo inverno) hanno invece un piumaggio grigio e il loro becco è rosa là dove diventerà nero, e biancastro dove diventerà giallo. Dimensioni: apertura alare: 205–235 cm lunghezza: maschio 150 cm femmina 150 cm altezza: ca.75 cm peso: 3.000-12.000 g Si distingue facilmente dal Cigno Reale dall'assenza del bernoccolo sopra il becco, poi rispetto al cigno reale il suo battito di ali durante il volo è molto più silenzioso, ha il becco giallo e nero anziché arancio-rosso e nero, e tiene il collo più dritto. La colorazione del becco è molto simile a quella del Cigno Minore euroasiatico (Cygnus columbianus bewikii), nel quale la parte di nero è però maggiormente estesa (vedi immagine comparativa a lato); tale somiglianza può trarre in inganno osservando un singolo esemplare di cigno, ma quando un Cigno Selvatico e un Cigno Minore Bewick's sono visibili contemporaneamente, appare evidente sia la maggior dimensione del Cigno Selvatico, sia la diversa colorazione del becco. Biologia Comportamento Il cigno selvatico si distingue dal reale soprattutto perché non solleva mai il folto piumaggio delle ali mentre scivola silenzioso sull'acqua, nella plastica e classica "posa da cigno": infatti, porta le ali sempre abbassate come le anatre selvatiche e ciò lo rende meno imponente del reale, nonostante abbia le stesse dimensioni. Alimentazione Si vedano le informazioni al riguardo per il genere Cygnus e per le varie altre specie di Cigno che ne sono parte. Riproduzione Le uova solitamente sono circa 4-6 per covata e misurano 11,2 x 7,0 cm. Distribuzione e habitat Come tutti i cigni, è un uccello acquatico migratore; nidifica in Nord-Europa soprattutto in Scandinavia e nella tundra e sverna sulle coste del Mar Nero, Mar Caspio, Mare del Nord e in minor misura sulle coste orientali dell'Adriatico. È un uccello di climi freddi (dalla Siberia all'Islanda). Molto frequente in Finlandia, preferisce le acque costiere salmastre ed è molto rumoroso: quando è eccitato, emette un curioso suono simile ad un colpo di tosse. In Italia giunge solo sporadicamente. Conservazione Risente della distruzione del suo ambiente naturale. Rapporti con l'uomo Viene talvolta tenuto in cattività come animale ornamentale. In Finlandia - dove viene chiamato "Laulujoutsen" - è considerato emblema nazionale (Finland's national bird ), ed è rappresentato sulla faccia nazionale delle monete da 1 euro. Note Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni Anatidae Taxa classificati da Linneo
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https://it.wikipedia.org/wiki/Niccol%C3%B2%20Copernico
Niccolò Copernico
Benché non fosse stato il primo a formulare tale teoria, fu lo scienziato che più rigorosamente riuscì a dimostrarla tramite procedimenti matematici. Copernico fu anche ecclesiastico, giurista, governatore e medico. Biografia Niccolò Copernico nacque a Toruń, nella Prussia reale il 19 febbraio del 1473. Il padre, Niklas Koppernigk (Mikołaj Kopernik in polacco), era un mercante polacco di lingua tedesca, nato e cresciuto a Cracovia da una famiglia originaria di Koperniki un villaggio nel distretto di Nysa (in Slesia), mentre la madre, Barbara Watzenrode, era una nobildonna di ascendenza tedesca, nata e cresciuta a Thorn da un illustre casato originario di Schweidnitz (Świdnica); era madrelingua tedesco e conosceva il polacco e il latino. Quindi Copernico era di famiglia polacca-tedesca, che viveva in uno stato autonomo governato da re polacco, per cui godeva della cittadinanza polacca. Tuttavia, non si considerava né tedesco né polacco, bensì prussiano. Presto orfano di entrambi i genitori, venne adottato insieme ai fratelli dallo zio materno, Lucas Watzenrode, che nel 1489 venne nominato vescovo della Varmia (regione chiamata in tedesco Ermland e perciò in italiano anche Ermia). Nel 1491 Copernico entrò all'Università di Cracovia, dove conobbe il matematico Jacob Köbel, con cui mantenne i rapporti anche negli anni successivi, come riportato dal suo biografo, Simon Starowolski, nel 1627. Di questo periodo, e del suo approccio all'astronomia, ci restano alcune sue entusiastiche descrizioni in testi oggi raccolti nella biblioteca di Uppsala. Dopo quattro anni e un breve soggiorno a Toruń, venne in Italia, dove studiò diritto presso l'Università di Bologna ed ebbe come maestro anche il noto umanista Urceo Codro. A Bologna incontrò Domenico Maria Novara, già celebre astronomo, che ne fece il suo allievo e uno dei suoi più stretti collaboratori. Con il suo maestro, mentre studiava diritto civile a Ferrara, Copernico fece le prime osservazioni astronomiche nel 1497. Nello stesso anno lo zio fu nominato vescovo di Ermia e Copernico canonico, cioè appartenente alla Congregazione riformata dei Canonici Agostiniani; il giovane si diresse a Roma, dove osservò un'eclissi e dove tenne lezioni di astronomia o di matematica. Soltanto nel 1501 sarebbe andato a "prendere servizio" a Frauenburg (oggi Frombork), ma vi si trattenne per il solo tempo necessario a ottenere il permesso di tornare in Italia al fine di completare la sua formazione. Studiò a Padova (con Fracastoro e Gaurico) e a Ferrara (con Giovanni Bianchini). Durante i suoi soggiorni italiani imparò il greco, riuscendo così a leggere in lingua originale le opere degli autori classici, in particolare quelle di Tolomeo, uno dei padri del modello geocentrico. Pubblicò anche una traduzione in latino delle epistole morali del famoso storico bizantino Teofilatto Simocatta, vissuto al tempo dell'imperatore Eraclio (VII secolo) Nel 1503 si laureò in diritto canonico all'Università degli Studi di Ferrara e si suppone che lì abbia letto gli scritti di Platone e di Marco Tullio Cicerone circa le opinioni degli antichi sul movimento della Terra. A Ferrara dunque si ipotizza che possa avere avuto la prima illuminazione per lo sviluppo delle sue intuizioni. Dal 1504 cominciò infatti a raccogliere le sue osservazioni e le riflessioni che stavano per portarlo a formare la sua teoria. Lasciata l'Italia, tornò a Frauenburg, dove divenne membro del Capitolo di Varmia, interessandosi di riforme del sistema monetario e sviluppando alcuni studi di economia politica che lo portarono a enunciare in anteprima alcuni principi, poi riassunti nella nota Legge di Gresham. Nel 1516 ricevette dal Capitolo l'incarico di amministratore delle terre attorno alla città di Allenstein (oggi Olsztyn), e in tale veste si interessò di questioni di catasto, giustizia e fisco. Nel castello di Olsztyn, dove passò quattro o cinque anni, fece alcune osservazioni importanti e scrisse una parte della sua opera principale De Revolutionibus orbium coelestium. È proprio in questo castello che si trova tuttora l'unica traccia visibile della sua attività scientifica: una tabella che fece alla parete di una loggia che gli serviva per osservare il moto apparente del Sole attorno alla Terra. Copernico fu anche un rappresentante commerciale del Capitolo e un diplomatico per conto dello zio vescovo. Nel 1514 distribuì ai suoi amici alcune copie del Commentariolus, breve trattato in cui presentava le sue innovative teorie sulla struttura del cosmo e sul moto dei pianeti, della Luna e del Sole ed esplicitava i sette postulati su cui si fonda la sua teoria eliocentrica. Sin dal suo primo apparire l'opera ebbe immediata notorietà negli ambienti accademici di mezza Europa. Da molte parti del continente gli pervennero infatti pressanti inviti a pubblicare i suoi studi, ma Copernico, non senza ragione, temeva la prevedibile reazione che le sue idee, per certi versi destabilizzanti, avrebbero potuto suscitare. Non mancarono, però, pressioni a favore di una pubblicazione del lavoro di Copernico, come testimonia una lettera del cardinale di Capua Niccolò Schomberg, che lo sollecitò a comunicare la sua scoperta agli studiosi e in particolare domandò di potere avere egli stesso una copia di tale lavoro, offrendosi di pagare di persona tutte le relative spese. Il lavoro, in realtà, era ancora in via di completamento ed egli ancora non aveva preso la determinazione di darlo alle stampe quando, nel 1539, Giorgio Gioacchino Retico, nominato pochi anni prima professore a Wittenberg, su sollecitazione di Filippo Melantone, giunse a Frauenburg. Retico stette due anni a contatto con Copernico come suo allievo, e nel 1540 pubblicò nel suo testo Narratio prima l'essenza degli studi che Copernico andava sviluppando. Nel 1543 Retico pubblicò con il nome di Copernico un trattato di trigonometria (poi incluso nel secondo libro del De revolutionibus) e insistette presso quello che ormai era divenuto il suo maestro per la pubblicazione del lavoro. Copernico finalmente vi acconsentì, anche per effetto delle reazioni, talune favorevoli, altre dubbiose o contrarie, ma in genere tutte di grande interesse, e affidò il testo al suo fraterno amico Tiedemann Giese, vescovo di Chełmno, perché lo consegnasse a Retico, che lo avrebbe fatto stampare a Norimberga. Vuole la leggenda che Copernico morente ne abbia ricevuta la prima copia il giorno in cui sarebbe morto, e taluno scrisse che, avendogliela alcuni amici messa fra le mani, lui incosciente, si sia risvegliato dal coma, abbia guardato il libro e, sorridendo, si sia spento. Il lavoro di Copernico apparve con una breve prefazione non firmata, scritta da Andrea Osiander, cui il Retico, partito per Lipsia, aveva chiesto aiuto per portare a termine la pubblicazione. In tale prefazione, Osiander si preoccupò (mistificando il pensiero di Copernico) di sottolineare come l'autore intendesse il suo modello come una semplice costruzione matematica, utile ai calcoli, ma non necessariamente corrispondente al vero. Essendo la prefazione anonima, fu per lungo tempo intesa essere stata scritta dallo stesso Copernico. Giordano Bruno, uno dei primi difensori e promotori del sistema copernicano, definì Osiander un "asino ignorante e presuntuoso". Fu sepolto nella cattedrale di Frombork nel 1543, in un punto per secoli non più identificabile. Nel 2005 archeologi polacchi iniziarono ricerche al di sotto del pavimento della cattedrale, rinvenendo infine una sepoltura. Applicando tecniche di medicina legale, tra cui la comparazione del DNA prelevato dai resti umani con quello rinvenuto in alcuni capelli di Copernico trovati dentro i suoi libri, nel 2008 i ricercatori hanno potuto affermare con sicurezza di avere rinvenuto il corpo dell'astronomo. Il 22 maggio 2010, dopo che i suoi resti avevano viaggiato per alcune settimane attraverso la Polonia, Copernico fu solennemente sepolto con onore nella cattedrale di Frombork. Una lapide in granito nero lo identifica come il fondatore della teoria eliocentrica. La lapide reca una rappresentazione del modello copernicano del sistema solare, con un sole d'oro. Il sistema eliocentrico copernicano Il nucleo centrale della teoria di Copernico, l'essere il Sole al centro delle orbite degli altri pianeti, e non la Terra, fu pubblicato nel libro De revolutionibus orbium coelestium (Sulle rivoluzioni delle sfere celesti) l'anno della sua morte. Il libro è il punto di partenza di una conversione dottrinale dal sistema geocentrico a quello eliocentrico e contiene gli elementi più salienti della teoria astronomica dei nostri tempi, compresa la corretta definizione dell'ordine dei pianeti, della rotazione quotidiana della Terra intorno al proprio asse, e della precessione degli equinozi. Le teorie di Copernico non erano però senza difetti, o almeno senza punti che in seguito si sarebbero rivelati fallaci, come per esempio l'indicazione di movimenti circolari dei pianeti, anziché ellittici, e la necessità degli eccentrici e epicicli. Diversamente da quanto si diceva a quel tempo, per mantenere un livello di precisione paragonabile a quello del sistema tolemaico, erano necessari a Copernico più "cerchi" di quelli di Tolomeo. Il numero esatto dei "cerchi" è inizialmente di 34 (nella sua prima esposizione del sistema, contenuta nel Commentariolus), ma raggiunge la cifra di 48 nel De revolutionibus, secondo i calcoli di Koestler. Invece, il sistema tolemaico non ne utilizzava 80, come affermato da Copernico, bensì solamente 40, secondo la versione aggiornata del 1453 del sistema tolemaico da parte di Peurbach. Lo storico della scienza Dijksterhuis fornisce altri dati, ritenendo che il sistema copernicano utilizzasse solo cinque "cerchi" in meno di quello tolemaico. L'unica differenza sostanziale, pertanto, consisteva esclusivamente nell'assenza degli equanti nella teoria copernicana. Comunque, questi errori rendevano i risultati concreti degli studi, come per esempio le previsioni delle effemeridi, non più precisi di quanto non fosse già possibile ottenere con il sistema tolemaico. L'obiezione più efficace all'universo copernicano era però il problema delle dimensioni delle stelle. Secondo i modelli geocentrici dell'universo le stelle si trovano poco oltre i pianeti; in questa situazione le loro dimensioni stimate con un semplice calcolo geometrico non risultavano troppo diverse da quelle del Sole. Con la teoria eliocentrica di Copernico le stelle dovevano essere estremamente lontane e quindi, applicando lo stesso sistema di calcolo, risultavano esageratamente grandi, di dimensioni pari a migliaia di volte quelle del Sole. Un critico particolarmente severo fu l'astronomo e alchimista danese Tycho Brahe, che nel 1588 pubblicò una versione aggiornata del sistema geocentrico, una sorta di compromesso tra Tolomeo e Copernico: Sole, Luna e stelle orbitavano intorno alla Terra, mentre i pianeti orbitavano intorno al Sole. Questa teoria superava il problema della dimensione delle stelle, rendendole confrontabili con quelle del Sole. Un altro aspetto della teoria di Copernico che lasciava perplesso Tycho Brahe era la mancanza (per la scienza dell'epoca) di una spiegazione fisica dei movimenti terrestri: quale forza poteva fare ruotare una pesantissima sfera di roccia, polvere e acqua, del diametro di migliaia di miglia, intorno al Sole? Per queste apparenti contraddizioni e incertezze (superate solo cento anni dopo con la fisica newtoniana e duecento anni dopo con la scoperta del particolare comportamento della luce quando entra in una pupilla o in un telescopio), molti importanti astronomi per lungo tempo non riconobbero la teoria copernicana. Tuttavia la nuova teoria eliocentrica impressionò grandi scienziati come Galileo e Keplero, che sul suo modello svilupparono correzioni ed estensioni della teoria. Fu l'osservazione galileiana delle fasi di Venere a fornire il primo riscontro scientifico delle intuizioni copernicane. Il sistema copernicano può sintetizzarsi in sette assunti, così come dal medesimo autore enunciati in un compendio del De revolutionibus ritrovato e pubblicato nel 1878. Steso tra il 1507 e il 1512, nel Nicolai Copernici de hypothesibus motuum coelestium a se constitutis commentariolus, Copernico presentò le sette petitiones (cioè i sette postulati della teoria) che dovevano dare vita a una nuova astronomia: Non vi è un unico punto centro delle orbite celesti e delle sfere celesti. Il centro della Terra non è il centro dell'Universo, ma solo il centro della massa terrestre e della sfera lunare. Tutte le sfere ruotano attorno al Sole, che quindi è in mezzo a tutte, e il centro dell'Universo si trova vicino a esso. Il rapporto della distanza tra il Sole e la Terra con l'altezza del firmamento, è tanto più piccolo di quello tra il raggio della Terra e la distanza di questa dal Sole, che, nei confronti dell'altezza del firmamento, tale distanza è impercettibile (non viene quindi percepito alcun movimento apparente nelle stelle fisse). Qualsiasi movimento appaia nel firmamento non appartiene a esso, ma alla Terra; pertanto la Terra, con gli elementi contigui, compie in un giorno un intero giro attorno ai suoi poli fissi, mentre il firmamento resta immobile, inalterato con l'ultimo cielo. Qualunque movimento ci appaia del Sole, non appartiene a esso, ma dipende dalla Terra e dalla nostra sfera, insieme alla quale noi ruotiamo intorno al Sole come qualsiasi altro pianeta, e così la Terra compie più movimenti. Per i pianeti appare un moto retrogrado e un moto diretto; ciò in realtà non dipende da loro, ma dalla Terra; pertanto, il moto di questa sola basta a spiegare tante irregolarità celesti. Queste asserzioni rappresentavano l'esatto opposto di quanto affermava la teoria geocentrica, allora comunemente accettata. Esse mettevano quindi in discussione tutto il sistema di pensiero allora prevalente in filosofia e religione. Copernico fu molto attento a non assumere atteggiamenti rivoluzionari, né con la sua condotta di vita, né nelle sue opere. Da buon umanista ricercò nei testi dei filosofi antichi un nuovo metodo di calcolo per risolvere le incertezze degli astronomi. Egli costruì una nuova cosmologia partendo dagli stessi dati dell'astronomia tolemaica e rimanendo ancorato ad alcune tesi fondamentali dell'aristotelismo: 1) perfetta sfericità e perfetta finitezza dell'Universo; 2) immobilità del Sole data dalla sua natura divina; 3) centralità del Sole dovuta a migliore posizione da cui "può illuminare ogni cosa simultaneamente" (Copernico). La presunta maggiore semplicità e armonia del sistema (argomenti con cui Copernico e il discepolo Giorgio Gioacchino Retico difendevano la visione copernicana) era però più apparente che reale. Per non contraddire le osservazioni Copernico fu costretto a non fare coincidere il centro dell'Universo con il Sole, ma con il centro dell'orbita terrestre; dovette reintrodurre epicicli ed eccentrici, come Tolomeo; dovette attribuire alla Terra, oltre al moto di rivoluzione attorno al Sole e a quello di rotazione attorno al proprio asse, un terzo moto (declinationis motus), per rendere conto dell'invariabilità dell'asse terrestre rispetto alla sfera delle stelle fisse. Benché all'epoca di Copernico il sistema eliocentrico e quello geocentrico fossero sostanzialmente equivalenti in termini di complessità e di capacità predittiva, il grande vantaggio del sistema copernicano fu l'eliminazione di un epiciclo dalle orbite di tutti i pianeti. Nel sistema copernicano questo epiciclo è dovuto al fatto che le orbite sono osservate dalla Terra, la quale a sua volta gira attorno al Sole. L'osservazione che i pianeti hanno un epiciclo in comune, dovuto all'orbita della Terra, apriva tra l'altro la possibilità di misurare le distanze dei pianeti dal Sole (o, meglio, il loro rapporto con il raggio dell'orbita terrestre) con il metodo della parallasse. Copernico volle anche eliminare l'equante di Tolomeo; poiché le orbite sono ellittiche, tuttavia, dovette comunque introdurre degli epicicli. Solo con Keplero questi ultimi non saranno più necessari. Copernico sostituiva Tolomeo e migliorava l'Almagesto sul piano dei calcoli, ricorrendo a una raffinata matematica pitagorica e conservando il presupposto metafisico della perfetta circolarità dei moti celesti. Nel passato di Copernico non c'è traccia di molti elementi a fondamento della "rivoluzione astronomica", ciononostante il ''De revolutionibus'', pur non presentandosi come un testo rivoluzionario, aprì questioni che fecero franare l'intero sistema tolemaico, a causa del suo instabile equilibrio. Opere De revolutionibus orbium coelestium (Sulle rivoluzioni dei corpi celesti), Norimberga 1543. Edizioni Traduzioni italiane Note Bibliografia Fonti Pierre Gassendi: Tychonis Brahei, equitis Dani, Astronomorum Coryphaei, vitae Accessit Nicolai Copernici, Georgii Peurbachii, & Joannis Regiomontani, Astronomorum celebrium, Vita. Hagae Comitum (Den Haag), Vlacq, 1655. Studi Catherine M. Andronik, Copernicus: Founder of Modern Astronomy, Enslow Pub Inc 2002 A. Bertin, Copernico, Edizioni Accademia, Milano, 1973. D. Danielson e C. M. Graney, Processo a Copernico, Le Scienze marzo 2014. James Evans, The History and Practice of Ancient Astronomy, Oxford University Press, 1998, ISBN 0195095391 Owen Gingerich, Alla ricerca del libro perduto. La storia dimenticata del trattato che cambiò il corso della scienza, Rizzoli, 2004 G. Goldoni, Copernicus Decoded, The Mathematical Intelligencer, vol.27, numero 3, 2005. H. Kesten, Copernico e il suo mondo, Mondadori, Milano, 1960. Alexandre Koyré, The Astronomical Revolution: Copernicus-Kepler-Borelli, Dover 1961 T. S. Kuhn, La rivoluzione copernicana, Einaudi Otto Neugebauer, The Exact Sciences in Antiquity, Princeton University Press, 1952 Luigi Pepe (a cura di), Copernico e lo studio di Ferrara. Università, dottori e studenti, CLUEB 2003 L. Pessina, Commento e riflessioni intorno alla dedica di Copernico a papa Paolo III, ovvero sulla prefazione al primo libro del «De revolutionibus orbium caelestium» quale..., Montedit, 2004 Paolo Rossi, La nascita della scienza moderna in Europa, Laterza, 1997. Dava Sobel, Il segreto di Copernico. La storia del libro proibito che cambiò l'universo, Rizzoli, 2012 Voci correlate Apollonio di Perga Aristarco di Samo Democrito Giovan Battista Amico Jabir ibn Aflah al-Ishbili Rivoluzione astronomica Teoria copernicana Altri progetti Collegamenti esterni Fisici polacchi Studenti dell'Università degli Studi di Ferrara Uomini universali
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Classe
Classe, dal latino classis, indica in generale una suddivisione, un insieme o un gruppo. Può riferirsi a: Classe – nella scuola, insieme di alunni che hanno in comune gli stessi orari e gli stessi insegnanti Classe – nelle scienze sociali, insieme di individui che condividono caratteristiche economiche o culturali Classe – nel motociclismo, categoria per cilindrata Classe – in tassonomia, livello gerarchico nelle classificazioni Classe – in matematica, concetto nella teoria degli insiemi Classe – in informatica, costrutto di un linguaggio di programmazione usato come modello per creare oggetti Classe – in elettrotecnica, precisione di uno strumento di misura Classe – valutazione (quantitativa o qualitativa ordinale) dell'efficienza energetica di un apparato elettronico, idraulico ecc. Classe – nei giochi di ruolo, specifica professione o specializzazione dei personaggi Classe – in Dungeons & Dragons, parte dell'identità e della natura dei personaggi Classe – storico porto di Ravenna, oggi frazione della stessa Pagine correlate Class Altri progetti
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Cetacea
I cetacei (Cetacea , 1762) sono un infraordine di mammiferi euteri, completamente adattatisi alla vita acquatica. Il nome cetaceo deriva dal greco κῆτος (kētos), che significa balena o mostro marino e fu introdotto da Aristotele per designare gli animali acquatici dotati di respirazione polmonare. Presentano un corpo fusiforme, simile a quello dei pesci, che assicura loro una maggiore idrodinamicità. Gli arti anteriori sono modificati in pinne; gli arti posteriori come tali sono assenti; rimangono solo alcune piccole ossa vestigiali, nascoste dentro al corpo, e non collegate alla spina dorsale per l'assenza del bacino. La pinna caudale è disposta orizzontalmente e divisa in due lobi. Sono generalmente privi di peli e sono isolati termicamente da uno spesso strato di grasso. L'infraordine Cetacea comprende circa 85 specie, quasi tutte marine tranne 5 specie di delfini di acqua dolce. Le specie sono suddivise in due parvordini, Mysticeti ed Odontoceti. Esiste un terzo parvordine, Archaeoceti, cui appartengono solo specie estinte. Tra i misticeti si trovano gli animali comunemente chiamati balene, i più grandi conosciuti al mondo: in particolare la balenottera azzurra è il più grande animale oggi presente sulla Terra. Tra gli odontoceti, invece, si trovano delfini e orche, spesso allevati e addestrati nei delfinari. La branca della biologia che si occupa dello studio di questi animali è la cetologia. Evoluzione e tassonomia La teoria tradizionale sull'evoluzione dei Cetacei asseriva che derivassero dai Mesonychidae, un gruppo di ungulati carnivori simili a lupi, dotati di zoccoli e affini agli Artiodattili. Questi animali possedevano denti triangolari simili a quelli dei cetacei fossili e per questo motivo gli scienziati hanno creduto per molto tempo che balene e delfini derivassero da loro. Tuttavia una ricerca del 2001 conferma sulla base di dati molecolari che i Cetacei non derivano dai mesonichidi, ma sono fortemente correlati agli artiodattili.. A partire dai primi anni novanta, analisi molecolari su una grande quantità di proteine e sequenze di DNA hanno indicato che i Cetacei dovessero essere inclusi all'interno dell'ordine degli Artiodattili, essendo molto vicini filogeneticamente agli Hippopotamidae. È stato quindi istituito un ordine che riunisce Artiodattili e Cetacei: Cetartiodactyla, nel quale i Cetacei sono inseriti nel sottordine Cetancodontamorpha. Il primo antenato dei Cetacei è ritenuto essere il Pakicetus, un artiodattilo primitivo vissuto nell'Eocene, circa 35 milioni di anni fa. Questo animale aveva mantenuto alcuni aspetti dei Mesonychidae da cui si era evoluto, come la presenza di denti triangolari che gli Artiodattili moderni hanno perso. L'anello di collegamento tra il Pakicetus e i Cetacei risulta essere la struttura delle ossa dell'orecchio. Inoltre, i denti del Pakicetus ricordano quelli delle balene fossili. LAmbulocetus è stato il primo antenato dei Cetacei a condurre una vita anfibia, possedendo delle zampe più adatte al nuoto che ai movimenti terrestri. Il primo degli antenati dei Cetacei ad essere completamente acquatico fu invece il Basilosaurus, che visse circa 38 milioni di anni fa. I primi misticeti, i Cetotheriidae, comparvero nel Miocene, mentre i primi odontoceti, i Kentriodontidae fecero la loro comparsa nell'Oligocene. I Cetacei viventi sono divisi in due parvordini: i Mysticeti dotati di fanoni. I fanoni sono delle strutture presenti nella mascella superiore che agiscono da setaccio e che sono costituite da cheratina. Tale struttura permette di filtrare il plancton dall'acqua. Vi appartengono le seguenti famiglie: Balaenidae Balaenopteridae Eschrichtiidae Neobalaenidae gli Odontoceti dotati di denti. Si nutrono principalmente di pesci e/o calamari. Questi Cetacei hanno un'abilità eccezionale nel percepire l'ambiente circostante mediante la ecolocalizzazione. Vi appartengono le seguenti famiglie: Delphinidae Monodontidae Phocoenidae Physeteridae Platanistidae Iniidae Ziphiidae Morfologia Essendosi evoluti da progenitori terrestri, i Cetacei hanno dovuto sviluppare notevoli adattamenti anatomici e fisiologici per poter condurre una vita completamente acquatica: il corpo è fusiforme ed ha assunto una forma idrodinamica simile a quella di un pesce; sul dorso è comparsa una pinna dorsale, formata da tessuto connettivo; gli arti anteriori si sono trasformati in pinne pettorali ed hanno assunto la forma di pagaie; l'estremità della coda è piatta, formata da due lobi; gli arti posteriori sono assenti e di essi rimangono piccole ossa nascoste all'interno del corpo; sulla sommità del capo è presente uno sfiatatoio; i peli scompaiono completamente dopo i primi mesi di vita; i padiglioni auricolari sono assenti; i genitali esterni sono nascosti all'interno di tasche. Forma del corpo e dimensioni La forma del corpo dei Cetacei ricorda molto da vicino quella dei pesci. Per convergenza evolutiva, infatti, hanno sviluppato una forma affusolata, idrodinamica, che permette loro di muoversi agevolmente nell'ambiente acquatico riducendo l'attrito con l'acqua. Il corpo dei Misticeti è più tozzo rispetto a quello degli Odontoceti, che sono in grado di nuotare a maggiori velocità. All'ordine dei Cetacei appartengono alcuni tra i più grandi animali mai esistiti sulla Terra. Soprattutto tra i Misticeti, le dimensioni corporee sono ragguardevoli: la balenottera azzurra (Balaenoptera musculus) può raggiungere i 30 metri di lunghezza ed è considerato il più grande animale mai esistito. Tra gli Odontoceti, è il capodoglio (Physeter macrocephalus) che raggiunge le dimensioni maggiori, arrivando a una lunghezza di circa 20 metri nei maschi. Il cetaceo più piccolo in assoluto è invece la focena del golfo di California (Phocoena sinus), una focena che può raggiungere la lunghezza di circa . Tra i Misticeti, le dimensioni minori sono quelle di Caperea marginata, che può raggiungere circa 6 metri. La tabella 1 riassume lunghezza massima e peso raggiunti da alcuni cetacei. Pelle Come in tutti i Mammiferi, la pelle dei Cetacei è formata da epidermide, derma ed ipoderma. L'epidermide è costituita da un epitelio pavimentoso pluristratificato, è più spessa da 10 a 20 volte di quella dei mammiferi terrestri e il suo strato più esterno viene rinnovato circa 12 volte al giorno. Il derma è costituito da tessuto connettivo denso ed è privo di follicoli piliferi e ghiandole sebacee. L'ipoderma forma il pannicolo adiposo (blubber) ed è costituito da tessuto connettivo lasso ricco di adipociti e fibre di collagene. La sua funzione è quella di evitare la dispersione del calore e di fungere da sostanza di riserva. La superficie della pelle di diversi odontoceti presenta alcune creste cutanee, spesso visibili anche ad occhio nudo e distribuite lungo tutto il corpo, ad eccezione della testa e in alcune specie della regione ventrale. Non è ancora chiaro quale sia il loro ruolo: si pensa che possano essere coinvolte nella ricezione di stimoli tattili o che abbiano funzione idrodinamica, o entrambe le cose. La pelle della testa e delle pinne pettorali di molte balene e balenottere è colonizzata da una serie di parassiti cutanei, soprattutto Cyamidae, conosciuti con il nome di pidocchi delle balene e balani appartenenti ai generi: Coronula, Cryptolepas, Conchoderma, Xenobalanus e Tubicinella. Mentre i pidocchi possono interferire con i recettori sensoriali delle balene e nutrirsi della pelle delle stesse, i balani sembrano non procurare agli animali nessun danno. Pinne Pinna dorsale Quasi tutti i cetacei presentano sul dorso una pinna dorsale formata da tessuto connettivo. La sua funzione è quella di dare stabilità al nuoto, evitando che l'animale possa capovolgersi durante gli spostamenti laterali veloci. Questa pinna è assente negli animali che vivono nelle regioni polari come narvali (Monodon monoceros), beluga (Delphinapterus leucas) e balene della Groenlandia (Balaena mysticetus), che non sarebbero in grado di nuotare agevolmente sotto i ghiacci. La pinna dorsale presenta forme e dimensioni diverse nelle diverse specie di cetacei: può essere falcata, triangolare o arrotondata. Questa caratteristica è utile per l'identificazione delle specie. Inoltre la pinna poiché è spesso ricoperta da graffi, tagli e cicatrici, è utilizzata dai ricercatori per la fotoidentificazione, una tecnica che consente di riconoscere i singoli esemplari di una specie mediante le fotografie di particolari anatomici. Pinna caudale La coda dei Cetacei è costituita da due lobi di tessuto connettivo, detti flukes, che formano la pinna caudale. A differenza di quella dei pesci, nei Cetacei questa pinna è disposta orizzontalmente e si muove dal basso verso l'alto. Questa caratteristica permette di riconoscere a prima vista un cetaceo da un pesce e la sua funzione è quella di agire da mezzo di propulsione tramite il suo movimento verticale. Anche in questo caso forma e dimensione variano tra le diverse specie e quindi queste caratteristiche possono essere usate per l'identificazione soprattutto delle specie di grandi dimensioni. Pinne pettorali Nei Cetacei, gli arti anteriori si sono modificati per formare delle pinne pettorali. Diversamente dalle pinne dorsali e caudali, le pettorali sono sostenute da ossa omologhe a quelle degli arti anteriori dei mammiferi terrestri, seppur con consistenti modifiche proporzionali (estremo raccorciamento di omero, radio e ulna e, dall'altro lato, enorme sviluppo delle dita con iperfalangia, cioè presenza di falangi in soprannumero). La funzione di queste pinne è quella di assicurare stabilità al nuoto e permettere gli spostamenti laterali. Anche le pettorali variano in forma e dimensione e l'abilità nel nuoto delle varie specie dipende da questa caratteristica. Le specie che presentano pinne di piccole dimensioni in rapporto alla superficie corporea, come le balenottere azzurre, sono specializzate a nuotare lentamente e in mare aperto, mentre le specie con pinne di maggiori dimensioni sono in grado di nuotare più velocemente e di manovrare più agevolmente. Le pinne di maggiori dimensioni sono possedute dalla Megaptera novaeangliae, in cui raggiungono una lunghezza pari a circa un terzo dell'intera lunghezza dell'animale. Le grandi dimensioni di queste pinne aiutano l'animale a compiere delle manovre acrobatiche per la cattura delle prede. Arti posteriori Tutti i Cetacei sono privi degli arti posteriori, di cui rimangono solo delle piccole ossa vestigiali all'interno del corpo che non sono collegate alla colonna vertebrale. Durante lo sviluppo embrionale, però, tutti i cetacei presentano degli abbozzi di questi arti, la cui regressione successiva è dovuta a cause non ancora conosciute. Nel 2006 dei pescatori giapponesi hanno catturato un tursiope (Tursiops truncatus) che presentava un paio di pinne poste nella regione caudale. I ricercatori pensano che queste costituiscano un'ulteriore prova del fatto che i Cetacei si siano evoluti da progenitori terrestri e che l'evoluzione abbia fatto scomparire gli arti posteriori. In questo tursiope, una mutazione ha fatto riemergere un carattere perso milioni di anni fa. Rostro La mandibola e la mascella sono allungate a formare una struttura simile ad un becco, chiamata rostro, che è maggiormente evidente nei delfinidi, mentre nei misticeti è praticamente invisibile. Negli Odontoceti, soprattutto negli Zifidi, il rostro è costituito da ossa piuttosto compatte. Si pensa che questa caratteristica serva ad aumentare la forza del rostro e ad evitare fratture durante i combattimenti dei maschi per le femmine. Secondo altri ricercatori, invece, nonostante l'alta mineralizzazione delle ossa, il rostro è una struttura piuttosto fragile che svolge un ruolo nel recepimento delle onde sonore e che quindi è importante nell'ecolocalizzazione. Nei Misticeti il rostro ha una forma arcuata per permettere l'alloggiamento dei fanoni, che si attaccano all'osso mascellare. L'inarcamento maggiore si ha nei Balenidi, in cui i fanoni sono eccezionalmente lunghi. Fisiologia Sistema nervoso I Cetacei possiedono un cervello molto sviluppato, le cui dimensioni relative sono paragonabili a quelle dei primati antropomorfi, uomo compreso. La corteccia cerebrale del cervello dei Cetacei presenta un alto numero di circonvoluzioni, soprattutto nel caso degli Odontoceti, che possiedono un numero di circonvoluzioni maggiore di quello del cervello umano, sebbene lo spessore della corteccia sia minore. Vi è un acceso dibattito su quanto "intelligenti" siano i Cetacei in generale e i delfini in particolare. Secondo alcuni, infatti, questi animali sarebbero potenzialmente in grado di comunicare mediante un linguaggio, mentre secondo altri le dimensioni del cervello potrebbero essere dovute alla presenza di un'area acustica primaria molto ben sviluppata. Ciononostante, sono indubbie le grandi capacità cognitive di questi animali. Per esempio, i tursiopi sono i soli animali, insieme all'uomo, alle scimmie antropomorfe e ad alcune specie di corvidi, ad essere in grado di riconoscersi se posti di fronte ad uno specchio e dimostrano di possedere delle abilità numeriche. Il midollo spinale ha una forma cilindrica e la sua lunghezza dipende principalmente dalle dimensioni corporee. Il rapporto tra la lunghezza del corpo e quella del midollo è pressoché uguale a quello dell'uomo. Nella regione cervicale, in corrispondenza con le pinne pettorali, si assiste ad un ispessimento del midollo, mentre nella regione lombare l'ispessimento è meno evidente a causa della mancanza degli arti posteriori. Sono presenti da 40 a 44 nervi spinali, in cui le radici posteriori sono meno sviluppate delle anteriori. Questa caratteristica è dovuta al maggiore sviluppo della muscolatura ventrale dei Cetacei rispetto a quella dorsale e alla scarsa presenza di recettori sensoriali periferici. Organi di senso Gli occhi dei Cetacei hanno una forma appiattita e il cristallino è di forma sferica. La pupilla di questi animali permette loro di vedere sia sott'acqua sia in aria, nonostante la diversa densità esistente tra i due ambienti. Gli occhi sono posti lateralmente alla testa e mentre per alcuni Cetacei la visione è binoculare, nei delfinidi ogni occhio si muove indipendentemente dall'altro, sebbene nei tursiopi sia stata dimostrata la presenza di alcune zone di sovrapposizione. Dietro la retina è presente una zona altamente vascolarizzata, il tapetum lucidum, che grazie ad uno strato di cellule riflettenti svolge la funzione di aumentare la quantità di luce che raggiunge la retina stessa. Poiché quest'ultima possiede sia coni sia bastoncelli si è pensato che i Cetacei siano in grado di distinguere i colori. Tuttavia la questione se i Cetacei siano in grado di farlo è ancora molto controversa. I coni costituiscono solo l'1% dei fotorecettori presenti nell'occhio e mancano quelli sensibili alle basse lunghezze d'onda e quindi si pensa che la distinzione dei colori sia possibile solo in condizioni di buona illuminazione.. Alcuni autori sostengono che la presenza dei due tipi di fotorecettori aiuti gli animali a meglio identificare gli oggetti. Sebbene le ghiandole lacrimali siano assenti, molti Cetacei possiedono delle ghiandole nella congiuntiva che secernono un liquido in grado di proteggere la cornea dal sale presente nell'acqua marina. Il senso dell'olfatto è fortemente ridotto nei Misticeti e completamente assente negli Odontoceti. Nei primi sono presenti i nervi olfattivi, ma nel lobo frontale del telencefalo manca il bulbo olfattivo, che è presente solo nello stadio fetale. Negli Odontoceti, invece, sono assenti sia i nervi, sia il bulbo. I cetacei possiedono sulla lingua le papille gustative, sebbene il loro numero sia ridotto rispetto a quello dei mammiferi terrestri. I Cetacei sono in grado di riconoscere il sapore di diverse sostanze. I tursiopi presentano una sensibilità per il gusto aspro circa 7 volte superiore a quella dell'uomo, mentre la sensibilità per il dolce e il salato è superiore di circa 10 volte. La grande sensibilità per il salato potrebbe aiutare gli animali nell'orientamento, grazie alle variazioni di salinità presenti nelle acque marine. Il senso del tatto è dovuto alla presenza su tutta la superficie corporea dei meccanocettori, che sono maggiormente presenti sulla testa e in prossimità delle pinne pettorali e degli organi genitali. Oltre ai meccanocettori, molti Misticeti presentano sulle mascelle e sulle mandibole delle sottilissime vibrisse, che hanno anch'esse il compito di ricevere gli stimoli tattili. Negli Odontoceti di queste strutture rimangono solo dei follicoli vestigiali. Solo nelle sotalie (Sotalia fluviatilis) le vibrisse sono ben sviluppate, ma in questi animali sono dei recettori in grado di percepire la direzione della corrente dell'acqua. L'udito è il senso più sviluppato nei Cetacei, che sono in grado di capire sott'acqua da quale direzione provenga il suono: una capacità assente nei mammiferi terrestri. Ciò è reso possibile dal fatto che le ossa dell'orecchio interno di questi animali sono ben separate dal resto del cranio, che potrebbe interferire con la ricezione degli stimoli acustici. Questa separazione è tuttavia più evidente negli Odontoceti che nei Misticeti. Per garantire una maggiore idrodinamicità i Cetacei sono privi dei padiglioni auricolari, mentre l'orecchio medio e quello interno sono simili nella struttura a quelli degli altri mammiferi. Negli Odontoceti le onde sonore vengono recepite da una sostanza oleosa presente nella mandibola e da questa vengono poi trasferite fino all'orecchio medio, dove raggiungono il timpano. Nei Misticeti non è stata dimostrata la trasmissione del suono attraverso la mandibola ed è probabile che la ricezione avvenga direttamente attraverso il condotto uditivo. Apparato respiratorio I Cetacei, come tutti i Mammiferi, respirano l'aria per mezzo di polmoni. Per questo motivo, essi hanno la necessità di raggiungere periodicamente la superficie del mare per effettuare gli scambi respiratori tra CO2 e O2. Le narici si sono spostate sulla sommità del capo e costituiscono gli sfiatatoi. Questa soluzione permette ai cetacei di rimanere quasi completamente immersi durante la respirazione. Mentre nei misticeti lo sfiatatoio è costituito da due orifizi, negli odontoceti ne è presente soltanto uno. L'apertura dello sfiatatoio avviene per azione di muscoli volontari e quindi, diversamente dagli altri mammiferi, i cetacei devono decidere quando respirare. L'aria espirata, riscaldata dai polmoni, una volta entrata in contatto con l'esterno si condensa e forma un getto, chiamato soffio o spruzzo e visibile anche da grandi distanze. Poiché forma, direzione e altezza del soffio variano da specie a specie, i cetacei possono essere identificati a distanza utilizzando questa caratteristica. La trachea è costituita da una serie di anelli cartilaginei uniti gli uni agli altri. Nei Misticeti gli anelli sono aperti e collassabili, diversamente da quanto avviene negli Odontoceti, in cui invece gli anelli sono chiusi. I polmoni hanno una forma a sacco, non sono lobati e, diversamente da quello che si potrebbe pensare, non sono più grandi di quelli degli altri mammiferi. Il polmone destro è generalmente più grande e lungo del sinistro, per potere accogliere il cuore all'interno della gabbia toracica. Il volume polmonare è più basso di quello dei mammiferi terrestri, per evitare il rischio di formazione di emboli gassosi durante le risalite dalle immersioni profonde. Alle alte profondità, infatti, la pressione spinge gli organi interni sul diaframma, che fa sì che i polmoni, avendo un basso volume, si svuotino quasi completamente. Gli alveoli sono altamente vascolarizzati e permettono di assorbire quasi tutto l'ossigeno presente nell'aria inspirata. T. truncatus riesce ad assorbire circa il 90% dell'ossigeno presente nei polmoni, mentre l'uomo ne assorbe solo il 20%. I polmoni dei cetacei hanno la capacità di collassare quasi completamente con l'aumentare della profondità e nella maggior parte di essi il collasso completo avviene a una profondità di circa 100 metri. Questa caratteristica permette ai cetacei di evitare pericolosi accumuli di azoto all'interno del sangue, che potrebbe portare all'insorgenza della malattia da decompressione o alla narcosi da azoto, malattie ben note ai subacquei. Con l'aumentare della pressione, aumenta anche la solubilità dell'azoto presente nell'aria inspirata; durante la risalita, con la diminuzione della pressione, l'azoto torna alla forma gassosa e potrebbe formare delle pericolose bolle all'interno del sangue. Il collasso dei polmoni evita questo problema spingendo l'aria nelle vie aeree superiori (bronchi e trachea), dove non viene in contatto con il sangue. I Cetacei sono in grado di rimanere sott'acqua senza respirare per periodi di tempo molto più lunghi di tutti gli altri mammiferi. Alcune specie, come i capodogli (Physeter macrocephalus), possono rimanere sott'acqua fino a poco più di due ore con una sola inspirazione d'aria. Nella tabella 2 sono messi a confronto diversi tempi d'immersione e le profondità massime raggiunte da alcuni cetacei. Apparato circolatorio L'apparato circolatorio dei cetacei non differisce molto da quello dei mammiferi terrestri. Il sangue non ossigenato viene pompato dal cuore verso la circolazione polmonare per mezzo dell'arteria polmonare che arriva ai polmoni. Qui il sangue si ossigena e, per mezzo della vena polmonare, torna al cuore da dove viene immesso nella circolazione sistemica, per ritornare al cuore mediante la vena cava. Nei mammiferi terrestri il sangue raggiunge il cervello attraverso le carotidi, mentre nei Cetacei è l'arteria spinale anteriore a raggiungere la testa e irrorare il cervello. Come in tutti i mammiferi, il cuore dei Cetacei presenta 4 cavità, due atri e due ventricoli. Durante l'immersione, il cuore va incontro a bradicardia, cioè ad una riduzione della frequenza cardiaca. Spesso la bradicardia inizia poco prima che l'animale si immerga e poco prima che inizi la risalita verso la superficie, la frequenza aumenta (tachicardia). In T. truncatus la frequenza cardiaca in superficie è di circa 110 bpm e scende a circa 37 bpm durante un'immersione di circa 4 min; nell'orca (Orcinus orca), la frequenza in superficie è di circa e scenda a dopo più di di immersione. La bradicardia è accompagnata da una riduzione del flusso sanguigno verso l'intestino, i muscoli e la pelle che permette alla pressione arteriosa di rimanere pressoché costante e fa sì che gli organi vitali, quali: cervello, reni, fegato e cuore, vengano ben irrorati. I muscoli, per assicurarsi un buon rifornimento di ossigeno durante le immersioni, presentano concentrazioni di mioglobina da 3 a 10 volte superiori rispetto ai muscoli dei mammiferi terrestri. La distribuzione della mioglobina non è uniforme nei vari muscoli dell'organismo: è più abbondante nei muscoli dorsali posti vicino alla coda e nella porzione dei muscoli che si trova a più stretto contatto con le vertebre. Inoltre, i Cetacei capaci di compiere immersioni profonde presentano concentrazioni di mioglobina più elevate di quelli che vivono lungo le coste e che effettuano immersioni a minori profondità e di minore durata. Il sangue dei Cetacei ha un'alta concentrazione di emoglobina per assicurare un efficiente trasporto dell'ossigeno durante le immersioni. I mammiferi terrestri presentano valori di emoglobina del sangue che vanno dagli 11 ai , mentre i Cetacei capaci di compiere immersioni profonde presentano valori compresi tra i 21 e i . Apparato scheletrico Poiché non sono deputate a sostenere il peso del corpo, le ossa dei Cetacei sono relativamente leggere e spugnose. In esse è presente un'alta concentrazione di grassi, che aiuta gli animali nel galleggiamento. La colonna vertebrale è costituita da 4 regioni, cervicale, toracica, lombare e caudale. Poiché è assente il cinto pelvico, non è presente la regione sacrale. Le vertebre del collo, sempre in numero di 7, sono fuse nella maggior parte dei cetacei, fornendo stabilità durante il nuoto a scapito della flessibilità. In Tursiops truncatus sono fuse solo le prime due vertebre, mentre in Ziphius cavirostris sono fuse le prime 4. Le vertebre toraciche variano in numero tra le diverse specie e anche tra gli individui della stessa specie; le vertebre della regione lombare sono molto più numerose di quelle dei mammiferi terrestri. Il focenoide (Phocoenoides dalli) presenta 29-30 vertebre lombari ed è il cetaceo che ne possiede di più, mentre il Kogia sima, con solo 2 vertebre, è la specie che ne possiede di meno; anche il numero delle vertebre della regione caudale varia da specie a specie: la caperea (Caperea marginata) ne possiede 13, mentre lo zifio (Ziphius cavirostris) ne possiede 49. Il numero totale delle vertebre varia da 41 a 98. La regione toracico-lombare è piuttosto rigida per la presenza di tessuto connettivo subdermico, mentre la colonna vertebrale diventa più flessibile in corrispondenza della testa e della coda, consentendo i movimenti dorso-ventrali responsabili del nuoto. La gabbia toracica è costituita da un numero variabile di coste ed è molto flessibile, per permettere ai polmoni di collassare durante le immersioni profonde ed evitare l'accumulo di azoto nel sangue. Il cranio è telescopico ed asimmetrico: le ossa mascellari e mandibolari sono allungate anteriormente a formare il rostro e negli odontoceti si allargano posteriormente per accogliere il melone, una massa di tessuto adiposo che si pensa svolga un ruolo nell'ecolocalizzazione; sempre negli Odontoceti, le ossa della parte destra del cranio sono più larghe di quelle della parte sinistra. Si tratta di una conseguenza del fatto che la parte destra si è specializzata nella produzione del suono, mentre la sinistra nella respirazione. Essendo derivato da quello dei mammiferi terrestri, l'arto anteriore dei cetacei è costituito dalle stesse ossa, omero, radio e ulna. Queste ossa, però, sono più corte e più piatte di quelle dei mammiferi terrestri e inoltre ulna e radio sono più lunghe dell'omero. Tutti i cetacei presentano un certo grado di iperfalangia che riguarda principalmente le dita centrali. Il maggior numero di falangi sono possedute dai globicefali (Globicephala sp.): da 3 a 4 nel primo dito, da 9 a 14 nel secondo e da 9 a 11 nel terzo. Apparato digerente La straordinaria lunghezza del tratto digestivo dei cetacei può essere dovuta alla grande taglia di questi animali o al fatto che li aiuti nel mantenimento del bilancio idrico. Non vi è correlazione tra la lunghezza del sistema digerente e i tipi di prede da digerire. L'esofago è una struttura tubulare, lunga e dalle pareti spesse, in cui sono presenti delle cellule mucipare che secernono un liquido lubrificante, il muco, per agevolare il passaggio del cibo. Lo stomaco è diviso in più camere, come nei ruminanti. Mentre questi ne hanno 4, nei cetacei ne sono presenti 3, stomaco anteriore o prestomaco, omologo a rumine, reticolo e omaso dei ruminanti; stomaco principale, omologo all'abomaso; stomaco posteriore o pilorico, equivalente alla regione pilorica dell'abomaso. Lo stomaco anteriore, che non presenta ghiandole, è dotato di una robusta muscolatura e contiene al suo interno ossa e piccole pietre per sminuzzare il cibo. Sono presenti anche dei batteri anaerobi che aiutano l'animale nella digestione del cibo mediante la fermentazione batterica, così come avviene nel rumine. Lo stomaco medio presenta delle ghiandole gastriche che secernono pepsina, lipasi e acido cloridrico. La digestione gastrica prosegue nello stomaco posteriore, le cui pareti sono ricche di cellule mucipare. Attraverso il piloro il cibo digerito passa nel duodeno, la prima parte dell'intestino, dove avviene l'assorbimento delle sostanze nutritive. I Cetacei sono privi di appendice e la sua funzione di filtro potrebbe essere svolta da un complesso di organi linfatici noti come tonsille anali. Non è ancora chiaro se queste tonsille siano presenti in tutti i cetacei, ciò che è certo è che sono molto sviluppate nei tursiopi (T. truncatus). Il fegato può essere bilobato o trilobato ed è assente la cistifellea. Il pancreas ha forma allungata, è collegato all'intestino per mezzo del dotto pancreatico ed è generalmente più grande nelle femmine. Denti e fanoni La principale caratteristica che distingue gli Odontoceti dai Misticeti è la presenza dei denti nei primi e dei fanoni nei secondi. Forma, numero e dimensione dei denti degli odontoceti variano da specie a specie, ma tutti sono caratterizzati dall'essere omodonti e monofiodonti. Il numero dei denti può variare anche all'interno della stessa specie: nei capodogli (Physeter macrocephalus), nei delfini comuni (Delphinus delphis) e nei globicefali (Globicephala sp.) il numero di denti varia da 6 a 18. Alcuni odontoceti, come i capodogli, presentano i denti solo nella mandibola, mentre alcuni zifidi (Ziphiidae) presentano un solo dente in ogni emimandibola. Anche la forma dei denti varia tra le diverse famiglie. I delfinidi (Delphinidae), per esempio, presentano dei denti conici ed arcuati, mentre nei focenidi (Phocoenidae) i denti sono appiattiti. I maschi dei narvali (Monodon monoceros) sono ben noti per il possedere una zanna avvolta a spirale, ad avvolgimento sinistrorso, che probabilmente ha dato origine al mito dell'unicorno. La sua funzione non è ben nota, si pensa che i maschi la utilizzino per i combattimenti intraspecifici per le femmine. I fanoni sono delle strutture filamentose cheratiniche che si estendono dalla mascella dei Misticeti. Si accrescono dalla loro parte basale e sono continuamente erosi dall'azione della lingua e per l'abrasione dovuta alle prede. Vengono usati da balene e balenottere come un filtro che intrappola piccoli pesci, organismi planctonici e krill. La lunghezza dei fanoni varia tra le varie specie. I più lunghi sono posseduti dalle balene franche (Balaenidae), in cui possono raggiungere la lunghezza di 3 m, mentre i più corti sono quelli delle balena grigia (Eschrichtius robustus), in cui non superano i . Apparato genitale e riproduzione L'apparato genitale dei Cetacei non si discosta di molto dalla tipica struttura di quello dei mammiferi terrestri, ma sono presenti degli adattamenti che riguardano soprattutto i genitali esterni e le ghiandole mammarie, nascosti all'interno di tasche genitali per favorire l'idrodinamicità. Nelle femmine, le ovaie si trovano all'interno della cavità addominale. Nei Misticeti sono ovali, allungate e convolute, mentre negli Odontoceti sono sferiche e lisce. Nei Misticeti è possibile stabilire il numero di ovulazioni avvenute nel passato osservando e contando i corpora albicans, delle cicatrici che restano nell'ovaia dopo la degenerazione del corpo luteo, se l'ovulo non viene fecondato. Nei mammiferi terrestri queste cicatrici non sono persistenti, mentre nei Misticeti restano a vita. Negli Odontoceti solitamente l'ovaia sinistra è più sviluppata e funzionale della destra, mentre ciò non avviene nei Misticeti, nei quali entrambe le ovaie sono pienamente funzionanti. La vagina è lunga e nascosta all'interno di una tasca genitale, che comprende anche l'orifizio anale. Anche le ghiandole mammarie, lunghe ed appiattite, sono nascoste all'interno di tasche, dette fessure mammarie e poste ai lati della vagina. Diversamente dai mammiferi terrestri, i testicoli dei maschi non sono esterni, ma sono situati all'interno della cavità addominale, vicino ai reni. Sono di forma cilindrica e, osservati in sezione trasversale, sono ovali o circolari. Il peso di questi organi in rapporto al peso corporeo è tra i più alti di tutto il regno animale. I due testicoli delle balene franche insieme possono raggiungere il peso di , corrispondenti a circa il 10% della massa corporea dell'animale. Anche il pene, quando non è eretto, è completamente nascosto all'interno della tasca genitale. L'erezione è dovuta alla muscolatura e non alla vasodilatazione dei vasi sanguigni dei corpi cavernosi come in tutti gli altri mammiferi. Il pene dei misticeti più grandi può raggiungere la lunghezza di circa e il diametro di . Generalmente la copulazione avviene pancia a pancia ed è molto rapida. Negli Odontoceti la gestazione dura da 7 a 17 mesi e vi è una correlazione tra la grandezza del corpo dell'animale e la durata della gravidanza, il tasso di accrescimento del feto e il peso alla nascita del cucciolo. Animali più grandi, come le orche o i globicefali, hanno tempi di gestazione maggiori. In molti Misticeti, nonostante le grandi dimensioni corporee, i tempi di gestazione sono inferiori rispetto a quelli di molti Odontoceti. La gravidanza infatti dura dai 10 ai 13 mesi. Ciò si spiega con le lunghe migrazioni annuali compiute dai misticeti dalle aree in cui si nutrono a quelle in cui si riproducono, difficilmente compatibili con durate della gestazione superiori a un anno. Termoregolazione Come tutti i mammiferi, i cetacei sono animali omeotermi e quindi hanno la necessità di mantenere costante la temperatura corporea. L'acqua ha una conducibilità termica elevata, che si traduce in un tasso di trasferimento del calore superiore di circa 24 volte rispetto a quello dell'aria e quindi, complice anche la mancanza dei peli, questi animali hanno dovuto sviluppare dei meccanismi efficaci per assicurare la termoregolazione. Un importante ruolo viene svolto dallo spesso strato di grasso e tessuto connettivo presente sotto la pelle, a livello dell'ipoderma. Questo pannicolo adiposo funziona come un isolante termico, che evita la dispersione del calore in modo molto efficiente. In alcuni odontoceti, come Delphinidae e Phocoenidae, questo strato di grasso presenta delle variazioni stagionali nello spessore. Durante le stagioni calde, quando aumenta la temperatura dell'acqua, il pannicolo diminuisce di volume, per aumentare poi nelle stagioni fredde. La quantità e il tipo di lipidi presenti all'interno del pannicolo influenzano la capacità isolante dello stesso. Il pannicolo della focena comune (Phocoena phocoena) è costituito per circa l'80% da grassi, mentre nella stenella maculata atlantica (Stenella frontalis) sono presenti solo il 55% di grassi. Questa differenza porta al risultato che il pannicolo adiposo della focena ha una capacità isolante 4 volte superiore rispetto a quello della stenella. Nella pinna dorsale e nei lobi della pinna caudale è presente una fitta rete superficiale di capillari sanguigni chiamata rete mirabile, che dà un importante contributo alla termoregolazione agendo come uno scambiatore di calore controcorrente. Il calore passa infatti dalle arterie, che trasportano sangue più caldo proveniente dall'interno del corpo, ai capillari venosi della rete che le circondano, nei quali scorre nel verso opposto il sangue che è stato raffreddato dall'acqua esterna. Osmoregolazione Vivendo in un ambiente iperosmotico, cioè con una concentrazione di ioni superiore a quella dei fluidi corporei, i cetacei (tranne i delfini di fiume) devono evitare la disidratazione dovuta a fenomeni di osmosi. I principali organi deputati al mantenimento del bilancio idrico sono i reni. Nei Cetacei questi organi sono costituiti da un grande numero di piccoli lobi, chiamati renicoli e sono simili ai reni di orsi e otarie. Un singolo renicolo è costituito da una regione midollare e una corticale. Sebbene l'anatomia del rene di un cetaceo possa consentirgli di produrre un'urina molto concentrata, è stato dimostrato che ciò non avviene. L'urina prodotta da questi animali è solo leggermente più concentrata di quella prodotta dalla maggior parte dei mammiferi terrestri. È stato ipotizzato che la disidratazione stimoli l'aumento della produzione metabolica dell'acqua per mezzo dell'ossidazione dei grassi e che l'acqua in eccesso venga poi espulsa dai reni, diluendo l'urina. Alcuni delfinidi, come i delfini comuni (Delphinus delphis) e i tursiopi, sono in grado di bere l'acqua del mare, ma si tratta di eccezioni. Generalmente, infatti, i cetacei non bevono, ma assorbono l'acqua presente nei cibi o la ricavano attraverso le vie metaboliche di degradazione di carboidrati, proteine e lipidi. Durata della vita La maggior parte dei cetacei può vivere per circa 20-30 anni, ma alcuni superano abbondantemente questa età. Una Balaenoptera physalus ha raggiunto i 116 anni, mentre uno studio del 1999 ha rivelato come diversi esemplari di Balaena mysticetus raggiungano e superino i 100 anni. Distribuzione ed habitat I cetacei sono diffusi in tutti i mari e oceani del mondo e alcune specie abitano laghi e fiumi in Nordamerica, Sudamerica e Asia. Alcune specie, come per esempio le orche (Orcinus orca) sono cosmopolite, altre sono diffuse in ampie aree geografiche ma non sono presenti in tutte le acque del mondo ed altre ancora vivono in aree più ristrette. È questo il caso, per esempio, della Phocoena sinus, endemica della parte settentrionale del Golfo di California. Alcuni cetacei vivono vicino alle coste, in quella che viene definita provincia neritica, altri vivono in mare aperto, nella provincia oceanica e alcune specie, come Tursiops truncatus, presentano popolazioni diverse che vivono o in una o nell'altra provincia. Inoltre alcuni cetacei vivono in prossimità di estuari di fiumi e altri nuotano nelle acque dolci. Biologia Migrazioni Molti misticeti compiono delle migrazioni da zone in cui si cibano (feeding zone) a quelle in cui si riproducono (breeding zone). È questo il caso delle megattere (Megaptera novaeangliae), che in estate nuotano e si nutrono nei mari delle regioni polari, abbondanti di krill, per poi migrare verso l'equatore in inverno, dove avviene l'accoppiamento e il parto delle femmine gravide. Secondo Corkeron e Connor, i misticeti migrano, oltre che per la ricerca del cibo e per partorire in acqua calme, anche per proteggere i cuccioli dagli attacchi delle orche. Questi predatori, infatti, sono più abbondanti alle alte latitudini e non seguono le balene nelle loro migrazioni poiché si allontanerebbero troppo dalle zone in cui si trovano le loro prede principali, i pinnipedi. Tra gli odontoceti, le specie più piccole, come la Stenella coeruleoalba, compiono delle piccole migrazioni, spostandosi dalla costa al mare aperto alla ricerca del cibo, mentre le specie più grandi, come i capodogli (Physeter macrocephalus), sono in grado di effettuare spostamenti di maggiore portata. Non si conoscono ancora bene i meccanismi attraverso cui i cetacei riescono a trovare le rotte migratorie. Si pensa che possano basarsi sul campo geomagnetico, sulla posizione del sole, sulle correnti marine o sulla localizzazione della provenienza di suoni a bassissima frequenza. Cibo e alimentazione Tutti i Cetacei sono organismi predatori e si trovano al vertice della catena alimentare. Sono pochi i nemici naturali di questi animali e il più pericoloso è sicuramente l'uomo. I misticeti si nutrono generalmente di piccoli organismi planctonici e di piccoli pesci, mentre gli odontoceti predano organismi di dimensioni maggiori, come cefalopodi, soprattutto calamari (Teuthida) e pesci. Le orche, uniche tra i Cetacei, si cibano anche di mammiferi marini, quali otarie (Otariidae) e focene (Phocoenidae). Da ciò deriva il nome comune inglese di questi animali, Killer Whale, balena assassina. Strategie alimentari dei Misticeti Nei Misticeti sono presenti tre diversi tipi di strategie alimentari. I Balenidi e i Neobalenidi (Neobalaenidae) si nutrono nuotando lentamente nelle acque superficiali tenendo la bocca aperta. In questo modo viene filtrata una grande quantità di acqua e ingenti quantità di piccoli copepodi rimangono intrappolati nei lunghi fanoni. Le balenottere (Balaenopteridae) presentano una grande apertura buccale e un gran numero di pieghe, chiamate solchi golari, nella regione ventrale della bocca e della gola, che hanno la funzione di aumentare il volume di acqua che può essere contenuto all'interno della bocca. La bocca della balenottera azzurra può contenere circa di acqua, pari a circa il 70% del peso corporeo dell'animale. I movimenti della lingua creano una pressione negativa che risucchia l'acqua e le prede in essa contenute all'interno della bocca. Successivamente questa si richiude e la lingua spinge l'acqua e le prede, principalmente krill, verso i fanoni. L'acqua viene espulsa all'esterno, mentre le prede rimangono intrappolate e poi ingerite. Le megattere (Megaptera novaeangliae) spesso formano delle associazioni per cacciare e utilizzano un particolare sistema di caccia, detto bubble-feeding. Quando questi animali cacciano piccoli pesci di branco come le aringhe (Clupea harengus), un membro del gruppo forma una serie di bolle prodotte dall'aria espirata dallo sfiatatoio. Le altre balene nuotano al di sotto del branco dei pesci e li spingono verso le bolle, che formano una sorta di rete. Sembra che questa rete confonda le prede, che si compattano a formare una struttura sferica che le rende più facilmente catturabili. A questo punto le balene attaccano i pesci dal basso, ingoiandone grandi quantità. Per facilitare l'esecuzione di queste manovre e coordinarsi l'una con l'altra, le megattere comunicano tra loro emettendo una serie di richiami acustici. Le balene grigie (Eschrichtius robustus) si nutrono di piccoli crostacei che vivono all'interno dei sedimenti del fondale. Queste balene nuotano con il dorso rivolto verso il basso e usano la lingua per "dragare" il fondo, ingerendo acqua e sedimenti, che vengono poi spinti dalla lingua verso i fanoni ed espulsi, mentre le prede restano intrappolate e quindi vengono ingerite. Strategie alimentari degli Odontoceti ed ecolocalizzazione Gli Odontoceti si nutrono di prede più grandi rispetto a quelle dei Misticeti e utilizzano tutti il sistema dell'ecolocalizzazione per individuarle. Questi animali producono una serie di suoni ad alta frequenza, detti click, che vengono diretti nella direzione in cui punta la testa. Quando i click raggiungono una preda, rimbalzano e tornano indietro. L'eco di ritorno viene recepita dalla mandibola, che trasmette le vibrazioni all'orecchio per mezzo di una sostanza oleosa. I click sono generati da tre sacche aeree poste nella testa dell'animale e vengono amplificati dal melone. I suoni vengono usati anche per stordire le prede, soprattutto pesci clupeidi (Clupeidae) come le aringhe (Clupea harengus), che hanno evoluto la capacità di percepire gli ultrasuoni e quindi sono in grado di sfuggire alla cattura riuscendo ad identificare i suoni dell'ecolocalizzazione. Per evitare che ciò accada alcuni Odontoceti producono dei suoni detti bang, che possono raggiungere i e che disorientano e stordiscono i pesci. I bang vengono prodotti con lo stesso meccanismo dell'ecolocalizzazione, ma alcune specie li producono anche mediante la chiusura rapida delle mascelle. Mentre i Misticeti si nutrono prevalentemente in acque superficiali, molti Odontoceti si spingono più in profondità. I capodogli e gli zifidi si immergono a profondità molto elevate per cacciare e nutrirsi di calamari e i primi sono noti per essere predatori dei calamari giganti (Architeuthis). Le orche sono in grado di cacciare animali più grandi di loro, adottando tattiche consistenti nel circondare la preda e nella divisione dei compiti tra i vari membri del pod durante l'attacco. Le orche che vivono in Patagonia utilizzano un metodo di caccia, detto spiaggiamento volontario, che consiste nel cacciare le otarie direttamente sulla spiaggia, avendo sviluppato una tecnica efficace per poter poi ritornare in mare. Questa tecnica non è innata, ma viene insegnata dalle madri ai cuccioli. Alcuni tursiopi che vivono nella Shark Bay, in Australia, utilizzano una tecnica di caccia simile per la cattura dei pesci di cui si nutrono: circondano i pesci e li spingono verso la costa fino a farli spiaggiare, in modo che siano più facilmente catturabili. Comportamenti sociali Formazione di gruppi Molti Cetacei si associano e formano dei branchi costituiti da un numero variabile di individui. Le associazioni si possono formare a scopo difensivo, per attuare tecniche di caccia più efficaci, ma soprattutto per motivi riproduttivi. I Misticeti generalmente non formano gruppi numerosi e spesso il massimo livello di organizzazione sociale è costituito dall'associazione temporanea di una femmina con il proprio cucciolo. Un'eccezione è costituita dalle megattere, che possono formare delle associazioni per cacciare mediante la tecnica del bubble feeding, già descritta precedentemente. Più complessi e articolati sono i comportamenti sociali degli Odontoceti. Molte specie formano delle associazioni a lungo termine, più o meno complesse, chiamate scuole (school) o pod nel caso delle orche. Le scuole possono essere costituite anche da migliaia di individui e in alcuni casi possono essere formate da associazioni tra specie diverse. Le stenelle striate (Stenella coeruleoalba), per esempio, possono formare delle associazioni interspecifiche con altri Odontoceti quali delfini comuni (Delphinus delphis) e grampi (Grampus griseus). Le strutture sociali degli Odontoceti sono generalmente dominate da associazioni tra individui di sesso femminile, cui poi si uniscono i maschi al momento della riproduzione. Non sono infrequenti i combattimenti tra i maschi per la conquista delle femmine, come è testimoniato dalla presenza di cicatrici lasciate sulla pelle dai denti dei conspecifici. Spesso, come avviene nei tursiopi della Shark Bay in Australia, i maschi possono formare delle piccole coalizioni, dette alleanze, che combattono con altre alleanze, possono "rubare" le femmine di una scuola e costringerle all'accoppiamento forzato. Le stenelle dal lungo rostro (Stenella longirostris) si associano in scuole formate da circa 100 individui. All'interno della scuola si formano delle sotto-associazioni di circa 12 individui, che nuotano in modo sincronizzato in una formazione a forma di V, simile a quella che si osserva nelle oche in volo. I pod delle orche sono associazioni matriarcali guidate dalla femmina matura più anziana e costituite da almeno un maschio, dai cuccioli e da altre femmine. I maschi che nascono in un pod crescendo continuano a farne parte, ma si accoppiano solo con individui appartenenti a pod diversi. I membri del pod comunicano tra di loro per mezzo di un dialetto che varia da associazione ad associazione e che viene insegnato alle nuove generazioni. I capodogli formano associazioni simili ai pod, chiamate unità, nelle quali i maschi non rimangono con le femmine e i cuccioli, ma all'età di circa 5 anni intraprendono un lungo viaggio verso latitudini maggiori, dove trovano maggiore disponibilità di cibo, per completare lo sviluppo. Successivamente si spostano da un'unità all'altra per accoppiarsi con un maggior numero di femmine. Comunicazione Il principale mezzo con cui i Cetacei comunicano è costituito dalla produzione di suoni. Un ruolo importante nella comunicazione è svolto anche dal linguaggio del corpo e dalle sensazioni tattili. Comunicazioni vocali Gli Odontoceti, oltre ai click prodotti per l'ecolocalizzazione, producono anche dei suoni a basse frequenze, i fischi (whistle) e i bark, che sono simili all'abbaiare di un cane. Questi suoni svolgono un ruolo importante nella comunicazione. Alcuni delfini, come il tursiope, emettono dei fischi caratteristici, detti fischi firma (signature whistle), che identificano un singolo esemplare. A differenza degli altri delfinidi, le orche non possiedono un signature whistle, ma emettono dei fischi che sono esclusivi di un singolo pod. Questi cetacei comunicano all'interno del loro gruppo producendo una serie di richiami ripetitivi che costituiscono un vero e proprio dialetto, che viene insegnato alle generazioni successive e che rende più efficienti le comunicazioni vocali all'interno del gruppo. Spesso questi richiami vengono utilizzati dalle orche per coordinarsi durante le battute di caccia. I capodogli utilizzano i click usati per l'ecolocalizzazione anche per comunicare tra loro, producendo una serie di 3-30 click della durata complessiva di circa , chiamata coda. Ogni individuo emette una propria coda caratteristica e quindi anche le code di click possono essere utilizzate dai cetacei per il riconoscimento individuale. I Misticeti sono in grado di emettere suoni a bassa frequenza che possono essere uditi anche a distanze considerevoli. Le megattere producono suoni a frequenza variabile, che formano dei veri e propri canti. Ogni canto dura da 7 a 30 minuti e poi viene ripetuto. Non vi è una pausa tra un canto e l'altro, quindi ogni megattera può cantare per diverse ore. Ogni canto è costituito da una serie di temi, frasi e sottofrasi e vi sono delle differenze tra i canti delle megattere che vivono nel nord Atlantico, quelle del nord Pacifico e quelle che vivono nell'emisfero australe. I canti delle megattere svolgono un ruolo importante nella riproduzione: è stato dimostrato che a cantare sono solo i maschi adulti (un po' come avviene negli uccelli) che mediante i canti comunicano la loro disponibilità all'accoppiamento con le femmine e la propria posizione. Oltre alle megattere, altri misticeti sono in grado di "cantare", ma con canti molto meno complessi. La balena della Groenlandia (Balaena mysticetus) esegue canti composti da pochi suoni che si ripetono più volte. Comunicazioni tattili I Cetacei possiedono un grande numero di terminazioni tattili su tutto il corpo. Si pensa che le parti più sensibili di questi animali siano i flipper, le zone genitali e la testa, che possiedono una sensibilità paragonabile a quella presente nelle labbra dell'uomo. Molti cetacei si strofinano o si accarezzano gli uni con gli altri, utilizzando le pinne pettorali. Questo comportamento potrebbe servire a rafforzare i legami sociali tra gli appartenenti a una stessa scuola e quindi potrebbe avere lo stesso ruolo del grooming per i Primati. Anche il sesso potrebbe svolgere lo stesso ruolo di rafforzamento dei legami tra due individui. I cetacei sono tra i pochi animali ad accoppiarsi per scopi diversi dalla riproduzione. Sono stati osservati rapporti sessuali tra individui non sessualmente maturi e i cuccioli dopo poche settimane dalla nascita tentano di accoppiarsi con la madre. Linguaggio del corpo Sebbene non ben sviluppata come l'udito, anche la vista è un senso molto importante per i cetacei. Molti di essi riescono a comunicare mediante una serie di movimenti del capo, sbattendo con forza le mascelle e aprendo la bocca, comportamenti che in genere indicano ostilità nei confronti di altri individui. Alcuni delfini producono bolle sott'acqua espirando aria dalla sfiatatoio in sincronia con l'emissione dei signature whistle, probabilmente per aiutare i conspecifici a identificare chi sta "parlando". Anche la colorazione del corpo può essere utile per l'identificazione. Le megattere presentano una colorazione che varia da individuo a individuo. Quando questi Cetacei nuotano uno a fianco all'altro, possono riconoscersi facilmente con uno sguardo; nelle stenelle la colorazione cambia con l'età, permettendo a questi animali di stabilire l'età di un loro conspecifico. Comportamenti di superficie Tutti i Cetacei effettuano sulla superficie dell'acqua una serie di acrobazie e salti, il cui significato non è ancora del tutto chiaro. Alcuni di questi comportamenti potrebbero aiutare gli animali a liberarsi dai parassiti, ma non è escluso che si tratti di giochi o che svolgano un ruolo nella socializzazione. Tra i comportamenti principali vi sono: breaching: consiste nel saltare completamente o parzialmente fuori dall'acqua. È uno dei comportamenti più spettacolari; spyhopping: consiste nel mantenere la testa fuori dall'acqua fino agli occhi e girare su stessi. lobtailing (o tailslapping) e flipperslapping: consistono nello sbattere rispettivamente coda e pinne pettorali sulla superficie dell'acqua, provocando un forte rumore; fluke-up: consiste nel mantenere la coda perpendicolare alla superficie del mare. È tipico dei capodogli. logging: consiste nel restare immobili sulla superficie dell'acqua. Viene utilizzato per riposare o per respirare prima di un'immersione profonda. bowriding: è tipico dei delfini e consiste nel "cavalcare" le onde lasciate dalle prue delle imbarcazioni o dalle grandi balene quando nuotano in superficie. porpoising: tipico anch'esso dei delfini, consiste nell'effettuare salti lunghi e bassi fuori dall'acqua mentre nuotano velocemente. tailspinning: consiste nel "camminare" con la coda sull'acqua all'indietro. È molto sfruttato nei delfinari. Rapporti con l'uomo Per i greci i delfini erano legati al culto di Apollo e l'Oracolo di Delfi deve il suo nome proprio a questo animale: dopo aver scontato una pena presso Admeto per aver ucciso Pitone, il guardiano dell'oracolo, Apollo tornò a Delfi sotto forma di delfino. Sempre in Grecia, erano molte le città che coniavano monete sulle quali erano raffigurati delfini. Tra queste vi era Taranto, fondata secondo la mitologia da Taras, che giunse nella città sul dorso di un delfino. Plinio racconta di come i delfini sorvegliassero dalla riva i bagnanti per evitare che annegassero e che presso Nîmes, in Provenza, i delfini accorrevano alle richieste di soccorso dei pescatori affinché li aiutassero nella pesca. Questi due miti potrebbero avere un fondo di verità. Anche oggi sono note storie di delfini che hanno salvato esseri umani dall'annegamento e alcuni tursiopi presso Laguna, in Brasile, cooperano con i pescatori per catturare i pesci ed entrambe le specie traggono vantaggio da questa interazione. I Cetacei sono stati spesso protagonisti di opere letterarie, di film e di serie televisive. Famosissimo è il romanzo di Herman Melville Moby Dick, che narra del viaggio della baleniera Pequod alla ricerca della balena bianca, che in realtà era un capodoglio. Altrettanto famoso è Flipper, un tursiope protagonista di film e serie televisive, così come Free Willy - Un amico da salvare, un film del 1993 che narra la storia dell'amicizia di un bambino con un'orca, sottratta ai suoi genitori e addestrata per i delfinari. Negli ultimi anni si sta sempre più diffondendo l'attività del whale watching, cioè l'osservazione in natura dei Cetacei. Questa attività è importante per il turismo, per la ricerca scientifica e per la conservazione di questi animali. Si stima che dal 1991 il numero delle persone che vi partecipano è cresciuto di circa il 12% all'anno e si pensa che questa percentuale possa continuare a crescere in futuro. Anche se il whale watching può essere organizzato individualmente, esso è principalmente un'attività commerciale che coinvolge circa 87 Paesi e genera un giro di affari di circa un miliardo di dollari all'anno. In Italia le specie che sono oggetto del whale watching sono: tursiopi, stenelle striate, grampi, globicefali, balenottere minori, capodogli e zifii. Nel Mediterraneo il whale watching ha contribuito alla firma di un accordo tra Francia, Italia e Monaco per l'istituzione del santuario Pelagos, un'area marina protetta nel tratto di mare compreso tra: Liguria, Toscana, Corsica e Francia. Status e conservazione Secondo la red list dell'IUCN 14 specie di cetacei sono fortemente minacciate di estinzione. Di queste, 2 sono classificate come in pericolo critico: il lipote (Lipotes vexillifer) e la focena del golfo di California (Phocoena sinus). Nonostante l'IUCN consideri il lipote ancora in pericolo critico, una spedizione di ricerca nel fiume Yangtze in Cina del dicembre del 2006, ha portato un gruppo di ricercatori a dichiarare il lipote formalmente estinto. Secondo questi ricercatori si tratterebbe della prima estinzione in assoluto di un cetaceo e della prima estinzione di un animale del peso superiore ai avvenuta negli ultimi 50 anni. Il 29 agosto del 2007, però, un turista ha filmato un grande delfino che nuotava nelle acque dello Yangtze. Gli esperti hanno stabilito che si trattava di un lipote, dando nuove speranze sulla sopravvivenza della specie, la cui situazione resta comunque critica. Secondo il CITES, all'Appendice I sono assegnate tutte le specie protette dalla moratoria sulla caccia alla balena dell'IWC del 1986. Commercio e cattura di queste specie sono quindi vietati. Tutti gli altri cetacei sono assegnati all'Appendice II e quindi il commercio e la cattura sono possibili solo se compatibili con la sopravvivenza degli animali. Le principali minacce per i Cetacei sono: la caccia alla balena, le catture accidentali, l'inquinamento delle acque, la competizione con i pescatori, le collisioni con le grandi imbarcazioni, l'insorgenza di malattie, le catture per i delfinari e i giardini zoologici acquatici, la distruzione degli habitat. Nel Mediterraneo e nel Mar Nero i Cetacei sono protetti dall'accordo per la Conservazione dei Cetacei del Mar Nero, del Mediterraneo e delle zone Atlantiche adiacenti (ACCOBAMS),, recepito in Italia dalla L. 10 febbraio 2005, n. 27, in materia di "Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sulla conservazione dei cetacei del Mar Nero, del Mediterraneo e dell'area atlantica contigua, con annessi ed Atto Finale, fatto a Monaco il 24 novembre 1996" Caccia La caccia ai Cetacei, soprattutto a quelli di grandi dimensioni, ha origini antichissime. Già nel Neolitico, circa anni fa, alcune popolazioni del nord Europa cacciavano questi animali e se ne cibavano. Un forte incremento nel numero di esemplari cacciati si ebbe nel XVI e nel XIX secolo. Tra i prodotti ricavati dalle balene, i più importanti commercialmente erano: il grasso, convertito in olio per le lampade; i fanoni, utilizzati per la fabbricazione di corsetti; lo spermaceti del capodoglio, utilizzato per farne profumi. Oggi invece i Cetacei sono cacciati soprattutto per la carne, molto apprezzata in Islanda, Norvegia e Giappone. La caccia ha portato negli anni a una drastica riduzione nel numero delle popolazioni. Le prime ad essere minacciate sono state le specie più facilmente catturabili, come i capodogli, le megattere, le balene grigie e le balene franche (Balaenidae); successivamente, con lo sviluppo di arpioni sempre più efficienti, ad essere minacciate sono state anche le balenottere azzurre, le balenottere boreali (Balaenoptera borealis) e le balenottere minori (Balaenoptera physalus). Anche i Cetacei di minori dimensioni, come i delfini sono stati e sono tuttora oggetto di caccia. In Giappone, vengono effettuate delle vere e proprie mattanze che, oltre a suscitare l'indignazione dell'opinione pubblica occidentale, hanno portato al rapido declino delle popolazioni di stenelle striate (Stenella coeruleoalba), spostando l'attenzione dei pescatori locali verso le orche, i tursiopi e i grampi (Grampus griseus). Oggi la caccia ai Cetacei di grandi dimensioni è regolata dalla Commissione internazionale per la caccia alle balene (IWC), che nel 1986 ha approvato una moratoria sulla caccia che è ancora valida. Ogni anno, comunque, i paesi membri della commissione si riuniscono per decidere se e quali specie debbano essere tolte dalla moratoria. Catture accidentali Un grande numero di Cetacei, soprattutto delfinidi, muore per annegamento dopo essere rimasti intrappolati accidentalmente nelle reti da pesca. Questo problema è stato riconosciuto come tale solo negli ultimi 30-40 anni. Si pensa che la cattura accidentale nelle reti sia una delle principali minacce per la sopravvivenza della focena del golfo di California. In Italia e in Spagna, le catture accidentali sono dovute principalmente alle reti da pesca per i pescispada (Xiphias gladius). Le catture accidentali sono un problema anche per i pescatori, che devono perdere tempo a liberare le carcasse dei Mammiferi dalle reti, che spesso si danneggiano e diventano inutilizzabili, non ottenendo alcun vantaggio economico dai Cetacei catturati. I delfini, oltre che nelle reti, spesso rimangono uccisi anche durante le mattanze dei tonni (Thunnus): poiché infatti frequentemente nuotano insieme a questi pesci, capita che vengano circondati dalle barche dei pescatori insieme ad essi. Molti muoiono per il loro comportamento imprevedibile o a causa di errori umani. Competizione con i pescatori Alcuni pescatori credono che i Cetacei competano con loro per la cattura dei pesci e quindi li uccidono deliberatamente. Negli ultimi anni questo problema è stato particolarmente sentito nel mar Mediterraneo, dove si cerca di tenere lontani i delfini dalle aree di pesca utilizzando strumenti che emettono suoni a loro sgraditi. Si tratta però di un sistema che potrebbe danneggiare l'udito degli animali. Il problema della competizione con i pescatori viene utilizzato dai paesi favorevoli alla ripresa della caccia alle balene, come Giappone e Norvegia, per sostenere che la caccia sia necessaria per evitare danni all'approvvigionamento ittico degli uomini, anche in considerazione del fatto che secondo la FAO circa un miliardo di persone nel mondo si nutrono principalmente di pesce. Altri sostengono che i maggiori competitori dei pescatori sono certamente i pesci predatori e non vi sono sufficienti dati scientifici che permettano di quantificare il contributo dei cetacei. Collisioni con le navi Diversi Cetacei di grandi dimensioni spesso vengono uccisi dalle collisioni con le grandi navi, soprattutto quando si riposano sulla superficie dell'acqua e non hanno il tempo di fuggire. Questo problema è aumentato considerevolmente con l'aumento del traffico marittimo. Nel Mediterraneo, i Cetacei che più frequentemente si scontrano con le navi sono i capodogli e balenottere minori. La presenza di cicatrici sulla pelle di alcuni animali testimonia che in alcuni casi riescono a sopravvivere all'urto. Inquinamento chimico È stato dimostrato che nei tessuti di molti Odontoceti vi sono alte concentrazioni di PBC e di metalli pesanti. Concentrazioni di queste sostanze superiori ai interferiscono con il sistema endocrino e quello immunitario degli animali, rendendoli più sensibili alle malattie e causando anomalie nella riproduzione. Sembra che i Misticeti siano meno sensibili degli Odontoceti agli effetti di queste sostanze. Un altro pericolo deriva dai riversamenti in mare del petrolio, che può causare dei danni se viene ingerito e può rendere inutilizzabili i fanoni dei Misticeti. Inquinamento acustico I rumori sottomarini prodotti dall'uomo possono interferire con le attività dei Cetacei, che basano gran parte dei loro comportamenti riproduttivi e alimentari sui segnali acustici. I principali rumori in mare sono causati da test sismici, dragaggi dei fondali, perforazioni sottomarine e traffico marittimo. Spesso questi rumori viaggiano per chilometri sott'acqua e possono causare la perdita temporanea o permanente dell'udito dei Cetacei. Un problema di particolare importanza riguarda le operazioni militari svolte negli oceani dalla marina. L'uso di esperimenti svolti con i sonar o i test di nuovi esplosivi causano enormi danni ai Cetacei. Spiaggiamenti di massa di un gruppo di ziifidi che non presentavano nessun sintomo apparente, se non il sistema uditivo danneggiato, sono stati fortemente correlati con le operazioni militari che si stavano svolgendo nella zona in cui vivevano gli animali. Malattie I Cetacei sono molto sensibili alle malattie causate da Morbillivirus e alle neurotossine prodotte da alcuni dinoflagellati responsabili delle maree rosse. Negli anni novanta, un'epidemia di Morbillivirus ha decimato le popolazioni mediterranee di stenelle striate. Poiché i valori di PCB riscontrati all'interno dei tessuti di questi animali erano molto alti, si pensa che l'infezione sia stata favorita dall'indebolimento del loro sistema immunitario. Catture per i delfinari I delfinidi vengono catturati per rifornire parchi zoologici o per essere addestrati ad esibirsi nei delfinari. Gli effetti di tali catture, sottraendo una certa quantità di animali all'ambiente naturale (inclusi quelli che rimangono uccisi accidentalmente durante l'operazione) si sommano a quelli della caccia deliberata. I delfini che vengono maggiormente catturati sono i tursiopi, l'orcella asiatica (Orcaella brevirostris) e la susa indopacifica (Sousa chinensis). In Italia, il mantenimento dei delfini nei delfinari è regolamentato dal D.L. 6 dicembre 2001, n. 469, in materia di "Regolamento recante disposizioni in materia di mantenimento in cattività di esemplari di delfini appartenenti alla specie Tursiops truncatus, in applicazione dell'articolo 17, comma 6 della legge 23 marzo 2001, n. 93". Spiaggiamenti Alcuni Odontoceti, soprattutto globicefali, capodogli e zifidi, sono soggetti agli spiaggiamenti, cioè si spingono fino alle terre emerse non riuscendo più a ritornare in mare. Molto spesso gli spiaggiamenti provocano la morte dell'animale per disidratazione o per soffocamento dovuto al collasso dei polmoni sotto il peso del proprio corpo. Lo spiaggiamento può essere singolo, quando coinvolge un solo esemplare o di massa, quando a spiaggiarsi è l'intero branco. Gli spiaggiamenti sono stati oggetto di un lungo dibattito tra i ricercatori per decenni, allo scopo di ricercarne le cause, che ancora oggi non sono ben chiare. Si pensa che a provocarli non sia una sola causa, ma una concomitanza di eventi naturali, biologici e comportamentali. I primi comprendono cambiamenti nelle correnti marine e nelle maree e l'insorgenza di tempeste, mentre i fattori biologici comprendono la predazione, le malattie e i disturbi nell'ecolocalizzazione. Per quanto riguarda i fattori comportamentali, nelle specie altamente sociali è possibile che un animale in difficoltà per cause individuali venga seguito fino a terra dagli altri membri del branco, che si spiaggiano insieme a lui. Nel 2004 ricercatori tedeschi hanno associato i frequenti spiaggiamenti dei capodogli delle acque del mare del Nord all'attività solare. Analizzando gli spiaggiamenti di questi Cetacei avvenuti dal 1712 al 2003 i ricercatori si accorsero che il 97% di essi si verificavano nei periodi di minimo dell'attività solare. Un'altra possibile causa degli spiaggiamenti sono le esercitazioni della marina militare effettuate mediante l'utilizzo di sonar a media frequenza utilizzati per la ricerca dei sottomarini. Nel 1996 12 zifii (Ziphius cavirostris) si sono spiaggiati lungo le coste della Grecia e le analisi autoptiche hanno mostrato la presenza in ciascuno di una patologia caratterizzata dalla comparsa di emboli gassosi all'interno degli organi degli animali. Questi emboli, una volta che i Cetacei si spiaggiano, ne provocano la morte in seguito ai gravi danni causati all'apparato circolatorio. Gli spiaggiamenti sono stati correlati alle esercitazioni militari che si sono svolte due giorni prima che essi si verificassero. Nel 2002 altri 14 zifidi che presentavano gli stessi sintomi sono spiaggiati alle Isole Canarie e gli spiaggiamenti cominciarono dopo sole 4 ore dall'inizio delle operazioni militari, confermando la stretta relazione esistente tra l'uso dei sonar e gli spiaggiamenti e le morti di questi animali. Storia della cetologia La cetologia è la branca della biologia marina che si occupa dello studio dei cetacei. I cetacei furono studiati già da Aristotele, che usando per loro il termine κῆτος (che precedentemente era usato per mostro marino) dette origine al termine attuale. Aristotele distinse chiaramente i cetacei dai pesci, in quanto animali vivipari che respirano con i polmoni e allattano i cuccioli. Tra le molte nozioni trasmesse da Aristotele vi è la distinzione tra i cetacei dotati di fanoni e quelli dotati di denti e la descrizione della copula, che avviene ventre contro ventre. Plinio il Vecchio, che si occupò di questi animali nella Naturalis historia, sapeva ancora che essi respirano aria per mezzo dei polmoni, ma attribuì loro dimensioni corporee che superavano di molto quelle reali e dedicò più spazio ad aneddoti e dicerie che alla descrizione della fisiologia. Durante il Medioevo solo pochi studiosi scandinavi ed islandesi si occuparono dei cetacei. Nell'opera islandese Speculum regalae del 1240 vengono descritti ancora una volta come mostri uccisori di uomini e distruttori di navi. Nel Rinascimento lo studio si basò sulla dissezione di animali spiaggiati, ma ancora non si erano recuperate le conoscenze di Aristotele: non era chiaro, in particolare, se i cetacei dovessero essere classificati tra i pesci o tra i mammiferi. Pierre Belon, nel suo Histoire naturelle des éstranges poissons marins li considerava pesci, mentre Guillaume Rondelet li definiva quadrupedi acquatici. Linneo, nella decima edizione del suo Systema Naturae del 1758, classificò i cetacei tra i mammiferi. Nel libro Recherches sur les fossils (Ricerche sui reperti fossili) del 1823, il medico e paleontologo Georges Cuvier analizzò e descrisse lo scheletro dei cetacei, definendoli mammiferi privi di arti posteriori. Tra il XIX ed il XX secolo, la maggior parte delle informazioni sulle rotte migratorie e sulla morfologia proveniva dai balenieri, che conoscevano molto bene gli animali che dovevano cacciare. Nel 1924 una spedizione scientifica denominata discovery e durata circa 25 anni, ebbe il compito di studiare l'ecologia delle regioni artiche e il comportamento riproduttivo dei cetacei. La difficoltà della ricerca scientifica è accresciuta dal fatto che gli animali spendono solo una minima parte del loro tempo sulla superficie. Inoltre mentre nuotano o sono in immersione non lasciano nessuna traccia, rendendo difficoltoso anche seguirne gli spostamenti. Questo problema viene risolto mediante la marcatura con radiotrasmettitori satellitari. I ricercatori che si occupano di questi animali sono in genere equipaggiati di idrofoni per ascoltarne le vocalizzazioni, binocoli per scrutare l'orizzonte e macchine fotografiche per la fotoidentificazione. Molte delle nostre conoscenze derivano anche dallo studio delle carcasse degli animali spiaggiati. Note Bibliografia Voci correlate Classificazione dei Cetacei Mysticeti Odontoceti Altri progetti Collegamenti esterni Organizzazione privata non-profit che si occupa di ricerca sui cetacei ONLUS italiana per lo studio e la conservazione dei Mammiferi Marini Taxa classificati da Mathurin-Jacques Brisson
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https://it.wikipedia.org/wiki/Correlazione%20%28statistica%29
Correlazione (statistica)
In statistica, una correlazione è una relazione tra due variabili tale che a ciascun valore della prima corrisponda un valore della seconda, seguendo una certa regolarità. La correlazione non dipende da un rapporto di causa-effetto quanto dalla tendenza di una variabile a cambiare in funzione di un'altra. Storia Il termine apparve per la prima volta in un'opera di Francis Galton, Hereditary Genius (1869). Non fu definita in modo più approfondito (la moralità di un individuo e la sua instabilità morale sono non correlate). Otto anni dopo, nel 1877, lo stesso Galton scoprì che i coefficienti di regressione lineare tra X e Y sono gli stessi se a entrambe le variabili viene applicata la deviazione standard σx e σy: Galton utilizzò in realtà lo scarto interquartile, definendo il parametro "coefficiente di co-relazione" e abbreviando "regressione" in r. Descrizione In base alle caratteristiche presentate, la correlazione può definirsi: diretta (o positiva): la variazione di un elemento interessa - in via diretta - anche l'altro. Per esempio, alle stature alte dei padri corrispondono stature alte dei figli; indiretta (anche inversa o negativa): alla variazione di un elemento corrisponde, in senso contrario, quella dell'altro. Ad esempio, ad una maggior produzione di grano corrisponde un prezzo minore. Inoltre, le correlazioni possono essere: semplici: mettono in relazione due fenomeni, per esempio il numero di matrimoni e la quantità di nascite; doppie: se i fenomeni posti in relazione sono tre, come la circolazione monetaria, i prezzi e il risparmio; triple: quando pongono in relazione tra loro quattro elementi. Il grado di correlazione tra due variabili viene espresso tramite l'indice di correlazione. Il valore che esso assume è compreso tra −1 (correlazione inversa) e 1 (correlazione diretta e assoluta), con un indice pari a 0 che comporta l'assenza di correlazione; il valore nullo dell'indice non implica, tuttavia, che le variabili siano indipendenti. I coefficienti di correlazione sono derivati dagli indici, tenendo presenti le grandezze degli scostamenti dalla media. In particolare, l'indice di correlazione di Pearson è calcolato come rapporto tra la covarianza delle due variabili e il prodotto delle loro deviazioni standard: Va comunque notato che gli indici e i coefficienti di correlazione siano da ritenersi sempre approssimativi, a causa dell'arbitrarietà con cui sono scelti gli elementi: ciò è vero, in particolare, nei casi di correlazioni multiple. Contrariamente a quanto si potrebbe intuire, la correlazione non dipende da un rapporto di causa-effetto quanto dalla tendenza di una variabile a cambiare in funzione di un'altra. Le variabili possono essere tra loro dipendenti (per esempio la relazione tra stature dei padri e dei figli) oppure comuni (relazione tra altezza e peso di una persona). Nel cercare una correlazione statistica tra due grandezze, per determinare un possibile rapporto di causa-effetto, essa non deve risultare una correlazione spuria. Errore standard Se e sono variabili aleatorie, l'errore standard associato al coefficiente di correlazione è: dove è il coefficiente di correlazione e è la numerosità campionaria. Note Voci correlate Coefficiente di determinazione Correlazione spuria Covarianza (probabilità) Indice di correlazione di Pearson Regressione lineare Variabile (statistica) Altri progetti Collegamenti esterni Indici di correlazione Psicometria Econometria Teoria della probabilità Analisi della varianza
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https://it.wikipedia.org/wiki/Campidano
Campidano
Il Campidano (pron. Campidàno, Campidànu in sardo) è la più vasta pianura della Sardegna, situata nella porzione sud-occidentale dell'Isola, circa compresa tra i 40° e i 39° di latitudine nord e gli 8°30' e i 9° di longitudine est. Descrizione Dal punto di vista geologico il Campidano è una fossa tettonica composta da un sistema di faglie distensive che hanno provocato lo sprofondamento di una parte della crosta terrestre. Questo movimento tettonico viene fatto risalire all'intervallo di tempo geologico medio Pliocene – inizio Pleistocene, circa da 4 a 2 milioni di anni fa e fu associato a importanti eventi effusivi. In seguito la fossa fu interessata da fenomeni di sedimentazione alluvionale che portarono uno spessore di circa 600 metri di sedimenti continentali e deltizi. La pianura attraversa la provincia di Cagliari, la provincia del Sud Sardegna e la provincia di Oristano. Gli ultimi comuni del campidano oristanese sono San Vero Milis e Milis, infatti già il comune di Narbolia molto vicino ad entrambi questi ultimi paesi è considerato facente parte del Montiferru, pur essendo campidanesofono. L'ultimo paese costruito con la tecnica tradizionale tipica detta del làdiri (mattone di terra cruda, in lingua sarda) è però San Vero Milis. Tradizionalmente è suddiviso nelle subregioni del Campidano di Cagliari, Campidano di Sanluri e Campidano di Oristano. Fertilissima, già dai tempi dei Fenici e dei Romani era coltivata in modo intensivo a grano e vitigni. I colonizzatori vi importarono con le loro navi la zanzara di tipo anofele che diffonderà nella piana la malaria, malattia che resterà una piaga per ben due millenni e limiterà fortemente la vita degli abitanti. Le bonifiche avviate nel Novecento hanno riportato il Campidano a una piena salubrità e abitabilità, ed oggi i suoi stagni sono centri di conservazione di biodiversità, dove sostano i fenicotteri rosa. Nella porzione settentrionale, attorno alla città di Oristano, vi sono anche importanti risaie. Inoltre in questa zona sfocia il fiume Tirso, il più lungo di tutta la Sardegna. All'estremo meridionale è collocata la città e il centro urbano di Cagliari. Gli abitanti sono campidanesi, e la lingua è il sardo nella sua varietà chiamata sardo campidanese. Il campidano è anche un vino rosso di produzione locale. Note Altri progetti Collegamenti esterni Pianure della Sardegna
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https://it.wikipedia.org/wiki/Cygnus
Cygnus
Cygnus – identificativo zoologico del genere di uccelli acquatici dal lungo collo comunemente chiamati cigni in lingua italiana. Cygnus – costellazione celeste idealmente raffigurante un cigno (uccello acquatico) Cygnus X – nube molecolare gigante posta nel cuore della Via Lattea Cygnus X-1 – sorgente di raggi X osservabile nella costellazione del cigno Cygnus X-1 – brano musicale dei Rush. Cygnus – veicolo spaziale sviluppato della Orbital Sciences Corporation Cygnus Yamaha – Maxiscooter 125cc prodotto dalla Yamaha Cygnus Solutions – azienda statunitense di supporto commerciale per il software libero
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https://it.wikipedia.org/wiki/Classe%20%28tassonomia%29
Classe (tassonomia)
Nelle scienze naturali, ai fini della tassonomia, la classe è uno dei livelli di classificazione scientifica degli organismi viventi (tanto della zoologia, quanto della botanica) e dei minerali. Diverse classi possono (ma non è necessario) essere ulteriormente suddivise in sottoclassi. Nel sistema di classificazione usato in zoologia è immediatamente inferiore al tipo e superiore all'ordine. Ovvero: nello stesso tipo ci sono uno o più classi, e ciascuna classe viene suddivisa in una o più ordini. Ad esempio, gli uccelli sono una classe, chiamata Aves, la quale viene ulteriormente suddivisa in sottoclassi, di cui interessa soprattutto quella chiamata neorniti (Neornithes). Nel sistema di classificazione usato in botanica è immediatamente inferiore alla divisione e superiore all'ordine. Ovvero: nella stessa divisione ci sono uno o più classi, e ciascuna classe viene suddivisa in una o più ordini. Voci correlate Classificazione scientifica Tassonomia Sistematica Nomenclatura binomiale Altri progetti Collegamenti esterni Classificazione scientifica
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https://it.wikipedia.org/wiki/Calcio
Calcio
Sport Calcio – sport di squadra giocato con un pallone su un campo di gioco rettangolare, con due porte, da due squadre composte da 11 giocatori Calcio – sport di squadra inventato a Firenze nel XIII secolo Calcio – mossa del wrestling Altro Calcio – elemento chimico con simbolo Ca Calcio – colpo che viene sferrato con l'uso della forza, mediante tutta la gamba o una parte di essa Calcio – comune in provincia di Bergamo Calcio – elemento di determinate armi da fuoco Altri progetti
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https://it.wikipedia.org/wiki/Campo%20di%20sterminio
Campo di sterminio
Un campo di sterminio (, ) è un campo il cui scopo unico o principale è quello di uccidere i prigionieri che vi giungono. Questi centri di annientamento furono creati dalla Germania nazista durante la seconda guerra mondiale per rendere celere la cosiddetta soluzione finale del problema ebraico, che consisteva nell'uccisione di tutti gli ebrei d'Europa compresi nella sfera d'influenza politico-militare del Terzo Reich. Creati sulla base di un complesso ed efficiente programma organizzativo, i campi di sterminio nazisti causarono la morte di circa tre milioni di ebrei (su un totale di circa sei milioni assassinati complessivamente dai nazisti e dai loro alleati) e costituiscono l'unico caso nella storia di struttura detentiva studiata appositamente, secondo tecniche scientifiche e pianificazione di tipo industriale, per distruggere un'intera popolazione sulla base di concezioni ideologico-razziali. L'attività di annientamento dei campi di sterminio rappresentò la fase culminante e più violenta della Shoah. L'uso dell'espressione "campo di sterminio" per descrivere realtà differenti dai centri di sterminio nazisti della "soluzione finale", è materia di dibattito e non trova ampia diffusione nella storiografia. Esempi di campi di sterminio Campi di sterminio nazisti I campi di sterminio nazisti furono creati dal terzo reich durante la seconda guerra mondiale per attivare la cosiddetta soluzione finale del problema ebraico, che consisteva nell'uccisione di tutti gli ebrei d'Europa compresi nella sfera d'influenza politico-militare del Terzo Reich. Creati sulla base di un complesso ed efficiente programma organizzativo, i campi di sterminio nazisti causarono la morte di più di tre milioni di ebrei e costituiscono l'unico caso nella storia di struttura detentiva studiata appositamente, secondo tecniche scientifiche e pianificazione di tipo industriale, per distruggere un'intera popolazione sulla base di concezioni ideologico-razziali. L'attività di annientamento dei campi di sterminio rappresentò la fase culminante e più tragica della Shoah. Definizione Raul Hilberg, storico dell'Olocausto di nazionalità statunitense e di origine ebreo-austriaca, ha definito "centri di sterminio" sei campi costruiti e attivati nella massima segretezza dalla Germania nazista durante la seconda guerra mondiale: Chełmno, Bełżec, Sobibór, Treblinka, Majdanek, e Auschwitz-Birkenau. Con la loro creazione, raggiunse il culmine organizzativo e tecnico il processo di distruzione degli ebrei d'Europa, perseguito sistematicamente dalle gerarchie e dall'apparato militare, poliziesco e burocratico-amministrativo del Terzo Reich. In circa tre anni, a partire dal dicembre 1941, in questi sei campi di sterminio vennero deportati e uccisi circa tre milioni di ebrei con un complesso procedimento tecnico-organizzativo accuratamente predisposto da un numeroso gruppo di "specialisti della morte". Secondo Hilberg, il meccanismo della distruzione, dalla notevole complessità organizzativa e tecnica, funzionò con efficienza e rapidità, raggiungendo i suoi macabri obiettivi con procedure simili a quelle di una moderna fabbrica. In questo senso, Hilberg definisce i centri di sterminio nazisti un fenomeno senza precedenti, l'unico in cui vennero studiate e attivate procedure per la "morte a catena" di milioni di uomini, donne, vecchi e bambini. Costruzione ed attivazione dei centri di sterminio Processo decisionale Rudolf Höss testimoniò durante il processo di Norimberga che nell'estate 1941 Heinrich Himmler, dopo averlo convocato a Berlino, gli parlò per la prima volta della decisione presa da Adolf Hitler di procedere all'annientamento totale degli ebrei d'Europa e gli rivelò che il campo di concentramento per prigionieri di guerra di Auschwitz, di cui Höss era il comandante, avrebbe avuto un ruolo centrale nella soluzione finale del problema ebraico. Sempre nell'estate 1941 Himmler si consultò con il medico capo responsabile delle SS, il Reichsarzt-SS-und Polizei dottor Grawitz sulle modalità più opportune per procedere allo sterminio di massa e Grawitz propose l'adozione delle camere a gas. Queste tecniche erano già state studiate ed adottate nel corso del programma di eutanasia (Aktion T4), dipendente dall'ufficio di Philipp Bouhler alla Cancelleria del Reich e diretto concretamente da Viktor Brack e dal responsabile operativo Christian Wirth, kriminalkommissar proveniente dalla polizia criminale di Stoccarda. Nell'ottobre 1941 Reinhard Heydrich durante una riunione con i dirigenti dell'RSHA, riferì di una decisione di Hitler di "liberare" il Terzo Reich di tutti gli ebrei in ogni modo entro la fine dell'anno, e prospettò la loro deportazione all'est in campi del Ostland, ipotizzando possibili localizzazioni a Riga e Minsk. Nello stesso periodo anche Erhard Wetzel, esperto razziale del ministero dei territori dell'est di Alfred Rosenberg, scrisse del probabile utilizzo delle tecniche studiate da Brack per la aktion T4 (il cosiddetto "strumento di Brack", Brackschen Hilfsmittel), nei territori dell'est per "finirla con questi ebrei". In realtà era già stato deciso che il programma per l'annientamento degli ebrei non sarebbe stato attivato all'est, in ragione delle difficoltà tecnico-organizzative di trasporto in regioni glaciali dei territori occupati e dell'opposizione dei commissari del Reich del Ostland Hinrich Lohse e Wilhelm Kube, ma direttamente nel Governatorato Generale. In questo territorio erano già in azione le procedure di annientamento degli ebrei del cosiddetto programma "sterminio mediante il lavoro", portate avanti con crudele energia dai capi delle SS e Polizia di Lublino, Odilo Globočnik, e della Galizia, Friedrich Katzmann; nei campi della DG IV ("strada di transito IV") morirono per le terribili condizioni di lavoro oltre 70.000 ebrei. Inoltre Globocnik il 1º ottobre 1941 sollecitò misure ancora più dure contro gli ebrei del Governatorato: l'eliminazione degli inabili al lavoro e l'immediata "evacuazione" degli ebrei per liberare spazio nel suo distretto al reinsediamento di tedeschi etnici. In luglio 1941 il capo della SS di Poznań, Heinz Höppner, aveva già scritto ad Eichmann che, a causa dell'impossibilità di nutrire tutti gli ebrei del Governatorato, la "soluzione più umana" sarebbe stata quella di "liquidare" gli inabili con "qualche mezzo rapido ed efficace". Alla fine dell'anno 1941 tuttavia non sembra che fosse stata ancora presa una decisione definitiva da parte delle autorità supreme a favore di uno sterminio sistematico degli ebrei; anche due settimane dopo la conferenza di Wannsee, il 4 febbraio 1942 Heydrich tornò nuovamente a parlare di possibili deportazioni in massa nelle regioni artiche. In realtà i piani e i progetti concreti già iniziati nell'autunno del 1941 divennero operativi dal marzo 1942 con la decisione di sterminare gli ebrei del Warthegau per fare posto ai reinsediamenti e con l'inizio del processo di annientamento nei distretti di Lublino e Leopoli sotto la pressione dell'estremismo di Globocnik e Katzmann. Il 13 e 14 marzo Himmler incontrò Globocnik e Friedrich Wilhelm Krüger, capo di SS e Polizia del Governatorato; in questa occasione vennero verosimilmente discussi i problemi tecnici della deportazione, dello sterminio nei nuovi centri di distruzione in fase di completamento, e di sostituzione dei lavoratori ebrei. Himmler compì un secondo viaggio di ispezione nel luglio 1942; dopo aver visitato Auschwitz, si recò anche nel distretto di Lublino e il 19 luglio, pienamente soddisfatto dei risultati raggiunti, ordinò a Krüger di completare entro il 31 dicembre 1942 il "trasferimento di tutta la popolazione ebraica" del Governatorato. In estate iniziarono i rastrellamenti dei ghetti in Polonia ed Eichmann poté dare inizio ai suoi programmi di deportazione "all'est" degli ebrei di tutta Europa. Chełmno Il primo campo di sterminio ad essere attivato fu quello di Chełmno (Kulmhof, nella documentazione tedesca), fin dal dicembre 1941. Il programma di annientamento di massa era condotto mediante autocarri appositamente modificati (Gaswagen), al cui interno erano convogliati i gas di scarico. Il sistema, già sperimentato dai nazisti in Unione Sovietica e in Serbia, era stato sviluppato dal referat tecnico del RSHA e venne attivato su sollecitazione del Gauleiter del Warthegau, Arthur Greiser che ottenne l'autorizzazione di Himmler a sterminare 100.000 ebrei presenti nel suo territorio o trasferiti dalla Prussia occidentale nel ghetto di Łódź. L'attivazione del campo, costruito in una villa con parco al centro del modesto villaggio di Chełmno abitato da solo 250 persone, fu opera del Sonderkommando Lange, diretto dal hauptsturmführer Herbert Lange a cui successe Hans Bothmann. Il personale del Sonderkommando incaricato delle gasazioni, dieci-quindici uomini, venne fornito dal capo delle SS e della polizia del Warthegau, Wilhelm Koppe, mentre le guardie, circa ottanta uomini, provenivano dalla ORPO locale, diretta da Oskar Knofe. Agli inizi di novembre arrivò a Kulmhof il primo autocarro a gas, equipaggiato con monossido di carbonio in bombole e, dopo che era stata sistemata una palizzata intorno al campo per mascherare le operazioni, l'8 dicembre 1941 ebbero inizio le gasazioni; a gennaio 1942 arrivarono altri due autocarri dotati di impianti di convogliamento dei gas di scarico all'interno dell'abitacolo sigillato, i cosiddetti Gaswagen. Adolf Eichmann visitò il campo nel gennaio 1942 e assistette ad un carico di ebrei su uno degli autocarri che utilizzavano i gas di scarico; il capo dell'ufficio IVB4 ne trasse un'impressione poco favorevole; la tecnica dello sterminio prevedeva che l'autocarro, che poteva ospitare fino a 150 vittime, si dirigesse con il suo carico di condannati fuori dal villaggio a circa quattro chilometri fino al cosiddetto "campo del bosco" (Waldlager) dove un Sonderkommando di ebrei si occupava del macabro compito di scaricare e pulire il mezzo, e seppellire in grande fosse i cadaveri. Anche Christian Wirth criticò il meccanismo di annientamento sviluppato a Chełmno, irregolarità nel rilascio del gas poteva ridurne la letalità e prolungare l'agonia delle vittime; inoltre il sistema non poteva "trattare" più di 1.000 persone al giorno. Bełżec Dopo l'esperienza di Chełmno, l'apertura dei tre campi gemelli di Bełżec, Sobibór e Treblinka segnò un salto qualitativo nelle operazioni di sterminio della popolazione ebraica nella Polonia occupata, con la costruzione delle prime camere a gas fisse, alimentate a monossido di carbonio. La pianificazione di un campo a Bełżec era già cominciata nel 1941 sotto la direzione del Amt Haushalt und Bauten, l'ufficio del bilancio e delle costruzioni" di Oswald Pohl che nel marzo 1942 sarebbe confluito, insieme all'ispettorato dei campi di concentramento, nel WVHA, Wirtschafts und Verwaltungshauptamt. Il 13 ottobre 1941 Himmler aveva autorizzato il SS-Brigadeführer Odilo Globocnik, capo della Polizia e delle SS del distretto di Lublino, a procedere alla costruzione del campo, e lo stesso Globocnik costituì un "gruppo di lavoro", più tardi noto con il nome in codice "Reinhard", diretto dal suo sostituto, Hermann Höfle, per la direzione del programma di annientamento degli ebrei nelle nuove strutture di sterminio. Anche Adolf Eichmann, capo della sezione IVB4 del RSHA, partecipò attivamente allo sviluppo del programma, visitò Bełżec nell'inverno 1941-42 e ispezionò Lublino e Minsk, facendo pressioni per attivare le deportazioni degli ebrei del Reich, del Protettorato e del Warthegau. La costruzione del campo di sterminio di Bełżec, nel distretto di Lublino, andò avanti piuttosto lentamente dal novembre 1941 ad opera di operai polacchi sotto la direzione di un kommando di costruzione delle SS, a dicembre vennero posati i binari a scartamento ridotto. Dopo Natale, dopo l'allontanamento degli operai polacchi e la loro sostituzione con manodopera coatta ebraica, arrivò il dottor Helmut Kallmeyer, chimico di Berlino, per l'installazione degli impianti del gas (Vergasungsanlagen). A febbraio vennero costruite le torrette di guardia, vennero quindi eliminati nelle camere a gas gli operai ebrei ed il 16 marzo 1942 venne attivato il campo, sotto la direzione di Christian Wirth, inviato in precedenza insieme ad un centinaio di esperti del programma Aktion T4, a Lublino da Viktor Brack per collaborare con Odilo Globocnik. Quest'ultimo, personalità fortemente ideologizzata, veterano del nazismo austriaco, assunse un ruolo centrale nella direzione del programma di annientamento nel Governatorato Generale e poté agire, godendo della piena fiducia di Himmler, in autonomia rispetto al suo superiore diretto, il capo delle SS e della Polizia in Polonia Friedrich Wilhelm Krüger. Dopo qualche contrasto iniziale di autorità tra Wirth e Globocnik, in una riunione a Berlino vennero stabilita la preminenza direttiva del capo della SS e della Polizia di Lublino, mentre Josef Oberhauser, già presente a Bełżec in ottobre, assunse il ruolo di collegamento tra Wirth e la direzione SS a Lublino. Sobibór e Treblinka Nel marzo 1942 iniziò la costruzione di un secondo campo nel distretto di Lublino, sempre nel quadro del programma di sterminio diretto da Odilo Globocnik, denominato Aktion Reinhard; i lavori a Sobibór furono molto più veloci che a Bełżec e proseguirono sotto la direzione del Hauptsturmfüher Richard Thomalla che si avvalse della manodopera ebraica presente nel territorio e della supervisione di un esperto tecnico, Baurat Moser. Un terzo campo di annientamento, localizzato nel distretto di Varsavia, sorse a Treblinka, la costruzione venne diretta dal dottor Irmfried Eberl che impiegò due ditte di Liegnitz e di Varsavia, mentre la manodopera e i materiali erano forniti dagli stessi ebrei del ghetto della capitale. Il campo di sterminio di Sobibór venne attivato nell'aprile 1942 sotto la direzione di Thomalla, a cui seguirono Franz Stangl e Franz Reichleitner, mentre Treblinka, sorto in origine nell'agosto 1941 come campo di lavoro forzato, entrò in funzione come centro di sterminio a luglio 1942, al comando di Eberl e poi in successione di Schemmerl, Stangl e Kurt Franz. Il 1º agosto 1942 Christian Wirth, che aveva avuto contrasti con Globocnik ed anche con Rudol Höss che aveva criticato l'efficienza dei suoi metodi, cedette il comando di Bełżec al Haupsturmführer Gottlieb Hering e divenne l'ispettore generale dei tre campi della Aktion Reinhard (Bełżec, Sobibór, Treblinka).. Il personale presente nei campi di sterminio del Governatorato era costituito da un piccolo nucleo di specialisti tedeschi delle SS, in genere provenienti dalla Aktion T4, addetti agli aspetti tecnici del meccanismo, e dalle guardie del campo; queste ultime erano volontari ucraini, vestiti di nero, ed equipaggiati con fucili, carabine e fruste di cuoio, addestrati nel vicino campo di formazione di Trawniki. Ogni campo disponeva di una compagnia di guardie ucraine, mentre Kulmhof aveva una compagnia di polizia tedesca della ORPO. La struttura dei tre campi della Aktion Reinhard (Bełżec, Sobibór e Treblinka) era simile: si trattava di complessi di piccole dimensioni, isolati in territori boscosi, costituiti da alcuni edifici per le guardie, da una baracca dove venivano radunati gli ebrei, una dove si spogliavano e da uno stretto percorso, largo due o tre metri (lo schlauch, il manicotto) con protezione laterale di filo spinato che le vittime dovevano percorrere per raggiungere le camere a gas. Queste erano stanze di medie dimensioni dove gli ebrei venivano ammassati per la gasazione: mentre a Bełżec si utilizzò all'inizio monossido di carbonio in contenitori (Flaschengas), Sobibór e Treblinka disponevano di grandi motori Diesel che emettevano monossido e diossido di carbonio. Inizialmente i centri disponevano solo di tre camere a gas ciascuno e, non essendo dotati di forni crematori, i cadaveri dovevano venire bruciati in fosse improvvisate con risultati non soddisfacenti. Per superare le carenze tecnico-organizzative evidenziatesi ed il rischio di "sovraccarico" delle installazioni, di fronte alla massa crescente dei deportati destinati allo sterminio, tra luglio e settembre 1942 si procedette ad un vasto ampliamento dei tre centri del Governatorato; vennero quindi edificate grandi e solide costruzioni in pietra o in mattoni al posto delle baracche ed ogni campo fu dotato di sei camere a gas allineate sui lati di un corridoio centrale, mentre la stanza con il motore Diesel era situata in fondo al corridoio. Nel periodo di massima attività il processo di annientamento si sviluppava con rapidità ed efficienza; i tre campi controllati dall'ispettorato di Christian Wirth riuscirono a sterminare più di 25.000 vittime al giorno. Majdanek Nel marzo 1942 l'Obergruppenführer Oswald Pohl divenne il responsabile del nuovo "Ufficio centrale economico-amministrativo delle SS" (SS- Wirtschafts-Verwaltungshaptamt, WVHA) che inglobava i precedenti "Ufficio del bilancio e delle costruzioni" e "Ufficio amministrazione ed economia"; diviso negli Amtsgruppe A, B, C, D e W, accumulava e gestiva un enorme potere amministrativo, burocratico ed economico dell'apparato delle SS. In particolare il WVHA, oltre a gestire i settori: amministrazione delle truppe (Amt A, Brigadeführer Fanslau), economia (Amt B, Gruppenführer Georg Lörner), costruzioni (Amt C, Gruppenführer Kammler) e imprese economiche (Amt W, Obergruppenführer Hans Lörner), accorpava anche il vecchio Ispettorato dei campi di concentramento che divenne lo Amt D sempre sotto la direzione di Richard Glücks. Al massimo della sua espansione (1944) il sistema dei campi dello Amt D del WVHA di Pohl comprendeva, senza considerare i campi autonomi creati localmente dai capi delle SS e della polizia di distretto, venti campi di concentramento principali e 165 campi satelliti; i tre campi di sterminio della Aktion Reinhard (Bełżec, Sobibór e Treblinka) organizzati da Odilo Globocnik e Christian Wirth in realtà non rientravano amministrativamente e gerarchicamente nelle competenze della sezione di Richard Glücks che invece dal settembre 1942 attivò come centro di annientamento degli ebrei anche il campo di Majdanek, denominato nella documentazione tedesca "campo di concentramento di Lublino", attivo fino a quel momento come campo per prigionieri di guerra sotto il controllo delle SS. Furono attivate tre camere a gas all'interno di un edificio a forma di U, dotate di dispositivi con monossido di carbonio in contenitori e di acido cianidrico; la prima di queste installazioni venne denominata con macabra ironia Rosengarten ("giardino di rose"). Per un anno, dal settembre 1942, vi furono uccisi 500-600 uomini, donne e bambini la settimana, deportati principalmente dal distretto di Lublino e da Varsavia, ma in parte anche dal Reich, dal Protettorato e dalla Francia. Nonostante l'elevatissimo numero di vittime, Majdanek rimase comunque sempre nei progetti nazisti in primo luogo un campo di concentramento, "solo occasionalmente usato come campo di sterminio, al fine di eliminare coloro che non potevano venire uccisi nei campi di sterminio dell’Operazione Reinhard: Bełżec, Sobibór e Treblinka". Proprio per questa molteplicità di funzioni, Il campo di Majdanek era una struttura molto più complessa dei centri di sterminio della Aktion Reinhard, con una organizzazione gerarchica guidata dal comandante del campo, prima lo Standartenführer Karl Otto Koch, quindi Max Kögel, Hermann Florstedt, Martin Weiss e infine Arthur Liebehenschel; vi era poi uno Schutzhaftlagerführer, responsabile del controllo dei detenuti, a questo incarico si succedettero Hermann Hackmann, Wimmer e Thumann; infine un capo amministrativo, prima Heinrich Worster e poi Michel. Le guardie del campo di Majdanek erano comandate dallo Sturmbannführer Walter Langleist e poi dallo Hauptsturmführer Martin Melzer ed erano costituite da reparti provenienti dai Totenkopfstandarten (le "unità Testa di morto", che designavano i reparti di guardie dei campi) e da un battaglione di Schutzmannschaft ("Schuma", reparti di ausiliari reclutati nelle regioni occupate) lituano. Auschwitz Accanto alle metodiche di annientamento degli autocarri a gas di Chełmno e delle camere a gas con monossido di carbonio della Aktion Reinhard (Bełżec, Sobibór e Treblinka), l'apparato della distruzione delle SS organizzò un terzo sistema più efficiente e complesso. In una regione boscosa e paludosa dell'Alta Slesia, tra i fiumi Vistola e Soła, in un ambiente umido e nebbioso, sarebbe sorto il più grande, importante e micidiale centro di sterminio. Auschwitz era una cittadina di circa 12.000 abitanti, nelle cui vicinanze erano ancora presenti baracche in rovina di un'unità di cavalleria austriaca; l'esercito tedesco vi stabilì inizialmente un reparto di truppe logistiche, ma l'Ispettorato dei campi di concentramento individuò questo posto isolato e il 21 febbraio 1940 Richard Glücks scrisse ad Himmler in termini favorevoli delle caratteristiche del luogo. A primavera arrivarono le SS, guidate dal comandante designato del nuovo campo, Obersturmführer Rudolf Höss; inizialmente i detenuti erano prigionieri politici polacchi impiegati nel lavoro forzato per le SS, le quali estesero la loro giurisdizione in una vasta area circostante designata "zona di interesse" (Interessengebiet) in vista di ampliamenti delle strutture. All'inizio del 1941 si verificò un fatto nuovo di grande importanza: dopo alcune discussioni, il 6 febbraio i dirigenti economici del Reich ed i responsabili della IG Farben, Fritz ter Meer, capo del comitato tecnico-produttivo, e Otto Ambros, vice direttore della industria di Ludwigshafen che dirigeva il programma Buna, decisero che la quarta fabbrica per la produzione della gomma sintetica (Buna IV) sarebbe stata costruita ad Auschwitz. Carl Krauch, plenipotenziario dell'industria chimica e massimo dirigente della IG Farben, e Hermann Göring chiesero la collaborazione di Himmler per la costruzione degli impianti e per la manodopera, ed il Reichsführer decise di evacuare la popolazione della cittadina e trasferirvi gli operai; inoltre tutti i prigionieri presenti nel campo sarebbero stati a disposizione della Buna IV per il lavoro coatto in condizioni estreme; il capo del Amt C (costruzioni) del WVHA di Pohl, Gruppenführer Hans Kammler, decise l'edificazione di baracche per 18.000 prigionieri. Sorse così dalla primavera del 1941 la IG Auschwitz, diretta dal dottor Walter Dürrfeld, con due impianti industriali: il Buna IV ed una fabbrica di acido acetico; la IG Farben e le SS collaborarono strettamente per l'efficienza e l'organizzazione delle fabbriche e del campo dei lavoratori forzati annesso (Monowitz), le SS stesero le recinzioni, costruirono le baracche, organizzarono i corpi di guardia insieme con la "polizia di fabbrica" (Werkschutz). Una nuova iniziativa di Himmler e delle SS portò ad un terzo ampliamento del campo di Auschwitz; dopo l'inizio dell'operazione Barbarossa le SS richiesero la disponibilità di una parte del gran numero di prigionieri di guerra sovietici e, dopo accordi con la Wehrmacht, venne quindi deciso di costruire un grande campo per prigionieri a Birkenau, un'area vuota in parte paludosa a circa due chilometri dal campo principale, dove vennero raccolti inizialmente circa 10.000 soldati sovietici catturati; Höss seppe che Hitler aveva dato incarico di prepararsi ad accoglierne oltre 100.000. In realtà dall'estate 1941 era stata presa una decisione per la soluzione del "problema ebraico" che avrebbe coinvolto in modo decisivo il complesso concentrazionario in continua espansione di Auschwitz. Dopo il colloquio tra Himmler e Höss in cui il capo delle SS motivò il ruolo centrale assegnato ad Auschwitz anche con la sua vicinanza ad importanti reti ferroviarie, Eichmann visitò il sito e studiò insieme a Höss i problemi dei trasporti. Nel frattempo il vice di Höss, Karl Fritzsch, sperimentò ad Auschwitz, in una cella del bunker, l'impiego di acido cianidrico, disponibile nel campo per la disinfestazione da parassiti, su alcuni prigionieri russi; poco dopo Höss assistette ad un secondo esperimento organizzato nell'obitorio del campo principale; il comandante di Auschwitz si convinse dell'efficienza del metodo e così da febbraio 1942 l'obitorio divenne la prima camera a gas con due forni nel crematorio. In autunno era arrivato ad Auschwitz l'ingegnere Kurt Prüfer, esperto delle SS di crematori, dipendente della società J.A. Topf und Söhne di Erfurt che si incaricò della progettazione e costruzione degli impianti di gasazione. Ben presto, di fronte alle crescenti richieste, Höss ed Eichmann individuarono due piccole fattorie a Birkeneau che vennero, dopo importanti modifiche strutturali, attivate per le gasazioni a marzo e a giugno 1942; le due nuove costruzioni furono denominate Bunker I (sul luogo della fattoria nota come la "casa rossa") con due camere a gas e Bunker II con quattro camere a gas. Himmler assistette alla procedura di annientamento con il gas nel Bunker II nel corso della sua visita al campo il 17 e 18 luglio 1942; pienamente soddisfatto annunciò a Höss che Eichmann avrebbe potenziato i trasporti e che Auschwitz doveva prepararsi a deportazioni in massa di ebrei da utilizzare come manodopera coatta per l'industria tedesca, gli inabili al lavoro sarebbero stati eliminati nelle camere a gas (gesondert untergebracht, sottoposti al trattamento speciale). La SS-Zentralbauleitung di Auschwitz (sezione centrale delle costruzioni), diretta dallo Sturmbannführer Karl Bischoff, si incaricò, in stretta cooperazione con numerose imprese private, dei grandi lavori di ampliamento del centro di sterminio; dopo l'installazioni dei cavi elettrici e delle condutture, furono costruite numerose baracche primitive a Birkenau, fu edificato un imponente sistema di torrette di guardia, venne steso ed elettrificato il filo spinato; soprattutto a Birkenau vennero progettate e costruite quattro grandi strutture (Bauwerke, progetti di edificio, numerati 30, 30a, 30b, 30c) per le nuove e più moderne camere a gas. La costruzione di questi grandi complessi procedette dal luglio 1942 al aprile 1943; i quattro Bauwerke divennero i crematori II e III, entrambi con due camere a gas sotterranee e cinque fornaci, entrati in attività nel marzo e giugno 1943; il crematorio IV, con una camera a gas in superficie, doppia fornace e otto crogiuli, attivato per primo nel marzo 1943, e il crematorio V, con una camera a gas di superficie, doppia fornace e otto crogiuli, attivo dall'aprile 1943. Queste strutture di annientamento permettevano di bruciare subito i cadaveri, che invece nei Bunker I e II dovevano essere sotterrati in fosse comuni con risultati deplorevoli. Nei crematori II e III l'acido cianidrico in cristalli (Zyklon B) veniva gettato nei sotterranei attraverso gli sfiatatoi, mentre nelle camere di superficie dei crematori IV e V i cristalli venivano immessi attraverso le mura laterali nelle stanze, dove passavano allo stato gassoso. Nella primavera del 1942 venne presa in considerazione l'esigenza di costruire una stazione ferroviaria a Birkenau; venne progettata una linea ferrovia che attraversasse l'edificio delle guardie all'entrata, connessa con la linea che giungeva alla stazione preesistente di Auschwitz. Questo scalo dipendeva dalla Reichsbahndirektion Oppeln dell'Alta Slesia, diretta prima da Wilhelm Pirath e poi da Hans Geitmann, subordinata a sua volta alla Generalbetriebsleitung Ost guidata da Ernst Emrich. I lavori per la nuova tratta ferroviaria proseguirono con molte difficoltà tecniche ed organizzative e furono completati solo nella primavera del 1944 quando la linea venne utilizzata per il trasporto degli ebrei ungheresi a Birkenau. Rudolf Höss diresse l'ampliamento del centro di sterminio e condusse il programma di annientamento degli ebrei fino al novembre 1943, quando passò alla guida dello Amt D-I (l'ufficio centrale della sezione della WVHA responsabile dei campi) e venne sostituito da Arthur Liebehenschel a cui successe nel luglio 1944, dopo un breve ritorno di Höss, Richard Baer. Il complesso quindi venne diviso in tre parti: il vecchio campo di Auschwitz (Auschwitz I, lo Stammlager, il campo originario), diretto prima dallo stesso Liebehenschel e poi da Baer; il centro di sterminio di Birkenau (Auschwitz II), guidato dallo Sturmbannführer Fritz Hartjenstein e poi dallo Hauptsturmführer Josef Kramer; il campo della IG Farben (Auschwitz III o Monowitz), sotto la direzione dello Hauptsturmführer Heinrich Schwarz. L'apparato delle guardie dei tre campi era guidato dallo Sturmbannführer Hartjenstein che disponeva di cinque compagnie Totenkopfsturmbann ad Auschwitz I, di quattro compagnie più una compagnia di guardie con cani (Hundelstaffel) a Birkenau, e di una compagnia rinforzata dalla polizia di fabbrica a Monowitz; in totale le guardie SS, reclutate anche tra tedeschi etnici e tra personale di seconda scelta, raggiunsero il numero massimo di 3.500 uomini nel dicembre 1943 a fronte di una popolazione media di detenuti di circa 70.000 persone. Ad Auschwitz la macchina dell'annientamento raggiunse la sua massima efficienza. Rudolf Höss, non molto convinto dei metodi adottati da Christian Wirth con il monossido di carbonio nei campi della Aktion Reinhard (Bełżec, Sobibór e Treblinka), adottò invece lo Zyklon B che si rivelò molto più efficiente, manifestando il suo effetto letale in un tempo più breve (3-15 minuti); inoltre le camere a gas di Birkenau potevano contenere fino a 2.000 vittime per volta contro solo 200 a Treblinka; nell'ultimo periodo il centro di sterminio divenne in grado di sterminare fino a 6.000 persone al giorno. Lo Zyklon era un prodotto chimico utilizzato per la "lotta contro i parassiti" per disinfestazioni industriali, disinfezione di abiti e disinfestazioni da pidocchi, prodotto dalla Degesch (Deutsche Gesellschaft für Schädlingsbekämpfung mbH, "Società tedesca di lotta contro i parassiti"), un'azienda di proprietà della IG Farben (42,5% del pacchetto azionario), della Degussa (42,5%) e della Goldschmidt (15%). In realtà la Degesch si limitava alla distribuzione dello Zyklon che era invece prodotto concretamente dalla Dessauer Werke a Dessau e dalla Kaliwerke a Kolín (vicino a Praga), mentre lo stabilizzatore del composto chimico proveniva dalla IG Farben di Uerdingen. A loro volta due altre società si occupavano della vendita al dettaglio dello Zyklon: la Heli e la Tesch und Stabenow (Testa); era la Testa che assicurava le forniture alle strutture governative. La ripartizione dei quantitativi dello Zyklon era decisa da una sezione del ministero degli armamenti e della produzione di guerra di Albert Speer, la cosiddetta "Commissione di lavoro disinfezione e lotta contro le epidemie" che stabiliva l'assegnazione del prodotto chimico tra esportazioni, ditte private e forze armate; le forniture alla SS dipendevano dal "Deposito centrale d'Igiene delle SS", diretto dal capo dell'Igiene delle SS, Joachim Mrugowski. Lo Zyklon era prodotto e venduto a varie concentrazioni in relazione al suo utilizzo, distinte da lettere dell'alfabeto; la formulazione "B", adoperata normalmente per la disinfezione dei vestiti, era quella impiegata ad Auschwitz. Le richieste dei quantitativi dello Zyklon B da parte del centro di sterminio partivano dal responsabile della disinfestazione, Obersturmführer Kurt Gerstein, e arrivavano all'ufficio di Mrugowski; l'ordinazione poi arrivava alla Testa, alla Degesch e alla Dessauer, da Dessau il prodotto veniva quindi inviato direttamente alla "Divisione di disinfestazione e disinfezione" di Auschwitz; le consegne venivano effettuate ogni sei settimane a causa dei problemi di deterioramento del prodotto e delle notevoli esigenze quantitative per le procedure di annientamento nelle camere a gas. Meccanismo dell'annientamento nei campi di sterminio Deportazioni nei centri di annientamento Il 18 settembre 1941 Hitler prese la decisione di autorizzare l'inizio dell'evacuazione all'est degli ebrei tedeschi del Reich e del Protettorato; le deportazioni dei primi contingenti di circa 70.000 persone iniziarono il 14 ottobre ed in un primo momento gli ebrei furono trasferiti nel ghetto di Lodz e nei ghetti di Riga e Minsk. Mentre questi ultimi vennero immediatamente uccisi sul posto, in particolare nell'eccidio del Forte IX di Kaunas e nel massacro del bosco di Rumbula a Riga, i deportati nel ghetto di Lódź vennero a loro volta "evacuati" nel campo di sterminio di Chełmno dove vennero sterminati negli autocarri a gas a partire dal dicembre 1941, insieme ad oltre 100.000 ebrei provenienti dal Warthegau di cui venne attivata la deportazione nel marzo 1942. La deportazione degli ebrei del Governatorato nei centri di annientamento della Aktion Reinhard di Globocnik procedette sistematicamente dalla primavera 1942; dopo i primi trasferimenti dal ghetto di Lódź, da aprile iniziarono le "evacuazioni" dal distretto di Lublino, compresi ebrei tedeschi provenienti dal Reich, verso il campo di sterminio di Bełżec e, a maggio, verso il campo di sterminio di Sobibór.; anche gli ebrei del distretto di Leopoli e del distretto di Cracovia furono deportati ed annientati a Bełżec nello stesso periodo Il 23 luglio 1942 ebbe inizio l'evacuazione del ghetto di Varsavia e la deportazione degli ebrei che vi erano stati ammassati in gran numero; il capo del Consiglio ebraico del ghetto, Adam Czerniaków, preferì suicidarsi alla notizia delle decisioni delle autorità tedesche, i convogli dei deportati vennero diretti per lo sterminio in gran parte nel nuovo centro di annientamento di Treblinka, mentre un piccolo numero venne ucciso a Majdanek da settembre 1942. Treblinka divenne nell'estate 1942 il campo principale del massacro degli ebrei del Governatorato provenienti, oltre che da Varsavia, dai distretti di Radom, di Białystok e in parte di Lublino, mentre i restanti ebrei dei territori incorporati del Warthegau, della Prussia orientale, dell'Alta Slesia e dei ghetti minori vennero trasportati ad Auschwitz che iniziò la sua attività. Il 26 marzo 1942 iniziarono le deportazioni degli ebrei della Slovacchia che in gran parte vennero sterminati a Sobibór, mentre una parte venne trasferita ad Auschwitz e Majdanek; nello stesso periodo venne attivato il programma di "soluzione finale" anche nei paesi dell'Europa occidentale e settentrionale che avrebbe condotta alla deportazione sincronizzata nell'estate 1942 degli ebrei dalla Francia, Paesi Bassi, Belgio e Norvegia. Elemento propulsivo ed organizzativo decisivo in queste complesse operazioni di "evacuazione all'est" fu Adolf Eichmann ed il suo gruppo di collaboratori della Sezione IVB4 del RSHA. Eichmann, Rolf Günther, Theodor Dannecker, Alois Brunner, Dieter Wisliceny, Friedrich Bosshammer, diedero prova di fanatica determinazione per raggiungere l'obiettivo di individuare, rastrellare e deportare nei campi di sterminio tutti gli ebrei presenti nella sfera di dominio del Terzo Reich. Lo stesso Eichmann in precedenza aveva visionato i centri di sterminio in costruzione per verificarne le capacità tecniche di annientamento. Sotto la pressione degli "esperti" di Eichmann, le deportazioni dalla Francia iniziarono il 4 giugno 1942 in direzione dei campi di Sobibór, Majdanek e Auschwitz; gli ebrei del Belgio, concentrati preventivamente nel campo di Malines, partirono per Auschwitz in agosto, mentre già in luglio avevano avuto inizio i trasporti degli ebrei olandesi dal campo di concentramento di Westerbork in direzione dei centri di sterminio di Auschwitz e Sobibór; il 25 ottobre iniziarono le deportazioni ad Auschwitz degli ebrei dalla Norvegia. Nei primi mesi del 1943 le operazioni di annientamento delle popolazioni ebraiche dei territori orientali vennero quasi totalmente completate nei campi della Aktion Reinhard (Bełżec, Sobibór e Treblinka) che quindi cessarono progressivamente la loro attività, mentre assunse un ruolo centrale il campo, grandemente potenziato e perfezionato tecnicamente, di Auschwitz-Birkenau dove vennero diretti per lo sterminio le comunità superstiti. A partire dal 15 marzo 1943 vennero quindi deportati ad Auschwitz gli ebrei di Salonicco, cui seguirono le deportazioni nel campo dell'Alta Slesia dalla Macedonia, dalla Tracia, dalla Croazia; il 16 ottobre 1943, dopo il crollo dell'Italia, l'occupazione tedesca e la costituzione della RSI, iniziarono le deportazioni dalla penisola verso Auschwitz, mentre Bulgaria e Romania riuscirono a bloccare i programmi di "evacuazione all'est" dei loro ebrei. Nella primavera 1944 invece, dopo l'occupazione tedesca dell'Ungheria, Eichmann e i suoi uomini, Wisliceny, Novak e Hunsche, riuscirono ad organizzare con grande rapidità e fanatica efficienza la concentrazione e la deportazione della numerosa comunità ebraica; da aprile a luglio oltre 430.000 ebrei ungheresi vennero "evacuati" ad Auschwitz-Birkenau ed immediatamente sterminati. Il campo di sterminio di Birkenau fu sottoposto a grande pressione per il suo compito di annientamento, fino a 10.000 vittime furono gasate al giorno; nonostante la capacità teorica dei forni crematori di bruciare 44.000 cadaveri quotidianamente, le squadre di Sonderkommando dovettero essere potenziate e i corpi vennero anche in parte bruciati in enormi fosse comuni all'aperto. Elemento fondamentale del programma di deportazione verso i centri di annientamento era il meccanismo del trasporto ferroviario affidato alla Reichsbahn, la grande ed efficiente struttura delle ferrovie tedesche diretta da Albert Ganzenmüller; gli ebrei venivano trasportati su carri bestiame considerati "treni viaggiatori speciali" (Sonderzüge), e la richiesta dei mezzi per la deportazione partiva dall'ufficio di Eichmann IVB4 a cura del capo della sezione Trasporti, Franz Novak. La Divisione operativa della Reichsbahn, dopo aver ricevuto la richiesta dal IVB4, organizzava il trasporto ed inviava le direttive al Generalbetriebsleitung Ost (la direzione generale ferroviaria dell'est, diretta da Ernst Emrich) che tramite un Sonderzuggruppe, pianificava l'assegnazione dei vagoni, gli orari, gli ordini di percorso e le date di partenza e arrivo. Questo piano di base veniva poi comunicato alle Reichsbahndirektion territoriali che si occupavano delle decisioni di dettaglio dei convogli. Nell'Europa nazista la Reichsbahn controllava direttamente, con direzioni distaccate, le linee ferroviarie nel Governatorato, nei territori occupati dell'est, in Francia, Belgio, Paesi Bassi, mentre esistevano plenipotenziari della Reichsbahn nelle reti ferroviarie autonome dei paesi satelliti (Ungheria, Romania, Bulgaria, Slovacchia) e del Protettorato. Invece in Norvegia, Croazia, Serbia, Grecia e in Italia i trasporti ferroviari dipendevano dalle direzioni dei trasporti militari della Wehrmacht. Di grande importanza era la funzione della Generaldirektion der Ostbahn (Gedob), diretta da Adolf Gerteis, che controllava, gerarchicamente dipendente dalla Generalbetriebsleitung Ost, la rete ferroviaria del Governatorato; era la Gedob che organizzava i trasporti verso i campi di sterminio dellAktion Reinhard; la Reichsbahndirektion Oppeln dell'Alta Slesia era invece responsabile di tutti i treni per Auschwitz. Organizzazione del campo di sterminio Nei campi di sterminio erano presenti detenuti impiegati per le costruzioni e per la manutenzione del campo o utilizzati come manodopera forzata nelle fabbriche; inoltre una parte dei deportati poteva essere temporaneamente risparmiata per problemi tecnici o di sovraccarico nel meccanismo di distruzione; in quest'ultimo caso la morte era solo rinviata in attesa della disponibilità delle camere a gas. Nei campi della Aktion Reinhard (Bełżec, Sobibór e Treblinka), attivi esclusivamente nello sterminio, i detenuti impiegati in gruppi di lavoro e per la manutenzione non furono mai numerosi, mentre molto più cospicua era la popolazione dei deportati presenti nei due campi del WVHA di Majdanek e Auschwitz-Birkenau. La popolazione detenuta di questi centri variava numericamente di continuo, in relazione all'arrivo di nuovi convogli di deportati, alla periodiche azioni delle SS di "riduzione" del numero dei detenuti con l'invio dei "superflui" e degli inabili nelle camere a gas, e alle miserabili condizioni di vita all'interno del campo, dove denutrizione e malattie provocavano ulteriori decessi. Le condizioni di vita dei detenuti all'interno dei campi di sterminio erano deplorevoli: gli alloggi consistevano in baracche primitive, prive di ogni struttura igienica con latrine costituite da recipienti da svuotare, costruite con materiali scadenti, estremamente sovraffollate; i detenuti dormivano ammucchiati in gran numero su tavole di legno (Pritschen) senza coperte o cuscini. Fino all'inizio del 1943 ai prigionieri venne distribuita una divisa a strisce, ma dopo quella data le forniture cessarono e le vittime, tranne quando impiegati nei campi di lavoro, rimasero con abiti normali in condizioni miserevoli, identificati con la stella di Davide, mentre un numero di registrazione venne tatuato sull'avambraccio. La mancanza di cibo adeguato e le conseguenti malattie provocarono un ulteriore peggioramento delle condizioni di vita dei prigionieri e moltiplicarono i decessi; i medici SS inviavano direttamente alle camere a gas i detenuti in cattive condizioni di salute. L'apparato delle SS organizzò un complesso sistema per mantenere il controllo dei detenuti ed impedire la formazione di movimenti collettivi di resistenza interna ai campi; oltre all'impiego di spie e delatori reclutati tra i detenuti, le strutture amministrative e repressive organizzarono una gerarchia all'interno per disgregare la coesione; esisteva una gerarchia razziale che privilegiava i prigionieri tedeschi rispetto agli slavi e soprattutto agli ebrei, ed esisteva una gerarchia burocratica. Nelle baracche i detenuti responsabili nei confronti delle autorità SS erano suddivisi in Lagerlältester (anziano del campo), Blockältester (anziano del blocco) e Stubendienst (responsabile della baracca), mentre nei gruppi di lavoro esisteva un'altra suddivisione gerarchica: Oberkapo, Kapo e Vorarbeiter; nei campi del WVHA i livelli più elevati della gerarchia dei prigionieri erano assegnati ai detenuti tedeschi. Questa gerarchizzazione, accompagnata dai relativi privilegi, favoriva la disgregazione interna e la conflittualità tra i detenuti. Inoltre l'apparato repressivo disponeva lunghi ed estenuanti appelli quotidiani per verificare tutte le presenze e attuava spietate rappresaglie in caso di infrazioni con impiccagioni pubbliche. Dal febbraio 1943 Himmler, temendo anche bombardamenti aerei alleati sui campi che avrebbero potuto favorire evasioni in massa, potenziò le strutture di controllo: ordinò la suddivisione dei campi in blocchi autonomi separati da recinzioni, la costruzione di alte mura esterne con filo spinato dai due lati e cani da guardia nel percorso interno; inoltre il percorso esterno venne minato, cani feroci (Zereissen) stazionavano intorno al campo, riflettori vennero montati sui pali delle recinzioni e il filo venne elettrificato. Alla metà del 1944 il capo della WVHA, Oswald Pohl, preoccupato per la massa dei detenuti destinati allo sterminio rispetto all'esiguità numerica delle guardie dei Totenkopfsturmbann e degli ausiliari ucraini o baltici, predispose un piano di emergenza in caso di tentativo di rivolta ed evasione da Auschwitz: oltre alle 3.000 guardie disponibili, i piani prevedevano l'intervento di una compagnia di emergenza della Ordnungspolizei dipendente dal capo di SS e Polizia del distretto, Obergruppenführer Ernst Heinrich Schmauser, la collaborazione della Wehrmacht con una linea di difesa esterna e del personale a terra della Luftwaffe che avrebbe reso disponibili 1.000 uomini. Inoltre la sezione della Kriminalpolizei di Katowice avrebbe eventualmente organizzato un vasto rastrellamento (Grossfahndung) per catturare i fuggiaschi. Le strutture preposte al meccanismo di distruzione degli ebrei nei campi di sterminio prescrivevano procedure e regole dettagliate e precise per il comportamento e la condotta del personale dei centri; la somministrazione della violenza ritenuta necessaria per adempiere i compiti di annientamento richiesti doveva essere controllata, seguire modalità prestabilite, rimanere impersonale, freddamente tecnica e limitare le iniziative individuali per non compromettere l'efficienza del meccanismo. Nonostante l'attenzione posta dalle istanze superiori a questi aspetti dell'organizzazione dei centri, si manifestarono inevitabilmente eccessi sotto forma di sadismo da parte delle guardie, torture, aberrazioni sessuali, abusi incontrollati. Un altro elemento di disturbo e di disorganizzazione per l'amministrazione dei centri era la corruzione della gerarchia, di cui si occupò dal 1941 la sezione RSHA-V (Kriminalpolizei) diretta da Arthur Nebe e un tribunale delle SS e della Polizia. Himmler era molto rigoroso sul problema della corruzione e quindi non poteva tollerare "errori" come appropriazione illegale di beni, l'arricchimento, il disordine sessuale. Dopo un'inchiesta del tribunale XXII delle SS e Polizia di Kassel (trasformato in "tribunale speciale") venne incriminato e destituito il 20 agosto 1942 il comandante del campo di Lublino Karl-Otto Koch; dopo un clamoroso scandalo sarebbe stato giudicato, condannato a morte e giustiziato. Anche Rudolf Höss ed il campo di Auschwitz furono oggetto di una investigazione della commissione speciale di Kassel ma alla fine, grazie anche alla protezione del capo della WVHA, Oswald Pohl, il comandante uscì indenne dall'inchiesta. La macchina della morte Le operazioni di annientamento delle vittime, uomini, vecchi, donne e bambini, erano l'elemento costitutivo dei centri di sterminio ed erano accuratamente pianificate ed organizzate dall'amministrazione e dal personale, secondo procedure dettagliate dirette a velocizzare il meccanismo massimizzandone l'efficienza omicida, a schiacciare con la violenza ogni opposizione, a mantenere il più possibile la calma e la disciplina tra i deportati con il rigore dell'autorità e con artifizi e inganni rassicuranti. Il meccanismo, nonostante errori e incidenti, venne perfezionato e per la sua capacità di distruzione e impersonalità industriale divenne noto tra le SS come am laufenden band, "il nastro trasportatore". All'arrivo del convoglio dei deportati destinati allo sterminio il personale del campo era già in attesa e preparato ad eseguire con precisione e rapidità le procedure stabilite, viceversa i deportati erano sconvolti e disorientati; molti non comprendevano il significato degli eventi o rifiutavano di credere ai segnali di pericolo, altri erano rassegnati alla morte. Il personale tedesco sfruttava questi vantaggi per procedere con rapidità nell'esecuzione del meccanismo, cercando di mantenere le vittime nell'illusione. I vagoni dei treni entravano direttamente all'interno delle recinzioni e venivano scaricati a gruppi; a Chełmno i deportati arrivavano nel campo di sterminio su autocarri dopo essere stati scaricati nella stazione di Koło, mentre ad Auschwitz inizialmente i deportati scendevano a Birkenau e dovevano percorrere un lungo tragitto a piedi, mentre più tardi venne costruito un binario morto a poca distanza dalle camere a gas. Per trarre in inganno gli ebrei provenienti dai paesi occidentali i tedeschi avevano studiato una serie di artifizi: a Bełżec i deportati erano accolti dalla musica di una orchestra di prigionieri ebrei del campo, a Treblinka venne creata una stazione ferroviaria fittizia con un orologio con lancette dipinte; a Sobibór altri detenuti ebrei aiutavano i nuovi arrivati nel trasporto dei bagagli e consegnavano scontrini per il ritiro, venivano distribuite cartoline per scrivere ai familiari lontani. Queste procedure non erano applicate nel caso di ebrei provenienti dai miserabili ghetti dell'est che invece erano immediatamente trattati con brutalità e violenza per paralizzare, secondo le precise direttive di Christian Wirth, ogni tipo di reazione. Direttamente sulle banchine gli uomini delle SS procedevano a una prima spietata selezione; nei campi della Aktion Reinhard (Bełżec, Sobibór e Treblinka) solo un piccolo numero di deportati veniva scelto per il lavoro (i cosiddetti "rinati"), mentre i più vecchi, gli invalidi, gli infermi e i bambini venivano separati dagli altri e trasferiti subito in altro luogo per l'eliminazione immediata. A Bełżec venivano fucilati vicino a una fossa comune; a Treblinka erano trasferiti vicino all'infermeria (Lazarett) e il sergente SS August Miete, l'"angelo della morte", guidava le esecuzioni effettuate con un colpo di pistola alla nuca; i cadaveri cadevano in una fossa dove venivano bruciati. Ad Auschwitz-Birkenau invece vecchi e malati venivano subito trasportati in autocarro alle camere a gas, mentre i medici SS, Josef Mengele, Heinz Thilo, Fritz Klein e Hans Wilhelm König, effettuavano sulla banchina una sommaria valutazione delle condizioni fisiche e quindi delle capacità lavorative di tutti i deportati e decidevano sul momento il loro destino con una semplice indicazione: a destra quelli destinati al lavoro coatto e quindi provvisoriamente risparmiati, a sinistra quelli inviati subito allo sterminio. Nel campo di Auschwitz le selezioni continuavano ogni giorno tra i prigionieri adibiti al lavoro coatto: durante lo snervante appello mattutino, all'ospedale, o anche dopo ispezioni ai singoli blocchi, gli uomini delle SS procedevano a scegliere per la gasazione i detenuti in cattive condizioni di salute, deboli, non più idonei al lavoro o riottosi che venivano brutalmente caricati su autocarri e inviati alla camere di distruzione. La fase successiva della "catena" era il discorso di benvenuto congegnato per prolungare le illusioni e tranquillizzare le vittime; a Bełżec, nei primi tempi, lo stesso Wirth pronunciava il discorso, mentre successivamente il ruolo venne assunto da uomini delle SS preparati a pronunciare parole rassicuranti; a Sobibór in genere parlava il sergente Hermann Michel, che, vestito di bianco per sembrare un medico, era soprannominato il Predicatore per la sua abilità di inganno. Ad Auschwitz, dopo la fase iniziale caratterizzata da violenza e disordine, dal 1943 i discorsi ingannevoli furono tenuti dagli ufficiali SS Hans Aumeier, Maximilian Grabner o Franz Hössler. A questo punto gli uomini e le donne venivano separati e condotti in baracche per svestirsi prima delle "docce"; si cercava ancora di mantenere l'inganno esortando le vittime a disporre ordinatamente gli abiti e a raccogliere in appositi contenitori effetti personali, denaro, gioielli, orologi, anelli. Nei campi della Aktion Reinhard le deportate e i ragazzi venivano rasati completamente con il pretesto di prevenire infestazioni di parassiti, mentre sembra che ad Auschwitz i capelli non venissero tagliati ma fossero prelevati sui cadaveri dopo le gasazioni. La procedura veniva quindi velocizzata al massimo nell'ultima fase per paralizzare le vittime che potevano prendere finalmente coscienza della situazione; gli ebrei, completamente nudi, venivano incanalati con violenza nel "cunicolo", lo stretto percorso che conduceva alle camere a gas, in file di cinque con gli uomini davanti, preceduti da una SS e le donne dietro, seguite da guardie ucraine con fruste, bastoni e baionette. Le vittime erano costrette a percorrere di corsa con le mani in alto la cosiddetta "strada per il Paradiso" fino all'edificio della camera a gas, identificato con il cartello "locale doccia e inalazioni" dove, ormai in preda al terrore, alla disperazione o a rassegnato fatalismo, dovevano attendere il loro turno di entrata nella sala di annientamento. Gli ebrei venivano ammassati brutalmente all'interno della camera a gas, stipati al massimo, quindi le porte venivano ermeticamente chiuse; le vittime si accorgevano delle finte docce, alcuni urlavano o piangevano, altri pregavano. Dopo lo spegnimento di tutte le luci, nei campi della Aktion Reinhard l'addetto all'accensione del motore dava il via, su preciso ordine, alla gasazione; a Treblinka il compito spettava a una guardia ucraina, mentre a Bełżec al sergente Lorenz Hackenholt. L'operazione di sterminio poteva essere piuttosto lenta e durare anche trenta o quaranta minuti, mentre ad Auschwitz la procedura era più efficiente. Dopo lo spegnimento delle luci all'interno della camera a gas, arrivava un autocarro con le insegne della Croce Rossa che trasportava lo Zyklon B; SS equipaggiati con maschere antigas (i "disinfestatori") aprivano i contenitori del gas e, dopo l'ordine dell'addetto, sergente maggiore Otto Moll, versavano i cristalli. Lo Zyklon B veniva immesso, nel quantitativo letale di un milligrammo per ogni chilo di peso, attraverso botole nascoste in strutture di cemento a fungo presenti nella terrazza erbosa che copriva il soffitto dell'edificio; i cristalli scendevano all'interno di pilastri perforati lateralmente che arrivavano fino alle pareti delle stanze. A contatto con l'aria i cristalli si trasformavano in gas che fuoriusciva dai fori dei pilastri e invadeva la stanza; la gasazione durava tra i cinque e i quindici minuti ed era accuratamente controllata dallo Untersturmführer Grabner, mentre all'interno tra urla, terrore e impossibili tentativi di sfuggire al gas, si consumava l'annientamento delle vittime. Dopo aver verificato il completamento della gasazione, veniva immessa aria nei locali; dopo circa trenta minuti veniva aperta la porta e i Sonderkommando ebraici, le squadre reclutate tra i prigionieri ebrei addette alle procedure più macabre e terribili dell'annientamento, entravano nella camera a gas muniti di maschere e iniziavano a trascinare fuori i cadaveri ammassati davanti alla porta. I corpi delle vittime erano accatastati al centro della stanza o ammucchiati contro la porta, mentre rimaneva uno spazio vuoto in corrispondenza dei punti di uscita del gas da dove le persone si erano allontanate nel disperato tentativo di evitare la morte. I Sonderkommando usavano getti d'acqua per eliminare i residui di gas e per ripulire i corpi, quindi separavano i cadaveri ammassati, li trasportavano fuori e ispezionavano gli orifizi alla ricerca di eventuali oggetti preziosi nascosti; venivano strappati i denti d'oro, mentre ad Auschwitz i capelli delle donne venivano tagliati in questa fase. L'ultima parte del processo di annientamento nei campi di sterminio era quella dell'eliminazione dei cadaveri, che seguiva tecniche diverse nei vari centri. Nei campi della Aktion Reinhard i Sonderkommando trasportavano a mano i cadaveri fino a grandi fosse dove venivano sommariamente sepolti; la procedura era insoddisfacente. A Treblinka, a causa della quantità elevatissima di vittime, i cadaveri erano ammassati sommariamente in ogni posto disponibile; a Sobibór e Bełżec i corpi sepolti, rigonfiati dal caldo e dal processo di putrefazione, aprivano il terreno, odori nauseabondi si diffondevano nell'aria, con rischio di epidemie per contaminazione delle acque; anche ad Auschwitz inizialmente si adottò la sepoltura dei cadaveri, che causò gli stessi problemi. A partire dall'estate 1942 le procedure cambiarono: Himmler, preoccupato di eliminare le tracce dello sterminio in atto, incaricò Paul Blobel, in precedenza comandante di un Einsatzkommando all'est, di studiare e mettere in pratica nuovi metodi di distruzione dei cadaveri ed eliminare le ingombranti fosse comuni. Blobel, alla testa del cosiddetto Sonderkommando 1005, iniziò con il campo di sterminio di Chełmno, disseppellendo i cadaveri e adottando, dopo vari esperimenti tecnici, il metodo della cremazione dei corpi in grandi pire all'aperto, mentre le ossa venivano macinate con una speciale macchina tritaossa (Knochenmühle). Nei campi della Aktion Reinhard quindi si procedette alle riesumazioni in massa ed all'incenerimento dei corpi: a Bełżec la procedura, in grado di bruciare 2.000 cadaveri al giorno, rimase in funzione fino a marzo 1943; a Treblinka e Sobibór si utilizzarano escavatori per estrarre i corpi, i Sonderkommando procedevano quindi a trasportarli fino a grandi griglie fabbricate con vecchie rotaie dove potevano essere impilati fino a 3.000 corpi per volta. A Treblinka si bruciarono anche 7.000 cadaveri al giorno e l'odore della carne bruciata si diffondeva a chilometri di distanza. Ad Auschwitz, con la costruzione dei nuovi impianti dotati di forni crematori di grande capacità, la procedura raggiunse la sua massima efficienza tecnica; subito dopo la gasazione e l'ispezione dei cadaveri, i Sonderkommando ebrei caricavano i corpi su montacarichi che salivano al piano superiore dell'edificio: qui erano i forni sempre accesi, alimentati a carbone e ossigeno, dotati di ventilatori elettrici per migliorare la combustione. I detenuti ebrei caricavano tre cadaveri per volta su barelle predisposte che poi spingevano all'interno del forno; in venti minuti i corpi erano bruciati completamente e le ceneri venivano poi scaricate nelle acque della Vistola o del Soła. Nonostante la capacità tecnica di queste procedure, nel periodo delle gasazioni in massa degli ebrei ungheresi nell'estate 1944 il campo di Auschwitz dovette organizzare grandi fosse all'aperto di 40 metri di lunghezza in cui bruciare velocemente una parte dei cadaveri. Esperimenti medici e confische I medici tedeschi, dopo aver ottenuto l'autorizzazione dai capi del Reich, diedero anche il via a una sperimentazione di massa su cavie umane, con l'intento di eseguire ricerche mediche. I risultati vennero recuperati alla fine della guerra con l'Operazione Paperclip dagli americani. Ad esempio, l'odierna conoscenza delle reazioni del corpo umano al congelamento si basa quasi esclusivamente su tali esperimenti. Essi venivano infatti condotti per capire a che temperatura, nell'acqua gelata, il corpo potesse resistere e tutte le tecniche di rianimazione associate all'ipotermia. Questi ultimi furono condotti per capire come salvare i piloti militari abbattuti nei mari freddi. Le procedure di annientamento nei campi di sterminio prevedevano la sottrazione di tutti i beni e gli effetti personali dei deportati; il meccanismo prevedeva una complessa procedura amministrativo-burocratica differenziata nei vari campi. A Chełmno il Gauleiter del Wartheland, Arthur Greiser affidò l'organizzazione alla Gettoverwaltung di Lódź (direzione del ghetto) il cui dirigente, Hans Biebow costituì un deposito dei beni a Pabianice. Ad Auschwitz le fasi di raccolta, smistamento, inventario e deposito dipendevano dal capo amministrativo del campo, prima Wilhelm Max Burger, poi Karl Möckel, mentre i campi del Governatorato, Majdanek, Bełżec, Sobibór e Treblinka dipendevano direttamente da Globocnik che organizzò una Zentralkartei (registro centrale) ed un deposito centrale a Lublino dove furono raccolte tutte le confische della Aktion Reinhard. La procedura era accuratamente organizzata in tutte le fasi; gruppi di ebrei raccoglievano i bagagli delle vittime sulla banchina ferroviaria, altre squadre recuperavano gli abiti e gli oggetti di valore lasciati nelle baracche prima della gasazione, i Sonderkommando tagliavano i capelli e toglievano i denti d'oro ai cadaveri. L'inventario dei beni sottratti ai deportati era molto rigoroso ed Himmler richiedeva grande precisione anche per evitare furti e corruzione tra il personale SS. Le confische dei beni delle vittime prevedevano modalità dettagliate per la loro distribuzione; in teoria tutto il bottino era di "proprietà del Reich" e veniva distribuito sotto la direzione del WVHA di Pohl ed in particolare del Amt A (amministrazione) diretto da August Frank. La ripartizione prevedeva che il denaro, i titoli mobiliari, metalli rari, oggetti preziosi, gioielli, perle, oro, denti, fossero inviati alla Reichsbank; i tessuti, vestiario, oggetti vari, biancheria, andavano assegnati al VOMI (Volksdeutsche Mittelstelle, l'organizzazione di aiuto dei tedeschi etnici), i capelli servivano per confezionare calzature di feltro per gli equipaggi degli U-Boot e per i dipendenti delle ferrovie tedesche. I prodotti più scadenti venivano assegnati ai detenuti dei campi di concentramento. La Reichsbank organizzò vasti depositi per raccogliere i beni preziosi raccolti nei centri di sterminio; i proventi dalla vendita di questi beni erano depositati in un conto speciale fittizio intestato a "Max Heiliger", mentre una parte servirono a creare i "fondi Reinhardt" utilizzati dalle SS per finanziare le loro attività industriali. Occultamento e chiusura dei centri di sterminio L'apparato nazista della distruzione mise grande attenzione a mantenere il massimo segreto sulle micidiali strutture predisposte per lo sterminio degli ebrei d'Europa, in primo luogo le costruzioni e le procedure furono velocizzate al massimo per accelerare i tempi del massacro, inoltre venne studiato un linguaggio in codice per celare nella documentazione i cruenti fatti in corso. A questo scopo le deportazioni venivano indicate come "evacuazioni all'est" verso campi di lavoro; i centri di annientamento erano designati Arbeitslager o Konzentrationslager; Birkenau ufficialmente divenne prima il Kriegsgefangenenlager (campo di prigionieri di guerra) e poi il KZ Au II (campo di concentramento Auschwitz II). Nella terminologia degli esecutori le camere a gas sotterranee divennero Sonderkeller (cantine speciali), le camere a gas di superficie Badeanstalten für Sonderaktionen, bagni per azioni speciali; furono proibite fotografie dei campi, le uccisioni vennero sempre definite "trattamento speciale" (Sonderbehandlung) e le operazioni di sterminio divennero le "sistemazioni speciali" (gesondert untergebracht). Era inoltre richiesto il massimo riserbo al personale dei centri di sterminio che doveva giurare di mantenere il segreto; fughe di notizie erano comunque inevitabili e voci si diffusero ampiamente riguardo all'esistenza e all'attività di questi centri misteriosi; lo stesso Obersturmführer Gerstein informò chiaramente un diplomatico svedese che a sua volta passò le notizie a Stoccolma che però non le divulgò. I visitatori dei centri di sterminio, anche se di alto rango, erano tenuti lontani con pretesti dalle installazioni di annientamento ed anche Hans Frank non riuscì ad ottenere informazioni precise. I segni dello sterminio in corso erano però difficilmente occultabili completamente; tra gli abitanti nei villaggi vicini correvano notizie, i fumi delle ciminiere dei crematori di Auschwitz sempre accesi erano visibili a diciannove chilometri di distanza, odori nauseabondi si diffondevano nell'aria; circolavano racconti sul grasso dei cadaveri utilizzato dai tedeschi per la produzione di sapone, poi rivelatisi completamente falsi. Alla metà del 1943 l'opera di distruzione della Aktion Reinhard aveva già raggiunto la maggior parte dei risultati previsti; quindi si procedette alla chiusura ed all'occultamento dei centri di annientamento; a marzo il Sonderkommando Bothmann abbandonò Chełmno e venne trasferito in Croazia e il campo venne temporaneamente chiuso. Dopo una breve riattivazione nel giugno-luglio 1944 per completare lo sterminio degli ebrei del ghetto di Lódź, venne definitivamente disattivato nel gennaio 1945; i Sonderkommando ebrei vennero eliminati e le strutture incendiate. Due rivolte dei prigionieri a Treblinka e Sobibór accelerarono la chiusura di questi centri; il 2 agosto 1943 circa 150-200 detenuti riuscirono, dopo essersi impossessati di armi ed esplosivi, a scatenare una rivolta ed a fuggire da Treblinka, ma vennero poi ripresi e uccisi quasi tutti. Una seconda rivolta scoppiò il 14 ottobre a Sobibór: negli scontri furono uccise nove SS, tra cui il vicecomandante Niemann, ma i fuggiaschi vennero eliminati dagli uomini della Schupo e dai rinforzi della SD; solo circa 40 o 50 sopravvissero. Nell'autunno 1943 il Kommando Wirth ricevette l'incarico di chiudere e distruggere senza lasciare traccia i tre campi della Aktion Reinhard. Entro ottobre terminarono le gasazioni: Bełżec venne rasa al suolo e sul terreno furono piantati alberi di pino, a Treblinka, dopo la demolizione completa del centro, venne costruita una fattoria agricola ucraina, e anche Sobibór venne distrutto. Wirth e i suoi uomini furono trasferiti in missione di guerra in Istria contro i partigiani e l'ex responsabile dei campi di distruzione del Governatorato rimase ucciso in combattimento nella primavera del 1944. Alla metà del 1944 erano ancora attivi solo i due grandi centri dipendenti dal WVHA di Oswald Pohl. La grande offensiva sovietica dell'estate mise in pericolo Majdanek (Lublino); la rapidità dell'avanzata dell'Armata Rossa impedì di evacuare e distruggere in tempo il campo, che quindi cadde il 23 luglio 1944 ancora intatto in mano dei soldati russi della 2ª Armata corazzata della Guardia del generale Semën Bogdanov, dipendente dal 1° Fronte bielorusso del maresciallo Konstantin Rokossovskij: ciò permise loro di trovare le spaventose tracce del processo di annientamento. I sovietici si impadronirono anche dei magazzini della Aktion Reinhard che erano stati trasferiti a Lublino; la scoperta ebbe risonanza mondiale ed esacerbò la propaganda anti-nazista, provocando inoltre aspre dispute di responsabilità tra alcuni dirigenti tedeschi. Nel frattempo ad Auschwitz era in corso il processo di annientamento degli ebrei ungheresi: oltre 600.000 deportati vennero trasferiti nel centro tra maggio e ottobre 1944 ed in maggioranza sterminati; nel novembre 1944 Himmler prese la decisione, essendo la "questione ebraica" sostanzialmente "risolta", di chiudere anche quest'ultimo centro di distruzione. A Monowitz, bombardato ripetutamente dalle forze aeree alleate, la IG Farben predispose i piani di evacuazione del campo industriale. Il 7 ottobre 1944 scoppiò una rivolta nel campo di sterminio, dove era sorta una struttura di resistenza tra i prigionieri costituita principalmente da polacchi collegati con il governo in esilio a Londra e da comunisti; un Sonderkommando ebraico si ribellò e riuscì a incendiare il crematorio III, ma la reazione tedesca fu spietata: la rivolta venne sedata e 450 detenuti furono uccisi. Il 12 gennaio 1945 l'Armata Rossa sferrò la grande offensiva sulla Vistola che, provocando il crollo del fronte tedesco in Polonia, mise in immediato pericolo il campo di Auschwitz; il 17 gennaio venne quindi decisa l'evacuazione dei detenuti ancora presenti, 31.800 nel campo principale (compreso Birkenau) e 35.100 a Monowitz. In dieci giorni, nella crescente confusione, questi prigionieri furono quindi trasferiti con le sfibranti "marce della morte" a piedi in pieno inverno, verso altri campi all'ovest, mentre le SS dellObergruppenführer Schmauser fucilarono numerosi detenuti rimasti, tra cui 200 donne, e incendiarono i crematori I e II. Il primo mattino del 27 gennaio i tedeschi fecero saltare anche l'ultimo crematorio, il IV, che era rimasto in funzione fino all'ultimo per bruciare i cadaveri. Il pomeriggio del 27 gennaio 1945 i reparti sovietici della 60ª Armata del 1° Fronte ucraino del maresciallo Ivan Konev, 100ª e 107ª Divisione fucilieri, entrarono nel complesso dei campi di Auschwitz, liberando 7.000 superstiti e recuperando grandi quantità di materiali appartenuti alle vittime, tra cui 368.820 abiti da uomo, 836.255 cappotti e vestiti da donna, 5.525 paia di scarpe da donna, 13.964 tappeti, molti abiti da bambino, sette tonnellate di capelli. Bilancio L'11 gennaio 1943 Hermann Höfle, collaboratore principale di Globocnik a Lublino, presentò un rapporto riassuntivo in codice, indirizzato al vice-comandante della polizia di sicurezza del Governatorato (il colonnello SS Franz Heim), dei risultati raggiunti fino a quel momento dalla Aktion Reinhard: l'ufficiale SS elencò il numero dei cosiddetti "arrivi registrati al 31 gennaio 1942"; in realtà si trattava di un consuntivo degli ebrei uccisi nei centri di distruzione con statistiche separate per i vari campi. Secondo questo documento in quattro campi di sterminio (Bełżec, Treblinka, Sobibór e Majdanek) erano stati uccisi non meno di 1,2 milioni di ebrei attraverso delle camere a gas che utilizzavano il monossido di carbonio. Dalla comunicazione di Höfle risultava che la maggior parte degli ebrei polacchi era stato ucciso a Bełżec (434.508) e a Treblinka(713.555), seguiti da Sobibór (101.370) e Majdanek (24.733). Il processo di distruzione nei centri di annientamento, che aveva quindi già sterminato buona parte degli ebrei del Governatorato, sarebbe continuato ancora fino al novembre 1944 quando venne disattivato Auschwitz-Birkenau; secondo Raul Hilberg, al termine circa 3 milioni di ebrei furono sterminati nei sei centri. A Chełmno, attiva dal dicembre 1941 al settembre 1942 e nuovamente per un breve periodo nel giugno-luglio 1944, furono uccisi 150.000 ebrei; a Bełżec da marzo a giugno 1942 e da ottobre 1942 a ottobre 1943, 550.000, a Sobibór nello stesso periodo furono sterminati 200.000 ebrei, a Treblinka da luglio 1942 a ottobre 1943 le vittime furono 750.000. Nel campo di lavoro e sterminio di Lublino (Majdanek) furono uccisi, nel periodo settembre 1942-settembre 1943 50.000 ebrei, mentre la macchina della distruzione raggiunse il culmine della sua efferata efficienza ad Auschwitz-Birkenau dove furono uccisi circa 1 milione di ebrei dal febbraio 1942 al novembre 1944. Elenco Alcuni famosi campi di sterminio, concentramento e lavoro del Terzo Reich. Campo di concentramento di Auschwitz. Campo di sterminio di Bełżec Campo di sterminio di Chełmno (in tedesco Kulmhof) Campo di concentramento di Majdanek Campo di sterminio di Maly Trostenets (in Bielorussia) Campo di sterminio di Sobibór Campo di sterminio di Treblinka Campo di concentramento della Risiera di San Sabba (in Italia, ma all'epoca sottoposto all'amministrazione tedesca "Zona d'operazioni del Litorale adriatico") Campo di concentramento di Mauthausen (in Austria) Campo di concentramento di Leopoli Subito dopo la fine della guerra – a causa dell'altissima mortalità riscontrata anche in altri campi di concentramento tedeschi – a tutti i campi di concentramento venne estesa la nomea di sterminio, ma col tempo il numero è stato ristretto solo a quei lager nei quali erano presenti delle installazioni specificamente ideate per l'eliminazione fisica degli internati. Per una panoramica completa si veda Lista dei campi di concentramento nazisti Condanna delle SS Il 30 settembre 1946, i giudici del tribunale del Processo di Norimberga condannarono le SS, dichiarandole un'organizzazione criminale. I giudici sottolinearono questa sentenza dichiarando che: "le SS vennero usate per scopi che erano criminali, che comprendevano: la persecuzione e lo sterminio degli ebrei, brutalità ed esecuzioni nei campi di concentramento, eccessi nell'amministrazione dei territori occupati, l'amministrazione del programma di lavoro schiavistico e il maltrattamento e assassinio di prigionieri di guerra". La sentenza continuava dichiarando che il sospetto di crimini di guerra avrebbe coinvolto tutte le persone "che erano state ufficialmente accettate come membri delle SS... che divennero o rimasero membri dell'organizzazione sapendo che veniva usata per commettere atti dichiarati criminali dall'articolo 6 dello statuto di Londra sui crimini di guerra". Campi della morte cambogiani "Killing Fields" (it. Campi di uccisione o campi di annientamento) è il nome con cui sono conosciuti i campi cambogiani del regime di Pol Pot, a causa dell'elevata mortalità, delle durissime condizioni di vita e delle finalità con cui fu condotto il genocidio, che non consisteva solo nell'eliminazione di ogni nemico politico ma anche nella riduzione della popolazione cambogiana tramite omicidi di massa. Nella famigerata S-21, luogo di internamento per i prigionieri politici, ora sede del museo del genocidio di Tuol Sleng, su 17.000 prigionieri sopravvissero solo 7 persone. Campi sovietici Il primo campo di detenzione per nemici politici utilizzato dai bolscevichi fu lo SLON sulle isole Soloveckie, aperto nel novembre 1923. Benché non fosse una struttura pensata per lo sterminio sistematico dei prigionieri, le morti per stenti e malattie erano numerose e vi furono occasionali fucilazioni di massa. A partire dal 1930 il regime sovietico iniziò la costruzione del sistema dei gulag, partendo dalla riconversione di strutture esistenti già in epoca zarista per la reclusione degli oppositori del regime, i katorga, in uno dei quali era stato prigioniero lo stesso Stalin. Malgrado un tasso elevato di decessi, che durante il secondo conflitto mondiale raggiunse il 24.9%, i campi sovietici non erano pianificati ed organizzati specificatamente per lo sterminio dei detenuti. Non ci sono documenti ufficiali che attestino la volontà di eliminare sistematicamente i prigionieri e il numero dei rilasciati supera ampiamente quello dei morti, nella misura complessiva di circa 10 a 1. Tra chi fece notare tale aspetto già prima delle conferme avute dalla desecretazione dei documenti dell'amministrazione dei gulag vi furono Primo Levi e studiosi come Domenico Losurdo, in polemica con Hannah Arendt e Avraham Shifrin, e contro le interpretazioni di Furet e Nolte. Le finalità dei campi ricadevano nella repressione dell'oppressione politica. I gulag erano dunque dei tradizionali campi di detenzione, che prevedevano una temporanea permanenza dei prigionieri, lavori retribuiti, assistenza medica, alimentazione. Note Bibliografia AA.VV., Il Terzo Reich. Macchina di morte, Hobby&Work, Cinisello Balsamo 1994, ISBN 88-7133-183-4 Eddy Bauer, Storia controversa della seconda guerra mondiale, vol. VII, De Agostini, Novara 1971 Christopher Browning, Le origini della soluzione finale, ilSaggiatore, Milano 2012, ISBN 978-88-565-0246-6 Enzo Collotti, La soluzione finale, Lo sterminio degli ebrei, Newton & Compton Editori, Roma 2005, ISBN 88-541-0493-0 Enzo Collotti, L'Europa nazista, Giunti editore, Firenze 2002, ISBN 88-09-01873-7 John Erickson, The road to Berlin, Cassell, London 2002, ISBN 0-304-36540-8 Raul Hilberg, La distruzione degli ebrei d'Europa, Einaudi, Torino 1999 ISBN 88-06-15191-6 Mark Mazower, L'impero di Hitler. Come i nazisti governavano l'Europa occupata, Mondadori, Milano 2010 ISBN 978-88-04-60467-9 Hans Mommsen, La soluzione finale. Come si è giunti allo sterminio degli ebrei, il Mulino, Bologna 2003 ISBN 88-15-09613-2 Voci correlate Arbeit macht frei Operazione Reinhard Giorno della Memoria Auschwitz Olocausto Soluzione finale Gulag Laogai Pol Pot Tuol Sleng Genocide Museum Altri progetti Collegamenti esterni Nazismo Campi di sterminio nazisti
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Conferenza di Jalta
La conferenza di Jalta fu un vertice tenutosi dal 4 all'11 febbraio 1945 presso Livadija, 3 km a ovest di Jalta, in Crimea, durante la Seconda guerra mondiale, nel quale i capi politici dei tre principali paesi Alleati presero alcune decisioni importanti sul proseguimento del conflitto, sull'assetto futuro della Polonia, e sull'istituzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. La conferenza era identificata nei documenti segreti con il nome in codice "Argonaut". I tre protagonisti furono Franklin Delano Roosevelt, Winston Churchill e Iosif Stalin, capi rispettivamente dei governi degli Stati Uniti d'America, del Regno Unito e dell'Unione Sovietica. La conferenza ebbe luogo in un momento in cui la situazione politico-strategica era fortemente favorevole all'Unione Sovietica, con l'Armata Rossa giunta a 80 chilometri da Berlino, dopo i successi dell'operazione Vistola-Oder, mentre gli Alleati occidentali, appena superata la crisi della battaglia delle Ardenne, si trovavano con le armate ancora ferme sul confine occidentale della Germania a oltre 700 chilometri dalla capitale tedesca; in Italia il fronte era bloccato da mesi sulla linea Gotica. Lo svolgimento della famosa conferenza e le decisioni politico-diplomatiche che furono raggiunte hanno dato luogo ad accese controversie in sede di analisi storiografica e di polemica politica internazionale. Per alcuni considerata l'origine della Guerra fredda e della divisione dell'Europa in blocchi contrapposti a causa soprattutto dell'aggressivo espansionismo sovietico, la conferenza di Jalta, secondo altri analisti, politici e storici rappresentò invece l'ultimo momento di leale collaborazione tra le tre grandi potenze vincitrici della seconda guerra mondiale, i cui risultati sarebbero stati vanificati soprattutto a causa di una serie di decisioni prese da parte occidentale, e di situazioni verificatesi nei mesi seguenti del 1945. Storia L'incontro si tenne in Crimea, nel Palazzo di Livadija, vecchia residenza estiva di Nicola II a Jalta, fra il 4 e l'11 febbraio 1945, pochi mesi prima della sconfitta della Germania nazista nel conflitto mondiale. Esso fu il secondo ed il più importante di una serie di tre incontri fra i massimi rappresentanti delle grandi potenze alleate, iniziati con la Conferenza di Teheran (28 novembre – 1º dicembre 1943) e conclusisi con la Conferenza di Potsdam (17 luglio-2 agosto 1945). Descrizione Nel dettaglio, gli accordi ufficialmente raggiunti a Jalta inclusero: una dichiarazione in cui si affermava che l'Europa era libera, e che invitava allo svolgimento di elezioni democratiche in tutti i territori liberati dal giogo nazista; la proposta di una conferenza (da tenere nell'aprile 1945 a San Francisco) in cui discutere l'istituzione di una nuova organizzazione mondiale, le Nazioni Unite (ONU); in particolare a Jalta si considerò l'istituzione del Consiglio di sicurezza; lo smembramento, il disarmo e la smilitarizzazione della Germania, visti come "prerequisiti per la pace futura"; lo smembramento (che prevedeva che USA, URSS, Regno Unito e Francia gestissero ciascuno una zona di occupazione) doveva essere provvisorio, ma si risolse nella divisione della Germania in Est e Ovest che finì solo nel 1990; furono fissate delle riparazioni dovute dalla Germania agli Alleati, nella misura di 22 miliardi di dollari; in Polonia si sarebbe dovuto insediare un "governo democratico provvisorio", che avrebbe dovuto condurre il paese a libere elezioni nel più breve tempo possibile; riguardo alla Jugoslavia, fu approvato l'accordo fra Tito e Šubašić (capo del governo monarchico in esilio), che prevedeva la fusione fra il governo comunista e quello in esilio; i sovietici avrebbero dichiarato guerra al Giappone entro tre mesi dalla sconfitta della Germania; in cambio avrebbero ricevuto la metà meridionale dell'isola di Sachalin, le isole Curili e avrebbero visti riconosciuti i loro "interessi" nei porti cinesi di Port Arthur e Dalian; tutti i prigionieri di guerra sovietici sarebbero stati rimandati in URSS, indipendentemente dalla loro volontà. Inoltre in Romania e Bulgaria furono insediate delle Commissioni Alleate per governare tali Paesi, appena sconfitti. Nella relazione finale venne inserito l'impegno a garantire che tutti i popoli potessero scegliere i propri governanti, impegno palesemente disatteso nei decenni successivi. La conferenza nella storiografia Gran parte delle decisioni prese a Jalta ebbero profonde ripercussioni sulla storia mondiale fino alla caduta dell'Unione Sovietica nel 1991. Per quanto, nei mesi immediatamente successivi, sovietici e anglo-americani avessero proseguito con successo la loro lotta comune contro la Germania nazista e l'Impero giapponese, molti storici hanno considerato la conferenza di Jalta il preludio della Guerra fredda. Ancora oggi, nei manuali di storia la conferenza di Jalta viene descritta come l'evento epocale in cui i tre leader mondiali si spartirono l'Europa in sfere d'influenza, benché fosse già chiaro, sulla base dell'andamento militare del conflitto, che l'Unione Sovietica sarebbe stata potenza dominante nell'Europa Orientale e Centrale. Tale stato di cose era stato deciso prima dalle vittorie sovietiche sui campi di battaglia del Fronte orientale nel 1942-1944, poi dall'incapacità o non volontà degli Alleati di aprire un reale secondo fronte fino allo sbarco in Normandia del giugno 1944. Altri studiosi invece ritengono che si debba far riferimento agli accordi raggiunti alla Conferenza di Teheran nel novembre 1943, cui seguirono quelli presi a Mosca nell'ottobre del 1944, come vero inizio della divisione del mondo in blocchi contrapposti Per Sergio Romano furono tre le ragioni che hanno creato il "mito di Jalta": Uno scritto del 1958 di Charles de Gaulle, che recita: La sovietizzazione dell'Europa Orientale non era che la conseguenza fatale di quanto era stato convenuto a Jalta. Il generale francese Charles de Gaulle fu profondamente irritato per non essere stato invitato a Jalta. Il partito repubblicano americano dell'epoca, per vocazione anti-rooseveltiano. In opposizione al Presidente degli Stati Uniti, questo partito sostenne che Franklin Delano Roosevelt abbia presenziato al vertice già stanco e malato, e quindi si sia lasciato convincere da Stalin a cedergli metà dell'Europa occidentale (metà del continente europeo costituiva l'URSS europea). La propensione dell'uomo a trovare sempre un unico fatto che spieghi tutto, un'unica causa degli eventi, quando invece «le vicende storiche sono il risultato di una molteplicità di fattori che sfuggono quasi sempre al loro controllo». Le valutazioni storiografiche sulla conferenza in Crimea sono state fin dall'epoca dei fatti ampiamente discordanti. Interpretazioni contrarie Il giornalista e storico italiano Indro Montanelli ha pesantemente criticato le conclusioni della conferenza di Jalta, accusando Roosevelt di aver lasciato che l'URSS estendesse la sua influenza all'Europa Orientale senza provare ad opporsi: Proseguiva: Montanelli concludeva con la seguente constatazione: Questa tesi storiografica è tuttora condivisa e articolata da altri storici, come il giornalista britannico Paul Johnson, e intellettuali di area conservatrice anglosassone, ad esempio Ann Coulter. Joachim Fest ha ugualmente criticato Roosevelt, Interpretazioni favorevoli A queste interpretazioni fortemente critiche dell'andamento e delle conclusioni della conferenza si contrappongono le valutazioni di altre correnti storiografiche. Lo storico belga Jacques Pauwels evidenzia in primo lungo che alla vigilia della conferenza la situazione strategica in Europa appariva estremamente favorevole all'Unione Sovietica. Con l'Armata Rossa a 80 chilometri da Berlino e gli anglo-americani ancora fermi sul confine tedesco occidentale, sembrava probabile che i sovietici avrebbero occupato in breve tempo non solo Berlino e il territorio tedesco orientale, ma addirittura l'intera Germania. Lo stesso generale Douglas MacArthur aveva previsto che l'Unione Sovietica avrebbe dominato l'intera Europa al termine della guerra. Secondo questa interpretazione quindi, i capi anglo-americani si recarono a Jalta non per mettere in discussione l'influenza sovietica in Europa orientale, ma soprattutto per scongiurare l'eventualità di dover cedere anche tutta la Germania; avendo ottenuto da Stalin assicurazioni sulla divisione della Germania in zone di occupazione e sull'assegnazione della parte più ricca del territorio tedesco agli occidentali, essi si ritennero molto soddisfatti e favorevolmente colpiti dalla ragionevolezza del dittatore sovietico. Stalin infatti non solo confermò il suo consenso alla divisione della Germania in zone di occupazione ma approvò anche il piano di zone separate dentro Berlino. Secondo lo storico belga, il dittatore sovietico fece queste concessioni perché consapevole della debolezza di fondo del suo paese stremato dalla lunga guerra e assolutamente non in grado di affrontare con le armi le potenze anglosassoni che peraltro avrebbero dato una nuova dimostrazione della loro potenza pochi giorni dopo con il bombardamento di Dresda. Stalin quindi verosimilmente arrestò i suoi carri armati a 80 chilometri da Berlino per non irritare gli occidentali e favorire una compensazione che garantisse all'Unione Sovietica l'obiettivo realistico di una sua sfera di influenza e sicurezza in Europa centro-orientale, rinunciando alla parte più ricca della Germania. Henry Kissinger, in: "L'arte della diplomazia", evidenzia come al momento dei fatti nei circoli politici e nell'opinione pubblica occidentale non ci fosse affatto preoccupazione per l'espansionismo sovietico; al contrario dopo la conferenza predominò un grande ottimismo, il presidente Roosevelt apparve pienamente soddisfatto ed espresse al Congresso la sua convinzione che fossero state poste le basi di un'era di "pace permanente" che avrebbe superato definitivamente i concetti diplomatici classici dell'equilibrio delle forze e delle sfere d'influenza. Paradossalmente la preoccupazione principale dei dirigenti statunitensi in questo periodo era che una malattia o un evento imprevisto accadesse a Stalin e privasse l'Unione Sovietica della sua guida. I dirigenti statunitensi erano sicuri di aver trovato in Stalin un "capo moderato", in grado di "comportarsi ragionevolmente" e che "non avrebbe creato complicazioni". Si temevano al contrario i cosiddetti "duri" del Cremlino che avrebbero potuto sostituire in futuro Stalin e dimostrarsi molto meno "ragionevoli". Andrea Graziosi afferma che il comportamento di Roosevelt è forse criticabile per la sua passiva accettazione delle richieste sovietiche riguardo all'Europa orientale e alla Polonia in particolare, ma lo storico evidenzia come la realtà concreta sul terreno, con l'Armata Rossa che occupava militarmente quei territori, rendesse problematico porre intralci all'azione di Stalin. La situazione in Europa era stata determinata dall'andamento della guerra e dal ruolo decisivo dell'Armata Rossa che dal 1941 al 1945 aveva svolto il ruolo preponderante nella lotta contro la Germania nazista. Mihail Geller e Aleksandr Nekrič ribadiscono che solo con la forza e un nuovo conflitto militare le potenze occidentali avrebbero potuto contendere i territori dell'Europa orientale che l'Armata Rossa aveva ormai saldamente occupato nel febbraio 1945. In questa situazione essi ritengono che Roosevelt realisticamente considerò preferibile consolidare la collaborazione con Stalin e l'Unione Sovietica per due scopi principali: garantire una pace permanente nel mondo del dopoguerra e ottenere l'aiuto sovietico nella guerra contro il Giappone. Il presidente statunitense sarebbe stato molto meno interessato alla sorte dei popoli orientali, per i quali egli peraltro, secondo lo storico statunitense John L. Harper, provava poca comprensione, essendo stati essi alleati della Germania nazista durante il conflitto. Roosevelt inoltre era anche poco propenso ad aiutare la Polonia, il cui comportamento egoistico prima del 1939 egli aveva criticato fortemente. Giuseppe Boffa, nella sua "Storia dell'Unione Sovietica", valuta in modo sostanzialmente positivo le conclusioni della conferenza di Jalta; egli afferma che le discussioni raggiunsero risultati concreti e consolidarono la "Grande Alleanza", permettendo di concludere vittoriosamente la guerra e distruggere definitivamente il Nazismo. Egli afferma inoltre che tutte e tre le grandi potenze, compresa l'Unione Sovietica, fecero importanti concessioni. In ultima analisi anche Boffa afferma che i risultati della conferenza rifletterono "i mutamenti reali e profondi che la guerra aveva provocato nei rapporti di forza mondiali". Giorgio Vitali, nella sua biografia di Roosevelt, cerca di chiarire il comportamento del presidente a Jalta; l'autore sottolinea come il principale interesse di Roosevelt risiedesse nella definizione dei caratteri della nuova Organizzazione delle Nazioni Unite in cui egli vedeva il pilastro su cui fondare e mantenere l'assoluta supremazia globale statunitense. Su questo argomento egli di fatto ottenne il consenso di Stalin che già in precedenza aveva approvato in linea di principio le decisioni di politica economica di Bretton Woods (Conferenza di Bretton Woods del 1°-22 luglio 1944) che sancivano concretamente il predominio planetario degli Stati Uniti attraverso il sistema monetario. Il secondo punto decisivo per Roosevelt era il concorso dell'Unione Sovietica alla guerra con il Giappone; privo di certezza sull'efficacia della bomba atomica, il presidente doveva affidarsi al parere dei suoi esperti militari, come il generale Douglas MacArthur, che ritenevano essenziale per limitare le perdite e affrettare la vittoria nel Pacifico, l'intervento in Manciuria di un grande esercito sovietico. In conclusione, secondo Vitali, Roosevelt si sarebbe comportato a Jalta in modo freddamente realistico: egli avrebbe mirato ad un mondo "equamente spartito fra due sole potenze egemoni, Stati Uniti e Unione Sovietica", in cui l'organizzazione delle Nazioni Unite e la schiacciante superiorità economica avrebbe garantito una pax americana; a questo scopo diveniva inutile accentuare i contrasti con i sovietici sull'Europa, liberata dai suoi "piccoli, barbari, dittatori", o assecondare il conservatorismo britannico, la cui politica colonialista Roosevelt aveva sempre aspramente criticato. Le scelte politiche e le azioni di Stalin nella conferenza sono state analizzate da molti autori; Gianni Rocca ritiene che il dittatore sovietico mirasse con assoluta priorità a garantire per un lungo periodo di tempo la sicurezza dell'Unione Sovietica, garantendosi un ampio territorio di influenza diretta sostenuto dai suoi eserciti; egli rinunciava in questo modo sia a intraprendere una lotta rivoluzionaria mondiale sia a rafforzare e perpetuare una solida alleanza con le potenze occidentali. Rocca afferma peraltro che Stalin non si sottrasse al clima amichevole tra i tre grandi e manifestò esplicitamente la speranza di un mantenimento della Grande Alleanza anche dopo la fine della guerra. L'autorevole storica statunitense Diane Shever Clemens, autrice di uno degli studi più completi ed equilibrati dedicati alla conferenza, afferma, in contrasto con le interpretazioni degli storici conservatori, che in realtà il cosiddetto "spirito di Jalta", messo rapidamente da parte dai politici anglosassoni, avrebbe potuto assicurare un periodo di pace e collaborazione amichevole tra le grandi potenze vincitrici della seconda guerra mondiale. La Clemens afferma nelle sue conclusioni che il mondo della Guerra fredda non fu una conseguenza di Jalta ma al contrario sorse in contrasto con le scelte politiche delineate nella conferenza in Crimea. L'autrice assegna la responsabilità di aver messo da parte lo "spirito di Jalta", soprattutto ai dirigenti politici anglo-americani; mentre nella conferenza Roosevelt, Churchill e i loro collaboratori ricercarono e in gran parte trovarono soluzioni di compromesso che salvaguardavano il prestigio e gli interessi dell'Unione Sovietica, assegnandogli il giusto riconoscimento per l'enorme contributo alla vittoria; successivamente i politici statunitensi rimisero in discussione le principali intese raggiunte. La Clemens afferma che furono gli statunitensi che nei mesi dopo Jalta cercarono di modificare le clausole sulle zone di occupazione in Germania, cambiarono il loro punto di vista sugli accordi raggiunti sulla Polonia, intralciarono e bloccarono gli accordi sulle riparazioni. Furono queste azioni politiche che, secondo la Clemens, indussero Stalin a sua volta a reagire con misure unilaterali. La Clemens conclude che Roosevelt e Churchill furono in grado a Jalta di mettere da parte atteggiamenti moralistici antisovietici e complessi di superiorità e quindi riuscirono per un breve momento a sviluppare una proficua cooperazione; abbandonando gli accordi di Jalta, i dirigenti statunitensi, temendo che i sovietici cercassero di avvantaggiarsi "a spese degli Stati Uniti", "formularono una previsione che fecero di tutto per realizzare". Note Bibliografia Fonti Approfondimenti Riedito come Voci correlate Conferenza di Casablanca Conferenza di Potsdam Conferenze degli Alleati durante la seconda guerra mondiale Altri progetti Collegamenti esterni Conferenze della seconda guerra mondiale Storia della Crimea Jalta
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Confucio
Fu il promotore di un pensiero originale, inedito nel panorama culturale cinese del VI-V secolo a.C.: il suo insegnamento può essere sintetizzato come "il tentativo di elaborare una concezione etica dell'uomo nella sua integralità e universalità", vale a dire che Confucio tentò di fornire una serie di indicazioni relativamente a quale sia il modo migliore in cui l'uomo può condurre la sua esistenza, tenendo conto di tutti gli aspetti più importanti della natura umana. Ciò comportò non soltanto l'individuazione e la ridefinizione del significato di che cosa possa significare di preciso "essere umani", ma anche la proposta da parte di Confucio di un nuovo modello per la realizzazione di sé, giudicato compatibile con l'edificazione di una comunità umana prospera e armoniosa. L'insegnamento di Confucio si è rivelato determinante per lo sviluppo del pensiero cinese: è lecito affermare che dopo la sua morte nessuna delle scuole di pensiero, delle correnti filosofiche e dei pensatori che si susseguirono in Cina poté prescindere dal confrontarsi con quella che si presenta come una vera e propria "figura fondatrice". Finché fu in vita Confucio poté contare su una discreta cerchia di discepoli, ma fu in particolare dopo la sua morte che i suoi insegnamenti attrassero una lunga serie di pensatori, letterati, studiosi, i quali approfondirono e rielaborarono i temi del suo insegnamento, dando vita a un movimento di pensiero che la storiografia cinese etichettò a posteriori come confucianesimo, una delle principali scuole filosofiche cinesi, assieme al legismo, al taoismo, al moismo e al Buddhismo Chán. L'insegnamento di Confucio ha avuto un grandissimo impatto sullo sviluppo della cultura, della storia e degli stili di vita di quei paesi asiatici in cui si diffuse, a partire dalla Cina per proseguire con la Corea, il Giappone e il Vietnam. Il principale testo di riferimento per avvicinarsi al pensiero di Confucio sono i Dialoghi (Lùnyǔ 論語), una raccolta di aforismi e frammenti attribuiti al Maestro che in realtà è il frutto della selezione operata dai suoi discepoli delle generazioni successive. Il pensiero confuciano fu introdotto in Europa nel XVII secolo ad opera dei gesuiti che nel corso delle prime missioni in Cina si impegnarono nello studio della lingua cinese e nella traduzione di alcune opere della letteratura cinese classica. Al loro lavoro si deve la prima latinizzazione del nome cinese in Confucius. Prospero Intorcetta, gesuita italiano trasferitosi in Cina nel 1659, fu tra i primi europei a tradurre l'opera di Confucio in latino e dopo appena tre anni pubblicò i suoi appunti relativi allo studio dei Quattro libri. Nomi Confucio alla nascita si chiamava 孔丘 (). 孔 è un nome di famiglia (l'equivalente del nostro cognome) piuttosto comune in Cina. Il suo nome di cortesia era 孔仲尼 (). In Cina è noto come 孔夫子 (, Wade Giles: K'ung fu-tzu) e 孔子 (, Wade-Giles: K'ung-tzu), alla lettera maestro Kong. I due suffissi che seguono il nome di famiglia sono un termine onorifico che si può infatti tradurre con "maestro", in segno di riverenza e rispetto. Il termine latino Confucius è la forma latinizzata di Kong Fuzi, pronuncia approssimativa dei caratteri 孔夫子 utilizzata all'epoca delle prime missioni gesuite in Cina. Il primo utilizzo documentato di questo termine latino risale al 1687, anno in cui vengono date alle stampe le traduzioni latine di alcuni classici della tradizione confuciana. Da allora questa forma latina si impose nei paesi occidentali, finendo per diventare di uso comune ancora oggi. I nomi postumi più famosi attribuiti a Confucio nel corso della storia cinese sono: 褒成宣尼公 (), il primo nome postumo [I secolo d.C.) 至聖先師 (, ), oppure separatamente 至聖 (, ) e 先師 (, ); 萬世師表 (, ). Biografia Confucio visse in Cina nell'ultima parte del Periodo delle primavere e degli autunni (781 a.C.–477 a.C.), un'epoca di anarchia, d'instabilità politica e di diffusa corruzione, dominata dalle guerre tra stati feudali, che – senza soluzione di continuità – si trascinerà nell'epoca successiva, il Periodo dei regni combattenti (453 a.C.-221 a.C.), che culminerà con l'unificazione della Cina sotto un unico sovrano. Secondo la tradizione, Confucio nacque nello Stato di Lu (ora parte dell'odierna provincia di Shandong) il 3 dicembre del 551 a.C., durante il Periodo delle primavere e degli autunni. In quest'epoca si situa anche l'inizio del movimento filosofico delle Cento scuole di pensiero. Sempre secondo la biografia tradizionale, riportata da Sima Qian nelle sue Memorie di uno storico, il padre di Confucio, Shuliang He, apparteneva ad una famiglia nobile impoverita discendente dalla dinastia Shang e aveva sposato a sessantacinque anni, in seconde nozze, una fanciulla di quindici anni, Yan Zhengzai. Un matrimonio del genere, secondo le consuetudini dell'epoca, era da considerarsi un'unione illecita (yěhé 野合). Secondo alcune leggende tardive, la nascita di Confucio fu accompagnata da eventi straordinari (il neonato fu visitato da dragoni ed esseri divini e si sentì una musica celestiale), ma tali leggende sono respinte dai confuciani ortodossi, di tendenze razionaliste. Confucio perse il padre all'età di tre anni, e fu allevato dalla madre, che riuscì ad assicurargli un'istruzione anche se la famiglia viveva in povertà. Non ci sono notizie certe sulla vita di Confucio. La sua ascesa sociale lo pone nell'ambito della classe emergente Shì (士), a metà tra la vecchia nobiltà e la gente comune, alla quale, come Confucio, appartenevano uomini di talento ma di origini modeste che cercavano di raggiungere una posizione elevata grazie alle proprie doti intellettuali. Egli stesso, riferiscono i Dialoghi, vantava le sue umili origini che lo avrebbero spinto a sviluppare le sue capacità.. Molto della vita del filosofo è pervenuto dalla raccolta postuma dei "Detti di Confucio", redatta dai suoi discepoli attorno al 411 a.C. – 404 a.C., seppure la datazione della compilazione è tuttora discussa. In tale opera è esposto il pensiero filosofico – morale, così come si illustrano i precetti dettati dal maestro. Infine, vari capitoli trattano della vita privata di Confucio. Si legge che dettò i suoi pensieri ai suoi discepoli molto avanti negli anni (capitolo 7.5), che era moderato e parco (capitolo 7.16), che seguiva una vita molto appartata e modesta preferendo la campagna alla città (capitolo 7.19), che digiunava spesso e volentieri (capitolo 7.13) e mangiava procacciandosi il cibo da sé e cucinandolo di persona (capitolo 7.27), che amava insegnare non ricevendo compenso ma unicamente qualche piccola offerta in natura (capitolo 7.29), che la scuola attirava molti adepti fino a diventare elitaria (capitolo 8.9) e molto additata ad esempio di educazione (capitoli 8.13 - 8.17), ma che al contempo dava fastidio ai potenti che emarginarono il maestro e la scuola perché davano fastidio (capitolo 9.2), tanto che dovettero fuggire ed il maestro stesso rischiò la vita (capitoli 9.5 e 11.23), che furono costretti a ripiegare su umili e miseri mestieri pur di vivere (capitoli 9.6 - 9.7), che vissero per un certo periodo in esilio fuori dalla Cina (capitolo 9.14), ma anche che la scuola divenne negli ultimi tempi assai interessante per le autorità di diversi stati feudali in cui al tempo la Cina era suddivisa (capitolo 11.7) e che il maestro nell'ultima decade di vita divenne ambasciatore e rispettato uomo di corte (capitoli 10,2 - 10.4; capitoli 10.15 - 10.20), nonostante la morte del figlio Li (capitolo 11.8) e dell'allievo prediletto Yan Hui (capitoli 11.7 - 11.11) ed il tradimento dell'allievo Rau Qin (capitolo 11.17). Anche molti dei suoi allievi –vi si legge – fecero carriera sia durante la vita del maestro, che dopo la sua dipartita (capitoli 11.24 - 11.25). Secondo Mencio (370 a.C. – 289 a.C.), Confucio si sarebbe occupato dell'amministrazione di negozi e di pascoli e bestiame, Probabilmente svolse compiti amministrativi per il governatore della provincia. Sima Qian riferisce che dopo i cinquant'anni Confucio divenne ministro della giustizia del duca di Lu, ma fu in seguito costretto a dimettersi ed andare in esilio. Iniziò quindi un lungo viaggio attraverso gli Stati di Wei, Song, cercando impiego presso i governanti come consigliere. Tornato nello Stato di Lu, trascorse gli ultimi anni dedicandosi agli studi e all'insegnamento, circondato da un numero crescente di discepoli. Morì secondo la tradizione il 14 marzo del 479 a.C. Insegnamenti La visione di Confucio si fondava sui principi di un'etica individuale e sociale basata sul senso di rettitudine e giustizia (), sull'importanza dell'armonia () nelle relazioni sociali, codificate secondo precise norme etiche e rituali () mutuate dalla tradizione culturale dell'antichità. L'osservanza di tali norme consente di disciplinare le relazioni umane e garantisce l'ordine sociale mediante il rispetto delle gerarchie familiari e sociali. Grande importanza viene data ai sentimenti di lealtà () ed empatia nei confronti del prossimo, all'apprendimento inteso come percorso di studio, pratica e riflessione, e alla messa in pratica delle conoscenze apprese per il miglioramento di sé e della comunità umana. Confucio non ha lasciato opere scritte di suo pugno. Il suo insegnamento è raccolto nei Dialoghi, una raccolta di frammenti di conversazioni, aneddoti e insegnamenti che hanno come protagonista il Maestro stesso e alcuni dei suoi primi discepoli. Questi episodi, con ogni probabilità inizialmente tramandati solo in forma orale, sono stati messi per iscritto dai discepoli delle generazioni successive, fino a prendere l'assetto definitivo e costituire il libro noto ancora oggi come I Dialoghi di Confucio (che si può far risalire con certezza perlomeno al III secolo a.C). Il testo dei dialoghi è costellato di enunciazioni di principi morali, esempi di buona condotta, brevi aneddoti e dialoghi composti di poche battute. Confucio non proponeva un insegnamento sistematico, ma invitava i suoi discepoli a riflettere profondamente su se stessi e sul mondo, approfondendo la conoscenza del passato da cui trarre insegnamento tramite lo studio degli antichi testi. Egli si presentava come un "messaggero che nulla ha inventato", il cui compito è quello di trasmettere la sapienza degli antichi. Grande importanza è data allo studio: il primo frammento con cui inizia il libro si apre proprio col carattere cinese che indica lo studio, xué (cinese semplificato: 学, cinese tradizionale: 學). Proprio l'amore per lo studio e la volontà di migliorarsi sono gli unici requisiti che Confucio pone agli altri per divenire suoi discepoli. Questa apertura dell'insegnamento a chiunque, senza distinzioni di classe o di reddito, è uno dei motivi per cui in Cina egli è noto come il primo "Maestro" della tradizione cinese (inteso nel senso stretto di insegnante). È d'obbligo precisare che sebbene di famiglia non più ricca, Confucio apparteneva comunque alla piccola nobiltà, e il suo insegnamento era orientato alla formazione di futuri uomini di potere. Ciò non toglie che nei termini in cui il Maestro lo espresse, il suo pensiero fosse formalmente aperto a tutti, non solo ai figli della nobiltà. Confucio proponeva ai suoi discepoli un cammino di perfezionamento della propria persona, un percorso di miglioramento delle proprie qualità morali e umane, al fine di imparare a condurre la propria vita in maniera corretta e virtuosa, imparando a comportarsi in maniera opportuna in qualunque situazione, mettendo in pratica in ogni momento gli ideali di giustizia e rettitudine che secondo Confucio sono le qualità peculiari che distinguono l'uomo da tutti gli altri esseri viventi. Il modello che Confucio proponeva è quello dell'uomo virtuoso, il jūnzi (, talvolta tradotto come "uomo superiore". Al tempo di Confucio questo termine indicava esclusivamente la nobiltà di sangue, ma egli ne trasformò il significato, rendendolo sinonimo di nobiltà d'animo). Questo termine indica l'ideale confuciano dell'uomo che ha raggiunto la perfetta padronanza di tutte le norme di condotta che regolano la propria vita personale e sociale, che sa come comportarsi in ogni situazione, conosce il giusto modo di comportarsi e di prestare il dovuto rispetto nei confronti delle persone che gli sono intorno, andando dai familiari più stretti sino al sovrano in persona. L'insegnamento di Confucio non è di tipo sistematico: ciò significa che il maestro non procede a partire dalla definizione di principi filosofici o morali (sebbene nei dialoghi a più riprese i discepoli chiedano a Confucio delle definizioni esplicite dei concetti di cui egli si serviva quali mansuetudine, rettitudine, benevolenza, - domande cui il Maestro risponde ogni volta eludendo la richiesta di una definizione univoca), ma preferisce invece proporre dei modelli di comportamento. L'insegnamento di Confucio fa perno sull'esempio. Il Maestro fa l'esempio di se stesso, ma invita i discepoli a guardare molto più indietro nel tempo e a ispirarsi ai grandi saggi e re del passato, figure mitiche della tradizione cinese: maestosi re, fondatori di dinastie, ecc. Secondo Confucio sarebbero queste figure storiche (nell'ottica in cui le vede la tradizione cinese esse sono "storiche", ma si tratta spesso di figure ammantate di un'aura mitica, come i fondatori della dinastia Zhou) che incarnano gli ideali di virtù e corretta condotta, esempi da seguire a cui rifarsi per ritrovare un cammino degno dell'uomo. Secondo Confucio, sebbene i grandi del passato siano morti da secoli, le loro gesta rimangono fedelmente immortalate nelle pagine dei testi classici della tradizione cinese. Essi sono il luogo d'eccellenza su cui deve avvenire la formazione dell'uomo virtuoso. Per avere accesso a questi testi, il passaggio fondamentale e indispensabile diviene quello dello studio. Da qui l'enfasi confuciana per l'apprendimento, inteso come un processo di formazione culturale e morale, che passa per l'accesso alla letteratura della grande tradizione cinese e che si deve compiere nella messa in pratica quotidiana delle norme morali assimilate ispirandosi agli episodi della vita dei re e saggi del passato. Il rapporto con la tradizione e il passato (intesi in chiave storica e culturale) è un elemento chiave nel pensiero di Confucio, e uno dei motivi per cui si attribuisce al Maestro stesso l'opera di canonizzazione dei testi classici della tradizione cinese. Ciò significa che alcuni di quelli che sono oggi considerati Classici del pensiero cinese di epoca pre-imperiale sarebbero rimasti tali proprio grazie al fatto che Confucio stesso li indicò come testi di importanza capitale per la formazione culturale e morale dell'uomo. La tradizione ha attribuito a Confucio l'edizione e la cura dei Cinque Classici, ma non esiste certezza documentale che permetta di ricollegare direttamente l'intervento di Confucio su alcuno di questi testi, alcuni dei quali sono comunque direttamente citati dal Maestro nei Dialoghi. La messa in pratica delle qualità morali apprese attraverso lo studio coincide con l'impegno a condurre virtuosamente la propria esistenza, investendo di quest'aura morale tutte le proprie relazioni umane. In questo modo la virtù () si può diffondere per cerchi concentrici, prima nella cerchia ristretta dei propri familiari più intimi, e poi a distanza crescente, fino a includere l'intera comunità umana. In sostanza, si tratta di porre le proprie virtù e qualità morali e umane al servizio della collettività, per garantire il miglioramento e l'armonizzazione delle relazioni tra tutti i suoi componenti, secondo le norme rituali codificate dalla tradizione. Da qui si capisce come questo modello che vede l'intellettuale porsi al servizio della comunità umana potrà diventare l'elemento chiave per la formazione culturale e morale e la definizione del ruolo e dello scopo di un intero ceto di funzionari, burocrati e amministratori durante i successivi secoli delle dinastie imperiali. Secondo Confucio, il sovrano che avesse saputo conformare la propria condotta alle qualità morali tramandate dalla tradizione, si sarebbe posto nell'alveo dei grandi re del passato, e avrebbe saputo unificare sotto il proprio trono i vari popoli ricorrendo non alla forza delle armi, ma alla potenza della virtù che sarebbe irradiata dalla sua stessa persona, e che avrebbe portato le popolazioni a seguirlo spontaneamente in quanto espressione vivente di un modello di virtù e benevolenza, capace di garantire prosperità al suo popolo. Secondo Confucio questa sarebbe stata la vera soluzione allo stato di guerra permanente che imperversava durante il periodo dei Regni Combattenti. Per esprimere questa sua convinzione egli si servì del concetto di Mandato del cielo (天命 pinyin: Tiānmìng), termine che indica il fatto che chi si trova sul trono imperiale è ivi seduto in quanto gode del favore del cielo, e che eventuali cacciate di dinastie e insediamenti di nuovi sovrani vanno letti a posteriori come l'espressione del venir meno del favore del Cielo nei confronti della dinastia sconfitta, e la nuova approvazione del Cielo nei confronti di quella vittoriosa. In passato ci si era serviti di questo termine per indicare il diritto di una dinastia al mantenimento del potere su base ereditaria, salvo che essa non venisse spodestata con la forza da una forza esterna. Al contrario, l'interpretazione confuciana del Mandato del cielo era innovativa, poiché egli pensava ad un trono sul quale si sarebbero succeduti sovrani scelti sulla base della loro statura morale, non della parentela di sangue, capaci di diffondere la virtù fra il popolo senza il bisogno di leggi dure e restrittive. Come è noto, il pensiero di Confucio non godette di molto riconoscimento e successo nell'ambito delle corti feudali nell'epoca in cui visse il Maestro, ma divenne un elemento sempre più importante nel panorama culturale cinese con il passare dei secoli, specie dopo la fondazione della dinastia Han. Il pensiero confuciano Durante la dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.) il pensiero di matrice confuciana godette di una considerazione assai preminente rispetto ai pensatori le cui dottrine esprimevano temi legisti o taoisti, al punto che durante il regno dell'imperatore Wu lo studio dei Classici ricevette un grande impulso. Sotto l'impulso di illustri interpreti dell'originale pensiero di Confucio, quali furono Mencio e Mozi, si assistette allo sviluppo di una vera e propria corrente di pensiero, dotata di un corpus canonico di testi di riferimento, che si arricchirono nel corso dei secoli di decine e decine di eruditi commentari. Gli imperatori Cinesi si avvalsero del pensiero confuciano per costruire una ideologia funzionale alla gestione dello stato imperiale: i precetti e i testi del Confucianesimo divennero il fondamento ideologico comune di intere generazioni di burocrati e funzionari imperiali, e la sua concezione dei rapporti tra sudditi e sovrano, e più in generale tra l'uomo colto e la comunità in cui egli si trova ad operare, influenzarono profondamente l'intera società cinese. Dopo alcuni secoli, Confucio stesso venne divinizzato, e gli vennero tributati onori e riti sacrificali. Discepoli Confucio ebbe molti discepoli e seguaci, in Cina e in Estremo Oriente. I discepoli di Confucio e il suo unico nipote, Zi Si, assicurarono continuità agli insegnamenti filosofici del maestro dopo la sua morte. Pur basandosi sul pensiero etico e politico confuciano, due dei suoi seguaci più celebri, Mencio (IV secolo a.C.) e Xunzi (III secolo a.C.) ne enfatizzarono aspetti radicalmente diversi tra loro, anche sulla questione dell'autoritarismo. Durante la dinastia Song, Zhu Xi (1130-1200) rinnovò il confucianesimo con idee mutuate dal taoismo e dal buddhismo. Il rinnovamento operato da Zhu Xi divenne in seguito un'ortodossia incontestata. Solo con l'avvento della Repubblica popolare cinese si è abolito l'insegnamento dei Quattro Libri e dei Cinque Classici confuciani. Genealogia e discendenti L'albero genealogico della famiglia Kong è tra i più lunghi del mondo, e tuttora Confucio avrebbe dei discendenti, circa 2 milioni di persone che vanterebbero successione da lui. La successione generazionale di padre in figlio sarebbe stata registrata fin dalla morte di Confucio: stando ai risultati dell'agenzia che tiene traccia della discendenza della famiglia Kong, nel 2015 si sarebbe giunti alla 83sima generazione dopo Confucio. Appartenenti alla famiglia Kong vivono ancora oggi a Qufu, sua città natale, ma molti rami sono sparsi per altre provincie della Cina o in altri stati quali la Corea del Sud. Un importante ramo della famiglia Kong è emigrato a Taiwan dopo le vicende della guerra civile cinese. Edizioni in lingua italiana dei testi confuciani Non abbiamo testi scritti da Confucio, ma solo frammenti e citazioni tramandati dalle generazioni successive di confuciani e canonizzati nel XII secolo da Zhu Xi nei Quattro Libri. Il grande studio. La via della perfezione, prima versione in lingua italiana di G. B. Salerno, Milano-Firenze, Vallardi, 1907. I dialoghi di Confucio (Lun Yü), tradotti sul testo cinese e corredati d'introduzione e di note a cura di Alberto Castellani, Firenze, Sansoni, 1924. Il Libro delle sentenze di Confucio, a cura di p. Luigi Magnani, Parma, Istituto missioni estere, 1927. Ta S'Eu Dai Gaku. Studio integrale, versione italiana di Ezra Pound e di Alberto Luchini, Rapallo, Scuola Tipografica Orfanotrofio Emiliani, 1942. Testamento, versione italiana di Ezra Pound e di Alberto Luchini, Venezia, Casa Ed. Delle Edizioni Popolari, 1944. Confucio e Mencio. I quattro libri, La grande scienza, Il giusto mezzo, Il libro dei dialoghi, prima traduzione italiana [dal cinese] di Luciana Magrini-Spreafico, Milano, F.lli Bocca, 1945. Massime, Milano, Scalini di Grigna, 1947. Confucio. Studio integrale et l'asse che non vacilla, versione e commento di Ezra Pound, Milano, All'insegna del Pesce d'oro, 1955. Pensieri morali di Confucio, trad. italiana dalla francese di René Bremond a cura di Giuliana Canzani, Milano, Corticelli, 1955. La grande scienza; Il giusto mezzo; I dialoghi, trad. dal cinese di Stanislao Lokuang, Milano, Ist. culturale italo-cinese, 1956. Pensieri, Roma, La Sfinge, 1956. I colloqui; Gli studi superiori; Il costante mezzo, traduzione di Rosanna Pilone, Milano, Rizzoli, 1968. Testi confuciani, traduzione dal cinese di Fausto Tomassini, Torino, Unione tipografico-editrice torinese, 1974. I dialoghi, traduzione dal cinese e note di Fausto Tomassini, Milano, Biblioteca universale Rizzoli, 1975. Primavera e autunno, traduzione dal cinese e introduzione di Fausto Tomassini, Milano, Rizzoli, 1984. ISBN 88-17-33269-0. Dialoghi, a cura di Anne Cheng, traduzione di Claudio Lamparelli, Milano, A. Mondadori, 1989. ISBN 88-04-32463-5. I dialoghi, introduzione, traduzione e note di Edoarda Masi, Milano, Rizzoli, 1989. ISBN 88-17-12043-X. Opere, a cura di Fausto Tomassini, Torino, TEA, 1989. ISBN 88-7819-096-9. [Contiene: La pietà filiale, Il grande studio, L'invariabile mezzo, I dialoghi] Il costante mezzo e altre massime. Perle di un'antica saggezza, versione e presentazione di Francesco Franconeri, Sommacampagna, Demetra, 1993. ISBN 88-7122-372-1. Un Manuale per Uomini Superiori. Il LUn Yu di Confucio di Chow Yin Fong e Angelo Paratico, Books & Boots, Hong Kong, 1989. La via dell'uomo. Ricette di saggezza per la vita quotidiana, a cura di Piero Corradini, Milano, Feltrinelli, 1993. ISBN 88-07-82090-0. I dialoghi, traduzione dal francese di Claudio Lamparelli, Milano, A. Mondadori, 1994. ISBN 88-04-38635-5. Io non creo, tramando. I dialoghi, traduzione di Giulia Martini, Vimercate, La spiga, 1994. ISBN 88-7100-440-X. Piccolo libro di istruzioni confuciano, traduzione di Fausto Tomassini, Parma, Guanda, 1994. ISBN 88-7746-756-8. La saggezza di Confucio. Il meglio della dottrina confuciana e dell'autentico I ching. Un compendio di saggezza e di etica, cura, introduzione e traduzione dal cinese a cura di Thomas Cleary, traduzione italiana di Enrico Groppali, Milano, A. Mondadori, 1994. ISBN 88-04-39292-4. Breviario, a cura di Gabriele Mandel, Milano, Rusconi, 1995. ISBN 88-18-12148-0. Massime, a cura di Paolo Santangelo, Roma, TEN, 1995. ISBN 88-7983-518-1. La grande dottrina; Il giusto mezzo, a cura di Leonardo Vittorio Arena, Milano, Biblioteca universale Rizzoli, 1996. ISBN 88-17-15249-8. I dialoghi; La grande dottrina; Il giusto mezzo, Milano, Fabbri, 1998. Confucius, Kong Fu Zi, Kong Fu Tseu, nuova traduzione di Frédérick Leboyer, traduzione di Giusy Valent, Milano, Luni, 2001. ISBN 88-7984-090-8. Dialoghi, traduzione e cura di Tiziana Lippiello, Torino, Einaudi, 2003. ISBN 88-06-16608-5. I detti di Confucio, a cura di Simon Leys, edizione italiana a cura di Carlo Laurenti, Milano, Adelphi, 2006. ISBN 88-459-2045-3. 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Fingarette, H., Confucio: il sacro nel secolare, traduzione e cura di A. Andreini, Vicenza, Neri Pozza, 2000, ISBN 88-7305-758-6. Defu Guo, Painting Biography of Confucius, biografia illustrata, Publishing House of Jinan, 2014, ISBN 978-7548813293. Scarpari, M., Il confucianesimo. I fondamenti e i testi, Torino, Einaudi, 2010, ISBN 978-88-06-20117-3. Van Norden, B.W. (a cura di), Confucius and the Analects: New Essays, New York, Oxford University Press, 2001, ISBN 0-19-513396-X. Voci correlate Aforisma Annali delle primavere e degli autunni Arte confuciana Cinque Classici Confucianesimo Dialoghi (Confucio) Grande Studio Istituto Confucio: Letteratura cinese classica Libro dei mutamenti Libro dei riti Nascite miracolose Quattro Libri (confucianesimo) Periodo assiale Shijing Shujing Altri progetti Collegamenti esterni Morti l'11 aprile Aforisti cinesi Confucianesimo Filosofi della politica Scrittori cinesi
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Cabala (esoterismo)
La Cabala esoterica, o Cabala ermetica (cabala: letteralmente "tradizione", "ricevimento" o "rendiconto"), nella tradizione culturale occidentale rappresenta il punto di incontro principe per tutti i rami dell'esperienza esoterica ed iniziatica: magia, occultismo, gnosi, orfismo, ecc. Prende spunto dall'approccio esoterico della cabala ebraica per poi, nei risvolti dell'odierno occultismo, uscire dai confini essenzialmente religiosi di quell'esperienza. Il pensiero cabalistico costituisce la filosofia basilare e la struttura sottesa alle società magiche come l'Ordine Ermetico dell'Alba Dorata, gli ordini thelemici, le società mistico-religiose come la Compagnia dei Rosacroce, ed è un precursore dei movimenti neopagani, Wicca e New Age. La Cabala ermetica è il fondamento della Qabalah Qliphotica studiata dagli ordini del sentiero sinistrorso, come il Typhonian Ordo Templi Orientis. La Cabala ermetica occulta nacque insieme alla corrente cabalistica cristiana del Rinascimento europeo, diversificandosi in Cabala esoterica cristiana, non-cristiana, o anti-cristiana a seconda delle varie scuole dell'era moderna. Si basa su un gran numero di influenze, in particolare: Cabala ebraica, astrologia occidentale, alchimia, religioni pagane soprattutto egiziane e greco-romane (da cui il termine "ermetica"), neoplatonismo, gnosticismo, il sistema enochiano di magia angelica prodotto da John Dee e Edward Kelley, ermetismo, tantra e simbolismo dei tarocchi. La cabala ermetica differisce dalla forma ebraica nell'essere più dichiaratamente un sistema sincretico, tuttavia condivide molti concetti con la Cabala ebraica. L'interesse odierno per la Cabala esoterica è causato dai suoi sottili riferimenti psicologici che, secondo gli appassionati, ne fanno un ottimo strumento di riflessione e indagine dell'animo umano, addirittura paragonato per potenza alla mitologia greca. Insegnamenti Concetto di divinità Un interesse primario della Cabala ermetica è la natura della divinità, fondato su un concetto che è alquanto differente da quello presentato dalle religioni monoteiste; in particolare non c'è quella rigorosa separazione tra divinità e umanità che esiste invece nel monoteismo. La Cabala ermetica si attiene al concetto neoplatonico che l'universo manifesto, di cui fa parte la creazione materiale, sorse da una serie di emanazioni della deità. Tali emanazioni furono generate da tre stati preliminari che si considera abbiano preceduto la manifestazione. Il primo è lo stato di nullità completa, noto come Ein (, "nulla"); il secondo stato, considerato una "concentrazione"di Ein, è Ein Soph (אין סוף, "senza limiti, infinito"); il terzo stato, prodotto da un "movimento" di Ein Soph, è Ein Soph Or (אין סוף אור, "luce illimitata"), ed è da questo splendore iniziale che si origina la prima emanazione della creazione. Le Sefirot nella Cabala esoterica Le emanazioni della creazione generate da Ain Suph Aur sono dieci e si chiamano Sephiroth (סְפִירוֹת, sing. Sephirah סְפִירָה, "enumerazione"). Queste sono concettualizzate alquanto diversamente da quelle presenti nella Cabala ebraica. Da Ain Suph Aur si cristallizza Kether, prima sephirah dell'albero della vita ermetico. Da Kether emanano a turno il resto delle Sephirot: Kether (1), Chokhmah (2), Binah (3), Daat, Chessed (4), Ghevurah (5), Tiferet (6), Nezach (7), Hod (8), Yessod (9), Malkuth (10). A Daat non viene assegnato un numero poiché è considerata parte di Binah o sephirah nascosta. Ogni sephirah è considerata emanazione dell'energia divina (spesso descritta come "la luce divina") che scaturisce dall'immanifesto, attraverso Kether nella manifestazione. Questo flusso di luce è indicato dal lampo mostrato dai diagrammi dell'albero sefirotico e che attraversa in turno ciascuna sephirah secondo la rispettiva numerazione. Ogni sephirah è un nesso di energia divina e ciascuna ha un certo numero di qualità, che permettono al cabalista di comprendere le caratteristiche di ogni specifica sephirah. Il modo di attribuire le diverse qualità a ciascuna sephirah è una delle differenze che contraddistingue la natura della Cabala esoterica dalle altre. Ad esempio, alla sephirah Hod vengono attribuite gloria, intelligenza perfetta, gli otto del mazzo dei tarocchi, il pianeta Mercurio, il dio egizio Thot, l'arcangelo Michele, il dio romano Mercurio e l'elemento alchemico Mercurio. Il principio generale implicito è che il cabalista mediterà su tutte queste attribuzioni e tramite esse acquisirà una comprensione del carattere della sephirah, incluse tutte le sue corrispondenze. Tarot ed Albero della vita I cabalisti esoterici considerano le carte dei tarocchi come chiavi per accedere all'Albero della Vita. Le 22 carte, compresi i ventuno arcani più il Matto o Zero, sono spesso chiamate i "Trionfi" o "Grandi Misteri" ("Arcani maggiori") e sono viste come corrispondenti alle ventidue lettere ebraiche ed i ventidue sentieri dell'Albero; dall'asso al dieci in ogni seme corrispondono le dieci Sephiroth nei cinque mondi cabalistici; e le sedici carte di corte riguardano gli elementi classici presenti in quattro dei cinque mondi (il quinto mondo primordiale, Adam Qadmon, è spesso escluso a causa della sua trascendenza). Mentre le Sephiroth descrivono la natura della divinità, i percorsi tra di loro descrivono i modi per conoscere il Divino. Storia Origini della Cabala esoterica La visione tradizionalista ebraica delle origini della Cabala ebraica la considera come uno sviluppo intrinseco dall'interno della religione ebraica, espressa attraverso una terminologia sincretica presa dal neoplatonismo medievale ebraico. Studiosi contemporanei della mistica ebraica hanno rivalutato la teoria di Gershom Scholem secondo la quale la nuova dottrina della Cabala Medievale assimilò una precedente versione ebraica dello gnosticismo; Moshe Idel invece ha ipotizzato una continuità storica di sviluppo a partire dal primo misticismo ebraico. In contrasto, gli ermetici hanno formulato opinioni differenti circa le origini della Cabala. Alcuni autori vedono tali origini non nel misticismo ebraico, o nello gnosticismo egizio, ma in una tradizione occidentale che si origina dalla Grecia classica con radici culturali indoeuropee, in seguito adottate da mistici ebrei. Secondo tale opinione, la "Cabala ermetica-esoterica" sarebbe la Cabala originale, sebbene la parola stessa sia ebraica, precedente alla Cabala ebraica o alla Cabala cristiana: in parallelo al processo storico di conversione al cristianesimo dei pagani, i circoli mistici ebraici furono in grado di incorporare la ghematria e l'Albero della Vita nei propri concetti e nella struttura monoteistica senza quasi sollevare diffidenze. I cristiani invece vennero perseguitati proprio per lo stesso processo, poiché simile al loro panenteismo politeistico precristiano. Con il Rinascimento, il cristianesimo avrebbe riscoperto questa "sapienza" nell'ebraismo. Occultismo rinascimentale La Cabala ebraica venne assorbita dalla tradizione ermetica perlomeno nel XV secolo quando Giovanni Pico della Mirandola promosse un mondo sincretico combinando platonismo, neoplatonismo, aristotelismo, ermetismo e Cabala. Heinrich Cornelius Agrippa (1486–1535), mago tedesco, scrittore occulto, teologo, astrologo ed alchimista, scrisse l'influente De Occulta Philosophia libri III, incorporando la Cabala nella sua teoria e pratica della magia occidentale. Contribuì molto alla visione rinascimentale del rapporto della magia rituale col cristianesimo. Il sincretismo ermetico di Pico fu ulteriormente sviluppato da Athanasius Kircher, prete gesuita, eclettico ermetista, che scrisse estensivamente in materia nel 1652, aggiungendo nella miscela altri elementi come l'Orfismo e la mitologia egizia. Società esoteriche illuministiche Una volta che l'ermetismo non fu più approvato dalla Chiesa cristiana, divenne clandestino e si formarono numerose confraternite ermetiche. Con l'età della ragione illuminista ed il suo scetticismo per la religione tradizionale, la tradizione della Cabala cristiana exoterico-teologica diminuì, mentre nella tradizione misterica occidentale fiorì la Cabala ermetica esoterica-occulta. La Cabala non ebraica, a differenza della censura mainstream della corrente magica da parte della Cabala ebraica, divenne una componente centrale dell'occultismo occidentale, del paranormale e della divinazione. Il Rosicrucianesimo e le branche esoteriche della frammassoneria insegnavano filosofie religiose, Cabala e magia divina in fasi progressive di iniziazione. I loro insegnamenti esoterici e la struttura delle società segrete, con un corpo esterno governato da un livello interno di adepti, ispirò il formato delle organizzazioni esoteriche moderne. Revival magico Il Romanticismo post-illuminista incoraggiò l'interesse sociale nell'occultismo, di cui faceva parte la narrativa cabalistica ermetica. Il libro intitolato The Magus (1801) di Francis Barrett, manuale di magia cerimoniale, ottenne poco successo finché arrivò ad influenzare l'entusiasta francese Eliphas Lévi (1810-1875). I suoi fantasiosi abbellimenti letterari di invocazioni magiche presentarono il cabalismo come sinonimo sia della cosiddetta magia bianca sia della cosiddetta magia nera. Le innovazioni di Lévi inclusero l'attribuzione delle lettere ebraiche alle carte dei Tarocchi, formulando così un legame tra magia occidentale ed esoterismo ebraico, rimasto da allora fondamentale nella magia occidentale. Lévi ebbe un impatto profondo sul contenuto magico dell'Ordine Ermetico dell'Alba Dorata (Golden Dawn). Grazie agli occultisti che si ispirano a lui (tra cui Aleister Crowley, che si considerava la reincarnazione di Lévi) Lévi viene ricordato come uno dei fondatori della rinascita della magia nel XX secolo. Ordine Ermetico dell'Alba Dorata La Cabala ermetica fu estensivamente sviluppata dall'Ordine Ermetico dell'Alba Dorata (orig. ingl. Hermetic Order of the Golden Dawn), Nell'ambito della Golden Dawn, la fusione dei principi cabalistici come le dieci Sephirot con le divinità greche ed egizie fu reso più coesivo ed esteso a comprendere altri sistemi come quello enochiano della magia angelica di John Dee e certi concetti orientali (particolarmente quelli indù e buddhisti), tutti nel contesto di una struttura di ordine massonico o rosicruciano. Aleister Crowley, che appartenne alla Golden Dawn prima di formare i suoi ordini magici personali, è l'esponente più noto della Magia Ermetica o "Magick" come preferiva chiamarla. Il libro di Crowley, Liber 777, dà una chiara idea del più vasto approccio ermetico. È una serie di tabelle di corrispondenze relative alle varie parti di magia cerimoniale e di religione occidentale e orientale rispetto ai trentadue numeri che rappresentano le dieci sfere (Sephirot) più i ventidue percorsi dell'Albero cabalistico della vita. La natura panenteistica dei cabalisti ermetici vi risulta evidente, poiché basta consultare la relativa tabella per vedere che Chessed (, "Misericordia") corrisponde a Giove, Iside, il colore blu, Poseidone, Brahmā e ametista. Crowley diede la seguente definizione di Cabala: Dopo la Golden Dawn Molti dei rituali della Golden Dawn furono pubblicati da Crowley, alterati in vari modi per allinearli al suo approccio magicko New Aeon. Israel Regardie successivamente compilò le forme più tradizionali di tali rituali e le pubblicò come libri. Dion Fortune, un'adepta di Alpha et Omega (una propaggine di Golden Dawn), che poi fondò la Fraternity of the Inner Light (Fraternità della Luce Interiore) scrisse il libro fondazionale The Mystical Qabalah, ampiamente considerato uno delle migliori introduzioni generali alla Cabala ermetica moderna. Paul Foster Case (1884–1954) fu un occultista americano e autore di libri influenti sui tarocchi occulti e la Cabala. Fondò la scuola misterica Builders of the Adytum ("B.O.T.A."), basata sull'Hermetic Order of the Golden Dawn e sul sistema della loggia massonica blu, in seguito ampliata dall'occultista Ann Davies (1912–1975). B.O.T.A. insegna psicologia esoterica, tarocchi occulti, Cabala ermetica, astrologia e meditazione. Pat Zalewski è uno studente dell'occultista Jack Taylor, che a sua volta fu discepolo di Robert Felkin (1853–1926) della scuola Golden Dawn praticata in Nuova Zelanda, dopo che Felkin vi emigrò. Zalewski ha pubblicato numerosi libri sulla Cabala ermetica e la tradizione dell'Alba Dorata. Samael Aun Weor (1917-1977) ha scritto importanti opere che discutono della Cabala nell'ambito di varie religioni, come quella egizia, pagana e centroamericana, specialmente nel suo libro The Initiatic Path in the Arcana of Tarot and Kabbalah. Influenza nei media La cantante Madonna, che in passato si era definita cattolica, si è convertita nei primi anni 2000 a una forma di cabalismo, convertendo al suo credo anche diversi altri membri del jet set statunitense, fra cui Demi Moore, Britney Spears, Gwyneth Paltrow e Ariana Grande. Note Bibliografia Robert Ambelain, La Cabala Operativa, Grampus Publishing, 2018. Gian Piero Abbate, La mia Qabalah, J&J 2007 Paul A. Clark, The Hermetic Qabalah, Fraternity of the Hidden Light 1999. Dion Fortune, The Mystical Qabalah, Aziloth Books 2012 Lon Milo DuQuette,The Chicken Qabalah of Rabbi Lamed Ben Clifford: Dilettante's Guide to What You Do and Do Not Need to Know to Become a Qabalist, Weiser Books 2001. John Michael Greer, Paths of Wisdom: A Guide to the Magical Cabala, Thoth Publications 2007. Moshe Idel, Qabbalah. Nuove prospettive, Milano, Adelphi 2010. Israel Regardie, A Garden of Pomegranates: Skrying on the Tree of Life, Llewellyn Publications 1995. Kocku von Stuckrad (cur.), Kabbalah and Modernity: Interpretations, Transformations, Adaptations, Leiden, Brill 2010. Voci correlate Abracadabra Albero della vita (cabala) Cabala ebraica Cabala pratica Esoterismo Esoterismo occidentale Ghematria Lettura dei tarocchi Metatron Misticismo ebraico Occulto Rosacroce Sephirot Shemhamphorasch Taumaturgia Teosofia Teurgia Altri progetti Collegamenti esterni La mia Qabalah - Viaggio attraverso un triennio d'incontri domenicali, appunti del corso tenuto a Milano e a Pordenone da Abbate Gian Piero La Cabala e il dipinto Las Meninas di Diego Velázquez Sondaggio dell'occultismo nel Rinascimento "Hermetic Kabbalah", un sito della Cabala ermetica Antropologia religiosa Esoterismo Pseudoscienza Cabala Numerologia
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Copyright
Il copyright (termine di lingua inglese che letteralmente significa "diritto di copia") è un termine che identifica il diritto d'autore nei paesi di common law, dal quale però differisce sotto vari aspetti. Ciononostante, il termine viene comunemente usato anche per indicare genericamente la normativa sul diritto d'autore degli ordinamenti di civil law. È solitamente abbreviato con il simbolo ©. Quando tale simbolo non è utilizzabile si riproduce con la lettera "c" posta tra parentesi: (c) o (C). In base alla Convenzione di Berna è stata introdotta la regola della durata più breve. Storia Le prime norme sul diritto di copia (copy right) furono emanate nel XVI secolo dalla monarchia inglese al fine di operare un controllo sulle opere pubblicate nel territorio nazionale. Col diffondersi dei primi torchi tipografici, infatti, fu ampliata enormemente la diffusione fra la popolazione di scritti e volumi di ogni argomento e genere. Il governo, poiché la censura era all'epoca una funzione amministrativa legittima come la gestione della sicurezza pubblica, avvertì il bisogno di controllare e autorizzare la libera circolazione delle opinioni. Ragion per cui fondò una corporazione privata di censori, la «London Company of Stationers» (Corporazione dei librai e stampatori di Londra), i cui profitti sarebbero dipesi da quanto fosse stato efficace il loro lavoro di censura filo-governativa. Va ricordato che però già il 19 marzo 1474 a Venezia ai Provveditori de Comun fu assegnato il compito di sovrintendere alla registrazione di brevetti. Agli Stationers (categoria che comprende librai e stampatori) furono concessi i diritti di copia (copy right, appunto) su ogni stampa, con valenza retroattiva anche per le opere pubblicate precedentemente. La concessione prevedeva il diritto esclusivo di stampa e quello di poter ricercare e confiscare le stampe e i libri non autorizzati, finanche di bruciare quelli stampati illegalmente. Ogni opera, per essere stampata, doveva essere registrata nel Registro della corporazione, registrazione che era effettuabile solamente dopo un attento vaglio da parte del Censore della corona o dopo la censura degli stessi editori. La corporazione degli editori esercitava perciò a tutti gli effetti funzioni di polizia privata, dedita al profitto e controllata da parte del governo. Ogni nuova opera veniva annotata nel registro della corporazione sotto il nome di uno dei membri della corporazione il quale ne acquisiva il copyright, ovvero il diritto esclusivo sugli altri editori di pubblicarla; una corte risolveva le eventuali dispute fra membri. Il diritto sulle copie (copyright), perciò, nasce come diritto specifico dell'editore, diritto sul quale il reale autore non può quindi recriminare alcunché né guadagnare di conseguenza. Nel successivo secolo e mezzo la corporazione dei censori inglesi generò benefici per il governo e per gli editori: per il governo, esercitando un potere di controllo sulla libera diffusione delle opinioni e delle informazioni; per gli editori, traendo profitto dal proprio monopolio di vendita. Sul finire del XVII secolo, però, l'imporsi di idee liberali nella società frenò le tradizionali politiche censorie e causò una graduale fine del monopolio delle caste editrici. Temendo una liberalizzazione della stampa e la concorrenza da parte di stampatori indipendenti e autori, gli editori fecero valere la propria moral suasion sul Parlamento. Basandosi sull'assunto che gli autori non disponessero dei mezzi per distribuire e stampare le proprie opere (attività all'epoca assai costosa e quindi riservata a pochi), mantennero tutti i privilegi acquisiti in passato con un'astuzia: attribuire ai veri autori diritti di proprietà sulle opere prodotte, ma con la clausola che questa proprietà potesse essere trasferita ad altri tramite contratto. Di lì in poi gli editori non avrebbero più generato profitto dalla censura sulle opere, ma semplicemente dal trasferimento dei diritti firmato (più o meno volontariamente) dagli autori, trasferimento in ogni caso necessario per l'altrimenti troppo costosa pubblicazione delle opere. Su queste basi, nel 1710 venne perciò emanata la prima norma moderna sul copyright: lo Statuto di Anna (Statute of Anna). A partire dallo Statuto di Anna, gli autori, che fino ad allora non avevano detenuto alcun diritto di proprietà, ottennero in sostanza il (tutto sommato vacuo) potere di bloccare la diffusione delle proprie opere, mentre la corporazione degli editori incrementò i profitti grazie alla cessione, sostanzialmente obbligatoria per ottenere stampa e distribuzione, da parte degli autori dei vari diritti sulle opere. Il rafforzamento successivo dei diritti d'autore su pressione delle corporazioni, generò gradualmente il declino di altre forme di sostentamento per gli autori (come il patronato, la sovvenzione, ecc.), legando e sottoponendo indissolubilmente il sostentamento dell'autore al profitto dell'editore. Nel corso dei successivi due secoli anche la Francia, la Repubblica Cisalpina, il Regno d'Italia, il Regno delle Due Sicilie e il resto d'Europa emanarono legislazioni per l'istituzione del copyright (o del diritto d'autore). nel 1836, il codice civile albertino per la Sardegna. nel 1840, il 22 dicembre, il decreto di Maria Luigia, per il Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla. nel 1865, il 25 giugno, nel Regno d'Italia, con legge 2337. Talune con ispirazioni maggiormente illuministe e democratiche rispetto a quella anglosassone, pur tuttavia con la medesima radice. Nel 1886, il 9 settembre, per coordinare i rapporti in questo campo di tutti i paesi iscritti fu costituita l'Unione internazionale di Berna, ancora oggi operante. Nel XX secolo il diffondersi delle memorie di massa (come videocassette e musicassette) e dei riproduttori ha reso assai difficile la tutela del copyright come tradizionalmente inteso, e creato nuovi spazi per gli autori. A tal proposito nel 1976 la Disney e gli Universal Studios intentarono una causa legale contro Sony, poiché avrebbe favorito la libera diffusione di opere in violazione del copyright. Successivamente il diffondersi del personal computer e di internet, ha sottratto uno dei cardini alla base del copyright in senso classico: ovvero il costo e la difficoltà di riprodurre e diffondere sul territorio le opere, aspetti fino ad allora gestiti dalla corporazione degli editori dietro congruo compenso o cessione dei diritti da parte degli autori. Il primo episodio con eco internazionale, si è avuto a cavallo fra il XX e il XXI secolo con il cosiddetto caso Napster, uno dei primi sistemi di condivisione gratuita di file musicali, oggetto di enorme successo a cavallo del millennio. La chiusura di Napster, avvenuta nel 2002 e generata dalle denunce degli editori, che vedevano nel sistema un concorrente ai propri profitti, non ha risolto se non per breve tempo gli attriti. Nuovi programmi di file sharing gratuito sono sorti rimpiazzando l'originale Napster e vanificando gli scopi della chiusura. Secondo gli operatori del mercato dell'intrattenimento, una costante diminuzione delle vendite di cd musicali è scaturita dalla diffusione di questi sistemi e dalla progressiva obsolescenza della precedente tecnologia, obsolescenza dovuta principalmente all'eccessivo costo d'acquisto di materiale originale. Ciò avrebbe danneggiato principalmente il sistema corporativo e ingessato dell'industria discografica; vi sono, tuttavia, autorevoli studi che sostengono il contrario. Il file sharing (scambio e condivisione di file) di materiale protetto dal copyright, si è sviluppato e diffuso con l'imporsi delle tecnologie informatiche e del web, e in particolar modo grazie al sistema del peer-to-peer. La velocità di questa diffusione e sviluppo, ha reso difficile per il diritto industriale internazionale aggiornarsi con la medesima prontezza. Molti analisti internazionali accusano infatti la presenza di vuoti normativi non omogeneamente colmati. Ted Nelson nella sua opera Literary machines del 1981, introduce il progetto "Xanadu" nel quale è contenuto il concetto di transcopyright. Il transcopyright è legato alla possibilità di includere in un proprio lavoro collegamenti e riferimenti attraverso dei micro-pagamenti in base ai quali verranno pagati gli editori dell'opera citata e verranno citati gli autori originali, in modo da preservare anche i diritti morali d'autore; inoltre Nelson afferma che questa soluzione potrà venire utilizzata non solo per i testi, ma anche per progetti improntati su audio o video. Il transcopyright si basa su una licenza che si differenzia dalle licenze open source in base al fatto che un contenuto redatto con il transcopyright non è concepito per essere poi ridistribuito e modificato. Questa idea, in generale, non è stata ben accolta, sia perché difficile da implementare, sia perché molti insistono che i contenuti debbano essere liberi e gratuiti, come accade, per esempio, con Wikipedia. Considerazioni generali Deroghe ai diritti per pubblica utilità La proprietà intellettuale può essere oggetto di "esproprio" per fini di pubblica utilità che prevalgono sull'interesse del privato. In un caso del genere rientra la distruzione o lo spostamento ad altro sito di un'opera d'arte anche contemporanea, per realizzare un'autostrada o una ferrovia; oppure la produzione di un farmaco che è troppo costoso acquistare dal legittimo produttore, non riconoscendo validità al brevetto sul territorio nazionale e non pagando il copyright allo scopritore in deroga a un brevetto internazionale depositato all'estero (si tratta della importazione forzata e registrazione parallela). La definizione di pubblica utilità, per quanto ampia e discrezionale, solitamente riguarda prodotti tangibili, non la fruizione di servizi, come potrebbe essere un intrattenimento musicale. Disciplina giuridica e diritto A sostegno di una disciplina giuridica dei brevetti sorgono una serie di considerazioni in particolare nel settore delle arti. Le arti (scultura, pittura, ecc.) sono considerate un fattore di crescita della società e del cittadino, cui tutti hanno diritto di accesso in base a un diritto all'istruzione e di un diritto, da questo indipendente, alla fruizione della bellezza, quale bisogno dell'uomo, poiché la legge non deve limitarsi a garantire il soddisfacimento delle necessità primarie della persona, ma la possibilità di una sua completa realizzazione. Altri sostengono che l'arte non è mai il prodotto di un singolo individuo, e che non è quantificabile il contributo e le influenze che qualunque artista ha avuto, anche in modo inconsapevole, da altri artisti e uomini comuni, passati e contemporanei, e il debito dell'autore nei loro confronti. In questo senso, l'opera è prodotto e proprietà di una società e di un'epoca, più che di un individuo e dei suoi eredi. Il principio di un diritto collettivo alla fruizione della bellezza e all'apprendimento dall'arte, nelle loro opere originali sono state idee che portarono nel Settecento alla nascita dei primi musei che erano concepiti come il luogo in cui l'arte veniva valorizzata e doveva essere conservata, piuttosto che all'interno di collezioni private gelosamente custodite. Pure per la musica, per quanto sia un'arte non "tangibile", alcune considerazioni spingono per un diritto d'accesso collettivo che può esserci solo a titolo gratuito o comunque a basso costo: il fatto che la musica è cultura e i cittadini hanno diritto d'accesso ai livelli più alti dell'istruzione, il diritto allo studio nei conservatori che richiedono spese notevoli per lo strumento e il materiale didattico musicale, la bellezza come bene comune e valore apartitico. Durata ed ereditarietà del copyright La normativa prevede una durata del copyright limitata nel tempo e variabile significativamente a seconda della categoria merceologica tutelata (medicinali, brani musicali, software, ecc.). Il periodo di copyright dovrebbe consentire di avere un adeguato margine di guadagno e di recuperare i costi che precedono l'entrata in produzione e la distribuzione del prodotto. In linea di principio la durata è proporzionale ai costi da remunerare. Tuttavia non sempre la proporzione viene rispettata. Per esempio un brano musicale ha una durata di copyright di 70 anni mentre per un medicinale, che ha costi di ricerca e sviluppo assai maggiori, la durata brevettuale è di 20 anni a cui si aggiunge un periodo massimo di 5 anni garantito dal certificato complementare di protezione - SPC-. Storicamente la morte dell'autore causava l'estinzione del copyright. In seguito, il diritto d'autore è passato agli eredi del soggetto e quindi la durata prevista dalla legge è prescrittiva (30/70 anni in ogni caso). È stata modificata anche la distribuzione dei margini: all'editore tocca talvolta più dell'autore, talora più del 50% (a fronte di un equo margine che per un intermediario è generalmente intorno al 20%). Dibattito sulle pene per la violazione del copyright Nelle legislazioni internazionali è frequente una tendenza all'equiparazione fra la violazione del copyright e il reato di furto. Esiste un dibattito non solo sull'entità delle pene che una simile equiparazione comporta, ma anche sulla reale opportunità di accomunare i due tipi di reato. L'equiparazione al furto comporta infatti un considerevole inasprimento delle pene. Analogo dibattito investe il rispetto del proporzionalismo fra le pene rispetto alla gravità del reato. Il plagio, infatti, prevede pene inferiori al furto (sebbene l'utilizzo commerciale sia un'aggravante nella violazione di copyright). In sostanza, chi copia e vende opere in forma identica all'originale commette un reato punito molto più severamente del plagio, ovvero di chi apporta lievi modifiche e si appropria di una qualche paternità sull'opera, traendone profitto. La Proposta di Direttiva sul diritto d'autore nel mercato unico digitale La relazione di accompagnamento alla Proposta di Direttiva 2016/0280 (COM/2016/0593 final) del 14 settembre 2016 si base sul potere dell'UE "di adottare misure aventi per oggetto l'instaurazione e il funzionamento del mercato interno", secondo l'articolo 114 del TFUE. La Proposta determina "eccezioni e le limitazioni al diritto d’autore e ai diritti connessi sono armonizzate a livello UE", Il potere di introduzione e di adeguamento degli Stati membri, in generale derivante dal principio di sussidiarietà per la loro competenza concorrente con il diritto dell'Unione europea, è limitato invocando "la natura transfrontaliera delle questioni individuate". Le deroghe, eccezioni e limitazioni al diritto d'autore sono previste: considerazioni introduttiva (5): la ricerca "scientifica", l'insegnamento e la conservazione del patrimonio culturale le eccezioni e le limitazioni attualmente vigenti nel diritto dell'Unione, previste nelle direttive 96/9/CE e 2001/29/CE considerazione introduttiva (9): atti di estrazione di testo e di dati, oggetto di incertezza giuridica perché possono essere esclusi dalle condizioni delle licenze (sia in abbonamento, che ad accesso aperto), anche per i ricercatori. considerazioni introduttiva (11): gli "organismi di ricerca" (di cui all'art. 2) senza scopo di lucro, ovvero destinatari di finanziamenti e contratti con la pubblica amministrazione, purché indipendenti dalla proprietà e gestione di imprese commerciali. Aspetti controversi e iniziative di protesta All'art. 12, la Proposta di Direttiva prevede che gli Stati membri possano ampliare la tutela economica degli autori, anche in caso di cessione o trasferimento "parziali" dei propri diritti mediante licenza. Se la licenza contiene una qualche eccezione o limitazione del diritto, essa è definita come una base giuridica sufficiente per l'autore al fine di ottenere "una quota del compenso previsto compenso in virtù di un'eccezione o di una limitazione al diritto trasferito o concesso mediante licenza" (art. 12). All'art. 13, la Proposta di Direttiva prevede l'introduzione di "tecnologie efficaci per il riconoscimento dei contenuti", adeguate e proporzionate al loro fine legittimo. La misura riguarda non soltanto il rispetto di un quantitativo massimo di parole o parti citabili dell'opera, ma la completa esclusione di "talune opere o altro materiale identificati dai titolari dei diritti mediante la collaborazione con gli stessi prestatori [che] siano messi a disposizione sui loro servizi". I prestatori di servizi concludono accordi con i titolari dei diritto, informano sull'attivazione, funzionamento e sul riconoscimento e l’utilizzo delle opere e altro materiale (art. 13)). Nell'ottobre 2016 è stata promossa una petizione web, per richiedere la riforma della legge europea sul diritto d'autore, con particolare riferimento ai meme. Questi ultimi sono stati considerati tecnicamente fuori legge in molti Stati europei; l'iniziativa è sostenuta, tra gli altri, da Mozilla. Critiche Particolari critiche sono mosse nei confronti del caricamento di contenuti su piattaforme Internet e dello scambio digitale di opere originali, si discute infatti degli aspetti del copyright del download e dello streaming, degli aspetti del copyright del collegamento ipertestuale e del framing. Le preoccupazioni sono spesso espresse nel linguaggio dei diritti digitali, della libertà digitale, dei diritti sui database, dei dati aperti o della censura. Alcuni suggeriscono un sistema di compensazione alternativo. In Europa i consumatori si stanno opponendo all'aumento dei costi di musica, film e libri, e di conseguenza sono stati creati Pirate Party. Alcuni gruppi rifiutano del tutto il copyright, assumendo una posizione anti-copyright. L'incapacità percepita di far rispettare il copyright online porta alcuni a sostenere l'ignoranza degli statuti legali quando si è sul web. Azioni legali famose Nel 2008 gli eredi di Chet Baker hanno fatto causa contro le major discografiche (Sony BMG, EMI Music, Universal Music e Warner Music) per violazione del copyright. A loro dopo poco si sono aggiunti altri artisti fino ad arrivare a una class action. Le case discografiche sfruttavano commercialmente i brani senza pagare i diritti agli autori dichiarando, semplicemente, che non era possibile rintracciarli, compresi artisti come Bruce Springsteen. Un altro caso eclatante di violazione del copyright, che ha interessato anche l'Italia, è quello che ruota intorno al caso Rojadirecta, la piattaforma di eventi sportivi trasmessi in streaming fondato dallo spagnolo Igor Seoane. Nonostante l'arresto del 2016 a carico di Seoane, dopo una battaglia giudiziaria che lo ha visto contrapposto a Google, Mediaset e alla magistratura spagnola, oggi Rojadirecta è di nuovo funzionante. Nel mondo Nei Paesi del Common Law (Regno Unito, Australia, Nuova Zelanda, Singapore) l'attenuazione alla rigidità del copyright è regolata dal fair dealing, che esenta le attività didattiche e altre ipotesi dall'usuale normativa. Paesi che applicano il copyright A livello internazionale, il diritto d'autore è riconosciuto dai 177 paesi firmatari della Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche. Ai sensi della Convenzione di Berna, la durata tipica della protezione del diritto d'autore è di 50 anni dalla data di pubblicazione. Questa è una media: le leggi nazionali sono generalmente più lunghe di questo periodo. Il concetto di uso corretto limita in alcuni casi la portata del diritto d'autore al fine di garantire l'equilibrio tra la protezione delle opere e il diritto del pubblico all'informazione. Italia In Italia la fonte normativa principale è la legge 22 aprile 1941, n. 633. La pretesa della SIAE di richiedere compensi per diritto d'autore anche per le attività didattiche è stata oggetto di un'interrogazione parlamentare del senatore Mauro Bulgarelli, che ha chiesto di valutare l'opportunità di estendere anche in Italia il fair use. Stati Uniti d'America Negli Stati Uniti la legislazione in materia di copyright è contenuta nel Titolo 17 dello United States Code. Le violazioni di copyright sono pertanto considerate reato federale e possono comportare, in sede civile, multe fino a 100.000$. Negli USA un'opera, anche incompiuta, si realizza quando è fisicamente su un supporto. Dall'adesione degli Stati Uniti alla Convenzione di Berna nel 1989, la registrazione di opere straniere presso il Copyright Office non è più necessaria per beneficiare della tutela giuridica, ma resta possibile agevolare la prova dei propri diritti. Il titolare del copyright ha il diritto esclusivo di riprodurre o comunicare le opere e di autorizzare la creazione di opere derivate. Un diritto morale, compreso il diritto di paternità e il diritto al rispetto dell'integrità delle creazioni, è concesso solo agli artisti visivi. La durata del diritto d'autore dipende dalla natura dell'opera e dalla sua data di pubblicazione. D'ora in poi, ogni opera realizzata beneficia di una tutela post mortem di 70 anni se il titolare è una persona fisica. Ai sensi del Sonny Bono Copyright Term Extension Act, le aziende godono di 95 anni di protezione dalla pubblicazione o 120 anni dalla creazione, a seconda di quale sia più lungo. Tuttavia la legge statunitense prevede il concetto di fair use, che lascia ampi spazi per la riproduzione di opere con scopi didattici o scientifici. Giappone Nel 2010, la legge sul copyright rivista in Giappone, la cosiddetta illegalizzazione dei download ha iniziato a essere implementata e i download illegali sono stati classificati come reati, con l'eccezione del fatto che il caricamento illegale continua a essere illegale. Tuttavia, la legge non impone alcuna penalità per il download illegale. La legge non include download illegali diversi da musica e video. Non è un reato guardare video streaming come YouTube. Alla fine di gennaio, un sondaggio ha mostrato che i download illegali in Giappone sono stati ridotti del 60%. A metà febbraio, il sondaggio di Oricon ha mostrato che i giapponesi avevano una conoscenza del 51,6% della legge e il 12,1% ha dichiarato che avrebbe continuato a scaricare illegalmente. Repubblica Popolare della Cina Nella Cina continentale, il termine copyright è solitamente usato in documenti legali e il copyright è generalmente definito copyright. Il governo ha anche un ufficio nazionale per il copyright e l'Ufficio Nazionale del Copyright non è affiliato all'Ufficio Proprietà Intellettuale dello Stato. Tutte le opere di cittadini cinesi, persone giuridiche o unità prive di personalità godono del diritto d'autore indipendentemente dal fatto che siano pubblicate o meno, i lavori degli stranieri vengono pubblicati per la prima volta in Cina e anche i diritti d'autore sono concessi ai sensi della legge sul copyright; l'accordo con la Cina o il trattato internazionale che partecipa all'accordo gode del diritto d'autore. In Cina, le opere protette dal diritto d'autore si riferiscono a realizzazioni intellettuali che sono originali nei campi della letteratura, dell'arte e della scienza e possono essere riprodotte in qualche forma tangibile. Un'opera conforme alle condizioni della protezione del copyright è solitamente una creazione intellettuale che può essere espressa in una forma di riproduzione materiale, pertanto non è esclusa la protezione di un lavoro orale non fissato da un vettore tangibile. Piuttosto che richiedere che il lavoro sia fissato su un vettore tangibile, come nel caso della legge anglo-americana. Unione Europea La direttiva IPRED Anche l'originaria direttiva conteneva, in fase di presentazione, norme penali, che erano state omesse per riuscire a ottenere l'approvazione entro il 1º maggio 2004. Il Parlamento europeo ha votato, in seduta plenaria, la relazione che accoglie la proposta della Commissione, ma nello stesso tempo propone una serie di emendamenti. Con uno, in particolare, sulla base del fair use, prima esistente solo nel diritto americano, si stabilisce che la riproduzione in copie o su supporto audio o con qualsiasi altro mezzo a fini di critica, recensione, informazione, insegnamento, compresa la produzione di copie multiple per l'uso in classe, studio o ricerca, «non sia qualificato come reato». La direttiva IPRED2 Il Parlamento di Strasburgo nell'aprile del 2007 ha approvato il testo di una nuova direttiva, che mira a modificare la direttiva 2004/48/EC sui diritti di proprietà intellettuale. Poiché è la seconda direttiva sull'argomento, ha preso il nome di IPRED2. La Direttiva IPRED2, detta "IP Enforcement" cioè "rafforzamento della proprietà intellettuale", è stata recepita in Italia nel maggio del 2007 e introduce diverse misure a maggiore tutela dei detentori di diritti d'autore. In particolare obbliga gli Internet Service Provider a fornire i dati personali degli utenti in caso di contestazione da parte dei detentori dei diritti. Si tratta di rivelare i nominativi o i numeri telefonici corrispondenti agli indirizzi IP rilevati da società specializzate nelle intercettazioni su reti P2P. L'obbligo in precedenza valeva solamente rispetto a interventi delle forze dell'ordine o di pubblica autorità. La Direttiva riconosce implicitamente un valore probatorio alla rilevazione degli indirizzi IP. La Link Tax e la Censorship Machine Nel giugno 2018 il Parlamento Europeo discute la promulgazione di una direttiva, in cui si pone l'accento sul frequente utilizzo di link che rimandano a pagine di quotidiani e giornali e sulla diffusione di immagini protette da copyright; i due articoli più discussi della direttiva, in particolare, sono gli articoli 11 e 13, definiti rispettivamente Link-Tax e Censorship Machine. Il primo mira a contrastare i cosiddetti snippet, termine solitamente legato all'ambito tecnico informatico, e qui stante a indicare quei piccoli estratti di un articolo di giornale o di un qualunque contenuto editoriale più generico, talora corredati di una foto interna allo stesso, che appaiono al momento della condivisione del link al contenuto su un qualunque social o sito internet; ciò costituirebbe una violazione del copyright, e sarebbe quindi necessario che colui il quale condivide il link richiedesse una licenza dall'editore dell'articolo per poter condividere l'articolo, pagando un compenso. Il secondo parla di copyright in maniera più generale, e prevederebbe l'inserimento di appositi algoritmi in grado di valutare preventivamente qualsiasi contenuto caricato in rete, verificarne la liceità in termini di violazione del copyright ed, eventualmente, procedere alla rimozione del contenuto; ciò mette a rischio anche i meme, nei quali molto spesso si fa utilizzo indebito di materiale fotografico coperto da copyright. Questa proposta di direttiva ha generato critiche e scetticismo diffusi; in particolare Julia Reda, relatrice per l'assemblea di Strasburgo del dossier sulla riforma del copyright, europarlamentare del Partito Pirata tedesco, fra le problematiche più evidenti ha evidenziato come le probabilità di successo su larga scala della direttiva siano ridotte (riferendosi a tentativi di applicazione di questa legge in Germania e Spagna, poi naufragati), come il collegamento ipertestuale e lo stesso linking siano messi a rischio su ogni tipo di sito, come questa direttiva limiti in un certo senso la libertà d'espressione e accesso all'informazione, come aumenti la possibilità che le fake news si diffondano (non potendo avere un'anteprima della notizia più dettagliata, la condivisione "alla cieca" sarebbe più diffusa), come questo scoraggi le startup e i piccoli editori in questo settore e come questa direttiva sia in conflitto con la Convenzione di Berna. In Italia sono state espresse critiche specialmente dal Ministro del Lavoro Luigi di Maio, che ne sostiene l'anacronismo e l'arretratezza. Il Copyleft Nel 1984, Richard Stallman e la Free Software Foundation svilupparono un meccanismo originato dal copyright, specifico per la gestione dei diritti sulla proprietà dei software. Utilizzando un doppio senso della lingua inglese, in cui "right" significa sia "diritto", sia "destra", denominarono questo meccanismo copyleft: "left" significa sia "lasciato" sia "sinistra", a sottolineare una filosofia opposta a quella del copyright. Questo principio è stato ampiamente applicato nell'ambito del software libero. Note Bibliografia Borghi e Montagnani, "Proprietà digitale. Diritti d'autore, nuove tecnologie e digital rights management", EGEA, 2006. Umberto Izzo, "", Roma: Carocci, 2010, ISBN 978-88-430-5314-8 Lessig, Il futuro delle idee, Feltrinelli, 2006. Lessig, Cultura libera. "Un equilibrio fra anarchia e controllo, contro l'estremismo della proprietà intellettuale ", Apogeo, 2005. Pascuzzi e Caso, "I diritti sulle opere digitali. Copyright statunitense e diritto d'autore italiano", CEDAM, 2002. Marco Ricolfi, "Copyright Policy for digital libraries in the context of the i2010 strategy", paper per 1st Communia Conference on the Digital Public Domain, Louvain-la-Neuve (Belgio); disponibile online qui . Richard Stallman, "Free Software, Free Society: The Selected Essay of Richard M. Stallman", GNU Press, 2002. Carlo Gubitosa, "Elogio della pirateria ", Altreconomia, 2005. Ted Nelson, "Literary Machine", Mindful press, 1981. Voci correlate Copyleft Copyzero Diritto d'autore Diritto d'autore italiano Fair use Regola della durata più breve Libertà digitali SIAE All Rights Reserved Open source Peer-to-peer Legge italiana sul peer-to-peer Creative Commons Proprietà intellettuale Pubblico dominio GNU Free Documentation License GNU General Public License Free Software Foundation Sniffing Diritto e fotografia Partito Pirata Trattato di Marrakech Simbolo di copyright Altri progetti Collegamenti esterni UK Copyright Aid - Info sul copyright in UK * Legislazione EUA: Diritto informatico Licenze software
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Charles Krauthammer
Biografia Krauthammer nacque il 13 marzo del 1950 a New York City. Suo padre era un ebreo di origine ucraina e sua madre un'ebrea belga, fuggiti dalle persecuzioni in Europa della Germania nazista di Hitler e poi vissuti in Brasile e a Cuba. Aveva un fratello, Marcel, di quattro anni più grande. La lingua parlata in famiglia era il francese. Quando aveva 5 anni i Krauthammers si trasferirono a Montreal, in Canada. Entrambi i genitori erano ebrei ortodossi e sia lui che il fratello furono educati in una scuola ebraica religiosa. Durante il periodo di studi universitari di medicina ad Harvard ebbe un gravissimo incidente in piscina: il ventiduenne Charles si tuffò e batté la testa, il collo e la colonna vertebrale rimasero lesionati gravemente; l'incidente lo lasciò paralizzato permanentemente, fortemente limitato anche nell'uso delle mani, e per ben 14 mesi rimase in Ospedale, i primi in pericolo di vita. In seguito, egli raccontò che tra i suoi effetti, lasciati a bordo vasca, recuperarono due libri: Il destino di un uomo di André Malraux e Anatomy of Physiology. La lunga degenza non gli impedì, nel frattempo, di completare nel 1975 la formazione da psichiatra, iniziando a praticare la professione al Massachusetts General Hospital. Pubblicò diversi saggi scientifici, inclusa la scoperta di una forma di disturbo bipolare, che è tuttora citata nella letteratura psichiatrica. Krauthammer poi abbandonò la professione medica, orientando i suoi interessi al giornalismo politico. Da giovane fu un progressista Democratico - convinto sostenitore dei piani governativi di riscatto dalla povertà della "Great Society", propugnati dal Presidente Lyndon Johnson negli anni Sessanta - e poi un collaboratore dell'Amministrazione Carter, scrittore di discorsi per Walter Mondale. Negli anni Ottanta, durante la presidenza Reagan, avvenne la svolta: Krauthammer, folgorato dalla politica estera del presidente repubblicano, ne appoggia le iniziative e vira su posizioni conservatrici. È Krauthammer a coniare il termine Dottrina Reagan, in un famoso articolo su Time Magazine; il suo pensiero inizia così a influenzare il dibattito pubblico per più di due decenni sulla politica estera americana. Dal 1985 tenne una rubrica settimanale sul Washington Post, per la quale vinse il Premio Pulitzer in "journalism for distinguished commentary"; scrisse poi regolarmente su altre riviste, tra cui Commentary e Weekly Standard; i suoi articoli venivano ripubblicati poi su moltissimi giornali locali. Infine, Krauthammer divenne un personaggio molto noto e familiare al grande pubblico come commentatore televisivo serale fisso, dalla fine degli anni Novanta, su Fox News Channel. Col progressivo ritiro e la scomparsa dei due grandi giornalisti conservatori William Safire e Robert Novak, Charles Krauthammer divenne, specialmente dopo gli attentati terroristici dell'11 settembre 2001 e la presidenza di George W. Bush, il più influente e apprezzato opinion-maker in America. Il settimanale tedesco Der Spiegel lo definì "la voce guida degli intellettuali dell'America conservatrice". Nel 2009, dopo l'elezione di Obama a presidente USA, il sito POLITICO nel 2009 lo descrisse come "il leader dell'opposizione... un coerente, sofisticato, implacabile critico del nuovo Presidente". Pur essendo schierato in genere su posizioni repubblicane, egli sosteneva il diritto all'aborto legale, e la contrarietà alla pena di morte; auspicava maggiori tasse sull'energia per indurre i cittadini al risparmio. Le sue posizioni erano anticreazioniste e in genere liberal sui temi etici, facendone così un personaggio eterodosso e indipendente nel panorama intellettuale. Dichiarò di leggere e seguire regolarmente gli articoli di George Will, David Brooks e Mickey Kaus, influenti e altrettanto apprezzati columnists americani. Nell'ottobre 2013, Krauthammer pubblicò un'antologia di scritti, in cui raccolse i migliori editoriali della sua carriera giornalistica, ma anche i racconti di esperienze e memorie personali. Il titolo del libro è Things that Matter: Three Decades of Passion, Pastimes and Politics. Pubblicato per l'Editore Crown Forum, divenne il bestseller n°1 della classifica del New York Times delle opere di non-fiction, toccando nel marzo 2015 il record di 1 milione di copie vendute, assai insolito per un'antologia di articoli. Krauthammer criticò aspramente l'accordo sul nucleare voluto da Obama tra gli USA e l'Iran, definendolo il peggior accordo sin da quello di Monaco 1938, considerandolo un pericolo per l'esistenza dello stato d'Israele e la pace nel mondo. Nella campagna per le primarie del Partito Repubblicano, iniziate nel giugno 2015, e poi fino alle elezioni del 2016, egli contestò Donald Trump nei suoi commenti, dichiarando che non avrebbe votato per lui, ma nemmeno per Hillary Clinton. Tuttavia, dopo la vittoria elettorale di Trump, affermò che essa rappresenta «una rivoluzione ideologica ed elettorale che non abbiamo visto dai tempi di Ronald Reagan». Trump «ha svegliato la classe lavoratrice bianca riportandola nel Partito Repubblicano» sulla base di una piattaforma elettorale centrata sull'immigrazione e sul commercio. «Ciò significa ideologicamente che il Partito Repubblicano è diventato un partito populista e il paese sarà senza un partito conservatore classico». La sua elezione è parte di un "movimento mondiale Brexit" che si è rivoltato contro la globalizzazione, secondo Krauthammer. Fino all'inizio dell'agosto del 2017 continua ad apparire regolarmente su Fox News e a pubblicare editoriali; nella seconda metà del mese Krauthammer si sottopone ad un intervento chirurgico: seguono complicazioni debilitanti e successive operazioni, rimanendo ricoverato per sostenere una lunga riabilitazione. L'8 giugno 2018, Krauthammer rompe il suo silenzio: il Washington Post pubblica una sua commovente lettera d'addio (“A note to readers”) ai lettori, al pubblico, ad amici e colleghi, nella quale rivela di aver speso gli ultimi 10 mesi a riprendersi dall'intervento subìto ad agosto per la rimozione di un cancro all'addome e da una sequela di complicazioni secondarie; a maggio del 2018 il tumore è ricomparso ancora più aggressivo, e racconta che i medici gli hanno dato poche settimane di vita. «This is the final verdict. My fight is over» scrive, aggiungendo di «essere grato di aver giocato un piccolo ruolo nelle conversazioni che hanno aiutato a guidare il destino di questa nazione straordinaria». Conclude dicendo di non aver rimpianti, avendo vissuto una vita meravigliosa, piena e completa, quella che intendeva vivere. Muore il 21 giugno ad Atlanta, in Georgia. Dopo la sua morte, si addensano i riconoscimenti dell'enorme valore di Charles Krauthammer nella vita intellettuale americana da parte di personaggi politici e intellettuali; la sua figura pubblica viene paragonata per importanza a quella di altri giganti del giornalismo politico americano come Walter Lippman, Dorothy Thompson e William Buckley. Note Altri progetti Collegamenti esterni
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Cronologia dell'integrazione europea
In ordine cronologico i diversi eventi che hanno caratterizzato la nascita e la crescita di quella che oggi viene chiamata Unione europea. Anni quaranta 1940-1941 Confinati all'isola di Ventotene, Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni e Ursula Hirschmann fra l'inverno del 1940 e la primavera del 1941 scrivono il Manifesto di Ventotene per un'Europa libera e unita. 1948 17 marzo: Belgio, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Regno Unito firmano a Bruxelles il Trattato istitutivo dell'Unione Europea Occidentale; verrà sciolta il 30 giugno 2011. ottobre 1948: fondazione del Movimento Federalista Europeo, che avrà un ruolo determinante nella formazione del Consiglio d'Europa. 1950 9 maggio: Dichiarazione Schuman, che porterà alla Comunità europea del carbone e dell'acciaio (CECA). Anni cinquanta 1951 18 aprile: Belgio, Francia, Repubblica Federale Tedesca, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi firmano a Parigi il Trattato istituivo della Comunità europea del carbone e dell'acciaio che entra in vigore dal 23 luglio 1952 con durata di cinquant'anni. 1952 27 maggio: a Parigi è firmato il Trattato istitutivo della Comunità europea di difesa (Ced), che prevede la creazione di un vero e proprio esercito europeo. La proposta fallisce per due motivi. Da un lato, il 30 agosto 1954, l'Assemblea nazionale francese rigetta, mediante un espediente procedurale, la ratifica del trattato della Ced. Dall'altro pesano le ostilità del Regno Unito, contraria a qualsiasi accordo a sei che la escluda. Inoltre l'Italia, a corto di risorse economiche, ma con una grande disponibilità di cervelli da offrire alla ricerca, decide di non investire nella CED. De Gasperi voleva costituire una cooperazione politica europea (cfr. memorandum De Gasperi). Le stesse argomentazioni furono espresse dal governo italiano contro la CED e il nucleare militare e civile nel 56, il nucleare rimase materia di studio sperimentale. 10 marzo L'Assemblea allargata della Ceca approva il progetto di trattato costitutivo della Comunità politica europea che prevede la formazione di istituzioni sovranazionali. Il progetto di Costituzione finirà lettera morta dopo la mancata ratifica della Ced. 1954 30 agosto: l'Assemblea Nazionale francese rigetta il trattato CED mediante un espediente procedurale sancendo il fallimento del progetto di difesa comune. 23 ottobre: in seguito al fallimento della CED la Repubblica Federale Tedesca e l'Italia vengono invitati a entrare nell'Unione europea occidentale, viene approvato il Trattato di Bruxelles modificato. 1955 1º-3 giugno: Conferenza di Messina durante la quale i 6 Stati della Comunità europea del carbone e dell'acciaio delineano le tappe per la creazione del Mercato europeo comune e della Comunità europea dell'energia atomica 1957 25 marzo: Belgio, Francia, Repubblica Federale Tedesca, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi firmano a Roma i Trattati istitutivi della Comunità economica europea, formalmente Trattato che istituisce la Comunità economica europea rinominato nel 2007 col Trattato di Lisbona Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea e della Comunità europea dell'energia atomica, aderendovi dal 1º gennaio 1958 1960 4 gennaio: a Stoccolma Austria, Danimarca, Norvegia, Portogallo, Regno Unito, Svezia e Svizzera firmano la Convenzione che istituisce l'Associazione europea di libero scambio, permettendo al Regno Unito di mantenere la sua posizione di privilegio negli scambi commerciali con il Commonwealth, aderendovi dal 3 maggio 1960 Anni sessanta 1961 31 luglio: l'Irlanda presenta la domanda ufficiale di adesione alle Comunità europee 9 agosto: il Regno Unito presenta la domanda ufficiale di adesione alle Comunità europee 10 agosto: la Danimarca presenta la domanda ufficiale di adesione alle Comunità europee 1962 30 aprile: la Norvegia presenta la domanda ufficiale di adesione alle Comunità europee 1963 22 gennaio: il presidente francese Charles de Gaulle e il cancelliere tedesco Konrad Adenauer firmano il Trattato dell'Eliseo, che pone le basi per una stretta collaborazione fra i due paesi su tutte le principali questioni politiche, economiche e culturali 29 gennaio: respinte le domande di adesione della Danimarca, dell'Irlanda, del Regno Unito e della Norvegia in virtù del veto posto dalla Francia sull'adesione del Regno Unito 1964 15 dicembre: la Commissione prepara il piano per il finanziamento della politica agricola comune (PAC) e per l'ampliamento dei poteri del Parlamento Europeo. Viene così creata una cassa comune grazie ai proventi dei dazi doganali e ai prelievi agricoli, che però verrà poi rigettata dalla Francia 1965 8 aprile: a Bruxelles viene firmato il Trattato sulla fusione degli esecutivi (formalmente Trattato che istituisce un Consiglio unico ed una Commissione unica delle Comunità europee), in vigore dal 1º luglio 1967. 30 giugno: col ritiro dei rappresentanti del governo francese dagli organi della Comunità inizia la cosiddetta crisi della sedia vuota. 1966 30 gennaio: con la firma del Compromesso di Lussemburgo si conclude la crisi della sedia vuota e si dà avvio alla terza e ultima tappa del periodo transitorio previsto dal Trattato di Roma. 1967 10 maggio: il Regno Unito presenta la domanda ufficiale di adesione alle Comunità europee Queste le tappe successive: 11 maggio: Danimarca e Irlanda presentano la domanda ufficiale di adesione alle Comunità europee Queste le tappe successive: 21 luglio: la Norvegia presenta la domanda ufficiale di adesione alle Comunità europee 1968 1º luglio: grazie alla lunga fase di espansione economica degli anni sessanta, il periodo transitorio di 12 anni previsto dal trattato CEE si conclude con 18 mesi di anticipo. Con l'abolizione delle ultime barriere doganali tra gli Stati membri e lo stabilimento di una tariffa esterna comune nasce il Mercato Europeo Comune (MEC). 1969 1º-2 dicembre: su proposta del neo presidente della Repubblica francese Georges Pompidou, a L'Aia si tiene una conferenza dei capi di Stato e di governo dei sei paesi membri della CEE, i cui obiettivi sono sintetizzati nello slogan "allargamento, completamento, approfondimento". Anni settanta 1972 22 aprile: in Francia referendum sull'allargamento della CEE Questo il risultato in dettaglio: 25 settembre: referendum in Norvegia sull'adesione alla Comunità europea Questo il risultato del referendum in dettaglio: 1973 1º gennaio: con l'adesione di Danimarca, Irlanda e Regno Unito gli Stati membri delle Comunità europee diventano 9 1975 12 giugno: la Grecia presenta la domanda ufficiale di adesione alle Comunità europee Queste le tappe successive: 1º dicembre: il Consiglio europeo decide la data della prima elezione a suffragio universale diretto del Parlamento europeo, che avverrà nel mese di giugno 1979. 1977 28 marzo: il Portogallo presenta la domanda ufficiale di adesione alle Comunità europee Queste le tappe successive: 28 luglio: la Spagna presenta la domanda ufficiale di adesione alla Comunità europea 1979 13 marzo: i paesi della CEE, tranne la Gran Bretagna, firmano l'accordo istitutivo dello SME (SISTEMA MONETARIO EUROPEO) 7-10 giugno: in Belgio, in Danimarca, in Francia, in Germania, in Irlanda, in Italia, in Lussemburgo, nei Paesi Bassi e nel Regno Unito si svolgono le prime elezioni a suffragio universale diretto del Parlamento europeo. Anni ottanta 1981 1º gennaio: con l'adesione della Grecia gli Stati membri delle Comunità europee diventano 10 1983 19 giugno: i Capi di Stato e di Governo approvano la Dichiarazione solenne sull'Unione europea. 1984 14 febbraio: il Parlamento europeo approva, su impulso di Altiero Spinelli, il "Trattato che istituisce l'Unione europea", poi non adottato dal Consiglio dell'Unione europea. 1985 1º febbraio: la Groenlandia lascia le Comunità europee mediante un referendum popolare, restandovi associata come territorio d'oltremare 14 giugno: a Schengen il Belgio, la Francia, la Germania, il Lussemburgo ed i Paesi Bassi firmano gli Accordi di Schengen che aboliscono i controlli sistematici delle persone alle frontiere interne delle CE aderendovi dal 26 marzo 1995 1986 1º gennaio: con l'adesione di Portogallo e Spagna gli Stati membri della Comunità europea diventano 12 28 febbraio: a L'Aia viene firmato l'Atto Unico Europeo che entra in vigore il 1º luglio 1987. 1987 14 aprile: la Turchia presenta la domanda ufficiale di adesione alle Comunità europee Queste le tappe successive: 1989 18 giugno: referendum consultivo in Italia del 1989 Questo il risultato in dettaglio: 17 luglio: l'Austria presenta la domanda ufficiale di adesione alla Comunità europea Queste le tappe successive: 9 novembre: cade il Muro di Berlino 1990 3 luglio: Cipro presenta la domanda ufficiale di adesione alla Comunità europea Queste le tappe successive: 16 luglio: Malta presenta la domanda ufficiale di adesione alla Comunità europea Queste le tappe successive: 3 ottobre: in Germania avviene la riunificazione tedesca. La Comunità europea si allarga all'ex Germania Est. 27 novembre: l'Italia firma a Parigi gli Accordi di Schengen aderendovi il 26 ottobre 1997. 15 dicembre: iniziano a Roma due conferenze intergovernative: la prima in materia di unione economica e monetaria e la seconda in materia di unione politica. Anni novanta 1991 25 giugno: Portogallo e Spagna firmano a Bonn gli Accordi di Schengen aderendovi dal 26 marzo 1995. 1º luglio: la Svezia presenta la domanda ufficiale di adesione alla Comunità europea Queste le tappe successive: 16 dicembre: la Polonia firma a Bruxelles l'Accordo europeo di associazione, formalmente Accordo europeo che istituisce un'associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Polonia, dall'altra, in vigore dal 1º febbraio 1994 L'Ungheria firma a Bruxelles l'Accordo europeo di associazione, formalmente Accordo europeo che istituisce un'associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Ungheria, dall'altra, in vigore dal 1º febbraio 1994 1992 7 febbraio: i 12 firmano il Trattato di Maastricht, formalmemte Trattato sull'Unione europea, in vigore dal 1º novembre 1993. 16 marzo: la Finlandia presenta la domanda ufficiale di adesione alla Comunità europea Queste le tappe successive: 20 settembre: referendum in Francia sulla ratifica del Trattato sull'Unione europea Questo il risultato del referendum in dettaglio: 6 novembre: la Grecia firma a Madrid gli Accordi di Schengen aderendovi dal 26 marzo 2000. 25 novembre: la Norvegia presenta la domanda ufficiale di adesione alla Comunità europea 12 dicembre: a Edimburgo, per superare il no danese al Trattato di Maastricht, il Consiglio europeo trova l'accordo, poi ribattezzato Accordo di Edimburgo o Decisione di Edimburgo, e concede alla Danimarca quattro deroghe al Trattato stesso. Tali deroghe riguardano: la cittadinanza, la partecipazione alla terza fase dell'Unione economica e monetaria (UEM), la Politica in materia di difesa e Giustizia e gli Affari interni. 1993 1º febbraio: la Romania firma a Bruxelles l'Accordo europeo di associazione, formalmente Accordo europeo che istituisce un'associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Romania, dall'altra, in vigore dal 1º febbraio 1995. 8 marzo: la Bulgaria firma a Bruxelles l'Accordo europeo di associazione, formalmente Accordo europeo che istituisce un'associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Bulgaria, dall'altra), in vigore dal 1º febbraio 1995. 4 ottobre: la Repubblica Ceca e la Slovacchia firmano a Lussemburgo l'Accordo europeo di associazione, formalmente, rispettivamente, Accordo europeo che istituisce un'associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica ceca, dall'altra e Accordo europeo che istituisce un'associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica slovacca, dall'altra, entrambi in vigore dal 1º febbraio 1995 1º novembre: nasce l'Unione europea. L'espressione Comunità economica europea (CEE) viene sostituita con Comunità europea (CE). A fianco di questa nascono la Politica estera e di sicurezza comune (Pesc) e la Cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni (Cgai) che assieme alla Comunità europea formano i Tre pilastri dell'Unione europea. 1994 31 marzo: l'Ungheria presenta la domanda ufficiale di adesione all'Unione europea Queste le tappe successive: 5 aprile: la Polonia presenta la domanda ufficiale di adesione all'Unione europea Queste le tappe successive: 27-28 novembre: referendum in Norvegia sull'adesione all'Unione europea Questo il risultato del referendum in dettaglio: 1995 1º gennaio: con l'adesione di Austria, Finlandia e Svezia gli Stati membri dell'Unione europea diventano 15 28 aprile: l'Austria firma a Bruxelles gli Accordi di Schengen aderendovi dal 1º aprile 1998. 12 giugno: l'Estonia firma a Lussemburgo l'Accordo europeo di associazione, formalmente Accordo europeo che istituisce un'associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Estonia, dall'altra, in vigore dal 1º febbraio 1998 La Lettonia firma a Lussemburgo l'Accordo europeo di associazione, formalmente Accordo europeo che istituisce un'associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Lettonia, dall'altra, in vigore dal 1º febbraio 1998 La Lituania firma a Lussemburgo l'Accordo europeo di associazione, formalmente Accordo europeo che istituisce un'associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Lituania, dall'altra, in vigore dal 1º febbraio 1998 22 giugno: la Romania presenta la domanda ufficiale di adesione all'Unione europea Queste le tappe successive: 27 giugno: la Slovacchia presenta la domanda ufficiale di adesione all'Unione europea Queste le tappe successive: 13 ottobre: la Lettonia presenta la domanda ufficiale di adesione all'Unione europea Queste le tappe successive: 24 novembre: l'Estonia presenta la domanda ufficiale di adesione all'Unione europea Queste le tappe successive: 8 dicembre: la Lituania presenta la domanda ufficiale di adesione all'Unione europea Queste le tappe successive: 14 dicembre: la Bulgaria presenta la domanda ufficiale di adesione all'Unione europea Queste le tappe successive: 1996 23 gennaio: la Repubblica Ceca presenta la domanda ufficiale di adesione all'Unione europea Queste le tappe successive: 10 giugno: la Slovenia presenta la domanda ufficiale di adesione all'Unione europea A Lussemburgo firma l'Accordo europeo di associazione, formalmente Accordo europeo che istituisce un'associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Slovenia, dall'altra, in vigore dal 1º febbraio 1999 Queste le tappe successive: 16 dicembre: l'Unione nordica dei passaporti alla quale aderiscomo la Danimarca, la Finlandia, l'Islanda, la Norvegia e la Svezia firma gli Accordi di Schengen aderendovi il 25 marzo 2001. 1997 2 ottobre: viene firmato il Trattato di Amsterdam, formalmente Trattato di Amsterdam che modifica il trattato sull'Unione europea, i trattati che istituiscono le Comunità europee e alcuni atti connessi, in vigore il 1º maggio 1999. 1999 1º gennaio: entra in vigore l'euro. Entrano in vigore gli Accordi europei di cambio II (AEC II). Ne fanno parte Danimarca e Grecia. Questi i tassi stabiliti: La corona danese fluttua rispetto all'euro del +/-2,25% dal tasso centrale. 2000 23 marzo: il Consiglio europeo straordinario fissa, in un documento detto Agenda di Lisbona, gli obiettivi comuni da raggiungersi entro il 2010. 7 dicembre: il Parlamento, la Commissione e il Consiglio proclamano la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. 11 dicembre: il Consiglio europeo approva il testo del Trattato di Nizza. Anni duemila 2001 1º gennaio: con l'adesione della Grecia i Paesi membri che adottano l'euro diventano 12 26 febbraio: i 15 membri delle CE firmano il Trattato di Nizza, formalmente Trattato di Nizza che modifica il trattato sull'Unione europea, i trattati che istituiscono le Comunità europee e alcuni atti connessi, in vigore il 1º febbraio 2003. 9 aprile: la Macedonia firma a Lussemburgo l'Accordo di Stabilizzazione e Associazione, formalmente Accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e l'Ex Repubblica iugoslava di Macedonia dall'altra, , in vigore dal 1º aprile 2004 29 ottobre: la Croazia firma a Lussemburgo l'Accordo di Stabilizzazione e Associazione, formalmente Accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Croazia, dall'altra, in vigore dal 1º febbraio 2005. 15 dicembre: a Laeken viene sottoscritta dai paesi membri, l'omonima dichiarazione che prevede alcune riforme, tra le quali la creazione della Convenzione europea, presieduta da Valéry Giscard d'Estaing, per l'avvio di un processo di riforma delle istituzioni dell'Unione 31 dicembre: il marco tedesco decade dal corso legale 2002 1º gennaio: in Austria, in Belgio, in Finlandia, in Francia, in Germania, in Irlanda, in Italia, in Lussemburgo, nei Paesi Bassi, in Portogallo e in Spagna entra in circolazione l'euro 17 febbraio: il franco francese decade dal corso legale 28 febbraio: il franco belga, la lira italiana, il franco lussemburghese ed il fiorino olandese decadono dal corso legale 2003 20 febbraio: la Croazia presenta la domanda ufficiale di adesione all'Unione europea Queste le tappe successive: 4 ottobre: inizia la Conferenza Intergovernativa per l'adozione della Costituzione europea. 2004 22 marzo: la Repubblica di Macedonia presenta la domanda ufficiale di adesione all'Unione europea Queste le tappe successive: 1º maggio: con l'adesione di Cipro, Estonia, Malta, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria gli Stati membri dell'Unione europea diventano 25 18 giugno: il Consiglio europeo adotta il testo della Costituzione europea 29 ottobre: viene firmata a Roma la Costituzione europea, accantonata però dopo che i francesi e gli olandesi ne bocciano la ratifica mediante referendum popolari. 2005 20 febbraio: referendum in Spagna sulla ratifica del Trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa Questo il risultato in dettaglio: 29 maggio: referendum in Francia sulla ratifica del Trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa Questo il risultato in dettaglio: 1º giugno: referendum nei Paesi Bassi sulla ratifica del Trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa Questo il risultato in dettaglio: 10 luglio: referendum in Lussemburgo sulla ratifica del Trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa Questo il risultato del referendum in dettaglio: 2006 12 giugno: l'Albania firma a Lussemburgo l'Accordo di Stabilizzazione e Associazione, formalmente Accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Albania, dall'altra, in vigore dal 1º aprile 2009 2007 1º gennaio: con l'adesione di Bulgaria e Romania gli Stati membri dell'Unione europea diventano 27 Con l'adesione della Slovenia i Paesi membri che adottano l'euro diventano 13 25 marzo: l'Unione europea compie 50 anni: in un vertice informale viene adottata la Dichiarazione di Berlino per cercare di sbloccare l'impasse creatasi dalla mancata approvazione della Costituzione Europea in alcuni dei paesi membri 20 giugno: il Parlamento europeo approva l'adozione dell'euro a Cipro e a Malta. 23 giugno: il Consiglio europeo trova l'accordo sul Trattato di riforma. 24 luglio: inizia la Conferenza Intergovernativa per l'adozione del Trattato di riforma. 15 ottobre: il Montenegro firma a Lussemburgo l'Accordo di Stabilizzazione e Associazione, formalmente Accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Montenegro, dall'altra, in vigore dal 1º maggio 2010. 19 ottobre: il Consiglio europeo approva il testo del Trattato di riforma. 13 dicembre: i Ventisette firmano a Lisbona il Trattato di Lisbona, formalmente Trattato di Lisbona che modifica il trattato sull'Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea, che dopo un travagliatissimo iter di ratifica entra in vigore il 1º dicembre 2009. 21 dicembre: Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria aderiscono agli Accordi di Schengen per i confini terrestri e marittimi mentre per gli aeroporti l'adesione avviene il 30 marzo 2008. 2008 1º gennaio: con l'adesione di Cipro e Malta i Paesi membri che adottano l'euro diventano 15. 29 aprile: la Serbia firma a Lussemburgo l'Accordo di Stabilizzazione e Associazione, formalmente Accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Serbia, dall'altra, in vigore dal 1º settembre 2013 12 dicembre: la Svizzera aderisce agli Accordi di Schengen 15 dicembre: il Montenegro presenta la domanda ufficiale di adesione all'Unione europea Queste le tappe successive: 2009 1º gennaio: con l'adesione della Slovacchia gli Stati membri che adottano l'euro diventano 16 28 aprile: l'Albania presenta la domanda ufficiale di adesione all'Unione europea 23 luglio: l'Islanda presenta la domanda ufficiale di adesione all'Unione europea Queste le tappe successive: 22 dicembre: la Serbia presenta la domanda ufficiale di adesione all'Unione europea Anni duemiladieci 2011 1º gennaio: con l'adesione dell'Estonia gli Stati membri che adottano l'euro diventano 17 9 dicembre: il Consiglio europeo decide di rafforzare l'integrazione e le regole, soprattutto in ambito fiscale. Vengono ampliati poteri e fondi del Meccanismo europeo di stabilità e allo stesso tempo si impone una maggiore disciplina in ambito di bilancio pubblico. Queste norme, inizialmente predisposte per i soli paesi dell'Eurozona, vengono poi accettate dalla totalità degli stati membri, con l'unica eccezione del Regno Unito 2012 2 febbraio: viene firmato il Trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità, in vigore dal 27 settembre 2012 2 marzo: venticinque dei ventisette membri dell'Unione europea, con l'eccezione del Regno Unito e della Repubblica Ceca, firmano il Patto di bilancio europeo, formalmente Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell'unione economica e monetaria, in vigore dal 1º gennaio 2013 12 ottobre: l'Unione europea viene insignita del Premio Nobel per la pace 2013 1º luglio: con l'adesione della Croazia gli Stati membri dell'Unione europea diventano 28 2014 1º gennaio: con l'adesione della Lettonia gli Stati membri che adottano l'euro diventano 18 2015 1º gennaio: con l'adesione della Lituania gli Stati membri che adottano l'euro diventano 19 2016 23 giugno: i cittadini del Regno Unito a seguito di referendum esprimono la loro volontà di uscire dall'Unione Europea. 2017 19 giugno: iniziano a Bruxelles i negoziati per l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea. Anni duemilaventi 2020 1º febbraio: il Regno Unito cessa ufficialmente di essere uno stato membro dell'Unione europea. 2023 1º gennaio: con l'adesione della Croazia gli Stati membri che adottano l'euro diventano 20 Evoluzione dell'Unione europea Note Voci correlate Storia dell'integrazione europea Allargamento dell'Unione europea Banca centrale europea Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio Comunità Europea dell'Energia Atomica Unione europea Altri progetti Collegamenti esterni europa.eu Cronologia dell'integrazione europea Consiglio europeo Documenti riguardanti l'integrazione europea sono consultabili presso gli Archivi Storici dell'Unione Europea a Firenze Storia dell'Unione europea Integrazione europea
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Chaim Potok
Divenne famoso nel 1967 con il romanzo Danny l'eletto (The Chosen), una storia quasi autobiografica su un brillante giovane figlio di un rabbino chassidico desideroso a sua volta che il proprio figlio diventi anch'egli rabbino. Il libro venne citato nella lista dei best seller del The New York Times per 39 settimane e vendette in uscita copie. La notorietà gli venne anche dalla trasposizione cinematografica del romanzo proiettata nel 1981. Vita Potok nacque nel Bronx newyorkese da ebrei immigrati dalla Polonia. Secondo la tradizione i genitori gli diedero pure un nome ebraico (Chaim Tzvi, Chaim significa vita in ebraico). L'educazione ortodossa gli insegnò sia il Talmud che conoscenze secolari. Iniziò a scrivere racconti all'età di 16 anni, a 17 anni inviò il suo primo manoscritto alla rivista The Atlantic Monthly e, sebbene non venne pubblicato, ricevette una nota dall'editore che lo complimentava del suo scritto. Nel 1949 le sue storie vennero pubblicate nella rivista letteraria della Yeshiva University, che in seguito aiutò a redigere. Nel 1950 Potok si laureò magna cum laude con una laurea in Letteratura Inglese. Ricevette poi una laurea master in letteratura ebraica e, dopo quattro anni di studio presso il seminario rabbinico dello Jewish Theological Seminary, venne ordinato rabbino conservatore. Fu successivamente nominato direttore della "LTF, Leaders Training Fellowship", organizzazione giovanile associata all'ebraismo conservatore. Potok venne arruolato come cappellano militare, dove rimase per oltre un anno durante la guerra di Corea. L'8 giugno 1958 Potok si sposò con Adena Sara Mosevitzsky, un'assistente sociale psichiatrica di Camp Ramah in Ojai (California), dove Potok stesso svolgeva mansioni direttive negli anni 1957–59. Ebbero tre figli. Divenne editore di Conservative Judaism e della Jewish Publication Society. Nel 1965 ricevette il Ph.D. dall'University of Pennsylvania. Nel 1970, si trasferì a Gerusalemme con la famiglia e nel 1977 ritornò a Philadelphia. Dopo la pubblicazione del suo Old Men at Midnight (Vecchi a mezzanotte) (2001), gli venne diagnosticato un tumore cerebrale e morì nella sua casa di Merion, nella contea di Montgomery, vicino a Filadelfia, il 23 luglio 2002 all'età di 73 anni. Influenze letterarie I genitori di Chaim Potok lo scoraggiarono dallo scrivere e dal leggere soggetti non ebraici, ma trascorse comunque molte ore nella biblioteca pubblica locale a leggere romanzi secolari. Potok cita James Joyce, Thomas Mann, Fëdor Dostoevskij, Ernest Hemingway e Shmuel Yosef Agnon come le sue influenze letterarie principali. Molti dei suoi romanzi sono ambientati nei quartieri urbani di New York, in cui egli stesso è cresciuto. Anche se non chassidico, Potok crebbe in una famiglia molto ortodossa. Nel rispettivo libro, il personaggio Asher Lev vuole essere un pittore, il che causa molti conflitti con il padre che vuole faccia qualcosa di totalmente diverso, come successe a Chaim Potok durante la sua adolescenza. Nel romanzo, Asher decide di continuare come pittore e provoca conflitti familiari, mentre Potok alla fine risolse di essere un autore e pittore nel tempo libero e non come carriera, diventando invece un rabbino. Potok ebbe a dichiarare di sentirsi vicino ad Asher Lev più di tutti gli altri suoi personaggi. Uno degli ammiratori di Potok è stato il premio Nobel Elie Wiesel, che gli scrisse nel 1992 dicendogli di aver letto tutti i suoi libri "con fervore e amicizia". Carriera artistica Chaim Potok fu anche un artista e pittore: creò il dipinto "The Brooklyn Crucifixion (La crocifissione di Brooklyn)", che il suo personaggio Asher Lev aveva dipinto nel romanzo Il mio nome è Asher Lev. Opere The Chosen (1967), tr. Marcella Bonsanti, Danny l'eletto, Garzanti 1990 ISBN 88-11-66788-7 ISBN 88-11-02630-X ISBN 88-11-66831-X ISBN 88-11-68522-2 ISBN 978-88-11-68342-1 ISBN 978-88-11-68522-7 Film: Gli eletti (1988). The Promise (1969), tr. Marcella Bonsanti, La scelta di Reuven, Garzanti 2000 ISBN 88-11-66822-0 ISBN 88-11-66783-6 ISBN 88-11-68540-0 ISBN 978-88-11-68540-1 My Name is Asher Lev (1972), tr. Donatella Saroli, Il mio nome è Asher Lev, Garzanti 1991 ISBN 88-11-66291-5 ISBN 88-11-66758-5 ISBN 88-11-66280-X ISBN 88-11-68563-X ISBN 978-88-11-68563-0 In the Beginning (1975), tr. Mara Muzzarelli, In principio, Garzanti 2000 ISBN 88-11-66203-6 ISBN 978-88-11-67792-5 Wanderings: History of the Jews (1978), tr. Maria Luisa Sgargetta e Piero Stefani, Storia degli ebrei, Garzanti 2003 ISBN 88-11-59742-0 ISBN 978-88-11-68075-8 ISBN 978-88-11-59742-1 The Book of Lights (1981), tr. Mara Muzzarelli, Il libro delle luci, Garzanti 2004 ISBN 978-88-11-66246-4 Davita's Harp (1985), tr. Dario Villa, L'arpa di Davita, Garzanti 1989 ISBN 88-11-66289-3 ISBN 88-11-68564-8 ISBN 88-11-66776-3 ISBN 88-11-66839-5 ISBN 978-88-11-68564-7 The Gift of Asher Lev (1990), tr. Mara Muzzarelli, Il dono di Asher Lev, Garzanti 1997 ISBN 88-11-66817-4 ISBN 88-11-66280-X ISBN 978-88-11-67797-0 I Am the Clay (1992), tr. Marcella Bassi, Io sono l'argilla, Garzanti 1993 ISBN 88-11-68517-6 ISBN 88-11-66294-X ISBN 978-88-11-68517-3 The Tree of Here (1993), tr. Andrea Molesini, L'albero di qui, Mondadori 1999 ISBN 88-04-46492-5 The Sky of Now (1994) The Trope Teacher (1995), tr. Marcella Bassi, Il maestro della guerra, Garzanti 1996 ISBN 88-11-66768-2 ISBN 88-11-67008-X The Gates of November. Chronicles of the Slepak Family (1996), tr. Alberto Cristofori, Novembre alle porte, Garzanti 1998 ISBN 88-11-66174-9 ISBN 88-11-66941-3 ISBN 978-88-11-66941-8 Zebra and Other Stories (1998), tr. Laura Noulian, Zebra e altri racconti, Garzanti 1999 ISBN 88-11-62037-6 ISBN 88-11-66967-7 ISBN 88-11-68547-8 ISBN 978-88-11-68547-0 Old Men at Midnight (2001), tr. Mara Muzzarelli, Vecchi a mezzanotte, Garzanti 2002 ISBN 88-11-66499-3 ISBN 978-88-11-66499-4 ISBN 978-88-11-68057-4; Corbaccio 2006 ISBN 978-88-7972-789-1 Conversations with Chaim Potok, a cura di Daniel Walden (University Press of Mississippi, 2001) Note Altri progetti Collegamenti esterni Scheda autore: Chaim Potok, su GarzantiLibri Sito dedicato a Chaim Potok, creato da William M. Allen, Ph.D., Università La Sierra USA Chaim Potok, sulla Jewish Virtual Library Ebrei statunitensi Traduttori della Bibbia Vincitori del Premio Grinzane Cavour
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https://it.wikipedia.org/wiki/Comitato%20di%20Liberazione%20Nazionale
Comitato di Liberazione Nazionale
Il Comitato di Liberazione Nazionale (abbreviato in CLN) fu un'organizzazione politica e militare italiana costituita dai principali partiti e movimenti antifascisti del Paese, formatasi a Roma il 9 settembre 1943, allo scopo di opporsi all'occupazione tedesca e al nazifascismo in Italia. Si sciolse nel 1947. In particolare il CLN ha coordinato e diretto la resistenza italiana e si suddivise in Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI), con sede nella città di Milano durante la sua occupazione ed il Comitato Centrale di Liberazione Nazionale (CCLN), con sede a Roma. L'organizzazione operò come organismo clandestino durante la Resistenza ed ebbe per delega poteri di governo nei giorni di insurrezione nazionale. Storia Fondazione Il 9 settembre 1943, "posto di fronte alla più drammatica delle situazioni, con la sensazione di avere dinnanzi a sé il vuoto più assoluto d'ogni «autorità costituita» il Comitato delle opposizioni reagisce immediatamente; constatando la frattura decisiva determinata dall’8 settembre e traendo da questa constatazione l’indicazione delle sue nuove responsabilità, alle ore 14,30 esso approva la seguente mozione": Alla seduta di fondazione parteciparono: Ivanoe Bonomi (DL, Presidente), Mauro Scoccimarro e Giorgio Amendola (PCI), Alcide De Gasperi (DC), Ugo La Malfa e Sergio Fenoaltea (PdA), Pietro Nenni e Giuseppe Romita (PSI), Meuccio Ruini (DL), Alessandro Casati (PLI). Il mese successivo si erano già costituiti i Comitati Regionali, successivamente vennero costituiti anche Comitati Provinciali. Il 16 ottobre 1943 viene votata la mozione che si può riassumere in tre punti base: assumere tutti i poteri costituzionali dello Stato evitando ogni atteggiamento che possa compromettere la concordia della nazione e pregiudicare la futura decisione popolare; condurre la guerra di liberazione a fianco degli alleati angloamericani; convocare il popolo al cessare delle ostilità per decidere sulla forma istituzionale dello Stato. Indirizzo politico Il Comitato di Liberazione nazionale era una formazione interpartitica formata da movimenti di diversa estrazione culturale e ideologica, composta da rappresentanti del Partito Comunista Italiano (PCI), della Democrazia Cristiana (DC), del Partito d'Azione (PdA), del Partito Liberale Italiano (PLI), del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP) e del Partito Democratico del Lavoro (DL). Nel gruppo dei sei partiti esisteva una frattura tra i tre partiti di sinistra (PCI, PSIUP e PdA) e i tre partiti di destra (DC, PLI e DL), con i primi che erano associati più strettamente tra loro attraverso vari patti e accordi: comunisti e socialisti erano legati da un "patto di unità d'azione", per poi formare insieme agli azionisti una "giunta tripartita", in modo da concordare una posizione unitaria da tenere innanzi agli altri partiti. Inizialmente, la frattura tra destra e sinistra si manifestò in merito alla linea politica da tenere nei confronti della monarchia e del governo Badoglio: Con le dimissioni dalla presidenza del demolaburista Ivanoe Bonomi, rassegnate il 24 marzo 1944, sembrò affermarsi la linea dell'intransigenza verso la monarchia, ma in aprile la svolta di Salerno, con la quale il PCI di Palmiro Togliatti accettò di entrare nel governo Badoglio, capovolse la situazione. Al primo presidente del CLN Bonomi spettò, dopo la liberazione di Roma (4 giugno 1944), di assumere responsabilità di governo con la Presidenza del Consiglio (11 giugno). A lui successero alla Presidenza del Consiglio il 21 giugno 1945 Ferruccio Parri e il 10 dicembre 1945 Alcide De Gasperi. Dopo la nascita del C.L.N.A.I., quest'ultimo venne presieduto, dal 1943 al 1945, da Alfredo Pizzoni. Struttura Ogni partito rappresentato nel CLN ebbe le sue formazioni militari partigiane, che in genere erano coordinate dal rispettivo rappresentante nel CLN (così come vi furono formazioni Repubblicane ed anche di altri gruppi di sinistra). La giunta militare del CLN era formata da Manlio Brosio (PLI), Giorgio Amendola (PCI), Riccardo Bauer (PdA), Giuseppe Spataro (DC), Sandro Pertini (PSIUP) e Mario Cevolotto (DL). Nei comitati regionali troviamo esponenti quali, in Veneto, Concetto Marchesi, Egidio Meneghetti e il federalista Silvio Trentin, mentre nel Comitato Toscano di Liberazione Nazionale spicca il nome di Carlo Ludovico Ragghianti. I comitati regionali e provinciali ebbero un compito prevalentemente politico e di coordinamento, con influenza ma non comando diretto sulle formazioni militari partigiane, che rispondevano in genere direttamente al loro partito. In vari casi le formazioni militari disattesero accordi e ordini del CLN. In ogni caso fu in nome dei comitati regionali che vennero intraprese importanti decisioni e atti, come l'insurrezione dell'11 agosto 1944 in Toscana o la resa tedesco-nazi-fascista di Genova del 25 aprile 1945. La composizione politica delle brigate partigiane era piuttosto varia: Brigate Garibaldi (Partito Comunista Italiano): 575 Brigate autonome (guidate da militari e rappresentate nel CLN), particolarmente attive in Piemonte): 255 Brigate Giustizia e Libertà (Partito d'Azione): 198 Brigate Matteotti (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria): 70 Brigate Mazzini (Partito Repubblicano Italiano) Brigate del popolo (Democrazia Cristiana): 54. Il Corpo volontari della libertà (CVL) Il 19 giugno 1944 si costituisce a Milano, quale trasformazione dell'iniziale Comitato Militare del CLN, il CVL (Corpo volontari della libertà). Ne fanno parte il comunista Luigi Longo, l’azionista Ferruccio Parri, il democratico-cristiano Enrico Mattei, il socialista Giovanni Battista Stucchi e, per le formazioni autonome, Mario Argenton. Consulente militare è il generale Giuseppe Bellocchio. Il 3 novembre 1944 il Comando del CVL è assegnato al generale Raffaele Cadorna, affiancato, in qualità di vice comandanti, dal comunista Luigi Longo e dall'azionista Ferruccio Parri Mancate adesioni Rimasero fuori dal CLN il Partito Repubblicano Italiano, pur partecipando alla Resistenza, per la sua posizione istituzionale che comportava una pregiudiziale antimonarchica-istituzionale, ed anche alcuni gruppi di sinistra che non accettavano il compromesso dell'unità nazionale su cui si basava il CLN che prevedeva la "precedenza alla lotta contro il nemico esterno, spostando a dopo la vittoria il problema dell'assetto Istituzionale dello Stato". Non aderirono inoltre al CLN formazioni politico militari antifasciste di rilevante importanza come Bandiera rossa di Roma e formazioni anarchiche di pesante valenza militare come le Brigate Bruzzi-Malatesta di Milano, pur agendo di concerto con le Brigate Matteotti, nonché diverse formazioni anarchiche che agivano nella Lunigiana e sui monti di Carrara come il Battaglione Lucetti, mentre di converso molti anarchici per motivi contingenti di mancanza di organizzazione autonoma locale confluirono nelle Brigate Partigiane che facevano riferimento al CLN come, ad esempio, Emilio Canzi comandante unico della XIII Zona operativa, zona relativa all'Appennino Tosco-Emiliano. La stessa adesione al CLN di Stella Rossa fu complessa e problematica, con una grandissima discrezionalità di azione permessa alla Brigata Partigiana stessa da parte del CLN. Scioglimento Prima delle elezioni del 1946 i CLN vennero spogliati di ogni funzione e quindi sciolti nel 1947. Note Note esplicative e di approfondimento Note bibliografiche Bibliografia Giorgio Bocca, Storia dell'Italia partigiana. Settembre 1943-maggio 1945, Bari, Laterza, 1966. Renzo De Felice, Mussolini. L'alleato (1940-1945). Vol. 2: La guerra civile (1943-1945), Einaudi, 1997. Mario Giovana, Ricerche sulla storia del C.L.N. piemontese, URL: http://www.italia-resistenza.it/wp-content/uploads/ic/RAV0068570_1955_34-39_08.pdf Giorgio Pisanò, Storia della guerra civile in Italia (1943-1945), 1965. Pietro Secchia, Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza, La Pietra, 1971. Emilio Sereni, CLN, il Comitato di Liberazione Nazionale della Lombardia al lavoro nella cospirazione, nell'insurrezione, nella ricostruzione, Milano: Percas, 1945, p. 265. Dianella Gagliani, Brigate nere Mussolini e la militarizzazione del Partito fascista repubblicano, Bollati Boringhieri, 1999. Daniele Biacchessi, Orazione civile per la Resistenza, Bologna, Promomusic, 2012. Voci correlate Alcide De Gasperi Armistizio di Cassibile Arrendersi o perire! Campagna d'Italia (1943-1945) Corpo volontari della libertà Ivanoe Bonomi Guerra di liberazione italiana Guerra civile in Italia (1943-1945) Partigiano Periodo costituzionale transitorio Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943 Resistenza italiana Seconda guerra mondiale Svolta di Salerno Altri progetti Collegamenti esterni Coalizioni politiche italiane del passato
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https://it.wikipedia.org/wiki/Costituzione%20della%20Repubblica%20Italiana
Costituzione della Repubblica Italiana
La Costituzione della Repubblica Italiana è la legge fondamentale dello Stato italiano, e si posiziona al vertice della gerarchia delle fonti nell'ordinamento giuridico della Repubblica. Considerata una costituzione scritta, rigida, lunga, votata, compromissoria, laica, democratica e tendenzialmente programmatica, è formata da 139 articoli e da 18 disposizioni transitorie e finali. Approvata dall'Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947 e promulgata dal capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola il 27 dicembre seguente, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 298, edizione straordinaria, dello stesso giorno, ed entrata in vigore il 1º gennaio 1948, ne esistono tre originali: uno presso l'archivio storico della Presidenza della Repubblica Italiana, uno presso l'archivio storico della Camera dei deputati e uno presso l'Archivio Centrale dello Stato. Sinossi storica Gli statuti preunitari Il primo esempio in Italia di statuto costituzionale si ebbe a Palermo, quando il 18 luglio 1812 il Parlamento del Regno di Sicilia borbonico riunito in seduta straordinaria, promulgò la Costituzione siciliana del 1812, una carta sul modello inglese. La Costituzione prevedeva un parlamento bicamerale formato da una Camera dei comuni, composta da rappresentanti del popolo con carica elettiva, e una Camera dei Pari, costituita da ecclesiastici, militari ed aristocratici con carica vitalizia. Le due camere, convocate dal sovrano almeno una volta l'anno, detenevano il potere legislativo, ma il re deteneva potere di veto sulle leggi del parlamento. Fu soppressa di fatto nel dicembre 1816 con la nascita del Regno delle Due Sicilie. Nel 1848, con le rivoluzioni scoppiate durante la primavera dei popoli, furono concessi dai sovrani di alcuni stati italiani alcuni statuti: quello napoletano, quelli del ducato di Parma e dello Stato della Chiesa, in Piemonte, quello albertino, mentre quello siciliano era non ottriato, dal francese octroyée, cioè non concesso dal sovrano. Lo statuto Napoletano, su ispirazione della Seconda Repubblica francese, prevedeva che il potere legislativo fosse condiviso tra re e Parlamento. In Sicilia, invece, si era formato un regno autonomo la cui Costituzione rendeva per la prima volta le due camere elettive mentre conferiva il potere esecutivo al re che lo esercitava per mezzo dei ministri responsabili, da lui nominati, che sottoscrivevano ogni suo ordine. Veniva riconosciuta la libertà di parola, di stampa nonché di insegnamento. Tale carta costituzionale era "rigida", in quanto per effettuare modifiche era necessaria una procedura aggravata che prevedeva il concorso di due terzi dei votanti presenti di ciascuna camera. Anche lo Statuto dello Stato della Chiesa conteneva norme simili alle altre carte coeve. Fatta salva la dichiarazione della religione cattolica come religione di Stato e il potere di censura ecclesiastica preventiva sulle pubblicazioni religiose, erano recepite le libertà fondamentali del cittadino: la magistratura era indipendente dal potere politico, i tribunali speciali erano aboliti, era garantita la tutela della libertà personale e l'inviolabilità della proprietà. Per la prima volta nello Stato della Chiesa, i laici erano ammessi sia nel ramo esecutivo che legislativo. L'iniziativa legislativa apparteneva ai ministri, che erano di nomina pontificia. Le leggi erano formate tramite un sistema bicamerale perfetto, costituito dall'"Alto Consiglio" e dal "Consiglio dei Deputati". I membri del primo erano nominati a vita dal pontefice, senza limitazione di numero, quelli del secondo erano eletti. Le leggi, dopo l'approvazione, dovevano essere controfirmate dal pontefice. Nell'esercizio delle loro funzioni i membri delle due Camere erano "inviolabili" e, se condannati, potevano essere arrestati solo con il consenso del Consiglio di appartenenza. Sempre nel 1848 Carlo Alberto di Savoia concesse lo Statuto albertino, concessione che non venne revocata dal suo successore Vittorio Emanuele II, diversamente da quanto accadde nello stato della Chiesa e nel regno delle due Sicilie. Lo Statuto albertino fu simile alle altre costituzioni rivoluzionarie vigenti nel 1848 e rese l'Italia una monarchia costituzionale ereditaria secondo la legge salica, con concessioni di poteri al popolo su base rappresentativa. La sovranità apparteneva al Re il quale, da sovrano assoluto, si trasformava in principe costituzionale per sua esplicita volontà e concessione, limitandosi nei suoi poteri. Era una tipica costituzione ottriata, ossia concessa dal sovrano, e da un punto di vista giuridico si caratterizzava per la sua natura flessibile, ossia derogabile e integrabile in forza di un atto legislativo ordinario. Poco tempo dopo la sua entrata in vigore, proprio a causa della sua flessibilità, fu possibile portare l'Italia da una forma di monarchia costituzionale pura a quella di monarchia parlamentare, sul modo di operare tradizionale delle istituzioni inglesi. Lo statuto corrisponde a ciò che si definisce una "costituzione breve", limitandosi a enunciare i diritti e a individuare la forma di governo. Tra i diritti veniva riconosciuto il principio di uguaglianza, la libertà individuale, l'inviolabilità del domicilio, la libertà di stampa e la libertà di riunione. Il capo supremo dello Stato era il Re e la sua persona era "sacra ed inviolabile", i ministri rispondevano giuridicamente per gli atti regi. Il Re era tuttavia tenuto a rispettare le leggi ma non poteva essere oggetto di sanzioni penali. Egli esercitava il potere esecutivo attraverso i ministri, convocava le Camere, scioglieva quella dei Deputati e aveva il potere di sanzione delle leggi, istituto diverso dall'odierna promulgazione presidenziale, poiché il Re valutava nel merito e poteva respingerle. Inoltre, il Re nominava autonomamente il Consiglio dei ministri e il Parlamento si limitava al potere legislativo; la prassi applicativa, tuttavia, sempre più spesso voleva che il Consiglio dei ministri si rifiutasse di restare in carica quando non gradito alla camera elettiva, così che il re fosse considerato più quale rappresentante dell'unità statale che come capo dell'esecutivo. Il Parlamento era composto di due Camere: il Senato del Regno di nomina regia e vitalizia, e la Camera dei deputati, eletta su base censitaria e maschile. I progetti di legge potevano essere promossi dai Ministri, dai parlamentari e dal Re. Per diventare legge dovevano essere approvati nello stesso testo da entrambe le Camere e, in seguito, essere munite di sanzione regia. Per quanto riguardava il potere giudiziario, il Re nominava i giudici e aveva il potere di grazia. A garanzia del cittadino stava il rispetto del giudice naturale e il divieto del tribunale straordinario, la pubblicità delle udienze e dei dibattimenti. I giudici, dopo tre anni di esercizio, avevano garantita l'inamovibilità, mentre gli era negata l'interpretazione delle leggi con rilievo direttamente normativo. Dall'unità d'Italia alla prima guerra mondiale La continuità tra il Regno di Sardegna e quello d'Italia avvenne con l'estensione dello Statuto albertino a tutti i territori del regno d'Italia progressivamente annessi al regno sabaudo nel corso delle guerre d'indipendenza. Lo stato italiano nacque, da un punto di vista istituzionale, con la legge 17 marzo 1861 n. 4671, che attribuisce a Vittorio Emanuele II, «re di Sardegna», e ai suoi successori, il titolo di «re d'Italia». È la nascita giuridica di uno Stato italiano (anche se altri stati avevano già portato tale nome nel passato, dal regno longobardo per finire col regno napoleonico). Lo Statuto albertino rimase quindi in vigore quasi 100 anni quando entrò in vigore la Costituzione repubblicana. Il primo Parlamento dello Stato unitario, al principio del 1861, si compose con un suffragio elettorale ristretto al 2% della popolazione (corrispondente a cittadini) comprendendo ovvero solo i cittadini maschi con una data capacità contributiva; con la legge del 22 gennaio 1882, n. 999 il diritto di voto venne esteso anche a chi avesse la licenza scolastica elementare arrivando dunque a coinvolgere il 7% degli italiani ovvero circa su una popolazione di cittadini. Con la legge del 30 giugno 1912 n. 666 la percentuale degli aventi diritto salì al 23% della popolazione allargando il suffragio a tutti i cittadini maschi che avessero compiuto 30 anni o che, pur minori di 30 anni ma maggiori di 21, avessero un reddito di almeno 19,20 lire, o la licenza elementare, oppure avessero prestato il servizio militare. Infine, al termine della prima guerra mondiale venne introdotto, grazie alla legge del 16 dicembre 1918, n. 1985, il suffragio universale maschile ai maggiori di 21 anni o chi avesse adempiuto al servizio militare. Benché l'articolo 1 proclamasse il cattolicesimo religione di Stato, le relazioni fra la Santa Sede e lo Stato furono praticamente interrotte tra il 1870 e il 1929, per via della "questione romana". Il ventennio fascista Al termine della prima guerra mondiale e con i conseguenti scompaginamenti, in Europa si assistette a una evoluzione del costituzionalismo che si concretizzò in diverse esperienze politiche come la Seconda Repubblica Spagnola o la Repubblica di Weimar. In Italia questo non accadde. Anche a causa della mancanza di rigidità dello Statuto, ritenuto irrevocabile nei principi ma modificabile tramite legge in molte delle sue proposizioni, con l'avvento del fascismo lo Stato fu deviato verso un regime autoritario dove le forme di libertà pubblica fin qui garantite vennero stravolte: le opposizioni vennero bloccate o eliminate, la Camera dei deputati fu abolita e sostituita dalla "Camera dei fasci e delle corporazioni", il diritto di voto fu cancellato; diritti, come quello di riunione e di libertà di stampa, furono piegati in garanzia dello Stato fascista, mentre il partito unico fascista non funzionò come mezzo di partecipazione, ma come strumento di intruppamento della società civile e di mobilitazione politica pilotata dall'alto. Il fascismo non si dotò mai di una propria costituzione e lo Statuto albertino non venne mai formalmente abolito, sebbene le leggi e le azioni del governo dittatoriale lo svuotarono completamente nella sostanza. Alcuni sostengono che lo Statuto venne violato già con la nomina di Mussolini a primo ministro, ottenuta con la forza in quanto, allora, era solo un rappresentante di una minoranza parlamentare. I rapporti con la Chiesa cattolica vennero invece ricomposti e regolati tramite i Patti Lateranensi del 1929, che ristabilirono ampie relazioni politico-diplomatiche tra la Santa Sede e lo Stato italiano. Il 25 luglio 1943 Benito Mussolini venne estromesso, e il re Vittorio Emanuele III nominò il maresciallo Pietro Badoglio per presiedere un governo che ripristinò in parte le libertà dello statuto; iniziò così il cosiddetto "regime transitorio", di cinque anni, che terminò con l'entrata in vigore della nuova Costituzione e le successive elezioni politiche dell'aprile 1948, le prime della storia repubblicana. Ricomparvero quindi i partiti antifascisti costretti alla clandestinità, riuniti nel Comitato di Liberazione Nazionale, decisi a modificare radicalmente le istituzioni con l'obiettivo di ripristinare lo Stato democratico. Con il progredire e il delinearsi della situazione, con i partiti antifascisti che iniziavano a entrare nel governo, non fu possibile al re riproporre uno Statuto albertino eventualmente modificato, e la stessa monarchia, giudicata compromessa con il precedente regime, era messa in discussione. La divergenza, in clima ancora bellico, trovò una soluzione temporanea, una «tregua istituzionale», in cui si stabiliva la necessità di trasferire i poteri del re all'erede al trono (per l'occasione, ci fu un proclama del re il 12 aprile 1944), il quale doveva assumere la carica provvisoria di "luogotenente del regno", mettendo temporaneamente da parte la questione istituzionale; quindi, nel giugno 1944, veniva decisa la convocazione di un'Assemblea Costituente eletta a suffragio universale, incaricata di scrivere una nuova carta costituzionale. Fu poi esteso il diritto di voto alle donne (febbraio 1945), con il D.L.L. 2 febbraio 1945, n. 23 emanato dal Governo Bonomi III. La nascita della repubblica e l'assemblea costituente Dopo la cessazione delle ostilità, fu indetto il referendum per la scelta fra repubblica e monarchia (2 giugno 1946) che sancì la nascita della Repubblica Italiana. Dopo sei anni dall'inizio della seconda guerra mondiale e venti anni dall'inizio della dittatura, il 2 giugno 1946 si svolsero contemporaneamente il referendum istituzionale e l'elezione dell'Assemblea Costituente, con la partecipazione dell'89% degli aventi diritto. Il 54% dei voti (più di dodici milioni) fu per lo stato repubblicano, superando di due milioni i voti a favore della monarchia sabauda. L'elezione dell'Assemblea Costituente L'Assemblea fu eletta con un sistema proporzionale e furono assegnati 556 seggi, distribuiti in 31 collegi elettorali. Ora i partiti del Comitato di Liberazione Nazionale cessarono di considerarsi uguali, e si poté constatare la loro rappresentatività. Dominarono le elezioni tre grandi formazioni: la Democrazia Cristiana, che ottenne il 35,2% dei voti e 207 seggi; il Partito Socialista, 20,7% dei voti e 115 seggi; il Partito Comunista, 18,9% e 104 seggi. La tradizione liberale (riunita nella coalizione Unione Democratica Nazionale), protagonista della politica italiana nel periodo precedente la dittatura fascista, ottenne 41 deputati, con quindi il 6,8% dei consensi; il Partito Repubblicano, anch'esso d'ispirazione liberale ma con un approccio differente nei temi sociali, 23 seggi, pari al 4,4%. Mentre il Partito d'Azione, nonostante un ruolo di primo piano nella Resistenza, ebbe solo l'1,5% corrispondente a 7 seggi. Fuori dal coro, in opposizione alla politica del CLN, raccolsero i voti dei nostalgici del precedente regime la formazione dell'Uomo qualunque, che prese il 5,3% con 30 seggi assegnati, e il Blocco Nazionale della Libertà, lista elettorale d'ispirazione conservatrice e monarchica, costituita in occasione delle elezioni per l'Assemblea Costituente del 1946 da Partito Democratico Italiano (PDI), Concentrazione Nazionale Democratica Liberale (CNDL) e Centro Democratico (CD) che ottenne (pari al 2,77%) e 16 seggi su 556, e già prima della conclusione dei lavori della Costituente vide i suoi membri dividersi tra il Partito Liberale Italiano, il Fronte dell'Uomo Qualunque e il nascente Partito Nazionale Monarchico. Durante il periodo costituente, l'Assemblea ebbe la facoltà di revocare o accordare la fiducia ai vari governi ai quali era demandata la funzione legislativa. Inoltre, l'Assemblea stessa nominò quale Capo di Stato Provvisorio l'avvocato napoletano Enrico De Nicola. La genesi e l'approvazione della Costituzione Appena eletta, l'Assemblea nominò al suo interno una Commissione per la Costituzione, composta di 75 membri incaricati di stendere il progetto generale della carta costituzionale. A sua volta, la Commissione si suddivise in tre sottocommissioni: diritti e doveri dei cittadini (presieduta da Umberto Tupini della DC), organizzazione costituzionale dello Stato (presieduta da Umberto Terracini del PCI) e rapporti economici e sociali (presieduta da Gustavo Ghidini del PSI). Giorgio La Pira sintetizzò le due concezioni costituzionali e politiche alternative dalle quali si intendeva differenziare la nascente Carta, distinguendone una "atomista, individualista, di tipo occidentale, rousseauiana" e una "statalista, di tipo hegeliano". Secondo i costituenti, riferì La Pira, si pensò di differenziarla nel principio che "per il pieno sviluppo della persona umana, a cui la nostra Costituzione doveva tendere, era necessario non soltanto affermare i diritti individuali, non soltanto affermare i diritti sociali, ma affermare anche l'esistenza dei diritti delle comunità intermedie che vanno dalla famiglia sino alla comunità internazionale". Il progetto costituzionale venne presentato all'Assemblea nel febbraio 1947 e così iniziò il dibattito in aula, che si protrasse fino al dicembre successivo, riguardo sia all'impianto generale sia ai singoli titoli e norme. Tale procedimento comportò numerose modifiche, talvolta anche rilevanti, alla Carta proposta, che tuttavia non venne mai modificata nella sua struttura più essenziale. Trovata finalmente una convergenza tra le varie correnti politiche, il testo definitivo venne approvato a scrutinio segreto il 22 dicembre 1947 con 458 voti favorevoli, 62 contrari e nessun astenuto, su un totale di 520 votanti. La maggioranza che elaborò e votò la Costituzione fu il frutto di un compromesso tra la sinistra e i cattolici sui principi fondamentali, anche se i liberali esercitarono un'influenza decisiva sui meccanismi istituzionali e in particolare la separazione dei poteri. La Costituzione venne, infine, promulgata il 27 dicembre 1947 ed entrò in vigore il 1º gennaio 1948. L'attuazione della Costituzione Per quanto riguarda il funzionamento del Governo e del Parlamento, il ruolo del Presidente della Repubblica e i rapporti tra tali soggetti, le norme previste dalla Carta costituzionale trovarono fin da subito applicazione nella vita della neonata Repubblica. L'Assemblea Costituente, inoltre, si occupò di approvare la legge sulla stampa, la legge elettorale e gli statuti di quattro delle cinque regioni autonome. Tuttavia, altri istituti e altri diritti costituzionali dovettero aspettare diversi anni prima di trovare un riscontro attuativo. La Corte costituzionale, prevista nell'articolo 134, trovò attuazione solo nel 1955 a seguito della legge costituzionale 1/1953 e della legge ordinaria 87/1953. Sorte simile toccò al Consiglio Superiore della Magistratura che entrò in funzione solo nel 1958. La legge necessaria a regolare l'istituto del referendum venne approvata solo nel 1970, in occasione della legge sul divorzio. Nel 1975 venne promulgata la legge di riforma del diritto di famiglia e nel 1990 quella sullo sciopero. Fino all'approvazione di una legge del 1984, la Corte costituzionale fu più volte chiamata a regolare i rapporti tra Stato e Chiesa che erano ancora basati sui dettami dei patti lateranensi. Descrizione La Costituzione è la principale fonte del diritto della Repubblica Italiana, cioè quella dalla quale dipendono gerarchicamente tutte le altre norme giuridiche dell'ordinamento dello Stato. La Costituzione italiana è una costituzione scritta, rigida, lunga, votata, laica, compromissoria, democratica e programmatica. Il processo di consolidamento dei principi indicati dalla Costituzione, attraverso la loro concretizzazione nella legge ordinaria (o, talvolta, nell'orientamento giurisprudenziale), è detto attuazione della Costituzione. Tale processo è durato decenni e alcuni ritengono che non sia ancora completato. Il legislatore costituzionale, inoltre, ha ritenuto di ritornare nella Costituzione repubblicana su alcune materie, per integrarle e ampliarle, adottando provvedimenti di legge costituzionale, tipici di tutte le costituzioni rigide. Tali emendamenti sono integrazioni alla Costituzione, approvate con lo stesso procedimento della revisione costituzionale, e costituiscono modifiche più o meno profonde. Per quanto concerne l'attuazione e l'integrazione delle norme costituzionali, si ricorda ad esempio che la Corte costituzionale non venne attivata che nel 1956 (le elezioni dei giudici tramite una legge non avvenne che nel 1953), che il Consiglio superiore della magistratura venne attivato nel 1958 e che le Regioni ordinarie vennero istituite nel 1970 (sebbene quattro regioni speciali vennero istituite nel 1948 e il Friuli-Venezia Giulia nel 1963); il referendum abrogativo, infine, venne istituito con la legge 352 del 15 maggio 1970. Elementi formali La normazione è contenuta in un testo legislativo "scritto". La scelta è comune all'esperienza di civil law e a quella di common law, con la grande eccezione del Regno Unito, paese nel quale la Costituzione è considerata da alcune consuetudini costituzionali, solo recentemente recepite in leggi, corrispondenti ai principali valori fondanti dello Stato, nonché da alcuni documenti assai risalenti come la Magna Carta, lAct of Settlement, la Petition of Right e il Bill of Rights. Si dice che la Costituzione italiana è "rigida". Con ciò si indica che: le disposizioni aventi forza di legge in contrasto con la Costituzione, che è fonte di gerarchia del diritto, vengono rimosse con un procedimento innanzi alla Corte costituzionale; è necessario un procedimento parlamentare aggravato per la riforma/revisione dei suoi contenuti (non bastando la normale maggioranza, ma la maggioranza qualificata dei componenti di ciascuna camera, e prevedendo per la revisione due successive deliberazioni a intervallo non minore di tre mesi l'una dall'altra). Esistono inoltre dei limiti alla revisione costituzionale. La Costituzione è "lunga": contiene disposizioni in molti settori del vivere civile, non limitandosi a indicare le norme sulle fonti del diritto. In ogni caso, da questo punto di vista, è da dire che il disposto costituzionale presenta per parte carattere programmatico, venendo così in rilevanza solo in sede di indirizzo per il legislatore o in sede di giudizio di legittimità degli atti aventi forza di legge. "Votata" perché rappresenta un patto tra i rappresentanti del popolo italiano. "Compromissoria" perché frutto di una particolare collaborazione tra tutte le forze politiche uscenti dal secondo conflitto mondiale. "Democratica" perché è dato particolare rilievo alla sovranità popolare, ai sindacati e ai partiti politici. La sovranità popolare deve essere comunque esercitata solo nelle forme e nei limiti individuati dalla stessa Costituzione. "Programmatica" perché rappresenta un programma (attribuisce alle forze politiche il compito di rendere effettivi gli obiettivi fissati dai costituenti, e ciò attraverso provvedimenti legislativi non contrastanti con le disposizioni costituzionali). Direttrici fondamentali Nelle linee guida della Carta è ben visibile la tendenza all'intesa e al compromesso dialettico tra gli autori. La Costituzione mette l'accento sui diritti economici e sociali e sulla loro garanzia effettiva. Si ispira anche ad una concezione antiautoritaria dello Stato con una chiara diffidenza verso un potere esecutivo forte e una fiducia nel funzionamento del sistema parlamentare. Sebbene già nell'Ordine del giorno Perassi (con cui appunto si optò per una forma di governo parlamentare) venne prevista la necessità di inserire meccanismi idonei a tutelare le esigenze di stabilità governativa evitando ogni degenerazione del parlamentarismo. Non mancano importanti riconoscimenti alle libertà individuali e sociali, rafforzate da una tendenza solidaristica di base. Fu possibile, anche, grazie alla moderazione dei marxisti, confermare la validità dei Patti Lateranensi e permettere di accordare un'autonomia regionale tanto più marcata nelle isole e nelle regioni con forti minoranze linguistiche (aree in cui la sovranità italiana era stata messa in forte discussione durante l'ultima parte della guerra, e in parte lo era ancora durante i lavori costituenti). Struttura La Costituzione è composta da 139 articoli e relativi commi (5 articoli sono stati abrogati: 115; 124; 128; 129; 130), più 18 disposizioni transitorie e finali, suddivisi in quattro sezioni: Principi fondamentali (articoli 1-12); Parte prima: "Diritti e Doveri dei cittadini" (articoli 13-54); Parte seconda: "Ordinamento della Repubblica" (articoli 55-139); Disposizioni transitorie e finali (disposizioni I-XVIII). Il testo completo si apre con un brevissimo preambolo (seguito subito dai Principi fondamentali): «IL CAPO PROVVISORIO DELLO STATO - Vista la deliberazione dell'Assemblea Costituente, che nella seduta del 22 dicembre 1947 ha approvato la Costituzione della Repubblica Italiana; - Vista la XVIII disposizione finale della Costituzione; - PROMULGA - La Costituzione della Repubblica Italiana nel seguente testo». Esso è di natura tecnico-esplicativa e non politica. Proposte di preamboli politici o culturali, ad esempio quelle formulate da Giorgio La Pira ("In nome di Dio il popolo italiano si dà la seguente Costituzione") e Piero Calamandrei ("Il popolo italiano consacra alla memoria dei fratelli caduti, per restituire all’Italia libertà e onore, la presente Costituzione"), non furono accolte dall'Assemblea. Principi fondamentali I primi dodici articoli della Costituzione delineano i "Principi fondamentali", assenti negli statuti fondativi precedenti, che espongono lo spirito della Costituzione. In essi sono compresi alcuni dei principi supremi della Costituzione che si ritrovano sottintesi in tutto il testo. Altri principi supremi della Costituzione, come evidenziato dalla giurisprudenza costituzionale, si trovano anche nella parte I e nella parte II della Costituzione, come, ad esempio, il principio di indipendenza della magistratura. I principi supremi della Costituzione non possono essere oggetto di modifica attraverso il procedimento di revisione costituzionale previsto dagli articoli 138 e 139. La Costituzione coglie la tradizione liberale e giusnaturalista nel testo dell'articolo 2: esso, infatti, sancisce che "la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo" come definiti dalla dichiarazione universale dei diritti umani promulgata dall'Organizzazione delle Nazioni Unite. Tali diritti sono considerati diritti naturali, non creati giuridicamente dallo Stato, ma ad esso preesistenti. Tale interpretazione è riferita alla parola "riconoscere" che implica la preesistenza di un qualcosa. I diritti inviolabili sono, così, riconosciuti all'individuo sia considerato singolarmente, sia nelle formazioni sociali adeguate allo sviluppo della personalità e finalizzate alla tutela degli interessi diffusi (interessi comuni ai diversi gruppi che si sviluppano in forma associata). La tipologia raccoglie gruppi di diverse forme e aspetti, ugualmente rilevanti e degni di tutela per l'ordinamento: associazioni politiche, sociali, religiose, culturali, familiari. Il principio di laicità è stato enucleato dalla Corte costituzionale con la nota sentenza n. 203 del 1989; in base ad esso l'ordinamento italiano attribuisce valore e tutela alla religiosità umana come comportamento apprezzato nella sua generalità ed astrattezza, senza alcuna preferenza per qualsivoglia fede religiosa. Scaturisce dal "principio personalista", di cui all'articolo 2, e dal "principio di uguaglianza" (art. 3): La Costituzione si preoccupa di regolare i rapporti tra Stato e Chiesa e di ciò si interessa l'art.7, che cita: L'articolo 19, enunciando il diritto di tutti a professare la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale o associata, specifica il riconoscimento della libertà religiosa come diritto inviolabile dell'uomo: Per la mediazione politica dell'Assemblea costituente, per la forte pressione della Chiesa cattolica attraverso i deputati democristiani, si stabilì, all'articolo 7, che Stato italiano e Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, sovrani e indipendenti; all'articolo 8 che tutte le confessioni religiose sono egualmente libere e che a quelle diverse dalla cattolica viene riconosciuto lo stesso regime di rapporti con lo Stato, per tutelare le loro specifiche esigenze, mediante accordi (le cd. "intese"). Riguardo al principio di uguaglianza in materia religiosa l'articolo 8 dichiara che tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge: Il pluralismo è tipico degli Stati democratici. Nella Repubblica è riconosciuto e tutelato il pluralismo delle formazioni sociali (art. 2), degli enti politici territoriali (art. 5), delle minoranze linguistiche (art. 6), delle confessioni religiose (art. 8), delle associazioni (art. 18), di idee ed espressioni (art. 21), della cultura (art. 33, comma 1), delle scuole (art. 33, comma 3), delle istituzioni universitarie e di alta cultura (art. 33, comma 6), dei sindacati (art. 39) e dei partiti politici (art. 49). È riconosciuta, altresì, la libertà delle stesse organizzazioni intermedie, e non solo degli individui che le compongono, in quanto le formazioni sociali meritano un ambito di tutela loro proprio. In ipotesi di contrasto fra il singolo e la formazione sociale cui egli è membro, lo Stato non dovrebbe intervenire. Il singolo, tuttavia, deve essere lasciato libero di uscirne. Tra gli altri elementi caratterizzanti del principio democratico vi è la preponderanza di organi elettivi e rappresentativi, il principio di maggioranza, ma con tutela delle minoranze (anche politiche), processi decisionali (politici e giudiziari) trasparenti e aperti a tutti e, soprattutto, il principio di sovranità popolare sancito dall'articolo 1, comma 2. Nell'articolo 1, comma 1 ("L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro") e nell'articolo 4, comma 2, vi sono riferimenti al principio lavorista, in cui il lavoro non è solo un rapporto economico, ma anche un valore sociale che nobilita l'uomo: Non è solo un diritto, bensì anche un dovere che eleva il singolo e non serve a identificare una classe. Ciò conferisce al disegno costituzionale una sostanziale differenza rispetto allo stato liberale in cui la proprietà aveva più importanza del lavoro. Questo riferimento al lavoro non va, però, inteso come una norma giuridica, che obbligherebbe lo Stato a tutelarlo nel dettaglio, bensì come un richiamo al principio ad esso collegato, che è fondativo della società italiana. Come è affermato con chiarezza nell'articolo 3 della Costituzione italiana tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni sociali e personali, sono uguali davanti alla legge (uguaglianza formale, comma 1). È compito dello Stato rimuovere gli ostacoli che di fatto limitano l'eguaglianza sostanziale e impediscono agli individui di sviluppare pienamente la loro personalità sul piano economico, sociale e culturale (uguaglianza sostanziale, comma 2). Nello stesso primo comma dedicato all'eguaglianza dinanzi alla legge la Costituzione repubblicana richiama la "pari dignità sociale", andando, dunque, oltre la mera formulazione dell'eguaglianza liberale. Lo Stato ha il compito di aiutare le associazioni e le famiglie, attraverso la solidarietà politica, economica e sociale (art. 3 II comma, art. 2). Esso, infatti, deve rimuovere ogni ostacolo che impedisca la formazione della persona umana: L'articolo 5 vieta ogni forma di secessione o di cessione territoriale ed è garantito dal sacro dovere di difendere la patria (sancito dall'art. 52). Lo stesso articolo assicura alle collettività territoriali (Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni) una forte autonomia dallo Stato (con conseguente attribuzione di poteri normativi e amministrativi propri), grazie alla quale i cittadini sono in grado di partecipare più da vicino e con maggiore incisività alla vita politica del Paese. Da una prima lettura di questi principi traspare la volontà del Costituente, che aveva vissuto la tragica esperienza dell'oppressione nazi-fascista e della guerra di liberazione, di prendere le distanze non solo dal regime fascista, ma anche dal precedente modello di Stato liberale, le cui contraddizioni e incertezze avevano consentito l'instaurazione della dittatura. Il tipo d'organizzazione statale tracciato dal Costituente è quello dello Stato sociale di diritto che, per garantire eguali libertà e dignità a tutti i cittadini, si fa carico di intervenire attivamente in prima persona nella società e nell'economia. Il principio è rafforzato dall'articolo 57 che prevede l'elezione del Senato su base regionale. Come viene sancito dall'articolo 10 l'ordinamento italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute: ciò comporta un "rinvio mobile", ovvero un adattamento automatico di tali norme nel nostro ordinamento. L'articolo recita: Per quanto riguarda il rifiuto della guerra come strumento di offesa, l'articolo 11 della Costituzione recita: L'articolo 11 stabilisce, quindi, che la Repubblica consente l'uso di forze militari per la difesa del territorio in caso di attacco militare da parte di altri Paesi, ma non con intenti espansionistici, ed accetta una limitazione della propria sovranità dando la possibilità all'Italia di partecipare a una guerra in difesa di altre nazioni con le quali siano state instaurate alleanze (ad esempio in caso di attacco armato a un paese membro della NATO), nonché di ospitare truppe straniere sul proprio territorio. Dal rifiuto della guerra come strumento di offesa non consegue il fatto che l'Italia non possa partecipare a un conflitto, tant'è che gli articoli 78 e 87 della Costituzione prescrivono quali organi dello Stato deliberano lo stato di guerra. In particolare, per l'Italia, sono le due camere che decretano lo stato di guerra, che poi è formalmente dichiarata dal Presidente della Repubblica; le camere conferiscono al governo i poteri necessari per fronteggiare il conflitto. Altro provvedimento straordinario in caso di guerra è la durata della legislatura delle due camere, che può essere eccezionalmente prorogata, come recita l'articolo 60 della Costituzione, oltre i cinque anni canonici. Allo stato di guerra si ricollegano, poi, altre particolari eccezioni, come ad esempio quella individuata dall'articolo 27, che prevede(va) la pena di morte in Italia in base al codice penale militare di guerra (ora ergastolo); dall'articolo 103, che determina la giurisdizione dei tribunali militari in tempo di guerra; e dall'articolo 111, con cui non viene ammesso ricorso per Cassazione su sentenze emesse dai tribunali militari di guerra. Inoltre l'articolo 11 consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, limitazioni alla sovranità nazionale, necessarie per assicurare una pacifica coesistenza tra le Nazioni. A esso la giurisprudenza costituzionale ricollega la modalità di ingresso nell'ordinamento italiano del diritto dell'Unione europea con valore di fonte sovraprimaria: «Questa Corte, fin dalle prime occasioni nelle quali è stata chiamata a definire il rapporto tra ordinamento nazionale e diritto comunitario, ne ha individuato il “sicuro fondamento” nell'articolo 11 Cost. È in forza di tale parametro, collocato non senza significato e conseguenze tra i principi fondamentali della Carta, che si è demandato alle Comunità europee, oggi Unione europea, di esercitare in luogo degli Stati membri competenze normative in determinate materie, nei limiti del principio di attribuzione» (Corte costituzionale, sentenza n. 227/2010). L'articolo 12 definisce la bandiera nazionale italiana: Nella Costituzione della Repubblica Italiana non è, invece, specificato quale sia l'inno nazionale italiano. Infatti all'epoca della stesura della carta costituzionale Il Canto degli Italiani di Goffredo Mameli e Michele Novaro, inno de facto della Repubblica Italiana dal 1946 al 2017, non aveva raggiunto lo status di inno nazionale de iure, che avrebbe raggiunto soltanto 70 anni dopo, il 4 dicembre 2017. Parte prima: diritti e doveri dei cittadini La parte prima è composta da 42 articoli e si occupa dei "Diritti e dei Doveri dei cittadini". Gli articoli dal 13 al 16 sono dedicati alle libertà individuali, in cui si afferma che la libertà è un valore sacro e, quindi, inviolabile (art. 13); che il domicilio è inviolabile (art. 14); che la corrispondenza è libera e segreta (art. 15); che ogni cittadino può soggiornare e circolare liberamente nel Paese (art. 16) - per le limitazioni di queste libertà la carta costituzionale prevede una riserva di legge assoluta -. Le libertà collettive, affermate dagli articoli dal 17 al 21, garantiscono che i cittadini italiani hanno il diritto di riunirsi in luoghi pubblici (con obbligo di preavviso all'autorità di pubblica sicurezza), o in luoghi privati e aperti al pubblico (liberamente) (art. 17), di associarsi liberamente; e che le associazioni aventi uno scopo comune non devono andare contro il principio democratico e le norme del codice penale (art. 18); che ogni persona ha il diritto di professare liberamente il proprio credo (art. 19); che ogni individuo è libero di professare il proprio pensiero , con la parola, con lo scritto e con ogni altro mezzo di comunicazione (art. 21). Dall'articolo 22 al 28 si affermano i principi e i limiti dell'uso legittimo della forza (art. 23); il diritto attivo e passivo alla difesa in tribunale (art. 24); il principio di legalità della pena (art. 25); le limitazioni all'estradizione dei cittadini (art. 26); il principio di personalità nella responsabilità penale (art. 27, comma 1); il principio della presunzione di non colpevolezza (art. 27, comma 2); il principio di umanità e rieducatività della pena (art. 27, comma 3) e l'esclusione della pena di morte (art. 27, comma 4); infine la previsione della responsabilità individuale del dipendente e dei funzionari pubblici, organicamente estesa all'intero apparato, per violazione di leggi da parte di atto della pubblica amministrazione, a tutela della funzione sociale e dei consociati dagli illeciti, in materia civile (art. 28, comma 2), nonché amministrativa e penale (art. 28, comma 1). La Repubblica italiana riconosce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, e afferma anche che è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli (dall'art. 29 al 31). L'articolo 32 della Costituzione afferma che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo ed interesse della collettività. Afferma, inoltre, che "nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge" e che la legge "non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana". I due successivi articoli, il 33 e il 34, affermano che l'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento; inoltre la scuola deve essere aperta a tutti: quella statale è gratuita, mentre quella privata è libera e senza oneri per lo Stato. Gli articoli dal 35 al 47 assicurano la tutela del lavoro e la libertà di emigrazione (art. 35), il diritto al giusto salario (art. 36, comma 1), la durata massima della giornata lavorativa (art. 36, comma 2), il diritto/dovere al riposo settimanale (art. 36, comma 3), il lavoro femminile e minorile (art. 37), i lavoratori invalidi, malati, anziani o disoccupati (art. 38), la libertà di organizzazione sindacale (art. 39), il diritto di sciopero (art. 40), la libertà di iniziativa economica e i suoi limiti (art. 41), la proprietà pubblica e privata, e la sua funzione sociale (art. 42), la possibilità ed i limiti all'espropriazione (art. 43), la proprietà terriera (art. 44), le cooperative e l'artigianato (art. 45), la collaborazione tra i lavoratori (art. 46) ed il risparmio (art. 47). I diritti e doveri politici sono dichiarati dall'articolo 48 al 54. L'articolo 48 afferma che sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età oltre anche che il diritto di voto è personale ed eguale, libero e segreto, e che il suo esercizio è dovere civico ma l'astensione non è sanzionata: Con l'articolo 49 si sancisce invece il principio della libertà di associarsi in partiti e del pluripartitismo politico: Secondo l'articolo 52, il cittadino ha il dovere nel concorrere alla difesa dello Stato, prevedendo l'obbligatorietà del servizio militare in Italia, ma solo nelle modalità e nelle limitazioni imposte dalla legge, affermando contestualmente il principio giuridico che l'ordinamento delle forze armate italiane deve essere organizzato in base allo spirito repubblicano: Gli articoli 53 e 54 identificano alcuni doveri dei cittadini, nello specifico il dovere di concorrere alle spese pubbliche pagando tasse e imposte (secondo il principio di progressività della tassazione), il dovere di essere fedeli alla Repubblica, alla Costituzione ed alle leggi, ed il dovere per chi esercita funzioni pubbliche, di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi previsti dalla legge: Parte seconda: Ordinamento della Repubblica La parte seconda della Costituzione della Repubblica Italiana descrive l'ordinamento dello stato, in particolare le caratteristiche del suo garante identificato nel Presidente della Repubblica, del potere legislativo, di quello esecutivo e di quello giudiziario nonché degli enti locali e degli istituti a garanzia della Costituzione stessa. Titolo I: Il Parlamento Il primo titolo, dall'articolo 55 all'82, riguarda il potere legislativo ed è suddiviso in due sezioni: "il Parlamento" e "la formazione delle leggi". Per la struttura del Parlamento della Repubblica Italiana, la Costituzione ha previsto una forma a bicameralismo perfetto costituito da due Camere: la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica (art. 55, comma 1). Per lo svolgimento di particolari incarichi previsti dalla carta costituzionale è previsto che si riunisca in seduta comune (art. 55, comma 2): Secondo l'articolo 56, la Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto ed è costituita da 400 deputati eleggibili tra tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i 25 anni di età: L'articolo successivo, il 57, afferma che il Senato della Repubblica è eletto a base regionale e il numero dei senatori elettivi viene fissato a 200: Quest'ultimi vengono eletti a suffragio universale e diretto. Sono eleggibili senatori gli elettori che hanno compiuto il quarantesimo anno" (art. 58): Questo perché i costituenti vollero dare al Senato quel ruolo di "Camera di riflessione" che deliberi sulle leggi già approvate dalla Camera dei deputati, l'"Assemblea nazionale" italiana. Inoltre, nel Senato siedono anche i senatori a vita, cittadini che, pur non essendo eletti, appartengono alla Camera alta perché ex Presidenti della Repubblica (senatori di diritto) o per altissimi meriti in ambito sociale, scientifico, artistico o letterario. Tali cittadini che non risiedono de jure sono nominati senatori dal Presidente della Repubblica in carica, e non possono in alcun caso essere più di cinque: Entrambe le camere rimangono in carica per una durata di 5 anni (inizialmente per il senato erano 6), tale periodo prende il nome di "legislatura" e non può essere prorogato se non per legge e soltanto in caso di guerra (art. 60). Tuttavia una legislatura può anche durare meno su decisione del Presidente della Repubblica che può "sciogliere le camere". Al termine della legislatura, lo stesso Capo dello Stato indice le elezioni, che hanno luogo entro settanta giorni, e fissa la data della prima riunione delle Camere; nel periodo tra la scadenza della legislatura e la formazione delle nuove Camere, la prorogatio, sono prorogati i poteri delle Camere precedenti, che però sono assai ridotti (limitati all'ordinaria amministrazione), essendo ormai scaduta la funzione rappresentativa del popolo. Bisogna notare che la Costituzione pone in essere un solo limite esplicito ai poteri delle camere in prorogatio: esse non possono procedere all'elezione del Presidente della Repubblica (art. 85.3 cost.). Si noti che la prorogatio scatta implicitamente e automaticamente il giorno dopo lo scioglimento delle Camere, mentre la proroga deve essere esplicitamente deliberata dalle Camere stesse. L'articolo 64 della Carta descrive invece l'ordinario svolgimento dei lavori parlamentari, prevedendo un particolare atto, un "Regolamento parlamentare", uno per ciascuna Camera, e che è adottato a maggioranza assoluta, con quindi più "difficoltà" di una legge ordinaria. Essa, infatti, è adottata a maggioranza semplice (il 50%+1 dei presenti). Le sedute sono pubbliche, e possono essere seguite dai cittadini recandosi direttamente nelle sedi parlamentari in Roma (Palazzo Montecitorio per la Camera, Palazzo Madama per il Senato) o tramite altri strumenti di diffusione di massa. Il secondo comma dell'articolo 64 prevede che le Camere o il Parlamento in seduta comune possano deliberare di riunirsi in riunione segreta, ma, in periodo repubblicano, ciò non è mai avvenuto (per risalire a un precedente, bisogna tornare alle sedute della Camera dei deputati del 3 maggio 1866 e del 21 giugno 1917). Problemi di interpretazione ha invece dato il terzo comma dell'articolo 64, che recita: "Le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti, e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione prescriva una maggioranza speciale", ad esempio nel citato caso dei Regolamenti. La prima parte prevede il "quorum", il numero legale, alla sola presenza del quale l'Assemblea può dire di svolgere una funzione rappresentativa; la seconda invece specifica le modalità di determinazione della maggioranza, il numero minimo di voti che una proposta deve avere per essere approvata: il Regolamento della Camera intende per "presenti" i deputati che hanno votato "sì" o "no" a una proposta messa ai voti, mentre il Regolamento del Senato definisce "presenti" tutti i senatori che prendono parte alla votazione, includendo quindi anche gli astenuti: alla Camera, quindi, il deputato che intende astenersi deve prendere parte alla votazione e dichiarare di astenersi, mentre al Senato il senatore che veramente vuole astenersi deve uscire dall'Aula, o comunque non prendere parte alla votazione, nemmeno dichiarando di astenersi, perché in tal caso innalzerebbe la maggioranza, schierandosi così con i senatori che vogliono bocciare la proposta. Infine, l'ultimo comma di questo articolo dà diritto ai membri del Governo, anche non membri del Parlamento, non solo di assistere alle sedute (diritto che gli spetta in quanto semplice cittadino), ma anche di poter parlare nelle Camere a nome dell'Esecutivo. L'articolo 65 delega una legge a determinare i casi di ineleggibilità e incompatibilità con l'ufficio di membro del Parlamento (è questo un esempio scolastico di riserva di legge), ma specifica direttamente in Costituzione che nessuno può essere contemporaneamente deputato o senatore. Dal principio della separazione dei poteri deriva il diritto, che spetta alle Camere stesse, di giudicare i titoli di ammissibilità dei loro membri ("autodichia"): tale giudizio è discusso da una Giunta ed eventualmente discusso dall'Assemblea plenaria. L'articolo 67 prevede che per i membri del parlamento non vi sia vincolo di mandato: Ciò significa che i parlamentari non sono vincolati al partito sotto il cui simbolo sono stati eletti, e possono passare da un estremo all'altro dell'Aula parlamentare: questo perché i cittadini non votano i partiti, ma i cittadini candidati a diventare parlamentari. L'articolo 68 della Costituzione prevede l'insindacabilità e l'immunità parlamentare: in primo luogo, essi non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni, proprio per quel principio di rappresentanza della volontà popolare a essi rimessa. I successivi due commi sanciscono poi che se l'Autorità giudiziaria, nelle modalità previste dalla legge di procedura penale, intende procedere ad atti coercitivi nei confronti dei membri del Parlamento, tale richiesta debba essere approvata dalla Camera cui il parlamentare appartiene. Questo perché in passato era capitato in altri Paesi e in altre epoche - il caso più famoso è quello della Prima rivoluzione inglese - che membri del Parlamento fossero arrestati solo perché non amati dai giudici. I precedenti in cui l'autorizzazione fu concessa sono pochissimi, l'ultimo dei quali (al 2016) si è verificato nella seduta della Camera del 20 luglio 2011 per l'arresto del deputato Alfonso Papa. L'ultimo articolo della sezione, il 69, prevede l'indennità parlamentare, che non è un semplice "stipendio", come l'ufficio di parlamentare non è un semplice "mestiere": l'indennità è concessa per mettere in atto il diritto di tutti i cittadini a svolgere il mandato parlamentare, perché se l'indennità non esistesse solo chi gode già di un reddito sufficiente potrebbe svolgerlo, mentre chi ha invece bisogno di lavorare per avere uno stipendio non può, se non anche per motivi fisici, svolgere il mandato parlamentare (a titolo esemplificativo, questi soggetti dovrebbero andare a lavorare anziché recarsi alla seduta della Camera). La parte della Costituzione che va dall'articolo 70 all'82 è dedicato alla formazione della legge. Secondo i dettami costituzionali, la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere (bicameralismo perfetto) entrambe le quali esaminano la proposta di legge in base ai propri regolamenti interni. La legge approvata viene promulgata dal Presidente della Repubblica entro un mese dall'approvazione; tuttavia il Presidente può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione e se viene nuovamente approvata deve essere promulgata. In sede abrogativa, totale o parziale, il popolo sovrano ha a disposizione lo strumento del referendum, previsto dall'articolo 75, fatte salve alcune materie descritte nel medesimo articolo. La proposta referendaria è considerata approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto e se è stata raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi. Titolo II: Il Presidente della Repubblica Il secondo titolo, dall'articolo 83 al 91, riguarda le modalità di elezione, i poteri e le responsabilità del presidente della Repubblica Italiana che l'ordinamento italiano identifica come capo dello Stato, garante dell'equilibrio dei poteri e che rappresenta l'unità nazionale (art. 87): Deve avere cittadinanza italiana, compiuto i 50 anni d'età e godere dei diritti civili e politici (art. 84). Viene eletto, a scrutinio segreto, dal Parlamento in seduta comune, integrato da rappresentanti delle Regioni con la maggioranza di 2/3 dell'Assemblea per le prime tre votazioni e a maggioranza assoluta in seguito. La carica ha una durata di sette anni ma può cessare prima per morte, impedimento, dimissione, decadenza per la perdita di uno dei requisiti di eleggibilità o destituzione (per reati di alto tradimento o attentato alla Costituzione). Secondo l'articolo 89, tutti gli atti del Presidente devono essere controfirmati dal Ministro proponente o, nei casi previsti dalla Legge o se son atti legislativi, anche dal Presidente del Consiglio dei Ministri. La controfirma, requisito di validità dell'atto, permette di togliere la responsabilità al Presidente dell'atto stesso, trasferendola sul Governo. Oltre che dalla responsabilità politica, il Presidente è sollevato anche dalla responsabilità penale (salvo per i reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione) negli atti e comportamenti esclusivamente riconducibili all'esercizio delle sue funzioni. Per gli eventuali reati commessi al di fuori del suo ufficio, nonostante non vi sia nulla di esplicito a proposito nella Costituzione, la giurisprudenza ritiene che sia comunque intoccabile per tutta la durata del mandato. Il Presidente nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su sua proposta, i Ministri. Inoltre, tranne che durante gli ultimi sei mesi del suo mandato, può procedere allo scioglimento anticipato delle camere. Questi compiti lo rendono un attore fondamentale nella soluzione delle crisi di Governo. Tra gli atti che formalmente spettano al Presidente ma che in sostanza sono governativi vi sono l'emanazione dei decreti legge, l'adozione dei decreti presidenziali (a cui appartengono i più importanti atti del Governo), la nomina dei funzionari pubblici, la ratifica dei trattati internazionali. Tra i poteri, sia formalmente sia sostanzialmente, conferiti al Presidente vi è la possibilità di inviare messaggi alle camere, la nomina di un terzo dei giudici della Corte costituzionale e di cinque senatori a vita, il rinvio delle leggi alle Camere, la concessione della grazia. Infine, il Presidente ha il comando delle forze armate, presiede il consiglio supremo di difesa, presiede il Consiglio superiore della magistratura, conferisce onorificenze. Nel caso che il Presidente non fosse nelle condizioni di adempiere alle sue funzioni, esse vengono esercitate dal Presidente del Senato (art. 86). Titolo III: Il Governo Il terzo titolo, dall'articolo 92 al 100, riguarda il potere esecutivo ed è suddiviso in tre sezioni: "il Consiglio dei Ministri", "la Pubblica Amministrazione", "gli organi ausiliari". Il Consiglio dei Ministri è un organo collegiale che costituisce il Governo della Repubblica e che, secondo l'articolo 92, è composto dal Presidente del consiglio dei ministri e dai ministri: Esso esercita il potere esecutivo e costituisce una parte rilevante dell'attività di indirizzo politico. La Costituzione esclude che il Governo sia scelto formalmente dal corpo elettorale, bensì, secondo l'articolo 92 la nomina del Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, dei ministri spetta al Presidente della Repubblica (vedi formazione del governo della Repubblica Italiana), i quali davanti ad esso prestano giuramento (art. 93). Il Governo trae la sua legittimazione dalla "fiducia parlamentare" che è imprescindibile e deve essere chiesta entro dieci giorni dalla sua formazione, presentandosi in entrambe le due camere; la fiducia può essere revocata, anche da una sola camera, in qualsiasi momento (art. 94): La fiducia o la mozione di sfiducia deve essere votata per appello nominale in modo da dare responsabilità politica ai parlamentari che volessero sostenere o meno quel Governo. Nell'esperienza repubblicana, fino al 2016, nessun Governo è mai stato sfiduciato, in quanto si è più volte preferito, per opportunità politica, presentare dimissioni spontanee quando si fosse rilevata una mancanza di maggioranza parlamentare a sostegno. L'attività del Governo successiva alle dimissioni è limitata al disbrigo degli affari correnti; solitamente il Presidente del Consiglio dimissionario emana apposite circolari per regolare i poteri. In seguito alla crisi di Governo, il Presidente della Repubblica avvia le consultazioni per la sua risoluzione. Per quanto riguarda i compiti e i poteri del Presidente del Consiglio dei ministri, l'articolo 95 recita: Il Governo deve dunque agire come un soggetto politicamente unitario. A tal fine vengono, appunto, attribuiti al Presidente del Consiglio, i poteri necessari per poter assicurare questo. L'art. 95 rinvia alla legge sulla presidenza del consiglio dei ministri per una più dettagliata regolamentazione sul funzionamento del Governo: la legge in questione è la n.400/1988. Tale legge disciplina ulteriori strumenti che mirano a mantenere coeso il Governo ed unitario il suo indirizzo politico ed amministrativo, riforma la Presidenza de Consiglio dei ministri (ossia la struttura amministrativa messa a disposizione del Presidente del Consiglio per l'esercizio delle proprie funzioni), e istituisce varie figure di organi governativi non necessari. Il Governo rimane in carica fintantoché non si dimette, o per scelta spontanea o perché costretto per la mancanza o revoca della fiducia da parte di almeno una Camera. La bocciatura da parte di una Camera ad una proposta del Governo non comporta l'implicita sfiducia; tuttavia, anche se non è una pratica prevista espressamente dalla Costituzione, talvolta il governo è ricorso alla questione di fiducia a sostegno dei propri atti. L'articolo 97 e 98 sono dedicati alla pubblica amministrazione italiana e per la loro organizzazione si rimanda ad una riserva di legge mentre è stabilito che, salvo casi demandati sempre alla legge, agli incarichi vi si acceda per concorso pubblico. La legge costituzionale 20 aprile 2012 n. 1 ha introdotto il principio del pareggio di bilancio. I successivi due articoli descrivono invece alcuni degli organi di rilievo costituzionale come il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, il Consiglio di Stato e la Corte dei conti. Titolo IV: la magistratura Il quarto titolo, dall'articolo 101 al 113, riguarda il potere giudiziario ed è suddiviso in due sezioni: "ordinamento giurisdizionale", "norme sulla giurisdizione". Con l'articolo 101, la Costituzione sancisce due principi fondamentali: che "la giustizia è amministrata in nome del popolo", marcando una profonda differenza con il passato (come lo Statuto Albertino) in cui era amministrata in "nome del Re", e che "i giudici sono soggetti soltanto alla legge" ribadendo così la separazione dei poteri e costituendo un collegamento tra il giudice (carica non elettiva e non politica) e la sovranità popolare: L'articolo 103 descrive sommariamente le funzioni del Consiglio di Stato, della Corte dei conti e dei tribunali militari, rimandando con riserva di legge la disciplina più accurata di questi istituti: La Costituzione, inoltre prevede forti garanzie a favore dell'indipendenza dei giudici asserendo (art. 104) che la magistratura sia autonoma e vietando ingerenze da ogni altro potere: Per ottenere questo è stato previsto che tutti gli atti che regolamentano l'ordinamento giudiziario come assunzioni, assegnazioni, trasferimenti, promozioni e provvedimenti disciplinari, siano demandati esclusivamente al Consiglio superiore della magistratura i cui membri sono per i 2/3 eletti dai magistrati ordinari e per i rimanenti dal Parlamento in seduta comune. Sempre a maggior garanzia dell'indipendenza dei magistrati, con l'articolo 106 si obbliga che essi siano nominati a seguito di un concorso. L'articolo 111 descrive i principi del giusto processo a cui si rimanda comunque alla legge per i particolari; rimangono comunque le linee generali come: il contraddittorio e la condizione di parità tra le parti, la presenza di un giudice terzo ed imparziale, una durata dello stesso ragionevole e ulteriori istituti a garanzia dei diritti dell'accusato in un processo penale: Titolo V: Le Regioni, le Province, i Comuni Il quinto titolo, dall'articolo 114 al 133, riguarda le norme relative ai governi locali. Questa parte risulta molto articolata ed è stata oggetto di una profonda revisione con le leggi costituzionali del 1999 e del 2001. Originariamente veniva ripartita in regioni, province e comuni a cui, dal 2001, si sono aggiunte le città metropolitane: Tra le regioni, secondo l'articolo 116, il Friuli-Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d'Aosta/Vallée d’Aoste, godono di particolari forme di autonomia garantite dai loro statuti speciali. Il rapporto tra stato-regioni e dunque le materie di legislazione esclusiva statale o concorrenti tra lo stato e le regioni, in cui la potestà legislativa spetta comunque a queste ultime, sono elencate nell'articolo 117. La legge dello stato deve individuare le funzioni che possono essere attribuite ai comuni, alle province e alle città metropolitane, quest'ultimi potranno così regolamentare l'organizzazione e lo svolgimento di tali funzioni. L'articolo 119 originale si preoccupava di descrivere l'autonomia finanziaria delle regioni. Prima della riforma del 1996, l'interpretazione della giurisprudenza costituzionale ha previsto che il finanziamento delle regioni avvenisse in una sorta di trasferimento di mezzi finanziari tra lo stato e le regioni con decisione prevalentemente demandata al primo. Dal 1996, si è mutato indirizzo, culminato con la legge costituzionale n. 3 del 2001 in cui si è introdotto il cosiddetto "federalismo fiscale" in cui si è provveduto a concedere agli enti locali autonomia finanziaria di entrata e di spesa e di dotarli di risorse autonome. La legge dello stato determina comunque i principi fondamentali del patrimonio di tali enti i cui possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare particolari investimenti e dopo avere definito piani di ammortamento. Lo stato non può intervenire a garanzia dei prestiti ottenuti. In caso di contrasti di competenza tra lo stato e le regioni, la Corte costituzionale è incaricata di risolvere la questione. Infatti, con l'articolo 127, si stabilisce che il Governo "può promuovere la questione di legittimità costituzionale" inerente ad una legge regionale che ritiene ecceda dalle competenze delle Regioni, dinnanzi a questa corte. Altresì, una regione può promuovere la stessa azione quando ritiene che una legge o un atto avente forza di legge dello Stato o di un'altra Regione "leda la sua sfera di influenza". L'articolo 120 pone alcune limitazioni all'autonomia delle Regioni vietandogli l'istituzione di dazi o di provvedimenti che ostacolino la circolazione di persone o cose tra le Regioni, nonché limitare in qualsiasi modo il diritto del lavoro. In casi specifici individuati nell'articolo 120, al Governo è data la possibilità di sostituirsi agli enti locali, demandando alla legge le "procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione". Dall'articolo 121 all'articolo 123, la Costituzione descrive l'organizzazione della Regione, individuandone gli organi che sono: il Consiglio regionale, la Giunta regionale e il Presidente, quest'ultimo incaricato di dirigere la politica della Giunta e le funzioni amministrative delegate dallo stato. La disciplina dell'elezione dei precedenti organi è demandata alla legge regionale (nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalla legge dello Stato). Le Regioni sono organizzate secondo uno statuto regionale (armonizzato con la Costituzione) che viene disciplinato dall'articolo 123. Tutte le autonomie regionali descritte non devono, comunque, far pensare ad una tendenza ad una netta separazione tra Stato e Regioni, ma bensì ad un decentramento del potere coordinato ed equilibrato con gli interessi statali in ossequi con l'art 5 della Costituzione che prevede l'indivisibilità della Repubblica. Titolo VI: Garanzie Costituzionali Il sesto titolo, dall'articolo 134 al 139, riguarda le garanzie poste per preservare la stessa Costituzione ed è suddiviso in due sezioni: "La Corte costituzionale" e "Revisione della Costituzione - Leggi costituzionali." La Costituzione si caratterizza per un organo di garanzia esterno all'organo di produzione legislativa e al circuito democratico individuato nell'istituzione della Corte costituzionale della Repubblica Italiana. Essendo essa un organo di garanzia esterno, non può essere espressione della maggioranza e dunque non ha una legittimazione derivante dalla rappresentanza del corpo elettorale. È composta da 15 giudici, di cui 5 eletti dal Parlamento in seduta comune (la cui scelta generalmente è di matrice politica), 5 nominati dal Presidente della repubblica (solitamente scelti con lo scopo di assicurare un certo equilibrio tra le correnti del pensiero), tre sono eletti dai magistrati di cassazione, uno dal Consiglio di Stato e uno dalla corte dei conti; la scelta di quest'ultimi garantisce un collegamento tra il potere giudiziario e la Corte. Tutti i membri vengono scelti, secondo l'articolo 135, tra i "magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrative, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni d’esercizio". Il funzionamento della Corte è stato disciplinato dalla legge costituzionale 2 del 1967, in cui tra l'altro si è stabilito che rimangono in carica 9 anni, che il Presidente è eletto in seno ad essa e da parte degli stessi appartenenti, che si riunisce in udienza pubblica o in camera di consiglio e che si pronuncia mediante sentenze o ordinanze. Oltre che per la risoluzione dei conflitti tra Stato e Regioni e tra Regioni e Regioni, con la legge costituzionale 1 del 1948 si è stabilito che la Corte può essere chiamata ad un giudizio in via incidentale quando, nel corso di un procedimento giudiziale, ad un giudice sorge un dubbio di costituzionalità di una norma e dunque interrompe il processo rimettendo così alla Corte la questione di legittimità costituzionale. Con questo, i costituenti (ed in particolare i membri appartenenti all'area comunista) hanno voluto evitare che un singolo cittadino potesse impugnare un atto del Parlamento legittimato come rappresentante del popolo. Secondo l'articolo 136, "quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione". Infine, la Corte costituzionale viene chiamata ad esprimersi nei giudizi d’accusa contro il Presidente della Repubblica, coadiuvata da sedici cittadini tratti a sorte tra coloro con i requisiti per l’eleggibilità a senatore, e sull'ammissibilità del referendum. Secondo la procedura prevista dall'articolo 138 della Costituzione per l'adozione delle leggi di revisione o riforma della Costituzione e per le altre leggi costituzionali sono necessarie due deliberazioni di entrambe le camere ad un intervallo non minore di tre mesi e a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna di queste nella seconda votazione: Le modifiche al testo della Costituzione non devono comunque compromettere lo spirito repubblicano e gli ideali sui quali essa si fonda (art. 139): La dottrina prevalente e la giurisprudenza (Corte Cost. 1146/1988, Corte Cost. 366/1991) ritengono che i principi fondamentali (art. dall'1 al 12) e quelli ad essi collegati siano una base irrinunciabile per lo spirito repubblicano su cui la Costituzione si fonda e che costituiscano parte integrante della forma repubblicana. Per questo motivo non possono essere modificati (vedi limiti alla revisione costituzionale). La forma repubblicana è sottratta non solo all'abolizione (che avverrebbe in caso di restaurazione della monarchia), bensì anche alla revisione. L'art. 1 definisce l'Italia una repubblica democratica fondata sul lavoro e riassume le caratteristiche essenziali della forma repubblicana. Non è solo il nome di repubblica ad essere sottratto alla revisione ma tutto l'insieme dei principi che concorrono a formare la forma repubblicana delineata dall'art. 1. Per questo, le caratteristiche essenziali della forma repubblicana non possono essere modificate. Nel caso in cui la legge costituzionale sia stata approvata con una maggioranza inferiore dei due terzi dei componenti in una o in entrambe le camere, se entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali, la legge è sottoposta a referendum e non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. La maggioranza delle revisioni significative ha riguardato la seconda parte della carta costituzionale. Disposizioni transitorie e finali La Costituzione della Repubblica Italiana contiene una serie di diciotto disposizioni transitorie e finali inserite con l'intento di gestire il passaggio dal precedente ordinamento a quello repubblicano. Esse hanno carattere di eccezionalità, ovvero una volta raggiunto il loro scopo non sono atte a ripetersi. Tra le principali ci sono: la previsione del Capo provvisorio dello Stato facente funzioni di Presidente della Repubblica (sarà eletto Enrico De Nicola) (I); il non riconoscimento dei titoli nobiliari, e la loro nullità (XIV); il divieto di riorganizzazione del disciolto Partito Nazionale Fascista e deroga alle norme costituzionali per la temporanea limitazione dei diritti politici dei suoi dirigenti (XII); alcune indicazioni in merito alla prima composizione del Senato dopo l'entrata in vigore della costituzione (varie); l'esproprio e il passaggio alla proprietà dello Stato dei beni appartenenti a Casa Savoia sul territorio italiano (XIII). Leggi costituzionali Il testo originario della Costituzione, nel corso della storia, ha subito alcune revisioni o emendamenti. Per revisioni costituzionali in senso più ampio, riferite alla configurazione dei poteri contenuta nella parte II della Costituzione, la dottrina giuridica avanzò proposte che nel tempo furono convogliate nei lavori di apposite commissioni bicamerali, che però non portarono a nessun esito. Nel primo cinquantennio di vita della Costituzione italiana sono state approvate venticinque leggi costituzionali o di revisione costituzionale, in gran parte finalizzate alla consolidazione di alcune istituzioni o per aggiornare alcune norme alle nuove esigenze della vita politica e civile. A queste si aggiungono tre atti dell'Assemblea costituente che hanno a loro volta rango di legge costituzionale, poiché il decreto legislativo luogotenenziale n. 98 del 16 marzo 1946, da intendere come una «costituzione provvisoria», attribuiva e riservava all'Assemblea la materia costituzionale, oltreché elettorale e di approvazione dei trattati internazionali. Tra le più significative approvate nel periodo 1948-98 vi è la L. Cost. 1/1953 in cui vengono integrate alcune norme riguardanti la Corte costituzionale; la L. Cost. 2/1963 con la quale si regola l'elezione delle camere e la durata della legislatura; la L. Cost. 2/1967 riguardante norme sulla composizione del collegio dei giudici costituzionali; la L. Cost. 1/1989 sulla responsabilità penale dei ministri; la L. Cost. 3/1993 che regola l'immunità parlamentare. Con la legge costituzionale 23 ottobre 2002 venne stabilito che i commi primo e secondo della XIII disposizione transitoria e finale della Costituzione, relativi al divieto per i discendenti maschi di Casa Savoia di soggiornare in Italia e partecipare alla vita pubblica del paese, esaurivano i loro effetti. A partire dalla XIII legislatura, si è assistito ad una nuova inclinazione verso un "revisionismo costituzionale" caratterizzato da alcune proposte più ampie ed articolate di riforma della Costituzione. Tuttavia non sono mancante delle revisioni più dettagliate come, a titolo di esempio, l'inserimento del principio delle pari opportunità (L. Cost. 1/2003) e l'abolizione totale della pena di morte, anche in tempo di guerra (L. Cost. 1/2007). Di seguito, invece, sono trattate le revisioni più consistenti tra quelle approvate o, solamente, proposte. Revisione del 2001 Il Parlamento italiano, quasi alla conclusione della XIII Legislatura, ha approvato una rilevante modifica della Costituzione modificando 9 articoli della stessa, tutti contenuti all'interno del Titolo V della Seconda parte, relativo all'ordinamento territoriale italiano. La legge di revisione segna il passaggio da uno Stato regionale ad un modello definito come Stato policentrico delle autonomie, o Repubblica delle autonomie, in prima istanza rovesciando l'ordine di preminenza nella formazione delle leggi disposto dall'articolo 117: se prima venivano elencate le materie in cui le Regioni avevano potere di legiferare (in via concorrenziale) ed era lasciata allo Stato la competenza su tutto il resto, ora vengono elencate le materie di competenza esclusiva dello Stato, nonché alcune materie di competenza concorrente dello Stato e delle Regioni, mentre viene lasciata alle Regioni la competenza generale o "residuale" (cosiddetto federalismo legislativo). Altri effetti della riforma sono: L'ordinamento policentrico della Repubblica italiana (adesso costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato); La prima citazione dell'ordinamento sovranazionale europeo ("comunitario") tra quelli che danno luogo ad obblighi che limitano la discrezionalità legislativa nazionale (sia dello Stato che delle regioni); La "costituzionalizzazione" di Roma capitale della Repubblica; La possibilità di concedere alle Regioni a statuto ordinario che ne facciano richiesta (e previa intesa con lo Stato) forme e condizioni particolari di autonomia (cosiddetto federalismo differenziato, di natura pattizia); L'attribuzione ai Comuni della preminenza nell'azione amministrativa (inserimento in Costituzione dei principi del federalismo amministrativo); L'introduzione dei principi di sussidiarietà verticale tra i vari livelli di governo della Repubblica e di sussidiarietà orizzontale tra gli enti pubblici e i cittadini; L'inserimento dei principi del federalismo fiscale e la previsione di un fondo perequativo per le aree svantaggiate del Paese (eliminando qualsiasi riferimento specifico al Mezzogiorno e alle Isole); L'introduzione del potere di supplenza dello Stato qualora una Regione o un ente locale non svolga le funzioni proprie o attribuite; La previsione dell'inserimento negli Statuti regionali del Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali; La soppressione del controllo preventivo statale sulla legislazione regionale; La possibilità, nelle more dell'istituzione del Senato federale, di integrare la Commissione parlamentare per le questioni regionali con rappresentanti delle Regioni e degli enti locali. Questa riforma, realizzata dall'Ulivo sulla base di un testo approvato da maggioranza e opposizione nella Commissione bicamerale per le riforme istituzionali presieduta dall'onorevole D'Alema, non è stata appoggiata dal quorum dei 2/3 del Parlamento: ciò ha permesso l'indizione di un referendum per chiederne all'elettorato l'approvazione o la bocciatura. Attraverso il voto popolare del referendum, svoltosi il 7 ottobre 2001, il 64,20% dei votanti (34,10% di affluenza) ha espresso la volontà di confermare la riforma, entrata poi in vigore l'8 novembre 2001. Progetto di revisione del 2005-2006 Il Parlamento italiano aveva approvato, sulla base di quattro saggi elaborati nella località di Lorenzago di Cadore da esponenti della maggioranza di governo, una rilevante modifica delle disposizioni della Costituzione (una cinquantina di articoli erano modificati da tale legge). Qualora tale riforma fosse entrata in vigore, si sarebbe prospettata la nascita di una Repubblica federale con un esecutivo nettamente più forte. Tra le principali disposizioni di tale (fallita) riforma costituzionale si possono citare in modo non esaustivo le seguenti: Trasformazione del Senato in Senato federale della Repubblica teso a rappresentare gli interessi del territorio e delle comunità locali. I senatori saranno eletti fra i residenti sul territorio regionale o fra i rappresentanti del popolo in enti territoriali. Riduzione del numero dei parlamentari (500 deputati + 18 deputati per gli italiani all'estero + fino a 3 eventuali deputati a vita; 252 senatori federali). Ruolo più specifico all'opposizione (alla Camera) e alle minoranze (al Senato federale). Istituzione di un sistema monocamerale per il voto delle leggi: in funzione delle materie, sia il Senato federale, sia la Camera, possono approvare una legge, senza che sia necessario (salvo eccezioni) l'approvazione del medesimo testo da parte di entrambe le Camere. Riduzione delle funzioni del presidente della Repubblica: deve nominare primo ministro chi risulti candidato a tale carica dalla maggioranza uscita dalle elezioni, senza più la (peraltro formale) libertà di scelta contemplata dall'articolo 92 della Costituzione; può sciogliere la Camera dei deputati solo su richiesta del primo ministro, in caso di morte, impedimento permanente o dimissioni dello stesso, se la Camera dei deputati ha approvato una mozione di sfiducia al primo ministro senza che la maggioranza risultante dalle elezioni ne abbia espresso uno nuovo, oppure se il voto di sfiducia sia stato respinto col voto determinante di deputati non appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni. L'età minima per essere eletto alla carica di presidente della Repubblica scende da 50 a 40 anni. Sostituzione del presidente del Consiglio dei ministri, adottando la versione del sistema parlamentare detta premierato, con un primo ministro designato direttamente dagli elettori. I poteri del primo ministro vengono rafforzati, in quanto su sua richiesta il presidente della Repubblica deve sciogliere la Camera dei deputati, a meno che la maggioranza espressa dalle elezioni non indichi un sostituto. Voto di fiducia e sfiducia al Governo espresso dalla sola Camera dei deputati. La sfiducia al governo comporta anche lo scioglimento della Camera, a meno che i deputati che hanno votato la fiducia esprimano un nuovo primo ministro (non è possibile che il nuovo governo sia sostenuto da una maggioranza diversa dal precedente). Protezione costituzionale delle Autorità indipendenti. I "membri laici" del Consiglio Superiore della Magistratura non sono più scelti dal Parlamento in seduta comune, ma per metà da ciascuna camera, sempre tra i professori universitari ordinari di materie giuridiche e gli avvocati con quindici anni di esercizio della professione. Alcune materie legislative, assegnate dalla riforma del 2001 alla legislazione concorrente (in cui la facoltà legislativa spetta alle regioni, salvo la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione statale) tornano di esclusiva competenza statale. Esse sono: la sicurezza del lavoro le norme generali sulla tutela della salute le grandi reti strategiche di trasporto e di navigazione di interesse nazionale e relative norme di sicurezza lordinamento della comunicazione (rimangono ambito della legislazione concorrente la "comunicazione di interesse regionale, ivi compresa l'emittenza in ambito regionale" e la "promozione in ambito regionale dello sviluppo delle comunicazioni elettroniche") lordinamento delle professioni intellettuali lordinamento sportivo nazionale (rimane alla legislazione concorrente l'ordinamento sportivo regionale) la produzione strategica, il trasporto e la distribuzione nazionali dell'energia (alla legislazione concorrente rimane la produzione, trasporto e distribuzione dell'energia di rilevanza non nazionale). Passano alla competenza esclusiva delle regioni alcune materie prima incluse nella legislazione concorrente: assistenza e organizzazione sanitaria; organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche; definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione; polizia amministrativa regionale (la polizia amministrativa locale già rientrava nelle competenze esclusive regionali); Reintroduzione dell'interesse nazionale come limite della legislazione regionale. Modifica della composizione della Corte costituzionale con aumento dei membri di nomina parlamentare. Modifica delle possibilità di ricorso alla Corte costituzionale, con attribuzione della possibilità di ricorso anche alle Province, alle Città Metropolitane e ai Comuni. Possibilità di referendum consultivo su tutte le riforme della Costituzione e sulle leggi costituzionali, anche approvate in seconda lettura a maggioranza dei due terzi. Tale riforma, proposta dalla Casa delle Libertà, suscitò vivaci discussioni, sia nel mondo politico che nella società civile. L'approvazione della riforma costituzionale senza il raggiungimento della maggioranza qualificata prevista consentì la celebrazione di un referendum confermativo, richiesto da tutti i tre soggetti abilitati a farlo (almeno un quinto dei membri di una Camera, cinquecentomila elettori, cinque consigli regionali). Si giunse così al referendum costituzionale del 2006, quando la riforma fu bocciata col 61,70% dei voti (53,70% di affluenza). Revisione del 2012 La legge costituzionale 20 aprile 2012 n. 1 ha introdotto nella Costituzione italiana il principio del pareggio di bilancio. La riforma ha prodotto i suoi effetti a decorrere dall'esercizio finanziario relativo all'anno 2014. Non si è fatto ricorso al referendum confermativo, previsto dall'art. 138 della Costituzione, in quanto in seconda lettura sia alla Camera dei Deputati sia al Senato della Repubblica è stata raggiunta la maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti. La modifica più rilevante si riscontra nella nuova formulazione dell'art. 81: Soltanto al verificarsi di eventi eccezionali, ovvero gravi recessioni economiche, crisi finanziarie e gravi calamità naturali, e soltanto previa autorizzazione delle Camere a maggioranza assoluta è possibile il ricorso all'indebitamento. L'obbligo di decisione a maggioranza assoluta sottrae la disponibilità del ricorso all'indebitamento come fondamentale strumento di politica economica a qualunque maggioranza politica, a qualunque governo, richiedendo il necessario coinvolgimento di parte delle opposizioni anche solo per sfruttare gli effetti di una congiuntura economica particolarmente favorevole. La riforma costituzionale rafforza la centralità dello Stato nel sistema di finanza pubblica riducendo l'ambito di autonomia delle Regioni e degli Enti Locali oggi prevista dal Titolo V della Costituzione. Le Regioni non potranno più facilmente ricorrere alla Corte costituzionale per vedere tutelata la propria autonomia finanziaria rispetto alle disposizioni anche di dettaglio previste dalle norme statali. Progetto di revisione del 2014-2016 Durante la XVII legislatura il Parlamento ha approvato un'ampia riforma della seconda parte della Costituzione che prevedeva «il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione». Il 4 dicembre 2016 tale riforma è stata respinta tramite referendum, con il 59,12% di voti contrari. Revisione del 2019-2020 Durante la XVIII legislatura il Parlamento ha approvato, con legge costituzionale 19 ottobre 2020, n. 1, una puntuale riforma della costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari e nomina dei senatori a vita. L'obiettivo della riforma è stato emendare la modifica costituzionale del 1963 stabilendo il nuovo numero dei deputati a 400 (in precedenza 630) e dei senatori a 200 (in precedenza 315). Inoltre è stata chiarita l'ambiguità sulla nomina dei senatori a vita da parte del Presidente della Repubblica, stabilendo che non è possibile averne più di 5 in tutto. Il 20-21 settembre 2020 tale riforma è stata approvata tramite un referendum, con il 69,96% di voti favorevoli. La riforma ha modificato gli Artt. 56, 57 e 59. Revisione del 2021 Nel mese di luglio 2021, è stata approvata in seconda lettura una legge costituzionale con cui è stata abbassata dai 25 ai 18 anni l'età per eleggere i membri del Senato, parificandola pertanto a quella per eleggere i membri della Camera. Malgrado questa riforma non sia stata approvata con la maggioranza dei due terzi, nessuno ha chiesto il referendum nei tre mesi successivi alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, pertanto il 4 novembre questa legge costituzionale è entrata in vigore. La riforma ha modificato l'Art. 58. Revisione del 2022 Il giorno 8 febbraio 2022 sono state approvate a maggioranza qualificata in seconda lettura dalla Camera dei Deputati due modifiche agli articoli 9 (la prima modifica effettuata sui Princìpi fondamentali) e 41, includendo in Costituzione la tutela dell'ambiente, degli animali, e quella della salute pubblica nelle attività economiche. Il giorno 15 novembre 2022 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge costituzionale che apporta modifiche all’articolo 119, aggiungendo un comma riguardante il riconoscimento della peculiarità delle isole. Questa legge costituzionale è entrata in vigore il 30 novembre 2022. Note Esplicative Bibliografiche Bibliografia Carlo Amirante (a cura di), Diritto Pubblico, 2ª ed.,Giappichelli, Torino, 2012.isbn 9788834825556. Enzo Cheli, Costituzione e sviluppo delle istituzioni in Italia, Il Mulino, 1978.isbn 9780001535213. Enzo Cheli, La riforma mancata. Tradizione e innovazione nella Costituzione italiana, Il Mulino, Bologna,2000. isbn 9788815075103. Costantino Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, Cedam, Padova,1991, X ed.,I , isbn 978-9913162489. Livio Paladin, Diritto Costituzionale. 3ª ed., Cedam, Padova, 1998. isbn 978-8813212001. Pietro Semeraro, L' esercizio di un diritto, Milano, 2009. Voci correlate Articolo 1 della Costituzione italiana Associazione Assemblea Costituente (Italia) Commissione per la Costituzione Libertà di manifestazione del pensiero Nascita della Repubblica Italiana Sistema politico della Repubblica Italiana Statuto Albertino Altri progetti Wikisource contiene il testo originale della Costituzione della Repubblica Italiana Collegamenti esterni . Testo ufficiale Assemblea Costituente (Italia) Storia delle relazioni tra Santa Sede e Stato italiano
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Carl Sassenrath
Esperto nello sviluppo di sistemi operativi e di linguaggi di programmazione, fra le sue principali realizzazioni: per la Commodore e la loro linea di computer Amiga, la componente Exec di AmigaOS (1985), nucleo del sistema operativo multitasking; il linguaggio di programmazione REBOL (1996). Attualmente vive ad Ukiah. Collegamenti esterni Sassenrath, Carl Amiga
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Caltagirone
Caltagirone (Cartaggiruni in siciliano) è un comune italiano di abitanti della città metropolitana di Catania in Sicilia. È il centro di un comprensorio, il Calatino, che ammonta a circa 140 000 abitanti. Centro urbano posto a cavallo tra la Sicilia orientale e centrale, si affaccia tra le due più grandi pianure dell'isola: quelle di Catania e di Gela. Fu storicamente parte del Vallo di Noto ed è capofila del circondario del Calatino (ex Circondario di Caltagirone). Storicamente è stata nominata con gli appellativi Urbs Gratissima (in latino città gradita, benvoluta) e Regina dei Monti Erei. Conosciuta per la peculiare e tradizionale produzione di ceramiche, oggi è un importante centro agricolo e turistico, nonché uno dei centri urbani più grandi dell'entroterra siciliano, essendo il secondo comune più popoloso della Sicilia centrale, dopo Caltanissetta. Il centro storico, caratterizzato dallo stile tardo-barocco, è stato insignito del titolo di Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO nel 2002. Geografia fisica La città è ubicata nei monti Erei sud-orientali, in piena avanfossa Gela-Catania, prossima anche ai monti Iblei, oltre che alle piane di Gela e Catania. Caltagirone si trova circa a 68 km dal capoluogo provinciale Catania, a 57 km da Ragusa, a 60 km da Enna, a 87 km da Caltanissetta, a 100 km da Siracusa, a 111 km da Agrigento, a 167 km da Messina, a 192 km dal capoluogo regionale Palermo e 281 km da Trapani. Il suo più vicino sbocco al mare è Gela, città limitrofa e territorialmente confinante, distante 33 km. La città (608 metri s.l.m. come altura della casa municipale e 750 s.l.m. come altura massima del centro urbano) presenta un assetto urbanistico in cui la parte del centro storico, collocata più in alto, è nettamente distinta dalla zona di nuova espansione, più a sud-est, posta in un pianoro affacciante sulla piana di Gela. Territorio La città sorge al margine occidentale della provincia, a 608 m di altitudine, adagiata sulle tre colline che, formando un anfiteatro naturale, costituiscono lo spartiacque tra le valli del fiume Maroglio, che sfocia nel golfo di Gela, e quella del fiume Caltagirone (o Margi), che scende verso la piana di Catania. Nella parte meridionale si trova un piccolo altopiano sabbioso dove sorge il piccolo borgo di Santo Pietro con la sua riserva naturale. Dall'altopiano si può godere il panorama del golfo di Gela, così come anche nelle contrade meridionali della città, come San Mauro, Piano Carbone e Collegiata. Sempre nella parte meridionale sorge la frazione di Granieri, posta sulla parte occidentale dell'altopiano ipparino a 351 m di altitudine, entrato a far parte del territorio di Caltagirone nei primi anni del Novecento. Facevano parte del territorio le borgate di Mazzarrone, Botteghelle, Cucchi, Leva e Grassura, elevate a comune autonomo nel 1976 e costituenti il comune di Mazzarrone. Già nel 1937 era stato ceduto al comune di Chiaramonte Gulfi l'esteso territorio dell'ex feudo Mazzarronello, a sud di Mazzarrone. Il suo territorio comunale è il ventiquattresimo in Italia per superficie, il quinto della Sicilia, e il primo della Città Metropolitana di Catania, con una superficie complessiva del territorio comunale pari a . Riserve naturali Nel territorio di Caltagirone sono presenti la Riserva naturale orientata Bosco di Santo Pietro (che insieme alla Sughereta di Niscemi è il relitto della più grande sughereta della Sicilia centro-meridionale) e il Parco Monte San Giorgio, situato nella parte nord della città, non lontano dal centro storico e attiguo all'omonimo quartiere nonché a Sant'Agostino. Sempre nel territorio, seppur non sia espressamente una riserva, insiste una parte della Montagna della Ganzaria, reputata di interesse naturalistica e posta sotto il demanio regionale. Clima Il clima di Caltagirone è il classico di quello riscontrabile nella Sicilia centrale, a metà tra lo steppico e il mediterraneo continentalizzato, specialmente nelle alture e nelle parti più elevate della città. Il clima è generalmente umido, anche per il fatto di trovarsi sullo spartiacque tra la piana di Gela e la piana di Catania. L'inverno è piuttosto freddo, con temperature rigide ma comunque sempre sopra lo zero (seppur si siano raggiunte temperature sotto questa soglia), ed è caratterizzato da precipitazioni abbastanza copiose, soprattutto piovose. Qualche volta è possibile osservare fenomeni nevosi di bassa o media intensità. La nebbia caratterizza l'autunno e l'inverno in quasi tutte le zone della città, tanto da essere definita quasi un elemento caratterizzante della città: gli abitanti sono soliti chiamarli in dialetto caltagironese a paisana o a muḍḍura. La primavera è abbastanza fresca, con temperature superiori ai 10-15 °C, mentre l'estate si manifesta con alte temperature (sopra i 35 °C di media), che degenerano a volte in afa tra luglio e agosto. In base alla media trentennale di riferimento 1961-1990, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta a +8,2 °C; quella del mese più caldo, agosto, è di +25,4 °C. Origini del nome Il nome di Caltagirone, nella sua totalità, è di difficile interpretazione, per mancanza di una certa spiegazione etimologica, dovuta all'esistenza di poche informazione toponomastiche. Il nome ha sicura origine araba, fortemente denotabile dalla prima parte del nome, in arabo qal'at, che ha significato di "castello" o "fortezza", in comune con altri centri come Caltanissetta, Calatafimi, Calascibetta. Per quando riguarda la restante parte, secondo alcuni studiosi potrebbe trattarsi dell'arabo al-ḡīrāni (الْغِيرَانِ) cioè "castello delle grotte", per via delle numerose grotte disseminate sul territorio. Altri lo riconducono invece, con minor probabilità, a al-ḵinzīri (الخنزير) cioè "rocca dei maiali o dei cinghiali", termine che caratterizza il toponimo del limitrofo comune di San Michele di Ganzaria nonché il monte tra i due centri. Altre ipotesi meno accreditate asseriscono un'etimologia che riconduca a un eventuale passato greco della città legato alla poléis di Gela, quindi "rocca di Gelone", "rocca di Gerone" o "rocca dei gelesi", oppure alla presenza di coloni dal Genovesato agli albori dell'anno mille, perciò "rocca dei genovesi". Nel Basso Medioevo il nome latino era Calatagironum o Calata Ieronis, come si legge più volte nellHistoria sicula di Bartolomeo di Neocastro (c. 1250- c. 1310). Storia Preistoria Sin dall'antichità la località fu scelta per la sua posizione privilegiata, che essendo sullo spartiacque che divide le due più vaste pianure della Sicilia, la Piana di Gela e la Piana di Catania, le consentiva di controllare e difendere un vasto territorio. I primi insediamenti stabili nel territorio dell'odierna Caltagirone risalgono alla preistoria. Il più antico insediamento del territorio finora noto è il Riparo Cafici, nella valle di Terrana (tra il Bosco di Santo Pietro e la Sughereta di Niscemi), risalente al Paleolitico superiore o al primo Mesolitico. Gli scavi archeologici effettuati in contrada Sant'Ippolito – alle sorgenti del fiume Caltagirone – hanno portato alla luce i resti di un villaggio neolitico abitato ininterrottamente sino all'arrivo dei Greci. Poco distante, in contrada Montagna, vi è una vasta necropoli risalente alla tarda età del bronzo. Vi sono presenti delle tombe a tholos. Sulle colline che dominano la vallata del fiume Maroglio si trova il grande centro prima indigeno e poi greco di Monte San Mauro con resti di edifici tra i quali un anaktoron. Altri insediamenti preistorici si trovano nelle contrade Moschitta, Paradiso, Piano dell'Angelo e nella stessa Caltagirone. Preistoria e storia antica Scavi archeologici nell'intero territorio cittadino hanno dimostrato una presenza certa dei greci nel territorio di Caltagirone, seppur questa presenza non sia stata in continuità con la storia della città. Precedentemente alla presenza greca, è molto probabile che nel territorio si siano installati dapprima i sicani, e successivamente i siculi. Data la posizione centrale, è possibile che, durante la dominazione greca della Sicilia, nell'attuale territorio di Caltagirone vi fossero sia insediamenti calcidesi, sia insediamenti geloi. Sempre tenendo conto della posizione del territorio caltagironese, è attestato che gli insediamenti lì posti avessero contatti commerciali con diverse póleis siceliote, tra le quali la prossima Gela, Selinunte e Siracusa. L'area archeologica più documentata è quella di Monte San Mauro, dove con molta probabilità si installarono coloni di provenienza mista sotto legge calcidese, i quali si sarebbero installati in pre-esistenti villaggi siculi (forse coabitando con essi) o avrebbero costituito una colonia ex novo: questa sarebbe identificabile con Euboia, subcolonia di Leontinoi. La stessa San Mauro potrebbe essere identificata alternativamente come colonia sotto il dominio di Gela, seppur in stretto contatto col mondo calcidese. Molto probabilmente, il centro ebbe fine a causa di una distruzione dolosa: una delle possibili ipotesi rimanda all'avanzata di Ippocrate verso la costa ionica, ossia quella che lo condusse alla conquista delle importanti città di Naxos, Callipoli, Leontinoi, Zancle e Katane. Durante l'età moderna, gli studiosi locali del tempo, della Compagnia di Gesù per commissione del senato locale a fini di prestigio, insisterono nella correlazione tra la città e Hybla Geleatis, la quale però rimanderebbe alla vicina Gela. La presenza dei romani e dei bizantini nel territorio è grosso modo dimostrata, seppur le tracce della loro permanenza siano decisamente più sparute di quella greca o sicula, nonché meno rilevanti. Età medievale Nel primo periodo medievale gli Arabi, oltre ad installarsi grosso modo nell'odierno nucleo abitativo, sembra che abbiano introdotto nuove tecniche nella lavorazione dell'argilla, specialmente per quanto riguarda l'uso del colore e dello smalto, dando quindi un importante impulso all'artigianato della ceramica, nonché una certa caratterizzazione.L'espansione vera e propria dell'abitato, il fiorire della sua economia e in generale la nascita stricto sensu della città come oggi è conosciuta sono probabilmente avvenute durante il periodo altomedievale, da parte di coloni provenienti dal Genovesato, molto probabilmente dell'areale di Savona: da ciò si presumo lo sviluppo della leggenda secondo cui dei genovesi sbarcarono presso Camarina e si addentrarono nel territorio di Caltagirone, liberandola dalla presenza musulmana. Comunque, è molto probabile che i liguri fossero il primo popolo a latinizzare religiosamente e linguisticamente il territorio di Caltagirone, più o meno contemporaneamente ai coloni delle altre aree d'Alta Italia arrivati con Adelasia del Vasto nel resto della Sicilia centro-orientale, come nell'esempio del centro limitrofo di Piazza Armerina. Nel 1154 Edrisi, il celebre geografo arabo alla corte di Ruggero il Normanno, descrive così Qal'at al-Genūn (Castello dei Genovesi): La fiorente comunità ligure diede manforte al conte Ruggero contro i musulmani durante l'assedio della Rocca di Judica. Quest'aiuto valse alla città di Caltagirone gli estesi possedimenti dei territori di Fetanasimo (l'attuale insieme del Bosco di Santo Pietro e Sughereta di Niscemi), Regalsemi e Camopietro (detta anche Judica, che coincide con il comune di Castel di Iudica) ed è all'origine della ricchezza feudale della città, la quale si protrasse fino agli albori della modernità. Nonostante la natura lombarda della città, nel XIII secolo Caltagirone partecipò alla rivolta contro gli Angioini nei Vespri siciliani, avendone espresso una delle figure principali, il nobile Gualtiero di Caltagirone, che sollecitò l'avvento di re Pietro d'Aragona nel corso dell'assedio di Messina. Deluso nelle sue aspettative dal nuovo monarca, Gualtiero cospirò contro di lui e fu per questo decapitato in Piazza San Giuliano nel 1283. In seguito allo sviluppo dell'artigianato e del commercio, legati alla produzione della ceramica e influenzati positivamente dalla posizione geografica interna ma affacciata alla costa mediterranea, nacque una classe di ricchi commercianti che si stabilirono provenendo anche da altre parti d'Italia. Lo sviluppo di cui godette la città è ravvisabile in special modo nella struttura del centro storico, che presenta diversi edifici sacri e pubblici di valore artistico, la cui costruzione e il cui rifacimento fu affidato, com'era in uso, a famosi architetti ed artisti dell'epoca. Nel XIV secolo a Caltagirone (In ebraico: קלטג'ירונה) viveva una piccola comunità ebraica (הקהילה היהודית ב Caltagirone) stabilitasi in una zona vicino al quartiere San Giuliano, che prende il nome di Via Iudeca (דרך Iudeca) o Zona Miracoli. Gli ebrei si dedicavano all'artigianato (in particolare nel settore tessile), molte famiglie della comunità ebraica finirono con l'assumere alcuni cognomi tipici (come per esempio Alba) e a cimentarsi nelle attività creditizie. Nel 1492 la dominazione spagnola decretò la scomparsa degli ebrei in Sicilia, e la città fu duramente colpita nella sua vita economica e culturale. Età moderna I secoli XV e XVII furono l'epoca aurea della Città della ceramica, che allora si arricchì di chiese, palazzi nobiliari, istituti, collegi e conventi. Nacque pure l'università nella quale si insegnavano giurisprudenza, filosofia e medicina, nonché un ospedale. In quei secoli la popolazione della città si aggirò sempre attorno ai 10.000 abitanti, numero che la poneva tra le città più grandi e importanti della Sicilia, di cui solo un migliaio erano ceramisti di professione e diverse centinaia i chierici. La città era caratterizzata da una fervida attività socio-culturale, specialmente da parte del suo ceto artigianale e da parte del mondo gesuita. Nel 1671, a causa di una carestia, morirono circa 2 000 persone, per fame e per stenti, mentre il 1693 è l'anno che segna una radicale svolta per Caltagirone, così come del resto per l'intera Sicilia orientale: un catastrofico terremoto la rade al suolo insieme ad altre dieci città; il fatto costò la vita a circa 100.000 persone, un migliaio nel caso della città. Con questo evento, Caltagirone perse quasi completamente le tracce monumentali di stampo medioevale e tardo-rinascimentale, con pochi esempi rimasti in piedi, posti fuori dell'allora cinta urbana (esempio la chiesa di Santa Maria di Gesù e relativo convento). Nonostante ciò, la pianta originaria rimase grosso modo intatta, permettendo di ricostruire esattamente nei punti prima della distruzione sismica. Nell'arco di circa dieci anni, la città venne ricostruita con un volto tardo-barocco, quello che oggi conserva nel suo centro storico, e quello che oggi caratterizza la città per buona parte del suo aspetto. Età contemporanea Agli inizi del XX secolo, Caltagirone fu città simbolo del popolarismo italiano di Don Luigi Sturzo. Fu anche il simbolo del movimento antifascista siciliano, dato che lo stesso sacerdote fu uno dei più accesi detrattori e oppositori del regime mussoliniano, a tal punto da doversi rifugiare fuori dall'Italia, prima a Londra e poi a New York. Negli anni venti, per via della dismissione delle miniere di zolfo, come quella in contrada Balchino, la città subì un decremento di popolazione, comunque modesto (circa il 10% tra il 1911 e il 1921) rispetto ad altre città della Sicilia centrale (alcune di queste persero dal 20 fino al 30%). Durante la seconda guerra mondiale, Caltagirone soffrì dei pesanti bombardamenti degli Alleati, sbarcati in Sicilia con l'operazione Husky, i quali distrussero alcuni monumenti significativi per la città e procurarono centinaia di vittime civili. A dicembre del 1945 avvenne nel territorio di Caltagirone uno tra i fatti più importanti della stagione indipendentista siciliana durante la seconda guerra mondiale: una battaglia tra l'EVIS e i Carabinieri in località San Mauro, nota appunto come Battaglia di Monte San Mauro, che provocò complessivamente 3 morti. Dagli anni sessanta agli anni settanta, la città subì un esodo di popolazione verso le regioni italiane del nord e verso la Germania, come avveniva anche in altri centri siciliani, finché nel decennio successivo si ebbe una nuova crescita generale, dovuta allo sviluppo dell'attività artigianale e dell'edilizia, che rese la città soggetta a una ripida espansione urbana, che ne aumentò considerevolmente le dimensioni del centro abitato, poggiandolo anche sulla vallata discendente la Piana di Gela. Oggi Caltagirone è un'importante destinazione turistica della Sicilia, merito soprattutto del suo patrimonio artistico e artigianale. Nonostante non sia un centro capoluogo, è sede di diversi presidi pubblici importanti, tra cui il tribunale e la Procura della Repubblica. La città è oggi un centro urbano di medie dimensioni all'interno del contesto siciliano, specialmente quello interno, nel quale il suo dato demografico risulta essere di dimensioni considerevoli se paragonato ad altre realtà affini. Tra le sue risorse turistiche più cospicue vanno ricordati i musei (Museo Regionale della Ceramica, Mostra dei Pupi siciliani, Galleria Civica d'Arte Contemporanea e molti altri), le chiese (se ne contano più di 50) e le ville (Villa Patti, Villa Milazzo, Giardino Pubblico Vittorio Emanuele). Simboli e onorificenze Il simbolo di Caltagirone risale al 1030, anno della liberazione della città da parte dei genovesi dal dominio saraceno. I cittadini caltagironesi, per riconoscenza, avrebbero adottato nel loro stemma, nel petto dell'aquila che tiene tra gli artigli un osso, lo scudo di San Giorgio sostenuto da due grifoni, ciò per ricordare l'antica origine della città, quella della Repubblica marinara di Genova. Esso è descritto così: In versione semplificata (sola croce di San Giorgio), insieme agli stemmi anch'essi semplificati di Catania, Nicosia e Acireale, costituisce lo stemma dell'ex Provincia di Catania. Il 6 aprile 1987, per decreto presidenziale, il comune di Caltagirone è stato insignito del titolo di città. Stemma e gonfalone sono stati anch'essi concessi con decreto del presidente della Repubblica del 6 aprile 1987. In periodi recenti è stata mostrata una bandiera comunale de facto, non citata all'interno dello statuto comunale, la quale consiste in un drappo rettangolare bipartito di colori bianco e rosso. Nonostante ciò, la Croce di San Giorgio può essere a tutti gli effetti definita come simbolo distintivo della città, in quanto parte dello stemma. Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose Basilica Cattedrale di San Giuliano, chiesa di origine normanna, subì varie ricostruzioni a causa dei terremoti che colpirono la zona. Nel 1816, con l'istituzione della Diocesi di Caltagirone fu elevata al rango di Cattedrale. Chiesa del Signore del Soccorso, ad ovest della città, sull'antica strada per Gela, sorgeva, prima del terremoto del 1693, una chiesetta dedicata alla Madonna del Soccorso, sotto le sue macerie venne ritrovato un crocifisso dipinto su pietra. Sul luogo del ritrovamento, alla fine del Settecento, fu costruita una chiesa progettata dal Bonajuto, in cui si venera la sacra immagine. In seguito il Santuario del Santissimo Crocifisso s'arricchì di nuove strutture, anche per poter accogliere i devoti che vi si recano, lungo la strada che porta al Santuario si notano i misteri del Santo Rosario e le stazioni della Via Crucis su pannelli in maiolica. Abbazia di Terrana, a pochi chilometri da Santo Pietro, nel vicino feudo di Terrana, sorgeva un tempo l'importante abbazia cistercense di Santa Maria di Terrana di cui rimane parte di una chiesetta, edificata nel XIII secolo, con resti d'affreschi quattrocenteschi. Sulla facciata si mette in chiara evidenza il portale principale con i due mascheroni. All'interno, a fianco dell'abside, una porticina, sormontata da un arco ogivale, permette l'accesso al campanile. Cimitero monumentale di Caltagirone, sulla via Nicastro, ad appena tre chilometri dal centro abitato, si trova il cimitero monumentale, preceduto da un viale alberato. Detto cimitero del Paradiso, dal nome della contrada in cui sorse, fu progettato dall'architetto Giovan Battista Nicastro nel 1866, con pianta a croce bizantina iscritta dentro un muro perimetrale che in parte lascia intravedere l'interno attraverso alcune aperture. Il progetto non fu mai portato a compimento dal Nicastro che morì nel 1903. Dal 1931 è stato dichiarato monumento nazionale. Altre chiese Chiesa dell'Immacolata e convento dell'Ordine dei frati minori conventuali, quest'ultimo per molti anni sede del Seminario Diocesano, è la Sede Vescovile; Chiesa di Sant'Agata; Chiesa di Sant'Andrea; Chiesa di Santa Lucia; Chiesa di Maria Santissima dei Miracoli; Chiesa del Santissimo Crocifisso del Soccorso; Chiesa di San Biagio; Chiesa di Maria Santissima delle Stelle; Chiesa di Sant'Orsola; Chiesa di Gesù e Maria; Chiesa di Sant'Isidoro; Chiesa di Maria Santissima degli Angeli; Chiesa di Santa Caterina; Chiesa di Santa Sofia; Chiesa del Rosario; Chiesa della Circoncisione di Gesù o del Collegio dei Gesuiti (1571); Chiesa di San Nicola; Basilica di Santa Maria del Monte (ex Matrice), basilica minore dal 1963 Chiesa di Maria Santissima del Ponte: costruita in seguito a un'apparizione mariana, avvenuta secondo la tradizione il 15 agosto 1572 a una bambina; Chiesa di San Domenico; Chiesa di San Bonaventura e convento dell'Ordine dei frati minori osservanti riformati, quest'ultimo trasformato in carcere dopo l'Unità d'Italia e la confisca dei beni ecclesiastici; Basilica di San Giorgio; Chiesa di Santo Stefano; Chiesa di Santa Chiara; Chiesa di San Francesco di Paola; Chiesa di Santa Rita; Chiesa Santa Maria di Gesù; Chiesa di San Pietro; Chiesa di San Giacomo Chiesa dei Cappuccini; Chiesa del Santissimo Salvatore; Chiesa di San Giovanni Bosco; Chiesa di Maria SS. della Neve; Chiesa di San Giuseppe; Chiesa della Sacra Famiglia; Chiesa di Sant'Anna; Chiesa della Madonna della Via; Chiesa di San Giovanni Bosco; Chiesa San Vincenzo de Paoli; Chiesa di San Paolo Apostolo; (frazione Piano San Paolo) Chiesa dei Santi Pietro e Paolo; (frazione Santo Pietro) Chiesa di San Giovanni Battista; (frazione Granieri) Architetture civili Villa Vittorio Emanuele Stazione di Caltagirone (1892) Scalinata di Santa Maria del Monte Teatro Politeama Tondo Vecchio Monumento ai Caduti, opera dello scultore Antonio Ugo Stadio Agesilao Greco Galleria Luigi Sturzo Ponte San Francesco Carcere Borbonico Istituto d'arte per la Ceramica Fontana Acquanuova del Gagini Siti archeologici Caltagirone è sede di diversi siti archeologici: Castello dei Geni Scavi Sant'Ippolito Necropoli della Montagna Altobrando Piano Casazze Monte San Mauro Teatri Il principale teatro della città è il Politeama Ingrassia, che fu costruito nel primo decennio del Novecento ad opera di Saverio Fragapane, e che venne inserito nel Piano Regolatore presentato dal pro-sindaco Don Luigi Sturzo nel 1907. Il teatro si trova in corrispondenza con l'ingresso monumentale del Giardino Pubblico Vittorio Emanuele. Esso costituisce il fulcro della vita culturale e artistica della città. Il teatro funge anche da sala cinematografica, munito di più sale. Un altro teatro cittadino è lArtanis, della parrocchia di Sant'Anna, sito in via Principe Umberto. Oltre a funzionare da teatro, sia per uso civile, che per quello religioso, esso funge anche da sala cinematografica. Il Teatro Stabile dei Pupi di Caltagirone, dedito alla rappresentazione teatrale di figura, è uno dei più antichi e conosciuti della Sicilia. Società Evoluzione demografica L'evoluzione demografica registratasi a partire dal 1861, denota il dato della popolazione a circa abitanti, un dato che la poneva tra le città più popolose dell'isola. La tendenza positiva culminò nei abitanti del 1901, mentre durante il primo decennio fascista si ebbe un crollo demografico che ricondusse la popolazione alla soglia dei abitanti. Nel secondo dopoguerra la città tornò quasi sui livelli di inizio secolo, ma dagli anni sessanta agli anni settanta, a causa dell'insufficiente sviluppo economico, subì nuovamente un decremento demografico (i cittadini emigrarono nelle città del Nord Italia, specialmente del Piemonte, della Lombardia e dell'Emilia-Romagna, ma anche in Germania e Australia), finché nel decennio successivo non si ebbe una nuova crescita, da associarsi anche all'espansione edile che portò alla costruzione della città nuova e alla crescita di servizi ed attività commerciali. Come altri comuni siciliani, subisce un trend demografico in negativo. È tra i 25 comuni più popolosi della Sicilia, così essendo sia centro di riferimento all'interno della Città metropolitana di Catania, sia nel contesto territoriale della Sicilia centro-meridionale, dove risulta essere uno dei centri più popolosi, specialmente nel suo entroterra. Etnie e minoranze straniere Dagli ultimi decenni del XX secolo, Caltagirone è stata interessata anche da fenomeni immigratori. Le prime comunità formatesi sono quelle albanesi e srilankesi, quest'ultima ad oggi radicata in città da diversi decenni, anche per il fatto che la maggioranza di questa comunità è di religione cristiano cattolica, questa tradizionale in città. Dagli anni 2000 in poi, cittadini provenienti dall'Europa orientale, specialmente dalla Romania, ma anche dai paesi dell'Africa subsahariana occidentale, hanno iniziato ad essere una presenza in città, con i primi diventati la prima comunità straniera della città, superando per numero quella dello Sri Lanka. Al 31 dicembre 2020 gli stranieri residenti a Caltagirone erano 1253. Le nazionalità più rappresentate erano: Romania - 298 Sri Lanka - 291 Albania - 70 Gambia - 48 Bangladesh - 44 Tunisia - 45 Senegal - 44 Mali - 36 Lingue e dialetti A Caltagirone, tra i secoli XIX e XX, in virtù dell’unificazione nazionale e della diffusione di mezzi di comunicazione di massa, sia di natura audiovisiva, che stampata, l’uso della lingua italiana, seppur con distinto accento cittadino, si è espanso in quasi tutte le sue fasce di abitanti e anche in registri diversi da quelli formali. Nonostante ciò, la lingua siciliana persiste nella sua variante cittadina: questa si distingue sia rispetto al territorio limitrofo (sia del Calatino-Sud Simeto, sia afferente ad altre aree come quella gelese o piazzese), sia rispetto al contesto provinciale (si distingue in maniera decisa dal catanese e dai dialetti affini ad esso), seppur in altre aree della ex provincia catanese è possibile incontrare dialetti vagamente simili, specie nel confine nord-occidentale. La sua varietà locale, detta caltagironese (chiamata in siciliano cartaggirunìsi, trascritto /kaːɾtɐdːʒɨɾɔ̃ːiːzɨ/), viene generalmente ascritta ai dialetti siciliani orientali senza metafonia (quindi al ramo detto catanìsi), seppur essa condivida alcuni elementi linguistici ascrivibili invece ai dialetti siciliani centrali (quindi al ramo chiamato cartanissittìsi), più vicini geograficamente. Si distingue per un peculiare sostrato settentrionale derivato dalla lingua genovese (presumibilmente dal dialetto di Ponente o savonese), che ne ha conferito una particolare cadenza e particolari fenomeni linguistici, tanto peculiari quasi a costituire una nciuria caratterizzante all'interno della siculofonia. Un'altra ipotesi riguardo all'origine di questo dialetto riguarda un probabile apporto messinese al parlato, che ne giustificherebbe alcuni elementi, tra cui alcuni fenomeni di assimilazione consonantica, che rendono la parlata almeno parzialmente correlabile al contesto orientale della Sicilia. Come in altri dialetti della lingua siciliana, sussistono influenze iberiche (sia castigliane che catalane), arabe, berbere, greche e provenzali, oltre a recenti prestiti dall’italiano. Fonetica e Fonologia la presenza della vocale centrale chiusa non arrotondata [ɨ] invece della più comune vocale quasi anteriore quasi chiusa non arrotondata [ɪ] quando la vocale /i/ è in posizione atona; la lenizione intervocalica nelle sillabe centrali (esempi [s] che si trasforma in [z], [ʧ] che si trasforma in [ʒ], talvolta la consonante ḍḍ si trasforma in [lː]); la vocale /a/, sia a fine di parola che ad inizio, per gli esiti di lenizione, corrisponde al suono [ɐ], la vocale centrale quasi aperta (la parola lìgna si trascrive /liɲːɐ/); le vocali nasali al posto del suono consonantico nasale scempio sia prima che dopo una vocale (lampijuni si trascrive /lampːɨjɔ̃ː/, manu si trascrive /mɑ̃ːu/) nelle sillabe centrali e finali, la laterale approssimante alveolare [l] si trasforma in monovibrante retroflessa (cacocciulu si trascrive in /kakotːʃuɽu/); sempre nelle sillabe centrali e finali, le standard vibrante alveolare [r] e occlusiva alveolare sonora [d] si trasformano in monovibrante alveolare [ɾ]; sussistenza delle semiconsonanti [w] e [j] nelle sillabe centrali (esempi le parole ovu e santijari, la prima trascritta /owu/, la seconda /santɨːjaɾɨ/) o successivamente al suono [i] nelle sillabe finale (facìva, terza persona singolare dell'imperfetto indicativo di facìri, è perciò preferibile trascriverlo come facìa); sussistenza, nelle parole che cominciano con [i], della semiconsonante [j] nella sillaba iniziale (jìri e jittari in divergenza alle più comuni iri e ittari); metafonesi, seppur affievolita dall’influenza del genovese (la parola porta non ha fenomeno di metafonesi, al contrario sussiste in sìmu, prima persona plurale del verbo èssiri o sìri); assimilazione consonantica della "gr-" iniziale (rattari al posto di grattari); la "r" interna, in combinazione con altre consonante, tende a essere assimilata (la parola sordi si trascrive /soːdɨ/, il verbo infinito curcari si trascrive /kuːkaɾɨ/); geminazione consonantica nel parlato e in alcuni lemmi (Diu santu si trascrive /djusːɑ̃ːtu/, tracuḍḍari diventa invece traccuḍḍari); non sussiste la palatalizzazione di [j] dopo la consonante /n/ ('n jornu divergente rispetto al catanese 'n ghiornu); in alcune parole, le sillabe [aw], [wa] o le vocali [a] e [u] si trasformano in [o] (còrijari sostituisce càurijari o quarijari, Sammàuru si trasforma in Sammòru, sàusizza o sàsizza diventa sòsizza, acèḍḍu o ucèḍḍu diventa ocèḍḍu); la fricativa postalveolare sorda scempia nella sillaba iniziale viene sempre geminata (la parola ciatu si trasforma in sciatu, trascritta /ʃːatu/); la semiconsonante nella sillaba iniziale, tipica del dialetto catanese, non sussiste nelle parole che cominciano con [a] (il catanese jaggia in caltagironese è aggia, così come jattu diventa attu), mentre quella d'accompagnamento al verbo èssiri si trasforma sovente in una fricativa labiodentale sonora (la frase italiana dov'è? nel dialetto locale diventa unni vè), in preferenza alla semiconsonante, pur espressa da alcuni parlanti. Anche nelle sillabe centrali può occorrere (il più comune cajordu si trasforma in caòrdu); la fricativa labiodentale sonora standard nella sillaba iniziale si trasforma in occlusiva bilabiale sonora (il toponimo Vizzìni si trasforma in Bizzìni, mvitari si trasforma in mbitari). Morfologia, sintassi e ortografia il tempo perfetto, per quanto sia assolutamente contemplabile nella parlata, è secondario rispetto al tempo passato composto, che nel siciliano è una composizione verbale a essa estranea (he fattu, atu dìttu, amu pinzatu sono preferiti rispetto a fìci, dicìstuvu e pinzammu); alcune parole esistono in forma contratta rispetto alla forma standard del siciliano (faènnu sostituisce facennu per indicare il gerundio del verbo fari, a volte è occorrente faìa sia al posto di facìa che di faciva, così come vâtri o vùatri sostituisce vijàutri o vujàutri); laddove la geminazione consonantica si manifesta nella sillaba iniziale, la vocale di principio /a/ cade (cchiapparisi invece di acchiapparisi, ddunari al posto di addunari, rruggiari al posto di arruggiari); dato il suono muto della /i/ atona e il suono poco distinto delle vocali nasali, può occorrere la contrazione della suddetta vocale con un apostrofo (ìḍḍi su' bravi, du' jorna prìma ri chìstu, tr'anni dopu u fattu ri nuàtri canusciutu); il plurale neutro, per via degli esiti fonetici del dialetto (sussistenza di vocali centrali che tendono nel parlato ad appiattirsi in una generale schwa), tende a non essere espresso graficamente, quasi a renderlo un elemento assente nel parlato (la parola jornu tende a essere descritta al plurale con jorni o jorn e non con jorna); per distinguere la vocale /i/ tonica da quella atona (e perciò evitando soluzioni grafiche divergenti alla scrittura siciliana standard), può occorrere l'uso estensivo dell'accento grave (u piccirìḍḍu râ za Marìa si fìci mali jucannu cô fìgghiu râ zia Tiresa). Lessico e aspetti sociolinguistici L'elemento distintivo settentrionale, quello dato dalla lingua ligure, ha ad oggi tracce spettrali (questo perché il sostrato è molto antico, dato che molto probabilmente i genovesi — o in generale i liguri che si identificavano come tali — si stanziarono a Caltagirone prima che venissero altre colonie dell'Italia settentrionale in Sicilia), e perlopiù si rintracciano in alcune particolarità in fatto di fonetica (come il raddoppio consonantico, la sussistenza delle vocali nasali o della fricativa postalveolare sorda). Qualche lemma ancora persiste (carruggiu, pignatta, ganascia e scagnu i più locali, mè fìgghiu, orbu, pumma, sòciru, jenniru sono invece esempi di termini già diffusi nel resto della Sicilia). Alcuni cognomi di origine o di grande diffusione in Liguria, come Grillo, Doria, Costa, Colombo, Vassallo, Traversa, Grimaldi, La Ferla, Marino e Fontana, sono ampiamente diffusi in città, o comunque caratteristici del posto. Questa parlata sovente accoglie diversi elementi dagli altri dialetti siciliani con cui entra in contatto: spesso accoglie diversi lemmi del dialetto catanese, in special modo tra i giovani e tra i cittadini che lavorano o studiano nel capoluogo etneo. L'influenza dei dialetto siciliano metafonetico centrale è attestabile in alcuni fenomeni di metafonesi che in altri dialetti limitrofi risultano completamente assenti. Questa varietà del siciliano non ha una vera e propria scrittura standardizzata: questo è dovuto sia per l'egemonia dell'italiano, sia per la mancanza di un vero standard di scrittura per il siciliano, e sia anche per le particolarità in fatto di fonetica e fonologia già citate, che pongono degli ostacoli per un'uniforme scrittura di questa parlata cittadina. Come già espresso, il dialetto di Caltagirone, premettendo le già citate caratteristiche, risulta estremamente distinto e peculiare rispetto agli altri delle comunità limitrofe: le altre realtà del suo hinterland parlano varietà talvolta orientali senza metafonia (come nei casi dei comuni calatini dell'della Piana di Catania e degli Iblei centro-settentrionali, ovvero i casi di Grammichele, Palagonia, Mineo e Ramacca), talvolta centrali con metafonia (nei casi dei comuni calatini erei, come San Cono, Mirabella Imbaccari e San Michele di Ganzaria) e anche sud-orientali con metafonia (i casi di Mazzarrone, Licodia Eubea e Vizzini, comuni calatini iblei ed ipparini). Nella frazione meridionale di Granieri, la comunità parla il dialetto sud-orientale della lingua siciliana (chiamato ràusanu o muoricanu), ramo dei dialetti parlati in provincia di Ragusa e nel basso siracusano, questo perché i loro abitanti sono originari dei centri dell'area ipparina ed iblea, come Comiso, Vittoria, Chiaramonte Gulfi e lo stesso capoluogo di provincia. Religione La religione maggiormente professata a Caltagirone è ad oggi quella cristiana cattolica di rito latino: la sua massima istituzione locale è la Diocesi di Caltagirone, suffraganea appartenente all'Arcidiocesi di Catania. Fino al 2000 l'arcidiocesi era appartenente all'Arcidiocesi di Siracusa, così come nel caso di altre diocesi della Sicilia centro-orientale. I Santi Patroni della città sono Giacomo il Maggiore e Maria Santissima del Ponte, quest'ultimo il principale tra i culti mariani caltagironesi, che pone la città in comunanza con i centri limitrofi di Gela, Piazza Armerina, Mirabella Imbaccari, Mazzarino e Niscemi, anch'essi caratterizzati da un forte culto dell'Immagine mariana. La città aveva in origine come Santo Patrono San Nicola di Bari, mentre altri santi importanti per la città sono San Giorgio (alla quale fu eretta una delle chiese più antiche della città per parte dei genovesi), San Pietro, San Giuseppe e San Francesco di Paola. Altre confessioni cristiane professate in città sono quelle del ramo evangelico-pentecostale, sviluppatesi per numero nella seconda parte del secolo precedente, presente con alcuni luoghi di assemblea sparsi per tutta l'area urbana. In città è altresì presente una Sala del Regno dei Testimoni di Geova, anch'essa nata e sviluppata entro la comunità caltagironese negli ultimi decenni del secolo XX. Per via della recente immigrazione, sono anche presenti confessioni non prettamente tradizionali rispetto alla comunità cittadina: vi sono diverse centinaia di appartenenti alla Chiesa ortodossa (generalmente da Romania, Russia e Ucraina) e all'Islam, generalmente sunnita (provenienti da Albania, Marocco, Senegal, Tunisia). Tradizioni e folclore Nel corso dell'anno, in città vengono celebrate diverse manifestazioni cittadine secolari, specialmente religiose. I periodi più sentiti sono quello pasquale (con il culmine della processione con la giunta di pasqua, ossia il giorno della resurrezione di Cristo e dell'annuncio dell'Apostolo Pietro alla Vergine Maria), quello più strettamente mariano (a maggio, con le celebrazioni in onore alla Madonna di Conadomini, che sfociano nelle celebrazione popolare della rusèḍḍa, e ad agosto con le celebrazioni per la Madonna del Ponte), e quello dei festeggiamenti per il Santo Patrono Giacomo (chiamato in dialetto Santu Jacupu o Sagnacupu) a fine luglio e inizio agosto. Festa di san Giacomo a Caltagirone Madonna di Conadomini A Giunta di Pasqua Qualità della vita Nel complesso, seppur non sia tra le peggiori della propria provincia o del proprio territorio (la Sicilia centro-meridionale), la qualità della vita a Caltagirone si attesta su livelli bassi rispetto alla media nazionale. È caratterizzato da alti livelli di disoccupazione, con più della metà dei giovani senza un lavoro e con una forte incidenza sulla popolazione femminile, da un non trascurabile rischio di dispersione scolastica e da un elevato indice di vulnerabilità materiale e sociale, il quale si traduce in una richiesta importante di sussidi statali. Il proprio PIL pro capite si aggira su livelli decisamente più bassi sia rispetto alla media nazionale che quella regionale generale. A Caltagirone vi è anche la maggior incidenza regionale di minori non accompagnati per abitante, con un indice di uno ogni 117 residenti. Si nota altresì una discrepanza di qualità della vita tra il centro storico e la zona di nuova espansione, con situazione generalmente più critica nel nucleo più antico della città, seppur anche in alcune aree del centro nuovo (specialmente le periferie più remote) si possano incontrare sacche di povertà. Va menzionato anche un altro elemento che ha determinato mutazioni alla qualità della vita a Caltagirone, ossia l'evidente frattura urbanistica tra il centro storico e le aree di recente urbanizzazione dopo il boom edilizio della seconda metà del XX secolo. A dispetto di realtà geograficamente prossime come Piazza Armerina, Vittoria o Gela, l'espansione della città si è sviluppata solo lungo l'asse sud-ovest (per motivi di natura geografica e morfologica), generando così la periferizzazione dei quartieri del centro storico (perciò ponendo buona parte di questi anche in stato di privazione socio-economica) e di fatto spostando il baricentro urbano più a sud rispetto al municipio, creando così squilibri nella distribuzione dei servizi e rendendo quasi obbligatorio il ricorso a vetture private per spostarsi in città o per espletare attività burocratico-amministrative, sanitarie o commerciali, nonostante la sussistenza di un servizio di trasporto pubblico urbano. Cultura Dal 2022 la città fa parte del progetto del Primo parco mondiale dello stile di vita mediterraneo insieme ad altre 103 città della Sicilia centrale. Musei Caltagirone è sede di diversi musei, sia regionali che comunali: Museo della ceramica Museo della Ceramica Contemporanea – Palazzo Ceramico (presso il Palazzo Reburdone) Musei civici Luigi Sturzo Museo Diocesano Caltagirone - Palazzo Vescovile Museo tecnologico Hoffmann Museo Civico al Carcere Borbonico Museo delle Ville Storiche Caltagironesi e Siciliane Museo d'Arte Contemporanea Museo Internazionale del Presepe Mostra dei Pupi Siciliani Museo delle Espressioni Ceramiche Contemporanee (presso l'Istituto d'Arte) Museo Naturalistico (frazione Santo Pietro); Pinacoteca Museo dei PP. Cappuccini presso la chiesa dei Frati Cappuccini Biblioteche Biblioteca PIO XI È la biblioteca vescovile della città. Si trova nell'antico Convento dei Frati Minori che risale alla fine del XIV secolo, sede vescovile. Con i suoi 28.000 volumi circa, ha una decisa valenza culturale e storica per Caltagirone; opere di rilevanza storica e tavole descrittive illustrate con delle caratteristiche tipografiche. È vasta la gamma delle discipline rappresentate come la Letteratura, Storia, Geografia, Filosofia, Pedagogia, Scienze Naturali, Medicina, Matematica, Diritto Civile ed Ecclesiastico, Teologia, Musica e numerosi Dizionari ed Enciclopedie. In questa biblioteca sono presenti delle opere di Luigi e Mario Sturzo, che ne permettono di tracciare per intero le loro vite con significativi interessi storici, sociali e religiosi sia per la storia della città che dell'Italia. Biblioteca Comunale Emanuele Taranto presso Educandato San Luigi È la principale biblioteca della città per grandezza, frequentazione generale e per numero di volumi raccolti. Fu arricchita di opere alla fine del XVI secolo, con ingenti investimenti da parte del Senato cittadino. Quando i gesuiti lasciarono la città, le opere che arricchirono la biblioteca, furono trasferite presso l'Università degli Studi di Catania. Nel 1785 una nuova biblioteca fu ricostituita dal patriziato cittadino su un nucleo di 8.000 volumi donati dal principe Niccolò Interlandi. Nel 1870 i fondi bibliografici giunti dalle corporazioni religiose soppresse valorizzarono la biblioteca di circa 15.000 volumi che furono ordinati da Emanuele Taranto Rosso al quale è intitolata. Nel 1901 un violento incendio distrusse l'edificio nel quale era collocata la biblioteca e furono salvate solo 2.000 opere. Nel 1902 la Giunta comunale affidò al bibliotecario Baroncelli il progetto di ricostruzione delle opere. Grazie alle donazioni dei cittadini si incrementò il fondo antico e con i nuovi acquisti il patrimonio librario della città aumentò la sua varietà. La biblioteca conserva oltre 115.000 volumi dei quali circa 2.400 datati secoli XVI, XVII e XVIII, possiede una ricca collezione di 2867 fotografie e 1095 cartoline illustrate che risalgono ai primi anni del Novecento. Si conservano, inoltre, i volumi dei privilegi nobiliari che appartengono all'Archivio Storico Comunale. Biblioteca dell'Istituto Comprensivo Alessio Narbone È la biblioteca dell'omonimo istituto di istruzione elementare e superiore di primo grado, riferimento per i cittadini del centro storico, specialmente dell'area dell'Acquanuova. Possiede oltre 8.000 volumi, sono testi moderni ed aggiornati che coprono i vari settori della conoscenza. Questa biblioteca è nata con gli stanziamenti del Ministero della Pubblica Istruzione ed inaugurata il 16 maggio 2002, successivamente divenuta Biblioteca di Quartiere con lo scopo di servire l'utenza del Centro storico di Caltagirone. Biblioteca della frazione Granieri La biblioteca nella frazione Granieri fu istituita nel 1996. Dispone di circa 3000 volumi che spaziano dalla letteratura italiana e straniera, alla storia, a testi scientifici, enciclopedie, viticoltura. Letteratura Nella letteratura italiana, specialmente quella perpetrata da scrittori siciliani, Caltagirone ha avuto spazio di citazione, specialmente in relazione alla prossimità geografica della provenienza di alcuni grandi scrittori ascrivibili al verismo, Giovanni Verga e Luigi Capuana, il primo di Vizzini, il secondo di Mineo. Caltagirone è citata in Mastro Don Gesualdo, capolavoro di Giovanni Verga, quando al tempo del colera, rifugiato a Mangalavite, Don Gesualdo scopre la relazione tra il povero Don Corradino La Gurna e sua figlia Isabella Trao. I due giovani tentano una fuga d'amore e Don Gesualdo, contrario, fa ricorso alla giustizia, facendo giungere come un fulmine da Caltagirone l'ordine d'arresto per Don Corrado La Gurna. Sempre da parte di Giovanni Verga, la città viene menzionata in Cos'è il re, novella che racconta di Compare Cosimo, lettighiere di Grammichele, che riceve da Re Ferdinando II di Borbone l'incarico di portare la regina a Catania da Caltagirone. La frazione di Santo Pietro (e di riflesso la sua riserva naturale) viene citata nei libri Privo di Titolo di Andrea Camilleri e La Corda Pazza di Leonardo Sciascia, in riferimento alla mancata costruzione di Mussolinia, città che sarebbe stata ubicata nell'attuale territorio della frazione caltagironese. Scuole e Università Caltagirone è sede di diversi istituti superiori di istruzione, utili non solo alla cittadinanza caltagironese, ma anche e soprattutto per il circondario, anche extra-provinciale, seppur possa ricorrere il fenomeno di pendolarismo in una minoranza degli studenti della città, generalmente riferita verso Ragusa e Piazza Armerina. È anche sede di alcuni istituti e corso posteriori al diploma ai fini di formazione tecnico-accademica, in alcuni casi convenzionati con le università (come quella di Catania, per esempio) o anche con altri istituti di formazione o ricerca. Alcuni istituti fanno invece riferimento al mondo ecclesiastico. Le scuole superiori (licei, tecnici e professionali) e gli istituti di formazione successivi alla laurea sono: Istituto di sociologia "Luigi Sturzo" Istituto Tecnico Superiore per le tecnologie innovative per i beni e le attività culturali (Fondazione Steve Jobs) Istituto di Teologia Padre Innocenzo Marcinnò Istituto Musicale Pietro Vinci Istituto Superiore Bonaventura Secusio (licei classico, linguistico e artistico, questo già Liceo Sturzo) Istituto Superiore Majorana-Arcoleo (licei scientifici e istituti tecnico-commerciali) Istituto Superiore Cucuzza-Euclide (istituti tecnico-industriali, agrario e alberghiero) Istituto Superiore Carlo Alberto Dalla Chiesa (istituti professionali e alberghiero) Media Stampa A Caltagirone sono editi i quotidiani: L'Urlo del Popolo Sicilia News Periodici locali: Il Sette e Mezzo Gazzetta di Sicilia La Gazzetta del Calatino Prima Stampa degli Erei Radio Radio Rete Centrale (alla frequenza F.M. 92,900) Studio Tre Radio (alla frequenza F.M. 91,300) Televisione TVR Xenon (già posto sul canale 289 della televisione terrestre, ora trasmesso via IPTV) Tele Pegaso (già posto sul canale 812 della televisione terrestre, ora trasmesso via IPTV e alternatamente su Etna Channel) Tele Vita (non più emessa per revoca, un tempo facente parte del circuito Corallo Sat) Cinema Sono stati girati a Caltagirone i seguenti film: La piovra 10, miniserie televisiva di Luigi Perelli Lo voglio maschio, film del 1971 di Ugo Saitta L'attesa - (2014) di Piero Messina Cucina Caltagirone ha una cultura gastronomica che è espressione della propria collocazione geografica (l'entroterra della Sicilia centro-orientale), della propria storia, della propria produzione agricola (legata alla ruralità dei Monti Erei, e alla produzione sia delle Piane di Catania e Gela che del sistema serricolo dell'altopiano di Vittoria) nonché dei popoli temporalmente susseguitesi nel territorio, in special modo gli arabi, i normanni e gli spagnoli. Per ciò che concerne la tavola calda (in dialetto locale ì pezzi o a tàula càura), ovvero i panificati, coincide con quella di altri centri che si affacciano sulla Piana di Gela o che vengono percorsi dal Maroglio, esempio le limitrofe Gela, Niscemi, Mazzarino e Butera, seppur integri influenze di centri grossi come Catania, Ragusa o Palermo: è molto comune imbattersi presso bar e pizzerie in arancini, cipuḍḍini, ccartucciati, pizze coperte (in siciliano scacciati), pizzette rosse o bianche, mpanati e piruna di pasta lievitata (spesso conditi con spinaci, olive nere, pomodori secchi, tuma e salsiccia, ma anche con patate, carciofi, broccoli o semplicemente con mozzarella, prosciutto e pomodoro). In periodo di Natale persiste la tradizione delle muffuletta, panini di grano tenero (in origine di grano di semola) con semi di finocchio, i quali vengono donati dai panifici, per intercessione dei bambini, ai passanti. A livello dolciario, oltre ai tipici prodotti siciliani come le cassate, gli iris, le bummi, i curnetta, gli spìngi, la brioscia, le past'i mènnula, i bignè, i cannola (specialmente farciti con ricotta), i suspìra (analoghi alle minnuzzi catanesi) e i babbà, Caltagirone è conosciuta per i suoi cuḍḍureḍḍa, dolci natalizi a forma di buccellati e ripieni di una farcia a base di mandorla. Oltremodo tipici sono i cubbattara (bastoncini dolci, torroni di tradizione araba), i frischìtta, i palummèḍḍa, gli agnèḍḍa'n past'i mennula e i panarèḍḍa, panieri pasquali pieni di uova sode, fatti con pasta, zucchero e strutto e decorati con diavolina colorata e chiodi di garofano. Si deduce così che la tradizione dolciaria di Caltagirone, oltre a contemplare dolci di tradizione generale siciliana, annovera anche prodotti di stretta tradizione cittadina basata su prodotti locali (come le mandorle o la ricotta) e su una certa tendenza all'elaborazione sia negli impasti che nella scelta dei ripieni. Sono diffuse le preparazioni tradizionali come la cuccìa, ossia il grano cotto, e il maccu vìrdi (in italiano macco verde), ovvero una minestra di fave fresche, finocchietto selvatico e cipolla. Geografia antropica Urbanistica Centro storico Il centro storico sorge a tra i 600 e i 700 metri d'altitudine; fino al primo dopoguerra era l'unico insediamento urbano, ed ha origini millenarie. Nel settore orientale vi è il quartiere San Giorgio che prende nome dall'omonima chiesa, la più importante della città. Il centro storico è ricco di numerose chiese e diversi monumenti, oltreché le principali istituzioni ed enti (comune, teatro, banche e assicurazioni). A sud vi sono le aree urbane più basse rispetto al centro storico, vale a dire il quartiere Acquanuova, San Pietro e San Francesco di Paola, nella quale si trova il giardino pubblico, considerato il polmone verde della città. I carruggi Per carruggi (equivalenti nel resto della Sicilia alle vaneḍḍi) s'intendono in generale le strade, i larghi, i vicoli e i ronchi del centro storico della città, datati presumibilmente all'XI secolo, di natura simile alle kasbah arabe. Il termine è una sicilianizzazione del termine ligure caróggio: molto probabilmente la loro costruzione può essere attestata ai coloni liguri che lì si stanziarono. È molto probabile che essi siano stati costruiti anche per natura difensiva, dato che ai tempi si susseguivano battaglie tra normanni e saraceni. Queste si sono conservate, nonostante nel tempo la città sia stata investita da una generale distruzione a seguito del Terremoto del Val di Noto del 1693. Sono caratterizzati dalle loro anguste proporzioni, specialmente in larghezza, che li rendono spesso di difficile transito per i mezzi e in alcune occasioni anche per le persone. Sono le più tipiche e comuni tipo di vie presenti all'interno dell'antico centro cittadino, che ne caratterizzano l'intero aspetto generale. Alcune di queste permettono il transito dei veicoli (anche come ZTL), mentre altre sono esclusivamente di tipo pedonale. I carruggi possono essere sia vie in basolato che a scale, anche se alcune se ne possono incontrare asfaltate. Città ottocentesca La moderna Caltagirone è disposta ad anfiteatro. È una delle poche città della Sicilia centro-orientale ad aver conservato, dopo il terremoto del 1693, parte delle testimonianze dell'arte e dell'architettura medievali e, soprattutto, la tipologia dell'abitato. Un'altra importante attrazione della città è rappresentata dalla ceramica, risalente al V secolo a.C. Oltre alla visita del Museo della ceramica, questa parte di città testimonia la presenza di questa tradizione. Alle spalle del Museo della Ceramica si trovano il Giardino pubblico e la Villa Vittorio Emanuele, risalente al XIX secolo. Città nuova e periferia Durante la seconda metà del XX secolo, si è sviluppata una nuova area urbana sul pianoro affacciante alla piana di Gela, con caratteristiche decisamente differenti dal centro storico (per tipologia di abitato, per struttura viaria e per concezione spaziale), posta più a sud rispetto all’antico nucleo urbano. Questa è l’area più popolosa e trafficata della città. In essa sono presenti la maggior parte delle attività commerciali, i quali suoi assi principali sono il viale Europa, viale Mario Milazzo, il tratto più spiccatamente urbano di via Madonna della Via e via Principe Umberto. Tra il già citato viale Europa, piazza Falcone-Borsellino e viale Autonomia si sviluppa il mercato rionale del sabato, generalmente molto frequentato dalla cittadinanza. Presso quest’area sono ubicati diversi servizi, fra cui il distaccamento cittadino dell’Agenzia delle Entrate, dell’INAIL, l’ospedale Gravina (pertinenza dell'ASP 3 di Catania), il Palazzo di Giustizia e una buona parte degli istituti scolastici, di diverso ordine e grado. Sono altresì presenti i più importanti impianti sportivi della città, ovvero lo stadio Agesilao Greco, il campo Pino Bongiorno, la tensostruttura di via Luigi Pirandello, il Palasport Don Pino Puglisi, l’adiacente ex piscina comunale e l’arena indoor di viale Autonomia. La maggior parte dei presidi delle Forze dell’Ordine e dei corpi civili dello Stato hanno sede in questa parte della città (Polizia di Stato, Carabinieri, vigili del fuoco, Polizia Municipale). L’autostazione per le linee extraurbane e l’adiacente stazione ferroviaria RFI sono poste in Piazza della Repubblica, servite da una fermata della linea urbana AST. Quest’area, il centro storico e la viabilità nazionale sono reciprocamente collegate dal sistema di circonvallazione cittadina, che ha la sua base nella via Circonvallazione vecchia e viale Cristoforo Colombo, nonché dal percorso via Giorgio Arcoleo-via Roma, che porta dritto all’area più centrale del centro antico. Attorno a quest’area, prima delle contrade di campagna, si è sviluppata un’estesa perifieria, ove si possono notare condomini privati, villette a schiera e blocchi di edilizia popolare, anche circondate da spazi verdi o da piazzette. Sono servite da alcuni distaccamenti di servizi per la cittadinanza, esempio più comune i plessi scolastici di alcuni istituti, nonché da qualche attività commerciale o da qualche spazio per l’attività sportiva. Le aree periferiche dei Semini, della Bardella, del Canalotto, di Santa Rita e delle Sfere, rispetto ad altre aree periferiche, sono caratterizzate da immobili di stampo patronale, a volte non intonacati, dai quali traspare una certa mancanza di progettazione urbana e abusivismo edilizio. Nonostante sia un’area sostanzialmente recente, sono presenti diversi edifici antichi, tra i quali vanno evidenziati Villa Patti, la chiesa di Santa Maria di Gesù e l’attiguo convento, e l'Educandato San Luigi, sede della biblioteca comunale e dell’Archivio di Stato. Fuori da quest'area sono presenti la Casa circondariale, in contrada Noce, sulla strada per Niscemi, e l'area di sviluppo industriale, posta in contrada Santa Maria dei Poggiarelli, sull'estrema propaggine meridionale della Piana di Catania, al confine territoriale con Mineo, collegata al centro urbano dalla SS 417. Suddivisioni storiche Caltagirone è divisa nei seguenti quartieri, tra parentesi il loro nome in siciliano: Caltagirone Nord (Centro Storico) Santa Maria del Monte (A Matrìci); Sant'Agostino (Sant'Agustinu); San Giacomo (San Jacupu o Sagnacupu); Sant'Orsola (Sant'Ursula); San Giuliano (A Chiazza); Miracoli o Iudeca (I Miracula); San Giorgio (San Giorgiu); Cappuccini (I Cappuccìna); Ponte o Acquanuova (L'Acquannova); San Francesco di Paola (San Francescu); Canalotto (U Canalottu); San Pietro (San Petru); Immacolata (A Mmaculata). Caltagirone Sud (Nuova Espansione, Campagna e Periferia) Semini (I Simmina); Mazzone (U Mazzuni); Serra Fornazzo (Serra Furnazzu); Sant'Anna o Principe Umberto; Sfere (I Sferi); Sacra Famiglia o Mario Milazzo (U Vijali); Madonna della Via; Bardella (Barreḍḍa); Villaggio Musicisti (Villaggiu dê Musicìsti); Villaggio Balatazze (I Balatazzi); Pirandello o Madonna della Via; Santa Rita; Croce del Vicario (A Cruci rû Vicariu); San Giovanni Bosco; Bouganvillea; Romana (A Rumana); Piano Carbone (Chianu Carbuni); Collegiata (Culliggiata); San Mauro (Sammòru); Noce (U Nuci). Zona Industrale (C.da Santa Maria dei Poggiarelli). Frazioni Oltre al centro urbano strictu sensu, Caltagirone è costituita da diverse frazioni, generalmente poco popolose e non direttamente limitrofe all'area centrale. Queste sono: Favarella (Favarèḍḍa), località contigua alla città di Grammichele, della quale può esserne definita la sua estrema periferia, sviluppatasi lungo la strada che conduce a Granieri, è abitata sin dai primi anni settanta da cittadini del vicino comune. Negli anni ottanta era stata avanzata richiesta per accorpare questo territorio al comune di Grammichele, ma l'iter naufragò presso i competenti uffici regionali. Sono presenti diverse insediamenti produttivi e commerciali. Nel territorio vi sono stati rinvenuti resti di insediamenti ellenestici. Granieri (Granèri o Granieri), frazione ibleofona poggiante sull'altopiano ibleo. Il borgo nasce nel 1925 e si sviluppa accanto alla preesistente ottocentesca masseria Silvestri. Si produce dell'ottima uva da tavola. Piano San Paolo (Chianu Sampàulu), piccolo nucleo che nasce intorno ad una parrocchia al margine del Bosco di Santo Pietro, è conosciuto per la sagra delle pesca insacchettata che si svolge in settembre. Santo Pietro (Santu Petru), frazione contigua all'omonimo bosco, di dato demografico esiguo. Economia Caltagirone è un centro agricolo, data la vastità e la varietà del suo territorio (si annoverano coltivazioni di uva, carciofi, arance, olive, mandorle, pesche, querce da sughero). È nota soprattutto per la produzione di ceramica, che ne rappresenta il principale prodotto artigianale. Il commercio rappresenta una delle ossature dell'economia calatina, seppur essa sia in lento declino, dovuta all'espansione della vendita al dettaglio di aziende nazionali ed internazionali in città, e anche all'esistenza dei grandi centri commerciali nel territorio catanese. La voce economica ad oggi più importante è il turismo, il quale ha permesso a Caltagirone di sviluppare un piccolo indotto basato sulla ristorazione, sulle piccole strutture ricettive (hotel e bed and breakfast) e sulla promozione turistica. Industria All'interno della Zona Industriale di Caltagirone (c.da Santa Maria dei Poggiarelli), posta nella parte del territorio comunale della piana di Catania, operano circa 20 imprese industriali e artigianali con un migliaio di addetti, riunite nell'Area di Sviluppo Industriale (ASI). La produzione industriale è principalmente orientata verso la trasformazione di prodotti per il settore alimentare e la produzione di ceramiche artigianali, seppur vi siano anche altro tipo di attività basata sulla trasformazione, sull'assemblaggio e sul riuso. Vi sono ubicate anche concessionarie e centri di revisione per automobili private e veicoli industriali, nonché alcuni ingrossi utili alle attività commerciali del centro urbano. È facilmente raggiungibile dal centro urbano attraverso la SS 417 oppure tramite la SP 196 Strada delle Sfere. Infrastrutture e trasporti Strade Caltagirone è collegata alle limitrofe città di Gela e Piazza Armerina (e di conseguenza verso Enna e Palermo) mediante la Strada Statale 117 bis (a Gela verso sud continuando in direzione sud per l'itinerario Gela-Catania, a Piazza Armerina innestandosi o sul bivio Passo di Piazza, questo nei territori tra Niscemi e Mazzarino o al Gigliotto, questo in quelli di San Michele di Ganzaria e San Cono, al km 0 della Strada statale Siracusana). A Catania è collegata per mezzo della Strada Statale 417, che si innesta prima sulla Strada Statale 192 della Valle del Dittaino e poi sull'Asse Attrezzato di Catania, o in alternativa sulla sua Tangenziale. Le strade statale 417 e 124 si incrociano al bivio Molona (in siciliano i tri Stratuna), il quale porta alle direzioni di Gela, Piazza Armerina e Catania, oltre che verso Ragusa e Siracusa procedendo verso il centro abitato. Anche la Strada statale 385 di Palagonia la collega al capoluogo, procedendo dopo il Bivio Iazzotto innestandosi sulla costiera SS114, la quale può proseguire sia verso Messina, sia verso Siracusa. Oltre a ciò, la strada è l'accesso più veloce per i comuni di Palagonia, Mineo e Scordia. La città è collegata anche a Siracusa per mezzo della Strada Statale 124 che prosegue oltre San Michele di Ganzaria innestandosi sulla SS117 Bis. Nonostante sia questo un itinerario diretto verso il centro aretuseo, risulta più rapido il percorso in direzione nord della Catania-Ragusa (SS 683, poi SS 514, poi SS 194, poi Autostrada A 18), in quanto quello originale risulta più tortuoso e passante per i piccoli centri urbani dell'entroterra siracusano come Buccheri e Buscemi, nonché verso il centro turistico di Palazzolo Acreide. Tramite la SP 62 della Città Metropolitana di Catania e la SP 90 del Libero Consorzio di Ragusa (itinerario popolarmente chiamato Caltagirone-Mare), è collegata alla SS 115, e quindi con i centri iblei di Vittoria (e al suo mercato ortofrutticolo), Comiso e Acate, e perciò alla costa ragusana occidentale (Macconi, Scoglitti, Randello). La già citata SP 62, passando poi per la SP 267 di Catania permette l'accesso anche al centro abitato di Niscemi, in alternativa alla SP 39/i. La Strada statale 683 attraversa anche il territorio di Caltagirone, per mettere in collegamento la SS 514 Catania – Ragusa con l'autostrada A19 Palermo-Catania e la Strada Statale 117 bis, rendendosi così l'infrastruttura più veloce per giungere nel capoluogo ibleo, sostituendo la Siracusana. Inaugurata nel 1990, si sviluppa per 13 km dalla SS 514 fino alla SP 34 in contrada Regalsemi di Caltagirone. Il tratto della Variante di Caltagirone (SS 683 var) è anche utile per innestarsi sulla SS 417 senza passare per il centro abitato e per la SP 196 della Città Metropolitana di Catania, chiamata Strada delle Sfere (Strata dê Sferi), in quanto essa si origina dall'omonimo quartiere, in diretto collegamento con la centrale Via Giorgio Arcoleo. Su queste direttrici operano varie autolinee extraurbane come la SAIS Autolinee, l'Etna Trasporti e l'Azienda Siciliana Trasporti e altre locali, che collegano Caltagirone a Catania, Siracusa, Enna, Ragusa, Palermo e gli altri centri limitrofi del Calatino o prossimi ad esso. Ferrovie Caltagirone è collegata a Catania e a Gela mediante una linea ferroviaria a semplice binario non elettrificata di RFI. A partire dal 2011 il tratto tra Caltagirone e Gela è interrotto a causa del crollo di un ponte (demolito nel 2014) in contrada Piano Carbone, non lontana sia dalla periferia di Caltagirone, sia dal centro urbano di Niscemi. Attualmente (2016) il servizio gestito da Trenitalia prevede due coppie giornaliere di treni da e per Catania, integrate da una corsa di autobus sostitutivi per Gela. La stazione ferroviaria si trova nella parte nuova della cittadina e venne costruita alla fine degli anni settanta in occasione del completamento della tratta ferroviaria per Gela, in sostituzione della precedente stazione, che venne soppressa. Dal 1930 la città è stata capolinea della ferrovia Dittaino-Piazza Armerina-Caltagirone, ferrovia a scartamento ridotto di difficile e lunga percorrenza che si immetteva sulla ferrovia Palermo-Catania. Questa linea ferrata venne soppressa e smantellata nel 1972. Prima della dismissione, esisteva una piccola stazione ferroviaria in contrada Piano Carbone, successiva alla stazione niscemese di Vituso. Mobilità urbana Il servizio di trasporto pubblico urbano è gestito dall'AST ed è costituito da tre linee di autobus (1, 7, circolare) che congiungono il centro storico alla zona nuova e alla periferia. Sussistevano delle linee che raccordavano Caltagirone alle sue frazioni di Granieri, Piano San Paolo e Santo Pietro. Amministrazione Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute nel comune di Caltagirone: Gemellaggi Sport A Caltagirone sono presenti le società di calcio: Associazione Calcistica Caltagirone, militante in Prima Categoria durante la stagione 2019-2020. Aveva sede nel comune la società di calcio a 5 A.S.D. I Calatini C5, con formazioni maschili che femminili, già militanti in Serie C alla stagione 2019/2020. Per quanto riguarda la scherma, a Caltagirone è presente l'Accadiemia d'Armi Agesilao Greco. Ha sede nel comune la squadra di Shuttlecock (o pallavolano) Phoenix Feathers Caltagirone. L'8 maggio 2018, il comune ha ospitato per la prima volta l'arrivo della quarta tappa della 101ª edizione del Giro d'Italia, dopo un percorso di 198 km partito da Catania. Impianti sportivi Stadio comunale Agesilao Greco, non agibile; Impianto sportivo Pino Bongiorno, impianto calcistico polivalente privato posto nella periferia meridionale della città; Palasport Don Pino Puglisi o semplicemente Palasport, posto in via delle Industrie, principale arena indoor con migliaia di posti a sedere, di recente costruzione; Palazzetto dello Sport di Viale Autonomia, la più anziana delle arene indoor; La tensostruttura di via Luigi Pirandello, gestita dall'associazione sportiva di futsal I Calatini; Tennis Club di Caltagirone, posto in adiacenza allo stadio Agesilao Greco, consiste in campi di terra battura rossa; I campi da tennis dell'associazione Sportivamente, posti in contrada Romana, consistono in due campi di tennis in cemento e tre campi di padel; Kiran Club, impianto natatorio cittadino, provvisto di piscine olimpioniche sia al coperto che all'aperto; Il Pattinodromo di via Fra' Umile da Petralia, struttura atta al pattinaggio su pista e allo skateboarding, da ristrutturare; Il Crossodromo Maddalena Valley, circuito di motocross posto a nord rispetto al centro urbano. Note Bibliografia Giacomo Pace Gravina, Il governo dei gentiluomini. Ceti dirigenti e magistrature a Caltagirone tra medioevo ed età moderna, Roma 1996 Giacomo Pace Gravina, Caltagirone, in Storia delle Chiese di Sicilia, a cura di G. Zito, Città del Vaticano 2009, pagg. 319-336 Giacomo Pace Gravina, La tradizione universitaria di Caltagirone, in Creta picta. Antiche ceramiche di Caltagirone nelle collezioni dell’Università di Messina, a cura di Giacomo Pace Gravina, Caltagirone 2004 Giacomo Pace Gravina, Il Trono della Grazia Interlandi: una tavola di Vrancke van der Stockt a Caltagirone, in TECLA, Rivista di temi di critica letteraria e artistica, 7 (2013) Giacomo Pace Gravina, Un diplomatico siciliano tra guerre di religione e impegno pastorale: Bonaventura Secusio, in Rivista di Storia del Diritto italiano, 86 (2013), pp. 23–37 Bruno Sandro, Il giardino comunale di Caltagirone di G. B. Basile, Palermo 1990 Distefano Salvatore, Caltagirone (CT): Gli stucchi islamici della cattedrale di San Giuliano e la sinagoga di Mineo, in Atti del VIII Congresso Nazionale di Archeologia Medievale (Matera 2018), vol. III, Sez.6 Produzioni, Commerci, Consumi, pp. 369–372. Salomone Paolo, La Chiesa parrocchiale di S. Pietro in Caltagirone, Caltagirone 1990 Salomone Paolo, La cattedrale di Caltagirone nella storia e nell'arte, Caltagirone 1972 Stella Curto Paolino, Maria Santissima di Conadomini: patrona principale di Caltagirone, Caltagirone 1992 Seminerio Domenico, Terracotta e architettura: Caltagirone tra '800 e '900, Catania 1998 Ragona, Antonino, Caltagirone: lineamenti di storia ed arte, Caltagirone 1985 W.W.F., Caltagirone boschi di S. Pietro, Caltagirone 1989 Loria Lamberto, Il paese delle figure: Caltagirone, (a cura di Luigi M. Lombardi Satriani), Palermo 1981 Cilia Enza, Caltagirone: Museo regionale della ceramica, Palermo 1995 Elisa Bonacini, Il territorio calatino nella Sicilia imperiale e tardoromana, British Archeological Reports, International Series BAR S1694, Oxford 2007; ISBN 978-1-4073-0136-5 Elisa Bonacini, Una proposta di identificazione lungo la via a Catina-Agrigentum, in AITNA, Quaderni di Topografia Antica, 4, Catania 2010, pp. 79–92; ISBN 88-88683-58-5 Umberto Amore, Caltagirone: La città dei vasai, Caltagirone 1996 Voci correlate Calatino Cimitero monumentale di Caltagirone Comunità ebraica di Caltagirone Diocesi di Caltagirone Istituto di Sociologia "Luigi Sturzo" Festa di San Giacomo a Caltagirone Scalinata di Santa Maria del Monte Ceramica di Caltagirone Ferrovia Catania-Caltagirone-Gela Madonna di Conadomini Musei civici Luigi Sturzo Solfara Balchino Val di Noto Erei Altri progetti Collegamenti esterni Calatino Città tardo barocche del Val di Noto
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https://it.wikipedia.org/wiki/Carl%20Friedrich%20Gauss
Carl Friedrich Gauss
Talvolta definito «il Principe dei matematici» (Princeps mathematicorum) come Eulero o «il più grande matematico della modernità» (in opposizione ad Archimede, considerato dallo stesso Gauss come il maggiore fra i matematici dell'antichità), è annoverato fra i più importanti matematici della storia avendo contribuito in modo decisivo all'evoluzione delle scienze matematiche, fisiche e naturali. Definì la matematica come «la regina delle scienze». Biografia Infanzia e prime scoperte (1777-1798) Nacque a Braunschweig nel ducato di Brunswick-Lüneburg (ora parte della Bassa Sassonia, in Germania), figlio unico di una famiglia di bassa estrazione sociale e culturale. Fu battezzato e cresimato in una chiesa vicino alla scuola che frequentava da bambino. Gauss era un bambino prodigio. Esistono diversi aneddoti riguardo alla sua precocità; per esempio, Gauss, almeno secondo la leggenda, a 3 anni avrebbe corretto un errore del padre nel calcolo delle sue finanze. Un altro aneddoto, più verosimile, racconta che a 9 anni il suo insegnante, J.G. Büttner, per mettere a tacere i turbolenti allievi ordinò loro di fare la somma dei numeri da 1 a 100. Quasi subito il bimbo Gauss diede la risposta esatta, sorprendendo l'insegnante ed il suo assistente Martin Bartels. Non si è certi di quale metodo abbia adottato Gauss; forse mise in una riga i numeri da 1 a 100 e in una riga sotto i numeri da 100 a 1, e vide che ogni colonna dava come somma 101: Carl moltiplicò 100 × 101 e divise per due, ottenendo il risultato; oppure - ancora più semplicemente - scrisse in fila i numeri da 1 a 50 e in una fila sotto in senso inverso i rimanenti da 51 a 100, ottenendo così per ogni coppia la somma costante di 101: il risultato era quindi 101 x 50. I dettagli della storiella sono incerti (vedere per la discussione della fonte originaria di Wolfgang Sartorius von Waltershausen e i cambiamenti in altre versioni); Joseph Rotman, nel suo libro A first course in Abstract Algebra, si chiede se ciò sia realmente accaduto. Joaquin Navarro sostiene che in realtà Büttner aveva assegnato un compito ancora più complesso, la somma dei primi 100 numeri della serie 81297 + 81495 + 81693... nella quale ogni termine differisce dal precedente per il valore di 198 e che Gauss lo risolse in pochi minuti come detto prima. Il Duca di Brunswick, impressionato dalle sue capacità, finanziò il soggiorno di Gauss al Collegium Carolinum (oggi Technische Universität Braunschweig) dal 1792 al 1795, anno in cui passò all'Università di Gottinga, dove studiò fino al 1798. All'università Gauss riscoprì una serie di importanti teoremi: nel 1796 riuscì a dimostrare che un poligono regolare con un numero di lati che è un primo di Fermat è costruibile con riga e compasso (e, conseguentemente, tutti i poligoni con un numero dei lati che è il prodotto di primi di Fermat distinti e una potenza di due). Questa fu una grande scoperta in un importante campo della matematica; la costruzione dei poligoni aveva occupato i matematici fin dall'epoca degli antichi greci, e la scoperta dette modo a Gauss di scegliere di intraprendere la carriera di matematico anziché di filologo. Gauss era così eccitato dal risultato ottenuto che richiese che un eptadecagono gli fosse inciso sulla lapide, ma lo scalpellino rifiutò dicendo che esso non sarebbe stato distinguibile da un cerchio. Il 1796 fu probabilmente l'anno più produttivo di Gauss. Riuscì a costruire un eptadecagono, inventò l'aritmetica modulare, importantissimo strumento della teoria dei numeri e dette la prima dimostrazione della legge di reciprocità quadratica; congetturò per primo la validità del teorema dei numeri primi, dando un'idea chiara del modo in cui i numeri primi siano distribuiti fra gli interi; scoprì poi che tutti i numeri naturali sono rappresentabili al più come somma di tre numeri triangolari. Tuttavia Gauss non pubblicò queste due ultime scoperte, le tenne per sé: era affetto da una sorta di mania di perfezionismo, che gli impediva di pubblicare dimostrazioni se non le giudicava rigorose. Scriveva invece le sue scoperte nel suo diario in maniera criptica. Per esempio, la scoperta che ogni intero poteva essere rappresentato come somma al più di tre numeri triangolari, la scrisse così sul suo diario: «Eureka! num= ». Il primo ottobre, pubblicò un risultato sul numero di soluzioni dei polinomi con coefficienti in campi finiti, che 150 anni dopo portò alle congetture di Weil. Maturità (1799-1830) Nel 1799, nella sua tesi di dottorato Una nuova dimostrazione del teorema per il quale ogni funzione algebrica integrale di una variabile può essere risolta in fattori di primo o secondo grado, Gauss dimostrò il teorema fondamentale dell'algebra. Molti matematici avevano provato a dimostrarlo tra cui Jean le Rond d'Alembert ed Eulero. Prima di lui, altri matematici, incluso Jean Baptiste Le Rond d'Alembert, avevano proposto false dimostrazioni del teorema, e Gauss criticò apertamente il lavoro di d'Alembert. Paradossalmente, secondo le conoscenze del tempo, la dimostrazione di Gauss non è accettabile, in quanto faceva implicitamente utilizzo del teorema della curva di Jordan. Gauss produsse in seguito quattro diverse dimostrazioni; l'ultima, generalmente precisa, del 1849, chiarì il concetto di numero complesso. Gauss diede anche un importantissimo contributo alla teoria dei numeri con il libro del 1801 Disquisitiones Arithmeticae (lett. "Discussioni aritmetiche"), che introduceva l'utilizzo del simbolo ≡ per la congruenza e lo utilizzava in una chiara presentazione dell'aritmetica modulare. Conteneva le prime due dimostrazioni della legge di reciprocità quadratica, sviluppava le teorie delle forme quadratiche binarie e ternarie, esponeva il problema del numero di classe per queste ultime, e dimostrava che un eptadecagono (poligono a 17 lati) può essere costruito con riga e compasso. In quello stesso anno l'astronomo italiano Giuseppe Piazzi scoprì l'asteroide Cerere, ma lo poté seguire solo per alcuni giorni finché non scomparve dietro la Luna. Gauss predisse il punto esatto in cui sarebbe riapparso, facendo uso dell'appena scoperto metodo dei minimi quadrati. Cerere riapparve nel punto indicato da Gauss. Questo straordinario successo lo fece conoscere anche al di fuori dalla cerchia dei matematici. Cerere fu in seguito riscoperto da Franz Xaver von Zach il 31 dicembre 1801 all'Osservatorio di Gotha, e il giorno dopo anche da Heinrich Wilhelm Olbers nella città di Brema. Il metodo di Gauss consisteva nel determinare una sezione conica nello spazio, dati un fuoco (il sole) e l'intersezione del cono con tre rette date (le linee dello sguardo dalla Terra, che si sta essa stessa muovendo su un'ellisse, al pianeta) e dato il tempo che impiega la Terra per attraversare gli archi formati da queste rette (da cui la lunghezza degli archi può essere calcolata grazie alla seconda legge di Keplero). Questo problema porta ad un'equazione di ottavo grado, di cui una soluzione, l'orbita della Terra, è nota. La soluzione cercata è quindi separata dalle sei rimanenti, basate su condizioni fisiche. In questo lavoro Gauss utilizzò metodi di ampia approssimazione, che egli creò appositamente. Rendendosi conto che se l'appoggio economico del Duca di Brunswick gli fosse mancato egli sarebbe caduto in miseria occupandosi di sola matematica pura, Gauss si cercò un incarico in qualche osservatorio astronomico e, nel 1807, divenne Professore di Astronomia e Direttore dell'osservatorio di Gottinga, incarico che mantenne fino alla sua morte. Interessante in questo periodo è la sua corrispondenza con Sophie Germain, matematica che, sotto lo pseudonimo di Antoine-August Le Blanc, scrisse a Gauss 10 lettere, dal 1804 fino al 1808, in cui gli descriveva la scoperta di un particolare tipo di primo (che prese poi il nome di primo di Sophie Germain). La scoperta di Cerere da parte di Piazzi, il 1º gennaio 1801, portò Gauss a interessarsi ai moti degli asteroidi perturbati da grandi pianeti. Le sue scoperte furono pubblicate nel 1809 nel volume Theoria motus corporum coelestium in sectionibus conicis solem ambientum (lett. "Teoria del moto di corpi celesti che si muovono percorrendo sezioni coniche intorno al sole"). Piazzi fu in grado di osservare e tracciare gli spostamenti di Cerere soltanto per un paio di mesi, seguendolo per tre gradi attraverso il cielo notturno, finché non scomparve dietro il bagliore del Sole. Alcuni mesi dopo, quando Cerere sarebbe dovuto riapparire, Piazzi non riuscì a localizzarlo: gli strumenti matematici del tempo non erano in grado di ricavarne la posizione con così pochi dati - tre gradi rappresentano meno dell'1% dell'orbita totale. Gauss, che aveva 23 anni, venne a sapere di questo problema e si impegnò a risolverlo. Dopo tre mesi di duro lavoro predisse la posizione di Cerere nel dicembre 1801 - appena un anno dopo il suo primo avvistamento - con un errore di appena mezzo grado. Introdusse la costante gravitazionale di Gauss, e sviluppò il cosiddetto metodo dei minimi quadrati, una procedura usatissima ancora oggi per minimizzare l'impatto degli errori di misurazione. Gauss pubblicò tale metodo solo nel 1809, quando fu in grado di dimostrarlo adeguatamente con l'assunzione degli errori distribuiti normalmente (vedi teorema di Gauss-Markov), benché l'avesse usato sin dal 1794. Ad ogni modo, il metodo fu descritto per la prima volta nel 1805 da Adrien-Marie Legendre. In questi anni entrò in conflitto con Adrien-Marie Legendre, poiché sembra che egli avesse scoperto senza pubblicare alcune scoperte di Legendre, come appunto il metodo dei minimi quadrati e la congettura del teorema dei numeri primi. Gauss tuttavia, uomo semplice, non si lasciò coinvolgere in queste dispute. Oggi sembra confermato che effettivamente Gauss abbia preceduto Legendre. Gauss era un prodigioso "calcolatore mentale". Si dice che si divertisse a setacciare un intervallo di mille numeri in cerca di numeri primi appena aveva un quarto d'ora di tempo, cosa che normalmente richiederebbe ore e ore di duro lavoro. Dopo aver calcolato l'orbita di Cerere gli fu chiesto come avesse fatto a ottenere valori numerici così precisi. Rispose «Ho usato i logaritmi». L'interlocutore allibito gli chiese allora dove avesse trovato tabelle dei logaritmi che arrivavano fino a numeri così grandi. La replica di Gauss fu: «Tabelle? Li ho calcolati mentalmente». Nel 1818 fu chiesto a Gauss di compiere la rilevazione geodetica del Regno di Hannover, associandola ai precedenti rilevamenti effettuati in Danimarca. Gauss accettò il compito, applicandovi la sua straordinaria abilità nel calcolare, unita all'utilizzazione dell'eliotropo, da lui inventato, costituito da un piccolo telescopio e da una serie di specchi che riflettevano i raggi solari a grandi distanze, per poter effettuare le misure. Intrattenne una regolare corrispondenza con Schumacher, Olbers e Bessel, in cui riportava i suoi progressi e discuteva il problema. Sembra che Gauss sia stato il primo a scoprire le potenzialità della geometria non euclidea, ma sembra che, per paura di pubblicare un lavoro così rivoluzionario, tenne per sé i risultati. Questa scoperta fu una delle più importanti rivoluzioni matematiche di tutti i tempi. Essa consiste sostanzialmente nel rifiuto di uno o più postulati di Euclide, cosa che porta alla costruzione di un modello geometrico consistente e non contraddittorio. Ricerche su questa geometria portarono, fra le varie cose, alla teoria della relatività generale di Einstein, che quasi un secolo dopo descrive l'universo come non euclideo. L'amico di Gauss Farkas (Wolfgang) Bolyai, con cui aveva giurato "fratellanza nel nome della sincerità", da studente aveva per molti anni provato invano a dimostrare il V postulato di Euclide. Suo figlio János Bolyai invece riscoprì la geometria non euclidea nel 1829, pubblicando poi il suo risultato nel 1832. Dopo averlo letto, Gauss scrisse a Farkas Bolyai, che gli aveva chiesto un parere: "Lodare questo lavoro sarebbe come lodare me stesso: coincide quasi esattamente con le meditazioni che ho fatto trenta, trentacinque anni fa". Questo amareggiò molto Janos, che mise fine ai rapporti con Gauss pensando che egli stesse rubando l'idea. Oggi la precedenza di Gauss è appurata. Alcune lettere di Gauss, anni prima del 1832, rivelano che egli discutesse in modo oscuro riguardo al problema delle linee parallele. Waldo Dunnington, un vecchio studente di Gauss, in Gauss, Titano della Scienza sostiene che Gauss fosse assolutamente in possesso della geometria non euclidea molto prima che venisse pubblicata da János Bolyai, ma che si fosse rifiutato di pubblicarla per il timore della controversia. La cartografia dell'Hannover portò Gauss a sviluppare la distribuzione gaussiana degli errori, chiamata anche variabile casuale normale usata per descrivere la misura degli errori, e ad interessarsi alla geometria differenziale, un campo della matematica che riguarda le curve e le superfici. Da tale interesse, fra le varie cose nacque la curvatura gaussiana, e ciò portò, nel 1828, ad un importante teorema, il theorema egregium (lett. "teorema eccezionale"), che stabilisce importanti proprietà nella nozione di curvatura: grossomodo, la curvatura di una superficie può essere interamente determinata dalla misura degli angoli e delle distanze sulla superficie. Perciò la curvatura non dipende da come la superficie può essere immersa in uno spazio tridimensionale o bidimensionale. Nel 1821 Gauss entrò a far parte, come membro straniero, dell'Accademia reale svedese delle scienze. Ultimi anni e morte (1831-1855) Nel 1831 Gauss iniziò una fruttuosa collaborazione col grande fisico Wilhelm Eduard Weber, che portò alla scoperta di una nuova legge del campo elettrico (teorema del flusso), oltre che a trovare una rappresentazione per l'unità del magnetismo in termini di massa, lunghezza e tempo, e della seconda legge di Kirchhoff. Nel 1833, Gauss e Weber costruirono un primitivo telegrafo elettromagnetico, che collegava l'osservatorio con l'istituto di fisica di Gottinga. Gauss fece costruire un osservatorio magnetico nel giardino dell'osservatorio astronomico, e insieme a Weber fondò il magnetischer Verein (lett. "club magnetico"), che confermò le misurazioni del campo magnetico terrestre in diverse regioni del pianeta. Sviluppò un metodo di misurazione dell'intensità orizzontale del campo magnetico, largamente utilizzato per tutta la metà del XX secolo ed elaborò la teoria matematica per la distinzione delle sorgenti del campo magnetico terrestre in interne (nucleo e crosta) ed esterne (magnetosfera). Gauss morì a Gottinga, Hannover (ora parte della Bassa Sassonia, Germania), nel 1855 e fu sepolto nel cimitero di Albanifriedhof. Pronunciarono gli elogi funebri il genero Heinrich Ewald e Wolfgang Sartorius von Waltershausen, amico di Gauss e suo biografo. Il suo cervello fu studiato da Rudolf Wagner, che ne determinò la massa, pari a grammi, e l'area cerebrale, pari a millimetri quadrati ( pollici quadrati). Si trovò inoltre che fosse particolarmente ricco di circonvoluzioni. Religione Secondo Waldo Dunnington, la fede di Gauss era basata sulla ricerca della verità. Egli credeva nell'immortalità dell'individualità spirituale, in una permanenza personale dopo la morte, in un ultimo ordine di cose, in un Dio eterno, onesto, onnisciente ed onnipotente". Gauss, inoltre, difendeva la tolleranza religiosa, credendo che fosse sbagliato disturbare coloro che erano in pace con le loro credenze. Famiglia La vita privata di Gauss fu oscurata dalla prematura morte della prima moglie, Johanna Osthoff, nel 1809, seguita in breve tempo dalla morte di un figlio, Louis. Gauss entrò in depressione, dalla quale non si riprese mai completamente. Si sposò nuovamente con la migliore amica di Johanna, Friederica Wilhelmine Waldeck, comunemente conosciuta come Minna. Quando nel 1831 anche la seconda moglie morì dopo una lunga malattia, una delle sue figlie, Therese, si fece carico della famiglia e si prese cura del padre per il resto della sua vita. La madre di Gauss visse in casa sua dal 1817 fino alla morte, nel 1839. Gauss ebbe sei figli. Da Johanna (1780-1809) ebbe Joseph (1806-1873), Wilhelmina (1808-1846) e Louis (1809-1810). Di tutti i figli di Gauss, si diceva che fosse Wilhelmina ad aver ereditato tratti del talento del padre, ma sfortunatamente morì giovane. Anche da Minna Waldeck ebbe tre figli: Eugene (1811-1896), Wilhelm (1813-1879) e Therese (1816-1864). Gauss ebbe vari conflitti con i figli, poiché pretendeva che nessuno s'interessasse di matematica o scienze, per «paura d'infangare il nome di famiglia»; due dei figli di secondo letto (Eugene e Wilhelm) emigrarono negli Stati Uniti. Gauss voleva che Eugene diventasse un avvocato, ma quest'ultimo volle studiare lingue. Padre e figlio litigarono durante una festa, tenuta da Eugene, per la quale Gauss rifiutò di pagare; ci vollero molti anni perché la reputazione di Eugene contrastasse la reputazione fra gli amici e i colleghi di Gauss (vedi anche la lettera da Robert Gauss a Felix Klein, 3 settembre 1912). Eugene emigrò negli Stati Uniti circa nel 1832, dopo il litigio col padre; anche Wilhelm emigrò e si stabilì nel Missouri, iniziando a fare il contadino ed arricchendosi poi col business delle scarpe a Saint Louis. Therese mantenne la casa per Gauss fino alla sua morte, dopo la quale si sposò. Personalità e vita privata Gauss era un perfezionista e un lavoratore accanito. Secondo Isaac Asimov, mentre stava lavorando ad un problema, sarebbe stato interrotto per riferirgli che sua moglie stava morendo. Gauss avrebbe risposto: «Ditele di aspettare un attimo, sono impegnato». Questo aneddoto è aspramente contestato in Gauss, Titano della Scienza di Waldo Dunnington come una «scemenza tipica di Asimov». Non fu uno scrittore molto prolifico, rifiutando di pubblicare qualcosa che non fosse assolutamente perfetto. Il suo motto era difatti «Pauca sed matura» (lett. "poche cose, ma mature"). I suoi diari personali indicano che egli compì molte importanti scoperte matematiche anni o decenni prima che i suoi contemporanei le pubblicassero. Lo storico matematico Eric Temple Bell stima che, se Gauss avesse pubblicato per tempo tutte le sue scoperte, avrebbe anticipato i matematici di almeno cinquant'anni. Sebbene avesse avuto alcuni studenti, Gauss era noto per detestare l'insegnamento, e prese parte ad un'unica conferenza scientifica, a Berlino nel 1828. Rare erano le collaborazioni con altri matematici, che lo consideravano solitario e austero. La sua fama di pessimo insegnante dipendeva anche dal contesto in cui insegnava: Gauss, di umili origini e arrivato all'insegnamento grazie ai suoi sforzi, si trovava spesso ad insegnare a studenti demotivati e impreparati, arrivati all'università più per le loro relazioni sociali che per il loro valore intellettuale. Gauss riteneva che gli studenti dovessero pensare in modo autonomo, mettendo al centro della ricerca i propri sforzi, più che le lezioni e le spiegazioni dei professori. Quando ebbe l'occasione di trovare studenti motivati e capaci, Gauss dedicò molto tempo a dar loro consigli e supporto. Basta citare alcuni dei suoi studenti che divennero importanti matematici: Richard Dedekind, il grande Bernhard Riemann e Friedrich Bessel. Prima che morisse, Sophie Germain fu raccomandata da Gauss affinché ricevesse anche lei la laurea honoris causa. Gauss era profondamente religioso e conservatore. Sostenne la monarchia e si oppose a Napoleone, che vedeva come conseguenza della rivoluzione. La vita e la personalità di Gauss sono tratteggiate, parallelamente a quelle di Alexander von Humboldt, in una sorta di romanzo filosofico di Daniel Kehlmann del 2005 (pubblicato in italiano da Feltrinelli nel 2006 con il titolo La misura del mondo). Scoperte scientifiche Algebra Gauss fu il primo a dimostrare, nel 1799, il Teorema fondamentale dell'algebra, il quale afferma che il campo dei numeri complessi è algebricamente chiuso, ossia che ogni polinomio a coefficienti complessi ha almeno una radice in . Dal teorema segue che un polinomio di grado n ha esattamente n radici in campo complesso, se contate con le rispettive molteplicità. La dimostrazione originale di Gauss è importante in quanto contiene il concetto di piano complesso (o appunto piano di Gauss), un piano cartesiano in cui l'ascissa indica la parte reale e l'ordinata indica la parte immaginaria. Il piano complesso è stato utilizzato poi da moltissimi altri matematici che lo hanno valorizzato appieno. Geometria Gauss risolse appena diciannovenne un problema aperto da millenni, ossia determinare quali poligoni regolari possono essere costruiti usando solo riga e compasso. La sorprendente risposta fu che si possono costruire con riga e compasso tutti i poligoni regolari tali che il numero n dei lati possa essere scritto nella forma: dove k è un numero intero non negativo e gli sono numeri primi di Fermat. Gauss provò così che il poligono regolare a 17 lati (o eptadecagono) poteva essere costruito con riga e compasso. Tale costruibilità implica che le funzioni trigonometriche di possono essere espresse grazie all'aritmetica basilare e a radici quadrate. All'interno delle Disquisitiones Arithmeticae è contenuta la seguente equazione, qui trascritta in notazione moderna: La costruzione effettiva dell'eptadecagono fu trovata da Johannes Erchinger pochi anni dopo. Gauss si interessò anche di impacchettamenti di sfere, dimostrando un caso speciale della congettura di Keplero. Successivamente i suoi studi lo portarono a concepire un tipo di geometria completamente nuovo: la geometria differenziale. In questo tipo di geometria l'utilizzo di tecniche di calcolo infinitesimale permette di introdurre concetti chiave come curvatura, geodetica, campo vettoriale e forma differenziale. Alcuni dei risultati ottenuti da Gauss furono pubblicati nel Disquisitiones generales circa superficies curvas. Come già accennato Gauss fu poi un pioniere nello sviluppo delle geometrie non euclidee. Fu forse il primo a comprendere che il V postulato di Euclide non era indispensabile per costruire una geometria coerente: iniziò così a sviluppare la geometria iperbolica. In questa geometria per un punto passano più di una parallela a una retta data. Inoltre in ogni triangolo la somma degli angoli interni è sempre inferiore a 180 gradi. Questo modello geometrico fu sviluppato indipendentemente da almeno altre due persone, János Bolyai e Nikolai Ivanovich Lobachevsky. Teoria dei numeri Gauss si occupò della teoria dei numeri ottenendo interessanti risultati. Terminò le Disquisitiones Arithmeticae, la sua magnum opus, nel 1798, a ventun'anni, ma non furono pubblicate prima del 1801. In questo libro, scritto in latino, Gauss raccoglie risultati della teoria dei numeri ottenuti da matematici come Fermat, Eulero, Lagrange e Legendre, aggiungendovi importanti nuovi contributi. Le Disquisitiones coprono argomenti che vanno dalla teoria elementare dei numeri a quel ramo della matematica oggi chiamato teoria dei numeri algebrica. Tuttavia è bene precisare che Gauss in quest'opera non riconosce esplicitamente il concetto di gruppo. Introduce invece, l'aritmetica modulare, divenuta poi fondamentale per lo sviluppo della teoria dei numeri. L'aritmetica si fonda sull'importante concetto di congruenza: quando la differenza tra a e b è un multiplo di n. Gauss studiò anche le equazioni diofantee, dimostrando l'importantissimo teorema di reciprocità quadratica. Espresse per primo questo teorema nel linguaggio dell'aritmetica modulare. Scoprì poi che ogni numero intero può essere espresso come somma di (al massimo) tre numeri triangolari. Gauss è poi noto per aver congetturato il Teorema dei numeri primi, che stabilisce un collegamento tra l'andamento dei numeri primi e il logaritmo integrale. Questa scoperta era una delle più importanti sull'argomento dal tempo degli antichi greci. Il teorema fu dimostrato nel 1896 da Jacques Hadamard e Charles Jean de la Vallée-Poussin. Statistica Gauss studiò poi il comportamento degli errori. Inventò il metodo dei minimi quadrati, che tende a ridurre al minimo gli errori di misurazione. Grazie a questo metodo Gauss riuscì a calcolare l'orbita del pianetino Cerere, dopo che erano state compiute solo poche osservazioni empiriche sul suo moto. Tuttavia il lavoro più importante in questo senso fu la scoperta della variabile casuale normale, detta anche gaussiana. La curva è generata dalla funzione: e descrive il comportamento e l'entità degli errori di misurazione. La variabile normale è sicuramente una delle più importanti variabili casuali, ed è estremamente diffusa in statistica. Altro Importanti sono anche le sue memorie sulle serie ipergeometriche e sugli integrali ellittici. Insieme a Wilhelm Weber studiò l'elettricità scoprendo il teorema del flusso e studiando le variazioni del campo magnetico terrestre. Insieme costruirono una sorta di telegrafo. Riconoscimenti Dal 1989 fino alla fine del 2001, il suo ritratto e una distribuzione normale, insieme ad importanti edifici di Gottinga, apparvero sulla banconota da dieci marchi tedeschi. Sull'altro lato della banconota figuravano l'eliotropio ed un approccio di triangolazione per l'Hannover. La Germania ha addirittura pubblicato tre stampe in onore di Gauss. Una stampa fedele (n. 725) è stata pubblicata nel 1955 per il centenario della sua morte; due altre stampe (n. 1246 e n. 1811) sono state pubblicate nel 1977, per il 200º anniversario della sua nascita. Il romanzo Die Vermessung der Welt (2005) di Daniel Kehlmann, tr. it. La Misura del Mondo (2006), esplora la vita di Gauss contrapponendola a quella dell'esploratore tedesco Alexander von Humboldt. Nel 2007 il suo busto è stato introdotto nel tempio di Walhalla. In suo onore sono stati chiamati: L'algoritmo di Gauss-Jordan, chiamato così essendo esso una variazione del metodo di eliminazione di Gauss descritta da Wilhelm Jordan nel 1887; L'unità di misura del CGS per l'induzione elettromagnetica fu chiamata gauss in suo onore; Il Cannone di Gauss, un acceleratore di proiettili, chiamato così in seguito alle varie descrizioni matematiche che Gauss fece riguardo agli effetti magnetici degli acceleratori magnetici. Il cratere Gauss sulla Luna; L'asteroide 1001 Gaussia; La nave Gauss, utilizzata nella spedizione Gauss verso l'oceano Atlantico; Il Monte Gauss, un vulcano estinto scoperto nella stessa spedizione; La Torre Gauss, una torre d'osservazione a Dransfeld, Germania; GAUSSIAN, il programma di chimica quantistica inizialmente pubblicato nel 1970 come Gaussian70.; Nelle high school Canadesi, una competizione annuale di matematica organizzata dal Centro per l'Educazione in Matematica e nel Calcolo è stata chiamata in onore di Gauss; La Medaglia Carl Friedrich Gauss; Il Premio Carl Friedrich Gauss, concesso, ogni quattro anni, a partire dal 2006 dall'Unione Matematica Internazionale e dalla Società Matematica Tedesca; Nel Crown College, nell'Università della California (Santa Cruz), un dormitorio è stato chiamato in suo onore; Il Gauss Hauss, un centro RMN all'Università dello Utah; La Scuola Carl-Friedrich-Gauß per Matematica, Informatica, Amministrazione Aziendale, Economia e Scienze Sociali del Technische Universität Braunschweig; La Gaussschule a Braunschweig, un liceo nella sua città natía. Il Palazzo Gauss - Università dell'Idaho (College d'Ingegneria). Onorificenze Opere 1799: Tesi di laurea sul teorema fondamentale dell'algebra con il titolo: Demonstratio nova theorematis omnem functionem algebraicam rationalem integram unius variabilis in factores reales primi vel secundi gradus resolvi posse ("Nuova dimostrazione del teorema per il quale ogni funzione algebrica integrale di una variabile può essere risolta in fattori di primo o secondo grado") 1801: Disquisitiones Arithmeticae. Traduzione tedesca di H. Maser Untersuchungen über höhere Arithmetik (Disquisitiones Arithmeticae & altri documenti sulla teoria dei numeri) (Seconda edizione). New York: Chelsea. 1965. ISBN 0-8284-0191-8 pp. 1–453. Traduzione inglese di Arthur A. Clarke Disquisitiones Arithemeticae (Seconda edizione, corretta). New York: Springer. 1986. ISBN 0-387-96254-9. 1807: Quaestio de cœlis sub uranis in proiectione quinta. 1808: Theorematis arithmetici demonstratio nova. Göttingen: Comment. Soc. regiae sci, Göttingen XVI. Traduzione tedesca di H. Maser Untersuchungen über höhere Arithmetik (Disquisitiones Arithmeticae & altri documenti sulla teoria dei numeri) (Seconda edizione)., pp. 457–462 [Introduce il lemma di Gauss, lo usa nella terza dimostrazione della reciprocità quadratica] 1809: Theoria Motus Corporum Coelestium in sectionibus conicis solem ambientium (Theorie der Bewegung der Himmelskörper, die die Sonne in Kegelschnitten umkreisen), traduzione inglese di C. H. Davis, ristampata il 1963, Dover, New York. 1811: Summatio serierum quarundam singularium. Göttingen: Comment. Soc. regiae sci, Göttingen. Traduzione tedesca di H. Maser Untersuchungen über höhere Arithmetik (Disquisitiones Arithmeticae & altri documenti sulla teoria dei numeri) (Seconda edizione). New York: Chelsea. 1965. ISBN 0-8284-0191-8, pp. 463–495 [Determinazione del segno della somma quadratica di Gauss, la usa per dare la quarta dimostrazione della reciprocità quadratica] 1812: Disquisitiones Generales Circa Seriem Infinitam 1818: Theorematis fundamentalis in doctrina de residuis quadraticis demonstrationes et amplicationes novae. Göttingen: Comment. Soc. regiae sci, Göttingen. Traduzione tedesca di H. Maser Untersuchungen über höhere Arithmetik (Disquisitiones Arithmeticae & altri documenti sulla teoria dei numeri) (Seconda edizione). New York: Chelsea. 1965. ISBN 0-8284-0191-8, pp. 496–510 [Quinta e sesta dimostrazione della reciprocità quadratica] 1821, 1823 e 1826: Theoria combinationis observationum erroribus minimis obnoxiae. Drei Abhandlungen betreffend die Wahrscheinlichkeitsrechnung als Grundlage des Gauß'schen Fehlerfortpflanzungsgesetzes. Traduzione inglese di G. W. Stewart, 1987, Società per la Matematica Industriale. 1827: Disquisitiones generales circa superficies curvas, Commentationes Societatis Regiae Scientiarum Gottingesis Recentiores. Volume VI, pp. 99–146. "Investigazioni Generali delle Superfici Curve" (pubblicato il 1965) Raven Press, New York, tradotto da A.M. Hiltebeitel e J.C. Morehead. 1828: Theoria residuorum biquadraticorum, Commentatio prima. Göttingen: Comment. Soc. regiae sci, Göttingen 6. Traduzione tedesca di H. Maser Untersuchungen über höhere Arithmetik (Disquisitiones Arithmeticae & altri documenti sulla teoria dei numeri) (Seconda edizione). New York: Chelsea. 1965. ISBN 0-8284-0191-8, pp. 511–533 [Fatti elementari riguardo ai residui biquadratici, prova uno dei supplementi della legge della reciprocità biquadratica (il carattere biquadratico di 2)] 1832: Theoria residuorum biquadraticorum, Commentatio secunda. Göttingen: Comment. Soc. regiae sci, Göttingen 7. Traduzione tedesca di H. Maser Untersuchungen über höhere Arithmetik (Disquisitiones Arithmeticae & altri documenti sulla teoria dei numeri) (Seconda edizione)., pp. 534–586 [Introduce gli interi di Gauss, espone (senza dimostrazione) la legge di reciprocità biquadratica, dimostra la legge supplementare per 1 + i] 1843/1844: , Abhandlungen der Königlichen Gesellschaft der Wissenschaften in Göttingen. Zweiter Band, pp. 3–46 1846/1847: , Abhandlungen der Königlichen Gesellschaft der Wissenschaften in Göttingen. Dritter Band, pp. 3–44 Mathematisches Tagebuch 1796–1814, Ostwaldts Klassiker, Harri Deutsch Verlag 2005, mit Anmerkungen von Neumamn, ISBN 978-3-8171-3402-1 (Traduzione inglese con annotazione di Jeremy Gray: Expositiones Math. 1984) Questo include le traduzioni tedesche di testi Latini e le commemorazioni da parte di varie autorità Note Bibliografia Carl Friedrich Gauss tr. Arthur A. Clarke: Disquisitiones Aritmeticae, Yale University Press, 1965. ISBN 0-300-09473-6 T. Hall, Carl Friedrich Gauss: A Biography, Cambridge, MIT Press, 1970. ISBN 0-262-08040-0 Rossana Tazzioli, Gauss: principe dei matematici e scienziato poliedrico, Collana I grandi della Scienza, Rivista Le Scienze, anno V, n. 28, ottobre 2002 Voci correlate Algoritmo di Gauss-Newton Bernhard Riemann Cannone di Gauss Richard Dedekind Euclide Formula dell'area di Gauss Funzione digamma Geodesia Geometria Geometria non euclidea Lemma di Gauss (teoria dei numeri) Lemma di Gauss (polinomi) Proiezione di Gauss-Boaga Premio Carl Friedrich Gauss Quadratura di Gauss Teorema del flusso Teorema di Gauss-Markov Teorema di Gauss-Lucas Theorema egregium Teorema di Gauss-Bonnet Variabile casuale normale Altri progetti Collegamenti esterni Biografia in NNDB , un sito completo comprendente una biografia e un elenco delle sue opere. Disquisitiones Arithmeticae sul sito dell'Università di Gottinga Carl Frederick Gauss, sito di un pro-pro-pronipote di C.F. Gauss, comprendente una riproduzione di una lettera a suo figlio Eugen e un collegamento alla sua genealogia. Biografia al blog Ultimo teorema di Fermat. Bambini prodigio Membri della Royal Society Membri dell'Accademia delle Scienze di Torino Uomini universali
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https://it.wikipedia.org/wiki/Congresso%20internazionale%20di%20statistica
Congresso internazionale di statistica
I congressi internazionali di statistica, fortemente voluti da Lambert-Adolphe-Jacques Quételet, si tennero in Europa dal 1853 al 1876. Alcuni congressi 1853: Bruxelles 1855: Parigi 1857: Vienna 1860: Londra 1863: Berlino 1867: Firenze 1869: L'Aia 1872: San Pietroburgo Voci correlate Statistica Istituto internazionale di statistica Istituti di statistica Congressi e conferenze accademiche
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https://it.wikipedia.org/wiki/Copparo
Copparo
Copparo (Cupar in dialetto ferrarese) è un comune italiano di abitanti della provincia di Ferrara in Emilia-Romagna. Geografia fisica Il territorio di Copparo si estende su una superficie di nella parte centro-orientale della Provincia di Ferrara. Il paese si trova all'interno del comprensorio caratterizzato ad ovest dalla città di Ferrara, a nord dal corso principale del Po, ad est dal parco interregionale Delta del Po e dalla zona costiera, a sud dal Po di Volano. Il territorio, interamente pianeggiante, è attraversato da 7 strade provinciali fungendo così da nodo di smistamento per il traffico tra il centro ed il basso ferrarese. La massima distanza tra i punti estremi del territorio è di . I corsi d'acqua derivanti dagli imponenti lavori di bonifica eseguiti fin dalla metà del XIV secolo sono numerosi. Storia Il toponimo assunse storicamente le forme Cuparus, Cupparium, Coparium o Copparium, Massa Occupari. Il più antico documento che parla di Copparo è dell'anno 870. Il documento è un privilegio di papa Adriano II che conferma a Firminiano e ai suoi fratelli la corte di Formignana, allora confinante da un lato con "Cuparus et Caput canilis" (Coccanile). Copparo è sorta sul lato sud del canale Naviglio poiché, in tempi non remoti, erano assai frequenti le alluvioni del Po ed il Naviglio rappresentava una valida barriera alla furia delle acque. Il territorio fu oggetto di secolari controversie tra la Chiesa di Ferrara e di Ravenna. Martino, vescovo di Ferrara, nel 955 riconobbe la Massa di Copparo alla Chiesa di Ravenna, passata poi definitivamente a quella di Ferrara. Divenuto feudo dei Giocoli per concessione degli Este in età medievale in Cesta edificarono la chiesa dedicata a San Michele, soggetta alla pieve di San Pietro in Copparo. Il territorio di Copparo era noto come riserva venatoria e vi fu costruito dai Giocoli un castello adibito a loro dimora di caccia che in seguito fu distrutto dai veneziani all'inizio del XVI secolo. Così andarono perduti gli affreschi di Nicolò Panizzato, dipinti all'epoca di Leonello d'Este. Nel 1509 i veneziani invasero il territorio copparese con truppe costituite da schiavi dalmati al seguito dell'ammiraglio Trevisan che diede ordine al provveditore Grandenigo di saccheggiare Copparo, distruggendo i raccolti e rubando il bestiame. Tornata la pace sulle rovine del castello Ercole II d'Este, tra il 1540 ed il 1547, fece costruire il palazzo che passò in seguito allo Stato Pontificio e poi alla famiglia Barberini, la Delizia di Copparo, definita il "sontuoso Palagio", ed è l'ultima delle diciannove Delizie estensi costruite dagli Este nel ferrarese. La realizzazione del palazzo venne affidata all'architetto Terzo de Terzi, che progettò un imponente fabbricato composto da cinque torri collegate fra loro, ampi porticati, cortili interni e sale grandiose. A decorare l'edificio furono chiamati alcuni tra i più importanti artisti attivi a Ferrara, fra cui Girolamo da Carpi, Benvenuto Tisi da Garofalo, Battista Dossi e Bastianino. Nel XVI secolo si intrapresero numerose iniziative di bonifica del territorio per dare spazio alla coltivazione di frumento. Per prosciugare la grande area paludosa tra Copparo, Codigoro e Mesola (Polesine di Ferrara), gli Este tra il 1566 e il 1572 avviarono il progetto di bonifica noto come grande bonifica estense. Saccheggi e distruzioni da parte di invasori provenienti dai territori posti al di là del Po si alternarono a varie inondazioni e rotte del fiume. Le più gravi furono quelle di Papozze, del 1592, di Berra, del 1595, e di Ro, del 1640. In quest'ultima occasione le acque arrivarono a lambire persino le mura di Ferrara. La Guerra dei Barberini, quattro anni più tardi, non mancò di coinvolgere anche Copparo portando nuovi danni e nuove vittime. Del periodo napoleonico non rimangono molte informazioni, vi fu l'adesione attraverso le colonne del Giornale del basso Po alle disposizioni giacobine del parroco Caparossa e la cronaca delle gesta del mugnaio Valeriano Chiarati che osò inneggiare pubblicamente all'imperatore d'Austria. Nel frattempo, nel 1808, il castello di Copparo fu preda di un terribile incendio. Nel 1862 il sindaco Spisani lo acquistò per conto del Comune e nel 1875 lo fece restaurare facendolo diventare sede della Residenza Municipale. Il restauro fu pressoché totale e diede vita alla conformazione recente dell'edificio. Le bonifiche tra Ottocento e Novecento portarono alla nascita della nuova componente sociale, il proletariato agricolo, che fu poi protagonista dei grandi conflitti dell'epoca. I primi scioperi si ebbero nel 1894-95. Nel 1817 era il più vasto e popolato comune rurale d'Italia. Secondo il Calendario Atlante De Agostini la popolazione di Copparo Emilia al 10 febbraio 1901 era abitanti; nel 1908 il Parlamento approvò la divisione del Comune e si costituirono così i comuni di Ro, Berra, Formignana e Le Venezie. Simboli Lo stemma è diviso verticalmente in due parti uguali, raffigura nella parte blu un covone di grano e in quella rossa una coppa d'oro, è cinto da un ramo di quercia sulla destra e da un ramo d'alloro sulla sinistra, sovrastato da una corona. Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose Chiesa dei Santi Pietro e Paolo, probabilmente antecedente all'anno mille, aveva l'originaria struttura in stile romanico. Riedificata nel 1133, come mostra la lapide del campanile, ha subito diversi rimaneggiamenti fino ai giorni nostri. All'interno si conservano due pregevoli opere del pittore ferrarese Ippolito Scarsella, detto lo Scarsellino, i dipinti Santi Pietro e Paolo e Santa Lucia. Il campanile risale al 1184 e fu bombardato il 30 gennaio 1945. Venne in seguito ricostruito diventando il simbolo delle vittime dei bombardamenti. Pieve di Santa Maria di Savonuzzo, detta di San Venanzio. Chiesetta romanica trecentesca dedicata alla "Natività della Vergine". L'interno è impreziosito da frammenti di affreschi della metà del XIV secolo attribuiti alla bottega di Vitale da Bologna. La chiesa è situata a tre chilometri dal centro di Copparo. Chiesa dell'Annunciazione di Maria Santissima di Ambrogio. Una prima chiesa è attestata nel 1188 dedicata a Santa Maria. Alla fine degli anni '50 del secolo scorso, durante gli scavi per la ricostruzione della chiesa, furono rinvenute le fondamenta di un precedente edificio a pianta rettangolare di metri 14 per 7 e gli archi di tre absidi, le laterali più piccole rispetto alla centrale, ciò ha fatto pensare all'esistenza di una ‘pieve’. Che fosse chiesa ‘battesimale’ non è dato sapere, diversamente da quanto si può appurare per centri vicini come Coccanile, per esempio. La chiesa attuale è il risultato del rifacimento ricordato sopra e fu consacrata nel maggio 1961 da monsignor Salvatore Baldassarri, arcivescovo di Ravenna (allora Ambrogio, Coccanile, Cologna, Berra e Serravalle costituivano la cosiddetta pentapoli, estrema propaggine nord-est dell'arcidiocesi ravennate). La chiesa, costruita su progetto di don Nino Cinti, presenta un'imponente facciata dalle linee ispirate a un romanico modernizzato, con rosone e un portale dove campeggia la porta bronzea, opera di Egidio Casagrande, e i pannelli riportano scene della Via Crucis. L'interno è a navata unica, bianca, ai fianchi sei massicci costoloni in cotto per lato, dai quali si partono le travature in cemento, mentre sullo sfondo, dall'abside, separate da un paramento in cotto, emergono le canne dell'organo. Chiesa di San Michele Arcangelo a Saletta. Voluta dall'architetto Alfonso Magnanini nel 1804, viene costruita dal 1810 al 1842, anno a cui risale la facciata. All'interno della chiesa è presente un organo del Callido di inizio Ottocento. Inoltre sono conservati due altari marmorei settecenteschi: altare dell'Immacolata Concezione e altare di San Giuseppe. Si ipotizza che entrambi sarebbero stati qui trasferiti da monasteri ferraresi appartenenti all'ordine dei domenicani. Infatti sono presenti ai lati degli altari quattro statue raffiguranti santi domenicani: Santa Rosa da Lima, Santa Caterina da Siena, San Tommaso d'Aquino e San Vincenzo Ferrer. Chiesa di San Giovanni Battista a Tamara. L'antica pieve di Tamara viene documentata sin dal 920, quando san Giorgio ne era il santo patrono; fu ricostruita interamente nel 1839 dal parroco Francesco Boari. Chiesa dei Santi Lorenzo e Vito a Gradizza. La chiesa è menzionata già a partire dal 1142, è stata ricostruita nel 1741 e nel 1813. È visitabile solo esternamente. Dal 2007 è possibile anche visitare l'interno. Chiesa di Sant'Andrea Apostolo, nella frazione di Fossalta. Chiesa di San Venanzio, nella frazione di Coccanile (XVII secolo). Chiesa di San Vittore e Sant'Agata, nella frazione di Sabbioncello San Vittore. Chiesa di Sant'Agata, nella frazione di Cesta, anche chiamata santuario della Madonna della Pace. Architetture civili Palazzo municipale. Sede del Comune di Copparo, l'edificio era stato edificato dagli Este nella seconda metà del XVI secolo. Al posto dell'edificio andato distrutto durante l'incendio del 1862 nel 1875 nella stessa area venne edificato l'attuale residenza che ha inglobato i resti della delizia estense di Copparo. Torre Estense. Detta "al Turiòn", emblema della Delizia Estense, è l'ultima sopravvissuta delle cinque torri del progetto originale del castello. Ospita la Biblioteca comunale, in particolare al secondo piano la Biblioteca generale e la Sezione ragazzi, al terzo piano la Fonoteca. Oggi la Delizia di Copparo, è sede degli uffici comunali. L'ultima ristrutturazione dell'edificio risale al giugno 2003. Teatro De Micheli. L'edificio nasce agli inizi del Novecento per volere di Enrico De Micheli ed è un tipico teatro all'italiana. Oggi, a distanza di trent'anni, è stato acquistato dall'amministrazione comunale e riportato al suo originario splendore. La recente inaugurazione risale al 23 ottobre 2004. Casa Bighi. Dimora dell'artista copparese, grafico e pubblicitario Dante Bighi; donata al Comune alla sua morte nel 1994, luogo di arte e di cultura. Dalla fine di settembre 2008 è stato istituito il Centro Studi "Dante Bighi", gestito dall'associazione UXA – che nella villa ha la propria sede – in convenzione con l'Amministrazione Comunale. Palazzo di Zenzalino e parco. Nella tenuta di Zenzalino, azienda agricola di 650 ettari a circa tre chilometri dal centro di Copparo, si trova l'omonimo Palazzo, inserito in un parco di circa tre ettari di piante secolari. Il Palazzo risale al XV secolo, venne riedificato nel XIX secolo e attualmente è dimora privata. Nella tenuta vi è un famoso allevamento di cavalli da trotto dove, nel 1995, è nato Varenne. La proprietà è privata e non accessibile al pubblico. Villa della Mensa. Costruita nel 1480 dal vescovo Bartolomeo della Rovere, diventa residenza di villeggiatura vescovile dell'epoca ospitò Tommaso Ruffo e Ippolito d'Este. La Villa è ubicata sulla sinistra del Po di Volano, vicino Sabbioncello San Vittore, piccola frazione a otto chilometri da Copparo. L'edificio è in corso di ristrutturazione da parte di Comune di Copparo e Provincia di Ferrara, proprietari dell'immobile. Casa del poeta Corrado Govoni. A Tamara, a soli sei chilometri da Copparo, si trova la casa del poeta Corrado Govoni. Fontana monumentale. Collocata di fronte al palazzo municipale la fontana fu realizzata per commemorare i caduti della prima guerra mondiale dall'architetto forlivese Piero Toschi e decorata dallo scultore ferrarese d'adozione Enzo Nenci, fu inaugurata il 14 novembre 1935. Costruita in marmo verde imperiale e bianco di Carrara è composta da una grande vasca esterna rotonda in pietra e da una vasca interna con le iscrizioni dei caduti, un pilastro bianco centrale circondato da quattro pilastri in marmo nero decorati a bassorilievo completano l'opera. La vasca centrale porta scolpito sul fronte lo stemma comunale, raffigurante un mazzo di spighe e una coppa, sovrastato da una corona e stretto da un ramo di quercia e da uno d'alloro. Nel corso della seconda guerra mondiale il giardino che la circondava fu trasformato in orto di guerra. I bassorilievi visibili sui pilastri in marmo nero sono opera dello scultore Enzo Nenci e raffigurano: Diana della Vittoria, Diana della Guerra, L'Assalto, Canto di Guerra, Onore all'Italia, Il Sacrificio, Il Mutilato, Pietà al Caduto. Nell'immediato ultimo dopoguerra fu aggiunta un'ulteriore fascia di marmo recante i nomi dei Caduti nelle guerre risorgimentali, d'Africa, di Spagna e della seconda guerra mondiale. La fontana è stata restaurata nel 1992. Società Evoluzione demografica Tradizioni e folclore Palio di Copparo, rievocazione storica fra i rioni che si svolge annualmente nel mese di giugno. La rievocazione si ricollega alle battute di caccia che Ercole II d'Este soleva tenere nel territorio copparese nel XVI secolo, ed al quale la dinastia Este era da tempo legata perché ritenuto un luogo di delizie, dimostrato dalla scelta di costruirvi la Delizia di Copparo. La prima edizione risale al 1934 ma a causa di difficoltà finanziarie ed organizzative la manifestazione è ripresa solo nel 1977. Cultura Biblioteche Biblioteca Comunale Musei Museo della Civiltà Contadina "La Tratta", fondato nel 1986 con l'acquisto della raccolta di materiali della civiltà contadina del Basso Ferrarese di proprietà di Severino Peron, cui si sono aggiunte negli anni, varie donazioni di privati. Geografia antropica Frazioni Ambrogio, Brazzolo, Coccanile, Cesta, Fossalta, Gradizza, Ponte San Pietro, Sabbioncello San Pietro, Sabbioncello San Vittore, Saletta-Cà Matte, Sant'Apollinare, Tamara. Economia A Copparo è presente la sede principale dell'Industria Berco produttrice di componenti per carri cingolati e macchine utensili. Nella frazione di Tamara è presente dal 1844 l'azienda Ferri, specializzata nella produzione di attrezzature e mezzi per la cura del verde. Amministrazione Fonte: Ministero dell'Interno. Altre informazioni amministrative Il Comune fa parte dell'Unione Terre e Fiumi. Note Bibliografia Voci correlate Ferrara Parco interregionale Delta del Po Delizie estensi Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Codigoro
Codigoro
Codigoro (Codgòr in dialetto ferrarese) è un comune italiano di abitanti della provincia di Ferrara in Emilia-Romagna. Fa parte dell'Unione Delta del Po. Geografia fisica Territorio Il comune di Codigoro si estende nella parte più orientale della provincia ferrarese nel Parco regionale del Delta del Po dell'Emilia-Romagna. Ultima propaggine ad est della Pianura Padana, si colloca tra le Valli di Comacchio e la costa del Mare Adriatico, rappresentando, insieme a Comacchio e Goro, uno dei tre soli comuni costieri della regione storica d'Emilia. È attraversato, in direzione ovest-est e fino alla foce, dal Po di Volano. Il territorio, che fino agli anni sessanta del secolo scorso era caratterizzato da ampie distese palustri che nel corso del tempo sono state completamente bonificate - salvo i pochi ettari rimasti delle Valli di Caneviè e di Porticino -, è attraversato da una fitta rete di canali un tempo in parte navigabili, per l'irrigazione e lo scolo dei vastissimi campi coltivati intensivamente. Sono tuttavia ancora presenti tracce residuali di boschi e pinete dell'antico apparato deltizio padano. Clima Classificazione climatica: zona E, 2523 GR/G Storia Dalla fondazione al XIX secolo La tesi che l'originario toponimo di Codigoro fosse "Neroma" è confutata da Antonio Frizzi nella sua "Memorie per la storia di Ferrara", posizionando l'ipotetica località molto più vicina alle odierne Valli di Comacchio, desumendolo dalle distanze ricavate dalla Tabula Peutingeriana e Antonina. Anche la località Corniculani si può calcolare al massimo vicina a Mezzogoro. Il nome deriva da Gaurus, l'allora Po di Goro, un territorio che era all'inizio di una biforcazione di rami del fiume: Caput Gauri. Nel latino volgare troviamo il termine Caput gauri in alcuni documenti pomposiani del 1243. Medium gauri è divenuta poi Mezzogoro. La storia di Codigoro la si fa ricondurre al VI/VII secolo quando una comunità di monaci benedettini si insedia nel territorio dell'attuale Pomposa che allora era posizionato su un isolotto bagnato dal Mare Adriatico e dai rami del Po di Volano e del Po di Goro. È in questi anni che prende avvio la costruzione dell'Abbazia di Pomposa la quale diede risalto a Codigoro e al suo territorio il quale acquisì maggiore rilevanza grazie ai redditizi terreni agricoli e all'istituzione del Palazzo del Vescovo il quale concentrava su di sé il governo politico e commerciale fino all'assorbimento di Codigoro da parte dell'Esarcato di Ravenna al quale prenderà parte sino all'anno 1000. Verso il 1150 hanno inizio le pressioni per il controllo sul territorio da parte degli Este, signori di Ferrara, ma sono anche gli anni che vedono la fine della prosperità di Codigoro a causa della Rotta di Ficarolo, avvenuta nel 1152, a causa della quale il corso fluviale del Po si spostò a nord prosciugando le acque del Volano fino all'abbandono dell'Abbazia di Pomposa e di Codigoro dai monaci benedettini. Hanno inizio quindi le opere di bonifica del territorio, iniziate nel 1464 e terminate nel 1580, promosse dai duca d'Este e che riuscirono, anche se in piccola parte, a rendere più vivibile il territorio codigorese. Successivamente, dal 1600 al 1604, infatti la Repubblica di Venezia attuò una modifica al flusso del Po di Levante facendolo sboccare più a sud in territorio ferrarese rendendo così vane le opere idrauliche portate a compimento dagli Este. Le opere di bonifica riprendono nel 1598 quando Ferrara passò sotto il dominio dello Stato della Chiesa sino alla metà dell'Ottocento quando vennero costruiti i primi impianti idrovori e venne attuata la bonifica del circondario Polesine di Ferrara. Secoli XX e XXI Nel 1899 la "Società Anonima Codigoro", proprietaria di grandi estensioni terriere in Romagna, è tra le fondatrici dell'azienda saccarifera genovese Eridania. Nello stesso anno viene inaugurato a Codigoro il primo stabilimento per la raffinazione industriale dello zucchero. A Codigoro Giorgio Bassani ha ambientato gran parte del suo romanzo L'airone (1968). Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose Abbazia di Pomposa. Rappresenta uno dei monumenti religiosi più importanti del Nord Italia, eretta nel IX secolo su una fondazione longobarda preesistente e dimora dei Benedettini. Duomo di San Martino Vescovo. Chiesa dei Santi Pietro e Paolo Apostoli nella frazione di Mezzogoro. Sant'Eurosia, ora Auditorium Sant'Eurosia, ex oratorio Corte Vecchia. Architetture civili Palazzo del Vescovo: costruito per volere dei Benedettini, l'edificio rappresentava la sede amministrativa di Codigoro e Pomposa. Anticamente denominato Domus Dominicata il palazzo fu oggetto di restauro in stile veneziano nel 1732 e ceduto al vescovo di Comacchio da cui oggi ne deriva il nome. Oggi ospita la biblioteca comunale Giorgio Bassani ed è sede di manifestazioni culturali. Torre della Finanza: fu realizzata durante i primi anni del Settecento per controllare le rotte commerciali sulle sponde del Po di Volano. Fu fatta erigere dal Governo Pontificio ma, a causa della continua erosione della costa su cui si ergeva, la costruzione venne completamente distrutta durante una mareggiata nel 1729. Fu ricostruita a cominciare dal 1739 ed ultimata nel 1741 per essere adibita a caserma della Guardia di Finanza fino ai primi anni del Novecento. Chiavica dell’Agrifoglio: struttura sita sulla sinistra idraulica del Po di Volano, poco ad est della celebre Abbazia di Pomposa, è visibile dalla strada che dalla statale Romea conduce alla frazione di Volano. Eretta nel XVII secolo, fu ampliata nel secolo successivo e serviva a trasferire le acque del territorio pomposiano nel Po di Volano. La metamorfosi del territorio negli ultimi tre secoli, dovuta a cause sia naturali sia artificiali, hanno portato la chiavica ad essere inutilizzabile. Società Evoluzione demografica Infrastrutture e trasporti Ferrovie La stazione di Codigoro costituisce la stazione terminale della linea proveniente da Ferrara. Dalla stazione si dirama anche il raccordo verso la zona industriale di Pomposa. Amministrazione Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune. Note Bibliografia Antonio Frizzi. Memorie per la storia di Ferrara – Ferrara, M DCC XCI, 1791; Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Cento%20%28Italia%29
Cento (Italia)
Cento (Zèint in dialetto centese, Zänt in dialetto bolognese cittadino) è un comune italiano di abitanti della provincia di Ferrara in Emilia-Romagna. Cento è definita spesso terra di confine perché, nonostante sia in provincia di Ferrara, dista 25 km da Bologna, 32 da Ferrara e 38 da Modena. Più volte si è discusso per cambiare provincia a quella di Bologna, senza mai concretizzare l'idea. Insieme alla vicina Pieve di Cento costituisce un unico agglomerato urbano di oltre 43 000 abitanti, denominato territorio del Centopievese. Cento inoltre è talvolta rinominata "La piccola Bologna" per via della struttura dei portici e del centro storico, in stile bolognese, e per la sua gastronomia, che presenta numerosi piatti tipici del capoluogo dell'Emilia-Romagna. Geografia fisica Cento presenta un territorio totalmente pianeggiante, agricolo, ricco di corsi d'acqua e di maceri (piccoli stagni, retaggio della coltivazione della canapa) che si insinua come un cuneo tra le province di Bologna e Modena. La città dista 25 chilometri dal centro storico di Bologna, 35 dal centro storico di Ferrara e 38 dal centro storico di Modena. Origini del nome Esistono varie ipotesi sull'origine del nome Cento: quella più accreditata lo fa risalire all'epoca romana, da Centum, poiché all'epoca i territori venivano divisi in centurie agrimensorie, oppure, sempre risalente all'epoca del dominio romano, da "Cento iugeri", che sarebbe la porzione di territorio assegnato ai coloni all'epoca. Un'altra ipotesi è di origine longobarda, da "Centenario", una sorta di giudice che esercitava la giurisdizione per conto del Duca di Persiceta. Un'altra ipotesi è che il nome della cittadina derivi dal Castello di Cento, il cui nome sarebbe stato dato dai Celti, chiamandolo appunto Celto, poi storpiato in Cento. Storia Nel medioevo La prima comunità formalmente costituita nella zona risale al 1185, quando il vescovo di Bologna riconobbe giuridicamente la comunità costituita da contadini, impegnati nelle opere di bonifica del territorio. All'inizio del Trecento, in concomitanza con la graduale perdita di potere del vescovo di Bologna, nacque la partecipanza agraria. In origine Cento era unita a Pieve di Cento, ma nel 1376, con decreto del principe centopievese Bernardo de Bonnevalle, vescovo di Bologna, venne separata da Pieve di Cento a cui fu riconosciuto lo status di "città autonoma". Dal 1502 fino al 1598 il territorio fece parte dei domini Estensi; Papa Alessandro VI cedette in dote Cento a Lucrezia Borgia in occasione delle nozze con il duca Alfonso della casata estense; Cento tornò ad essere amministrata da Bologna durante la reggenza dello Stato Pontificio a partire dal 1598. Nel XVII secolo, il Comune di Cento fu definitivamente separato dalla sua originaria pieve da un evento naturale, quale fu la rotta del fiume Reno, avvenuta nel 1648, che fu talmente devastante da porre il letto del fiume nel mezzo dei due centri. In quello stesso periodo, negli anni tra il 1641 e il 1649, Cento venne coinvolta anche nella guerra di Castro. Nel 1754 papa Benedetto XIV diede a Cento, con Bolla Papale, il rango di "Città" e durante la Repubblica Cisalpina (1797) venne scelta quale capoluogo del Dipartimento dell'Alta Padusa. All'inizio del XIX secolo Cento fece parte del regno napoleonico, che ebbe termine nel 1815 quando il cardinale Consalvi restaurò nella zona lo Stato Pontificio, riportando a Cento le opere d'arte trafugate da Napoleone. Durante l'occupazione francese, numerose opere d'arte vennero spedite in Francia come spoliazioni napoleoniche, e la maggior parte di queste non fece più ritorno. Secondo il catalogo pubblicato nel Bulletin de la Société de l'art français del 1936, le opere che vi erano conservate fino a prima del periodo napoleonico e che non vennero restituite, sono: San Francesco d'Assisi, Guercino, presso la chiesa di San Pietro, oggi al Louvre La Gloria del Paradiso, Guercino, oggi presso in origine presso la chiesa del Santo Spirito, oggi Musée de Toulouse Vergine e Gesu, Cesare Gennari, presso il Seminario di Cento, oggi al Musée d'Aurillac Vergine e San Luigi, Guercino, chiesa di Sant'Agostino, oggi Musée de Bruxelles San Bernardo, Guercino, presso la chiesa di San Pietro, oggi dispersa I decenni successivi videro un grande fermento politico, con la comparsa di personaggi storici del risorgimento, come il centese Ugo Bassi, fucilato a Bologna nel 1849 dalle truppe austriache. Con voto plebiscitario nel 1860 veniva sancita l'annessione al Regno dei Savoia. Il nuovo stato riportò la Città di origine bolognese sotto l'area ferrarese mentre nel 1928 un decreto reale modificò il confine con Pieve di Cento, con il passaggio di quest'ultima alla provincia di Bologna. Storia recente Cento è stata colpita dai terremoti dell'Emilia del 2012 che nel comune hanno provocato una vittima. Nel territorio, è crollata la chiesa di Buonacompra, mentre molte altre sono rimaste danneggiate e chiuse al pubblico; si prevede che rimarranno tali per diversi anni in attesa della completa restaurazione. Simboli Sullo stemma di Cento, nella parte inferiore, campeggia il gambero che ricorda l'origine pescosa del territorio un tempo invaso dall'acqua e ricco di gamberi, mentre nella parte alta è presente lo stemma della famiglia Aldobrandini, un cui componente fu papa Clemente VIII, che nel 1598 riportò il Ducato di Ferrara sotto lo stato pontificio. Il capo d'Angiò indicava l’appartenenza alla causa guelfa. Il gonfalone è un drappo di bianco. Onorificenze Confermato con D.P.R. 3 novembre 2010. Monumenti e luoghi d'interesse La struttura urbana risale al Medioevo ed è caratterizzata dalla presenza di portici che fiancheggiano le strade principali con palazzi storici e chiese di pregio artistico. Architetture religiose Santuario della Beata Vergine della Rocca, situato vicino alla Rocca di Cento. Vi è custodita un'immagine mariana considerata miracolosa secondo la tradizione. Chiesa di San Pietro, tra le più antiche parrocchiali del comune. Risale al XIII secolo e conserva opere del Guercino. Basilica collegiata di San Biagio Vescovo e Martire, antico oratorio risalente al primo millennio, fu ampliata e modificata fino alla sua totale ristrutturazione ad opera dell'architetto A. Torregiani, durata dal 1730 al 1745. La chiesa ha una pianta a croce latina, si eleva con a tre navate, transetto e abside e l'incrocio fra transetto e navata maggiore è sormontato da una cupola ellittica. Lo stile è barocco con reminiscenze rinascimentali. All'interno numerose opere d'arte fra le quali spicca la tela San Carlo Borromeo in orazione, opera di Giovanni Francesco Barbieri, soprannominato il Guercino, risalente al 1614; a questa si aggiungono opere di Antonio Rossi, Bartolomeo Cesi, Domenico Mona, Marcello Provenzali e Lorenzo Zucchetta. Nell'aprile 1980 è stata elevata al rango di basilica minore. Sulla piazza antistante la basilica lo scultore Mauro Mazzali ha realizzato una grande fontana con la rappresentazione di San Michele Arcangelo che uccide il drago. Chiesa di San Lorenzo, nella frazione di Casumaro, fu edificata fra il 1765 e il 1773 su disegno dell'architetto centese Pietro Alberto Cavalieri. Attualmente ospita una decina di opere del Guercino provenienti dalla locale pinacoteca civica temporaneamente chiusa per i danni subiti dal terremoto dell'Emilia del 2012. Chiesa del Rosario, edificata fra il 1633 e il 1644 per volere dell'Arciconfraternita del Rosario, di cui in quegli anni fu priore il Guercino. Nell'interno, in stile barocco, la quinta cappella a sinistra è detta "la cappella del Guercino", in quanto il pittore la volle per sé e la propria famiglia, curandone l'allestimento: la pala principale raffigura la Crocifissione. Chiesa dei Santi Sebastiano e Rocco Chiesa di Sant'Anna, parrocchiale nella frazione di Reno Centese. Chiesa di San Giorgio, parrocchiale nella frazione di Corporeno. Chiesa di Santa Maria e Sant'Isidoro, parrocchiale nella frazione di Penzale. Chiesa di San Martino, parrocchiale nella frazione di Buonacompra. Chiesa di San Sebastiano, parrocchiale nella frazione di Renazzo. Oratori mariani di Cento. Piccoli edifici sacri destinati alla preghiera, attigui ad una chiesa o ad un monastero, o talvolta ad abitazioni private. Possono essere corrispondenti a pilastrini religiosi. La tradizione vuole che gli oratori elencati siano posti sull'asse di collegamento tra la Via Francigena propriamente detta e quella che scendendo dal Brennero giungeva a Roma fungendo da tappe intermedie di pellegrinaggio. Venivano e vengono usati per ricorrenze religiose come recite di rosari, processioni e funzioni sacre e sono anche percorsi devozionali locali sostituendo i lunghi pellegrinaggi che non tutti erano in grado di affrontare. Oratorio della Crocetta Oratorio del Carmine nella frazione di Renazzo Oratorio di Santa Liberata e Oratorio di Santo Prato Fiorito. Dotati di diversi affreschi di santi, il secondo è piuttosto ampio e dedicato in particolare a san Sebastiano. Altri due oratori sono quello dell'Ariosto e quello della Crocetta, edificati ancor prima del XIX secolo. La chiesetta della Crocetta, nonostante le modeste dimensioni, era un punto di riferimento per i pellegrini locali. Architetture civili Palazzo del Governatore, fatto costruire dagli Estensi nel 1502 in occasione del matrimonio tra Alfonso I d'Este e Lucrezia Borgia Casa Pannini. Antica Rocca, sede d'iniziative estive Teatro Giuseppe Borgatti, dedicato all'omonimo tenore centese Pinacoteca civica, con numerose opere di Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino, genio del Barocco, che a Cento ha vissuto gran parte della sua vita. L'edificio è temporaneamente chiuso per restauri. Galleria d'arte moderna Aroldo Bonzagni. Osservatorio astronomico Pietro Burgatti. Giardino del gigante, parco artistico. Società Evoluzione demografica Etnie e minoranze straniere Gli stranieri residenti nel comune, alla fine del 2014, erano , ovvero il 11,3% della popolazione. Di seguito sono riportati i gruppi più consistenti: Marocco, 952 Pakistan, 639 Romania, 510 Albania, 435 Cina, 369 Ucraina, 221 Tunisia, 183 Moldavia, 120 Polonia, 88 Nigeria, 71 Lingue e dialetti Il dialetto parlato è il dialetto centese, parlato anche nei territori limitrofi, come Pieve di Cento e San Matteo della Decima, oltre che nelle frazioni. In queste ultime, soprattutto quelle più a nord, il centese subisce influenze più forti dal dialetto ferrarese, a differenza del resto del territorio che ha più influenze dal dialetto bolognese. Si possono avvertire anche somiglianze di parlata con il dialetto modenese essendo il territorio di Cento situato al centro tra le tre province. Istituzioni, enti e associazioni Ospedale Santissima Annunziata L'Ospedale Santissima Annunziata è la struttura ospedaliera principale di Cento ed appartiene al gruppo dei quattro nosocomi pubblici della provincia di Ferrara. Tra questi l'Arcispedale Sant'Anna di Ferrara è l'Hub, ed ha il ruolo di capofila mentre il nosocomio Santissima Annunziata, coi suoi 13 tra reparti e poliambulatori, ha il ruolo di spoke Cultura Cinema Permette? Rocco Papaleo (Ettore Scola, 1971): una scena girata presso il Salumificio Negrini La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone (Pupi Avati, 1974): Tutti defunti... tranne i morti (Pupi Avati, 1977): una scena girata presso il Castello della Giovannina Gli occhiali d'oro (Giuliano Montaldo, 1987): una scena girata presso lo storico Caffè Italia La settimana della Sfinge (Daniele Luchetti, 1990): scene girate in via Matteotti e Ugo Bassi Jolly Blu (Stefano Salvati, 1998): scena in cui Tato parla coi suoi nuovi amici Le barzellette (Carlo Vanzina, 2004): varie scene girate in Piazza Guercino e all'interno del Caffè Italia Mio fratello rincorre i dinosauri (Stefano Cipani, 2019): varie scene girate nel Giardino del Gigante e all'interno del Caffè Italia Eventi e ricorrenze Carnevale di Cento: carnevale storico, rappresentato già nel 1615 in un affresco del Guercino. Fiera di Cento: si svolge durante il settembre Centese, evento che caratterizza il comune ferrarese per tutto il mese di settembre con manifestazioni artistiche e teatrali all'aperto. Pasqua rosata: manifestazione storico-culturale in stile rinascimentale che si svolge nel centro cittadino. Oltre ai costumi del tempo vengono riproposte scene d'armi ed esibizioni di buskers. Festa di San Biagio: si tiene il 3 febbraio, giorno del Santo patrono di Cento. Premio Cento, premio letterario Cento Street Festival, festival estivo con spettacoli di strada e altre iniziative. Geografia antropica Frazioni Alberone Buonacompra Casumaro, nota per la sagra della lumaca. Corporeno, in cui è situato il primo monumento ai caduti della prima guerra mondiale d’Italia. Dodici Morelli Molino Albergati Renazzo, nota per aver dato il nome all'omonimo meteorite caduto nel 1824, e considerato il capostipite di una classe di condriti carbonacee note come "classe CR" (dove la "R" viene dal nome Renazzo). Penzale, che non è una vera e propria frazione ma più un quartiere che, date le sue dimensioni, viene spesso inserito all’interno di esse. Pilastrello Reno Centese. Nella frazione il 9 luglio di ogni anno si ricorda sant'Elia Facchini alla presenza delle autorità civili e religiose. Nella piazza è collocata una statua bronzea del santo, offerta da un benefattore del luogo a ricordo del religioso che si recò ad annunciare e testimoniare la sua fede in Cina, per poi essere ucciso a Taiyuan. Economia La lunga fase di bonifica dei terreni paludosi e il loro recupero all'agricoltura furono operati soprattutto tramite la Partecipanza agraria di Cento dove gli abitanti del paese partecipavano agli oneri e ai vantaggi, mantenendo la proprietà collettiva. Ancora oggi l'agricoltura (cereali, frutta, ortaggi) ricopre un ruolo di nota nell'economia locale. Le maggiori aziende del territorio sono legate alla gastronomia (molini, di essiccatoi e di linee industriali per la pasta, pasta di semola e all'uovo, insaccati), al riscaldamento e condizionamento, alla produzione di motori, fra le quali si ricorda l'azienda motoristica VM Motori fondata a Cento nel 1947. Infrastrutture e trasporti Strade Cento è collegata a Modena e Ferrara tramite l'ex strada statale 255 di San Matteo della Decima, oggi classificata come strada provinciale. La strada provinciale 42 Centese è invece la via di comunicazione con la vicina Pieve di Cento ed il Bolognese. Ferrovie Era presente una stazione sulla ferrovia Ferrara-Modena, fino alla chiusura di questa nel 1956. Fino al 1955 era anche presente nella vicina Pieve di Cento la Tranvia Bologna - Pieve di Cento che collegava il centro di Cento una navetta. L'intera tratta oggi è sostituita dal servizio autobus TPer dalla tratta 97c. Amministrazione Gemellaggi Sport Basket La più nota squadra di basket centese è sicuramente la Benedetto XIV, che tra la fine degli anni novanta e i primi anni 2000 ha partecipato più volte al campionato di B1, sfiorando più volte la promozione in Serie A2. Nel 2012 ha conseguito la promozione in Divisione Nazionale B. Nel 2018 sponsorizzata Baltur, viene promossa in Serie A2, dopo un travolgente campionato, battendo San Severo alle Final Four di Montecatini. Nel 2020 viene ripescata in serie A2 dopo l'annullamento dei campionati causa Covid19 Calcio La principale squadra di calcio della città è l'U.S. Centese 1913 Calcio A.S.D.. Disputò anche un campionato in Serie B nel 1947-1948, e per diversi anni, negli anni ottanta e novanta, militò nelle Serie C1 e C2. Nel 2015-2016 disputa il campionato di Promozione, dal 2018 disputa il campionato di Promozione. Squadre delle frazioni centesi sono l'S.P. Reno Centese 1973 che milita nel girone C emiliano-romagnolo di Promozione, dopo essere stato alcuni anni in Serie D, il Casumaro Football Club, la Polisportiva XII Morelli A.S.D. e la Bevilacquese, tutte e tre queste ultime militanti nel girone F emiliano-romagnolo di 1ª Categoria. Ciclismo Nel 1995 Cento è stata sede di arrivo della 12ª tappa del Giro d'Italia, partita da Borgo a Mozzano e vinta da Ján Svorada. Presente nella città la ciclistica centese. Note Bibliografia Voci correlate Provincia di Ferrara VM Motori Carnevale di Cento Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Common%20Gateway%20Interface
Common Gateway Interface
In informatica Common Gateway Interface (sigla CGI, in italiano "interfaccia comune", nel senso di standard, "per gateway") è una tecnologia standard usata dai web server per interfacciarsi con applicazioni esterne generando contenuti web dinamici. Ogni volta che un client richiede al web server un URL corrispondente a un documento in puro HTML, gli viene restituito un documento statico (come un file di testo); se l'URL corrisponde invece a un programma CGI, il server lo esegue in tempo reale, generando dinamicamente informazioni per l'utente. Descrizione Utilizzo Il CGI è la prima forma di elaborazione lato server implementata: quando a un web server arriva la richiesta di un documento CGI (solitamente con estensione .cgi, .exe o .pl) il server esegue il programma richiesto e al termine invia al web browser l'output del programma. Il file CGI è un semplice programma già compilato (codice oggetto) e la risposta viene acquisita attraverso standard output. L'acquisizione dei parametri può avvenire attraverso variabili d'ambiente, passaggio di parametri sulla riga di comando o lo standard input a seconda della mole di dati e delle scelte del programmatore. CGI è attualmente usato solo con il protocollo HTTP anche se in futuro potrebbe essere esteso ad altri protocolli. La directory predefinita degli script CGI è /cgi-bin/ su sistemi IIS, anche se a volte è preferibile modificarla, per evitare i frequenti attacchi dai bot sui file in quella cartella. Linguaggi I linguaggi di programmazione usati sono generalmente C/C++ e Perl. Alcuni applicativi utilizzano la tecnologia FastCGI per introdurre nuovi linguaggi di scripting, interpretati e non compilati, come ad esempio PHP. L'altra possibilità è utilizzare librerie, ma variano in base al server web e al sistema operativo utilizzato, diminuendo così la portabilità del software. Storia CGI venne implementato nel 1993 quando il World Wide Web era agli esordi, inizialmente per l'utilizzo con le mailing list. Gli autori dell'interfaccia e della RFC furono sviluppatori dell'Apache Software Foundation: David Robinson e Ken Coar. La normativa di riferimento è la RFC3875. Note Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni standard CGI su w3.org. Server web
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https://it.wikipedia.org/wiki/CIA%20%28disambigua%29
CIA (disambigua)
Aziende . Codici CIA – codice aeroportuale IATA dell'aeroporto di Roma-Ciampino (Italia) cia – codice ISO 639-3 della lingua cia-cia Geografia Cia – località (non frazione) di Calice Ligure in provincia di Savona Istituzioni CIA (Central Intelligence Agency) – agenzia di spionaggio statunitense Letteratura CIA (Corpus Inscriptionum Atticarum) – corpus di epigrafi greche Musica C.I.A. – gruppo musicale hip hop Organizzazioni CIA (Confederazione italiana agricoltori) – associazione di coltivatori CIA (onfederazione italiana archeologi) – associazione di archeologi CIA (Consiglio Internazionale degli Archivi) - organizzazione internazionale dell'UNESCO CiA (CAN in Automation) - organizzazione internazionale di utenti e produttori che sviluppa e supporta protocolli di livello superiore basati su CAN Persone Michael Cia – calciatore italiano Sport CIA (Comitato Italiano Arbitri|) – componente della Federazione Italiana Pallacanestro Videogiochi Cia – personaggio del videogioco Hyrule Warriors, maggiore antagonista dello stesso
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https://it.wikipedia.org/wiki/CIA
CIA
La CIA (AFI: ; in inglese ), sigla di Central Intelligence Agency ("Agenzia dintelligence centrale"), è un'agenzia di spionaggio civile del governo federale degli Stati Uniti d'America, facente parte della United States Intelligence Community, che rivolge le sue attività all'estero. Quando venne creata, aveva la funzione di creare una struttura di studio e analisi delle informazioni riguardanti la politica estera, successivamente il ruolo e le funzioni si sono evolute e variegate; prima che nel 2004, durante la presidenza di George W. Bush e a seguito degli attentati dell'11 settembre 2001 e dell'avvio della «guerra al terrorismo», venisse approvato lIntelligence Reform and Terrorism Prevention Act il direttore della CIA, oltre che guidare tale agenzia, aveva il ruolo di responsabile di tutti gli apparati dintelligence degli Stati Uniti. Dopo la promulgazione della norma citata, e nonostante faccia rapporto al direttore dell'Intelligence Nazionale, l'agenzia ha notevolmente aumentato le sue funzioni e capacità, soprattutto dopo gli attacchi terroristici del 2001. Nel 2013 il Washington Post ha pubblicato un'inchiesta giornalistica nella quale si riportava che nell'anno fiscale 2011 la CIA gestiva il budget più elevato fra tutte le agenzie dintelligence statunitensi. Nel quadro di questo aumento delle sue funzioni, la CIA ha aumentato il numero delle sue operazioni clandestine, incluse quelle di natura paramilitare, mentre lInformation Operations Center (IOC) ha spostato la sua attenzione dalle operazioni di antiterrorismo, verso operazioni offensive di servizi segreti cibernetici. Nonostante abbia ottenuto risultati come la localizzazione e l'uccisione di Osama bin Laden (operazione NEPTUNE SPEAR), la CIA si è macchiata di gravi responsabilità avendo condotto programmi controversi come le extraordinary rendition e impiegando «tecniche di interrogatorio» delle proprie fonti anche attraverso l'utilizzo della tortura. Inoltre la CIA ha attuato svariati interventi illegali in territorio estero atti a favorire gli interessi degli USA, assassinando molti personaggi di rilievo come il presidente del Burkina Faso, Thomas Sankara, e organizzando pesanti ingerenze nella politica di altri stati sovrani, come nel caso dell'Operazione Condor. Storia La seconda guerra mondiale e l'Office of Strategic Services L'agenzia venne costituita dal presidente statunitense Truman nel 1947, riformando lOffice of Strategic Services (OSS), nato per la seconda guerra mondiale. La OSS si sciolse nel settembre del 1945, ma William J. Donovan (chiamato Wild Bill), il creatore dell'OSS, già nel 1944 aveva inviato una proposta al presidente Franklin Delano Roosevelt per chiedere la formazione di una nuova organizzazione con la supervisione diretta da parte del presidente. Nonostante la forte opposizione dei militari, del Dipartimento di Stato e dell'FBI, nel gennaio del 1946 Truman fonda il Central Intelligence Group (CIG). Dopo il National Security Act del 1947, vengono fondati sia il National Security Council (NSC) che la CIA. Il Central Intelligence Agency Act Nel 1949, viene approvato il Central Intelligence Agency Act, che consente agli agenti di usare il fisco segreto e di essere esenti dalla maggior parte delle limitazioni sugli usi del fondo federale. L'atto esenta anche la CIA dall'obbligo di rivelare "l'organizzazione, le funzioni, i funzionari, le cariche, i salari e il numero di personale impiegato". Viene inoltre creato un programma chiamato "PL-110" per trattare con i disertori o "stranieri essenziali" al di là delle normali procedure d'immigrazione, in modo tale da poter offrire loro copertura e sostegno economico. Durante i primi anni della sua esistenza, gli altri rami del governo non hanno esercitato molto controllo sulla CIA. Questo è spesso giustificato a causa della spietata concorrenza con il KGB nel corso della Guerra fredda, un compito che, secondo molti, richiedeva la possibilità di operare anche al di fuori delle normali regole. Come risultato, scarso è il controllo governativo sulle attività della CIA. La rapida espansione dell'agenzia e l'evolversi di un senso di indipendenza sotto il comando del direttore della CIA, Allen Dulles, ha accentuato questa tendenza. Gli anni '60 e l'operazione CHAOS Il vice direttore James R. Schlesinger aveva commissionato una serie di rapporti sui peccati passati della CIA. Questi rapporti, conosciuti eufemisticamente come "i gioielli di famiglia", furono trattenuti in seno all'agenzia fino a quando un articolo di Seymour Hersh sul New York Times rivelò la notizia che l'agenzia era stata coinvolta nell'assassinio di leader stranieri e teneva "file" su circa settemila cittadini americani appartenenti a movimenti pacifisti (Operazione CHAOS). Il Congresso investigò sulla CIA giungendo a nuove imbarazzanti conclusioni. Gli anni '70, lo scandalo Watergate e le operazioni internazionali A partire dagli anni 1970 l'organizzazione aumentò i teatri operativi nei vari Stati del mondo, come nel caso dell'operazione condor, ma l'evento più famoso fu il coinvolgimento nello scandalo Watergate. Un aspetto dominante della politica americana in quel periodo era il tentativo del Congresso di ribadire il suo potere di tutela sulle strutture esecutive del governo. Le rivelazioni sulle passate attività della CIA, come i tentativi di assassinare leader stranieri e l'illegale spionaggio interno, fornirono l'opportunità di portare avanti questo processo nella sfera delle operazioni di intelligence. Ad accelerare la caduta in disgrazia dell'agenzia furono il coinvolgimento di ex agenti CIA nello scandalo Watergate e i successivi tentativi del presidente Nixon di usare sempre la CIA per fermare le investigazioni sul caso. Nel famoso nastro, noto come la "pistola fumante", che costrinse Nixon alle dimissioni, egli confessava al suo capo dello staff Haldeman che ulteriori investigazioni sul Watergate avrebbero "scoperto lo scheletro nell'armadio" riguardo alle operazioni nella Baia dei Porci. Attorno al Natale del 1974 il Congresso contrastò ancora l'agenzia proibendo un'operazione segreta in Angola. Successivamente fu proibito alla CIA di assassinare leader stranieri. Inoltre il divieto sullo spionaggio interno, proibito dallo statuto della CIA, fu rafforzato affidando la sola responsabilità di investigazione sui cittadini statunitensi all'FBI. Gli anni 2000 e il CIA-gate Nel 2003 scoppia lo scandalo CIA-gate, che coinvolge alcuni funzionari del governo di George Bush colpevoli di aver rivelato notizie riservate sull'agente in copertura Valerie Plame. Nel giugno 2007 Lewis Libby, all'epoca dei fatti capo di Gabinetto di Dick Cheney, vice presidente degli Stati Uniti, venne condannato a 30 mesi di carcere per spergiuro e ostruzione della giustizia. Il 5 gennaio 2009 veniva annunciato che il President Elect Barack Obama aveva designato l'ammiraglio in congedo Dennis Blair quale National Intelligence Director e Leon Panetta direttore della CIA. Il direttore David Petraeus, in carica dal settembre 2011, si è dimesso il 9 novembre 2012 a seguito di una relazione extraconiugale. Funzioni e obiettivi Il compito principale della CIA consiste nell'ottenere e analizzare le informazioni riguardanti la sicurezza nazionale provenienti da tutto il mondo e soprattutto da rapporti interpersonali (HUMINT), se necessario organizzando operazioni militari sotto copertura in territorio straniero. Essendo una delle agenzie principali della US Intelligence Community (IC), la CIA dal 2005 fa rapporto al direttore dell'Intelligence Nazionale (DNI) ed è soprattutto impegnata a comunicare i risultati delle sue attività al presidente degli Stati Uniti d'America e al suo Gabinetto. Per lo svolgimento delle sue funzioni, la CIA dispone di un ampio apparato militare segreto, resosi responsabile di diverse operazioni clandestine contro governi stranieri. La sede centrale si trova a Langley (Virginia) e il suo Direttore è William Joseph Burns in carica dal 19 marzo 2021. A differenza del Federal Bureau of Investigation (FBI), la polizia federale che opera in tutto il territorio nazionale, la CIA non ha alcuna funzione di polizia nel territorio degli Stati Uniti ed è principalmente impegnata nella raccolta di informazioni dall'estero. Anche se non è l'unica agenzia governativa statunitense specializzata nella raccolta e gestione di informazioni da fonte HUMINT, la CIA svolge il ruolo di coordinamento a livello nazionale di tutte le operazioni HUMINT dell'intero apparato di intelligence statunitense. Inoltre è l'unica agenzia governativa ad essere autorizzata per legge a compiere operazioni segrete all'estero per conto del Presidente. Ad esempio può compiere operazioni segrete per influenzare la situazione politica estera attraverso le sue divisioni tattiche, come la Special Activities Division. Il bilancio federale relativo all'anno fiscale 2013, in merito alla CIA elenca cinque priorità: il contrasto al terrorismo, obiettivo prioritario a seguito dell'avvio della War on Terror; evitare la proliferazione di ordigni nucleari o di armi di distruzione di massa, con la Corea del Nord descritta come il Paese obiettivo principale e anche il più pericoloso; avvertire dei pericoli e informare i leader politici statunitensi sui più importanti eventi politici internazionali, con il Pakistan descritto come "obiettivo di difficile gestione"; attuare operazioni di contrasto ad apparati di intelligence stranieri, elencando come obiettivi "prioritari" Cina, Russia, Iran, Cuba e Israele; avviare operazioni di cyber intelligence. Struttura organizzativa La CIA ha una struttura organizzativa molto complessa e piuttosto ramificata. Oltretutto, essendo un'agenzia di intelligence, è più che probabile che sia diversa da quella pubblicamente dichiarata. Tuttavia una descrizione di tale organizzazione è comunque possibile, sempre tenendo in conto il fatto che qualsiasi agenzia di intelligence non svela mai pubblicamente tutta la sua struttura. Detto questo, la stessa CIA dichiara ufficialmente di essere composta delle seguenti "branche". Offices of the Director Directorate of Analysis Directorate of Operations Directorate of Science & Technology Directorate of Support Directorate of Digital Innovation Mission Centers Uffici del direttore Alla direzione della CIA si trova il direttore, William Joseph Burns, il quale fa rapporto direttamente al direttore dell'Intelligence Nazionale. Nominato dallo stesso Presidente degli Stati Uniti, il compito del direttore è quello di gestire le operazioni, il personale e i fondi federali a disposizione dell'agenzia. Altro compito è quello di svolgere da coordinatore di tutte le informazioni provenienti dall' HUMINT a disposizione di qualsiasi agenzia di intelligence statunitense, curando i rapporti tra queste, per quanto riguarda la gestione, l'utilizzo e le operazioni che derivano da informazioni di fonte umana. A fianco del direttore, con il compito di assisterlo nei suoi compiti, ci sono in primo luogo il Deputy Director e lExecutive Director e poi i vari responsabili dei diversi direttorati. A lato della struttura di vertice appena descritta, vi sono altre funzioni ed uffici. I due incarichi di maggior rilievo sono il General Counsel e lInspector General. Il General Counsel è il consulente legale della CIA e del suo direttore in particolare; lInspector General, invece, è l'organo indipendente interno, a cui è affidato il compito di controllare le spese, le modalità e le tempistiche delle diverse operazioni. Oltre a questi due incarichi è importante la funzione del Director of Public Affairs, dellAssociate Director for Talent e del Director of the Center for the Study of Intelligence Directorate of Analysis Nel Directorate of Analysis viene effettuato lo studio delle informazioni ottenute dall'estero, soprattutto su questioni che riguardano gli obiettivi strategici e tattici assunti dalla CIA. Lo studio ha lo scopo di elaborare analisi, poi fornite agli organi politici del Paese, per poter prendere decisioni sulla base delle informazioni ottenute. Directorate of Operations Il Directorate of Operations ha il compito di raccogliere le informazioni da fonte estera, ottenute da fonti HUMINT e/o da operazioni sotto copertura. Il nome fa riferimento a qualsiasi tipo di operazione, riflettendo il fatto che uno dei suoi compiti principali è proprio quello del coordinamento delle attività di intelligence di tutte le agenzie di sicurezza degli Stati Uniti Questo ufficio è organizzato sia per aree geografiche che per tipologia delle problematiche da seguire, anche se l'organizzazione precisa è segreta. Il Directorate of Operations venne creato allo scopo di fermare la guerra intestina tra la CIA e il Dipartimento della Difesa per la supremazia nelle operazioni sotto copertura, dando il compito di gestire e coordinare tutte queste operazioni alla CIA. Dopo pochi anni, tuttavia, il Dipartimento della Difesa ha comunque creato al suo interno il Defense Clandestine Service (DCS), successivamente sottoposto al controllo della Defense Intelligence Agency (DIA). Directorate of Science & Technology Il Directorate of Science & Technology ha la funzione di studiare e sviluppare concretamente gli avanzamenti tecnologici utili alle funzioni di intelligence dell'Agenzia. Molte delle innovazioni sviluppate da questo Direttorato sono state poi trasmesse alle altre Agenzie di intelligence statunitensi, e, una volta divenute di dominio pubblico, alle Forze Armate. Un esempio di tale processo è lo sviluppo dell'aereo Lockheed U-2: progettato fin dall'inizio come velivolo predisposto all'acquisizione di immagini fotografiche a grandi altitudini per aree geografiche come l'Unione Sovietica, è utilizzato dalla United States Air Force. All'interno di questo Direttorato esisteva uno speciale centro operativo dedicato all'analisi delle immagini raccolte dalle missioni di volo degli U-2, il National Photointerpretation Center (NPIC). Tale struttura è stata poi trasferita all'interno della National Geospatial-Intelligence Agency (NGA). Directorate of Support Il Directorate of Support è quella struttura interna alla CIA dedicata all'amministrazione e a tutte quelle attività di supporto alle attività operative. Le funzioni ricoperte da questo ufficio hanno ad oggetto, fra le altre, la sicurezza, il personale amministrativo, gestionale e di servizio, le comunicazioni e la gestione finanziaria. Tali funzioni sono ognuna incardinata all'interno di un Ufficio specifico, con un proprio personale dedicato Directorate of Digital Innovation Il Directorate of Digital Innovation, è l'ultimo Dipartimento della CIA ad essere stato istituito; concentra le sue attività sul settore della cyber intelligence. Inoltre, progetta, sviluppa, gestisce e controlla l'infrastruttura informatica dell'Agenzia, oltre a gestire e sviluppare l'integrazione tecnologica fra i diversi reparti e l'aggiornamento degli operatori. Mission Centers I Mission Centers sono delle strutture organizzative esterne ai Direttorati e specializzati per "aree tematiche". Al suo interno si trovano operatori esperti nello specifico settore, in grado di interfacciarsi e migliorare l'efficienza delle operazioni condotte dai Direttorati. I Mission Centers sono i seguenti: Mission Center for Africa Mission Center for Counterintelligence Mission Center for Counterterrorism Mission Center for East Asia and Pacific Mission Center for Europe and Eurasia Mission Center for Global Issues Mission Center for Near East Mission Center for South and Central Asia Mission Center for Weapons and Counterproliferation Mission Center for Western Hemisphere. Operazioni famose Nord America Negli anni cinquanta e sessanta, la CIA avviò un programma di ricerca sul controllo della mente chiamato Progetto MKULTRA, sia negli Stati Uniti che in Canada. Il progetto a Montreal includeva lo sviluppo di tecniche utilizzate da scienziati nazisti per influenzare e controllare il comportamento di determinate persone. Questi esperimenti, finanziati con 25 milioni di dollari, prevedevano anche tecniche di ipnosi, somministrazione di sieri della verità, droghe, messaggi subliminali e altri metodi di violenze psicologiche su cavie umane, tra cui numerosissimi pazienti psichiatrici. Centro e Sud America Europa Nei suoi primi anni la CIA e il suo predecessore, l'OSS, tentarono di "contenere" la diffusione del comunismo nell'Europa dell'est, dando supporto ai locali gruppi anticomunisti; ma nessuno di questi tentativi ebbe molto successo. Tentativi di provocare rivoluzioni in Ucraina e Bielorussia infiltrando spie anti-comuniste e sabotatori andarono incontro al totale fallimento. In Polonia la CIA spese parecchi anni inviando denaro e equipaggiamento ad un'organizzazione inventata e gestita dall'intelligence polacca. L'agenzia ebbe più successo nei suoi sforzi di limitare l'influenza del comunismo in Francia e in Italia, soprattutto nelle elezioni italiane del 1948. Dopo la seconda guerra mondiale, la CIA fu lo strumento attraverso cui si organizzò la rete Gladio, una rete segreta di organizzazioni militari anticomuniste, in Italia e in altre parti dell'Europa occidentale. Iran Mentre l'Europa si andava stabilizzando lungo la cortina di ferro, la CIA negli anni cinquanta tentò di diminuire l'influenza sovietica nelle altre parti del globo, specialmente nel terzo mondo. Con l'incoraggiamento del direttore Allen Dulles, le operazioni clandestine divennero presto la componente dominante dell'organizzazione. Inizialmente si conclusero con grande successo: nel 1953 in Iran l'agenzia depose il governo democraticamente eletto di Mossadegh, dopo il suo tentativo di trattenere un quantitativo maggiore di riserve di petrolio del paese, rimuovendo l'influenza del forte Partito Comunista iraniano (Operazione Ajax). L'Iran considera la CIA come se fosse una vera e propria organizzazione terroristica. Syria Guatemala La storia del Guatemala è stata significativamente condizionata dalla Guerra fredda, tra gli Stati Uniti e l'URSS. La CIA, con un piccolo gruppo di guatemaltechi formato prevalentemente da delinquenti ed ex carcerati, rovesciò nel 1954 il governo democraticamente eletto presieduto da Jacobo Arbenz Guzmán, dopo che il governo aveva espropriato della terra incolta a grandi possedimenti fondiari dell'élite economica, per redistribuirla alle masse più povere ai quali la terra era stata tolta nei secoli precedenti; inoltre il governo guatemalteco applicava una tassa alle multinazionali statunitensi ivi presenti. All'epoca, il Segretario di stato degli USA era John Foster Dulles e, a capo della CIA il fratello, Allen Dulles. Il nome in codice di questa operazione della CIA fu, Operazione PBSUCCESS. Il conseguente regime militare, iniziato dal dittatore Carlos Castillo Armas, un condannato a morte evaso quattro anni prima, causò 30 anni di guerra civile, che, dal 1960, portarono alla morte di 200.000 civili guatemaltechi. Secondo la Commissione per la verità sponsorizzata dall'ONU, le forze del governo e i paramilitari furono responsabili, durante la guerra, del 90% delle violazioni dei diritti umani. Durante i primi 10 anni, le vittime del terrore di stato furono principalmente studenti, lavoratori, professionisti e personalità dell'opposizione di qualsivoglia tendenza politica, ma negli ultimi anni vi furono migliaia di vittime fra i maya contadini e non-combattenti. Più di 450 villaggi maya vennero distrutti condannando alla diaspora oltre un milione di persone. Questo è considerato uno dei più tremendi eventi di pulizia etnica verificatisi nell'America Latina moderna. In certe aree, come Baja Verapaz, la Commissione per la Verità concluse che lo Stato guatemalteco avviò intenzionalmente una politica di genocidio contro determinati gruppi etnici. Nel 1957 la Columbia University di New York conferì al dittatore sanguinario Carlos Castillo Armas la laurea honoris causa. L'opposizione popolare e la nascita della guerriglia nel 1960 costrinse il Paese, sempre sotto l'influenza della CIA, ad un susseguirsi di colpi di stato e governi non democratici. L'instabilità creata da queste operazioni condusse ad una guerra civile che si protrasse fino al 1996. Cuba Le limitazioni alle operazioni coperte su larga scala divennero evidenti durante l'invasione organizzata dalla CIA a Cuba, nel 1961, alla Baia dei Porci. Il fallimento imbarazzò la CIA e gli Stati Uniti sul palcoscenico mondiale, visto che il presidente cubano Fidel Castro sfruttò l'insuccesso dell'invasione per consolidare il suo potere e legarsi strettamente all'Unione Sovietica. Ad ogni modo, la CIA tentò numerose volte di assassinare senza successo il capo di Stato cubano come parte della sua operazione Mongoose. Vietnam Dopo l'episodio della Baia dei Porci le operazioni della CIA divennero meno ambiziose e si legarono strettamente alle operazioni militari statunitensi in Vietnam. Fra il 1962 e il 1975 la CIA organizzò nel Laos un gruppo noto come Esercito Segreto coordinando una flotta di aeroplani nota come Air America, per prendere parte nella guerra segreta in Laos, una parte della guerra del Vietnam. Cile Nel 1970, dopo l'elezione del presidente socialista Salvador Allende, la CIA lavorò segretamente per impedirgli di assumere l'incarico attraverso la corruzione di ufficiali cileni. Questo tentativo fallì, cosicché l'agenzia cospirò per un colpo di Stato con le fazioni anti-Allende, ma alla fine il progetto abortì (progetto FUBELT). Tre anni dopo Allende fu deposto dal leader militare Augusto Pinochet. Si sospettava che la CIA fosse dietro il colpo di Stato, sebbene niente sia stato completamente confermato o contraddetto. Il comitato Church, che investigò sul coinvolgimento statunitense in Cile durante questo periodo, stabilì che "non c'è alcuna chiara prova di diretta assistenza al colpo di Stato, nonostante molti indizi dimostrassero il contrario". Nel 2000 inoltre l'agenzia negò di aver supportato il golpe. Il rapporto del comitato Church inoltre dimostrò che la CIA ebbe un ruolo preminente dopo il colpo di Stato del 1973: "lo scopo delle operazioni segrete immediatamente successive al golpe era di assistere la Giunta fascista nell'ottenere un'immagine più positiva, sia in patria che all'estero, e nel mantenere l'accesso alle leve di comando del governo cileno. Un altro scopo, in parte raggiunto col lavoro fatto presso l'organizzazione dell'opposizione prima del golpe, era di aiutare il nuovo governo a organizzare e implementare le nuove politiche. I fascicoli di progetto lo hanno documentato. I collaboratori della CIA erano implicati nel preparare un iniziale piano economico onnicomprensivo servito come base per le più importanti decisioni economiche della Giunta". Nicaragua Nei primi anni ottanta, dopo la deposizione del dittatore Somoza in Nicaragua, la CIA sostenne e armò i Contras, forze in opposizione alla giunta sandinista marxista. Il Congresso statunitense approvò l'Emendamento Boland che proibiva ogni sostegno ai Contras. L'amministrazione Reagan violò l'emendamento usando i profitti della vendita di armi all'Iran per sostenere i Contras, dando inizio allo scandalo Iran-Contras. Parte della campagna della CIA per deporre il governo del Nicaragua includeva l'utilizzo di bombe nei porti nicaraguensi, armi che causarono l'affondamento di una nave mercantile. Questo fu provato da una decisione della Corte internazionale di giustizia nel caso Nicaragua contro Stati Uniti, in cui fu ordinato agli Stati Uniti di pagare le riparazioni al Nicaragua, ma gli USA ignorarono il verdetto della corte. L'11 settembre 2001 e le "extraordinary renditions" Dopo l'11 settembre 2001, con la motivazione della lotta al terrorismo, la CIA ha effettuato numerose operazioni in Europa e in diversi Stati del mondo, conosciute come "extraordinary renditions". In Germania, nell'ambito di alcune inchieste giudiziarie sulle extraordinary renditions, nel febbraio 2007, i magistrati di Monaco di Baviera hanno richiesto l'arresto di 13 presunti agenti della CIA in relazione al sequestro del tedesco-libanese Khaled el Masri, con l'accusa di privazione della libertà e di aver provocato pericolose lesioni. Il rapimento di Abu Omar La CIA venne coinvolta anche nel rapimento dell'imam egiziano Abu Omar, avvenuto a Milano il 17 febbraio 2003 con la presunta collaborazione di uomini del SISMI italiano. Nell'ambito di tali operazioni, ha inoltre utilizzato una rete di prigioni segrete, molte delle quali in Europa, come ammesso dal presidente Bush nel settembre 2006. Per il sequestro di Abu Omar, nel dicembre 2006 la Procura di Milano ha rinviato a giudizio Nicolò Pollari, ex-direttore del SISMI, insieme ad altre 34 persone. Tra gli indagati rientrano 26 agenti della CIA, tra cui il capo dell'intelligence Usa in Italia, Jeff Castelli, e l'ex-capocentro di Milano, Robert Seldon Lady alla fine il procedimento fu archiviato poiché non penalmente rilevante. Il 16 febbraio 2007 Nicolò Pollari, Marco Mancini, altri funzionari del SISMI e 26 agenti della CIA, tra i quali, Robert Seldon Lady e Jeff Castelli, sono stati rinviati a giudizio per concorso in sequestro di persona riguardo al rapimento di Abu Omar. Il 28 febbraio 2007 gli Stati Uniti hanno dichiarato ufficialmente che non concederanno l'estradizione chiesta dal Ministero della Giustizia italiano per i 26 agenti della CIA accusati del rapimento. Aspetti dibattuti Assassinii di personalità politiche L'uccisione di personalità politiche è stata espressamente e ufficialmente vietata da un Executive Order del presidente Gerald Ford nel 1976, dopo le polemiche suscitate dalla commissione Church. La commissione accusò la CIA di aver tentato di uccidere Fidel Castro con vari fantasiosi espedienti dopo aver creduto che documenti e materiali di un ufficio CIA preposto alle idee bizzarre fossero attività operative non autorizzate. L'Executive Order è stato revocato nel 2001 dal presidente George W. Bush. Collaborazione con ex nazisti Tra le numerose critiche rivolte all'OSS prima, ed alla CIA poi, in parte confermate anche a seguito della desecretazione di documenti riservati statunitensi e britannici, vi è quella di aver aiutato, reclutato e perciò protetto, alcuni esponenti nazifascisti di alto grado dopo la fine della seconda guerra mondiale. Fra questi il generale Reinhard Gehlen, coinvolto anche nel complotto per l'attentato a Hitler del 20 luglio 1944, e che aveva diretto la sezione dei servizi di informazione della Wehrmacht addetta al controllo del fronte orientale e dell'Unione Sovietica. Al generale Gehlen, date le sue estese risorse informative sull'Unione Sovietica, fu concesso di mantenere intatta la sua rete di oltre 400 spie dopo la guerra al servizio degli Stati Uniti. L'organizzazione di Gehlen presto divenne una delle fonti primarie di intelligence durante la guerra fredda, e formò la base di quella che a partire dal 1956 divenne l'agenzia di intelligence tedesca, la Bundesnachrichtendienst (BND). Da diversi documenti emersero forti sospetti relativi a un vasto piano organico, nel quadro della guerra fredda, organizzato dai servizi segreti USA, al fine di reclutare ufficiali tedeschi e nazisti anche di primo piano, già prima della fine del secondo conflitto mondiale Tra i nazisti che sarebbero stati protetti o avrebbero collaborato con gli Stati Uniti, spiccano i nomi di Klaus Barbie, Eugen Dollmann, del colonnello Otto Skorzeny, il maggiore Karl Hass ed il capitano delle SS Theodor Saevecke, capo in Lombardia della SIPO-SD e responsabile sia della strage di Piazzale Loreto che dell'eccidio di Corbetta (Milano). L'influenza nella politica internazionale Cronologia dei direttori Sidney Souers, gennaio-giugno 1946 Hoyt Vandenberg, 1946-1947 Roscoe Hillenkoetter, 1947–1950 Walter Bedell Smith, 1950–1953 Allen W. Dulles, 1953–1961 John McCone, 1961–1965 William Raborn, 1965–1966 Richard Helms, 1966–1973 James R. Schlesinger, 1973 William Colby, 1973–1976 George H. W. Bush, 1976–1977 Stansfield Turner, 1977–1981 William Joseph Casey, 1981–1987 William Webster, 1987–1991 Robert Gates, 1991–1993 R. James Woolsey, Jr., 1993–1995 John M. Deutch, 1995–1996 George J. Tenet, 1997–2004 Porter J. Goss, 2004–2006 Michael Hayden, 2006-2009 Leon Panetta, 2009-2011 Michael Morell, 2011 (ad interim) David Petraeus, 2011-2012 Michael Morell, 2012-2013 (ad interim) John O. Brennan, 2013-2017 Mike Pompeo, 2017-2018 Gina Haspel, 2018-2021 William Joseph Burns, dal 2021 Nella cultura di massa In numerose opere cinematografiche e telefilm figura l'agenzia di spionaggio e membri fittizi dipendenti della stessa. Esempi sono The Bourne Identity, I tre giorni del Condor, Spy Game, Syriana, Sotto il segno del pericolo, Agente Cody Banks ed i film della serie di Natalie Price e Mission: Impossible .Il film The Good Shepherd - L'ombra del potere, diretto da Robert De Niro, è inoltre liberamente ispirato alla figura dell'agente James Angleton. Inoltre la CIA e alcuni personaggi che interpretano i membri dell'agenzia compaiono nelle serie tv Nikita, Homeland - Caccia alla spia,Chuck, Alias, Madam Secretary, Covert Affairs e nel cartone animato American Dad!. Note Bibliografia Victor Marchetti, CIA: culto e mistica del servizio segreto, Milano, Garzanti, 1976. Robert Baer, Dormire con il diavolo. Come Washington ha venduto l'anima per il petrolio dell'Arabia Saudita, Piemme, 2004, ISBN 88-384-8100-8. Robert Baer, La Disfatta della Cia, Piemme, 2005, ISBN 88-384-8558-5. William Blum, Il libro nero degli Stati Uniti, Fazi, 2003, ISBN 88-8112-454-8. Noam Chomsky, Egemonia o sopravvivenza. I rischi del dominio globale americano, Tropea, 2005, ISBN 88-438-0460-X. Norman mailer, Il fantasma di Harlot (The Harlot's Ghost), Bompiani, 1994. Frances Stonor Saunders, La guerra fredda culturale, Fazi, 2004, ISBN 88-8112-545-5. Voci correlate Agente speciale Baia dei Porci Ciagate CIA e traffico di droga CIA World Factbook Caso Abu Omar Direttori della CIA Extraordinary rendition Human Resource Exploitation Manual KGB Kubark Counterintelligence Interrogation Majestic 12 Federal Bureau of Investigation (FBI) Guerra Fredda National Security Agency (NSA) National Reconnaissance Office (NRO) Stati Uniti d'America Office of Strategic Services Operazione Gladio Operazione Paperclip Progetto MKULTRA Scandalo Petraeus Scandalo Watergate Special Activities Center Special collection service Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Convenzioni%20di%20Ginevra
Convenzioni di Ginevra
Le convenzioni di Ginevra consistono in una serie di trattati internazionali sottoscritti per la maggior parte a Ginevra, in Svizzera. Esse costituiscono, nel loro complesso, un corpo giuridico di diritto internazionale, noto anche sotto i nomi di diritto di Ginevra, diritto delle vittime di guerra e diritto internazionale umanitario. Storia L'impulso iniziale alla stipula di tali convenzioni venne dall'attività di Jean Henri Dunant, motivato dagli orrori di guerra da lui osservati durante la battaglia di Solferino e descritte nell'opera Un ricordo di Solferino, destinata ai sovrani di tutta Europa. Le Convenzioni proteggono le associazioni umanitarie, come la Croce Rossa, che si trovino a prestare servizio in territorio di guerra, e assicurano il rispetto del personale civile e di quello medico non coinvolto negli scontri. Questo non è un caso: Dunant è proprio colui che ha fondato la Croce Rossa e proprio in conseguenza degli orrori visti durante la battaglia di Solferino. Dal 1864 ad oggi, sono state sottoscritte numerose Convenzioni di Diritto internazionale umanitario: ognuna delle successive prevede l'ampliamento ed il completamento delle precedenti, ovvero la loro sostituzione. La prima convenzione fu adottata il 22 agosto 1864 a Ginevra, in Svizzera, dai rappresentanti di 12 governi (Svizzera, Baden, Belgio, Danimarca, Spagna, Portogallo, Francia, Assia, Italia, Paesi Bassi, Prussia e Württemberg). Gli Stati Uniti ratificarono tale convenzione solo il 1º marzo 1882. L'opera di Clara Barton fu fondamentale con la sua campagna per la ratifica della prima Convenzione di Ginevra da parte degli Stati Uniti: essi firmarono nel 1882. Al momento della Quarta Convenzione, le nazioni che le avevano ratificate erano 47. Le convenzioni antecedenti la seconda guerra mondiale erano sei: Convenzione per il miglioramento delle condizioni dei militari feriti in guerra, Ginevra, 22 agosto 1864 (abrogata dalla Convenzione del 1906) Convenzione per il miglioramento della sorte dei feriti e malati negli eserciti di campagna, Ginevra, 6 luglio 1906 (abrogata dalla Convenzione del 1929) Convenzione per l'adattamento alla guerra marittima dei principi della Convenzione di Ginevra del 1906, L'Aja, 18 ottobre 1907 (abrogata dalla II Convenzione del 1949) Convenzione del 25 aprile 1926 concernente le schiavitù Convenzione per il miglioramento della sorte dei feriti e malati negli eserciti di campagna, Ginevra, 27 luglio 1929 (abrogata dalla I Convenzione del 1949) Convenzione sul trattamento dei prigionieri di guerra, Ginevra, 27 luglio 1929 (abrogata dalla III Convenzione del 1949). Le convenzioni in vigore Nel corso del XX secolo, con il mutare dello scenario internazionale, sono state realizzate nuove convenzioni ed integrazioni a quelle già sottoscritte. Il 12 agosto 1949 furono adottate quattro convenzioni, destinate a sostituire tutto il corpo giuridico preesistente in materia: I Convenzione per il miglioramento delle condizioni dei feriti e dei malati delle Forze armate in campagna, Ginevra, 12 agosto 1949 II Convenzione per il miglioramento delle condizioni dei feriti, dei malati e dei naufraghi delle Forze armate sul mare, Ginevra, 12 agosto 1949 III Convenzione sul trattamento dei prigionieri di guerra, Ginevra, 12 agosto 1949 IV Convenzione sulla protezione delle persone civili in tempo di guerra, Ginevra, 12 agosto 1949 Sessantuno Stati ratificarono le quattro Convenzioni favorendo la successiva ratifica da parte di altri Stati. Il processo di decolonizzazione e l'estendersi dei conflitti non simmetrici condusse all'integrazione delle Quattro Convenzioni di Ginevra mediante due Protocolli Aggiuntivi, adottati sempre a Ginevra l'8 giugno 1977: I protocollo aggiuntivo relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali, Ginevra, 8 giugno 1977 II protocollo aggiuntivo relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati non internazionali, Ginevra, 8 giugno 1977. Poiché la sottoscrizione e la ratifica di questi due protocolli ha incontrato forti opposizioni, specie fra le grandi potenze e le potenze regionali europee, le norme ivi contenute non hanno per il momento assunto valenza di diritto internazionale consuetudinario. Infine, a causa di recenti avvenimenti che, in alcuni paesi, hanno coinvolto in atti di violenza le strutture della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, è stato ultimamente adottato un terzo protocollo aggiuntivo, che prevede l'uso, da parte delle organizzazioni internazionali umanitarie, di un simbolo non collegato né confondibile con una qualsiasi confessione religiosa: III protocollo aggiuntivo relativo all'adozione di un emblema distintivo aggiuntivo, Ginevra, 8 dicembre 2005. Distinzioni Altre convenzioni ed accordi internazionali delle Nazioni Unite sono state adottate a Ginevra, ma non vanno confuse con i trattati sopra menzionati, anche se ci si riferisce ad essi come «convenzioni di Ginevra». Alcune di esse sono: Convenzione di Ginevra sulla circolazione stradale (1949). Sostituita nel 1968 dall'analoga Convenzione di Vienna. Convenzione relativa allo status dei rifugiati (1951); Convenzione sul mare territoriale e la zona contigua (1958); Protocollo relativo allo status dei rifugiati (1967); Convenzione su certe armi convenzionali (1980). Il bracciale sanitario internazionale La 1ª e 2ª convenzione di Ginevra introdussero, il 12 agosto 1949, il bracciale sanitario internazionale per il personale sanitario, da indossare nei limiti e nelle forme indicate dalle citate convenzioni. Esso consiste in una fascia di tela bianca dell'altezza di 10 cm, sulla quale è cucita una croce di panno rosso. La violazione, da parte del personale che lo indossa, delle condizioni sotto le quali le convenzioni internazionali accordano la protezione, qualora non configurabili come reato, costituiscono comunque grave infrazione disciplinare. Il bracciale si indossa solo con le uniformi da combattimento, di servizio e derivate su entrambe le maniche al di sopra del gomito. Note Voci correlate Croce Rossa e Mezzaluna Rossa Internazionale Diritto bellico Diritto internazionale umanitario Forze nemiche disarmate Guerra Jean Henri Dunant Prima Convenzione di Ginevra Seconda Convenzione di Ginevra Terza Convenzione di Ginevra Quarta Convenzione di Ginevra Crimine di guerra Crimine contro l'umanità Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Cultura%20dell%27Iraq
Cultura dell'Iraq
Antiche culture Irachene Le tradizioni letterarie irachene più antiche si rifanno alla civiltà dei Sumeri, nella quale si innestò il patrimonio babilonese, cui si accomunò quello assiro. Queste civiltà influirono prima su quella greca che a sua volta arricchì la tradizione irachena, toccata ancor più profondamente da quella persiana, filtrata attraverso la dominazione partica. A essa si sovrappose dopo il VIII secolo la civiltà araba, che in età abbaside fece di Baghdad il fulcro di elaborazione della sua cultura, mantenuta su schemi tradizionali fino agli inizi del XX secolo, quando finalmente, grazie al giornalismo e all'influsso egiziano, la prosa andò evolvendosi, conquistando quella semplicità di espressione che aveva avuto fino ad allora. Si può parlare di una letteratura nazionale irachena, grosso modo, solo dall'epoca dello smembramento dell'Impero ottomano (1918). Pur tuttavia la critica fa risalire agli ultimi decenni del XIX secolo i primi albori di una letteratura nazionale. Ciò si verificò soprattutto nella poesia, con autori come Sālih al-Tamimi (m. 1845), ‘Abd al-Bāqī al-‘Umarī (1790-1862), ‘Abd al-Ghaffār al-Akhras (1805-1875), Haydar al-Hillī (1831-1887) e Ibrāhīm al-Tabātabā'ī (1832-1901). Questi poeti, pur essendo tradizionali nella forma, nella sostanza parlarono di libertà e contro la corruzione. Jamīl Sidqī al-Zahāwī (1863-1936), di origine curda, può considerarsi l'anello di congiunzione con la precedente generazione. La sua forma preferita era la quartina (rubā‘iyya), ma fu anche interessato a esperimenti stilistici. Trattò di problemi sociali; fra l'altro diede particolare rilevanza alla difesa dei diritti delle donne. Ma‘rūf al-Rusāfī (1875-1945), considerato poeta nazionale, è stato il più seguito nei circoli letterari. Uomo politico al tempo dell'Impero ottomano, nella sua opera rappresentò i sentimenti nazionali iracheni. Dopo la prima guerra mondiale si ebbe un rifiorire degli studi letterari, con il diffondersi del giornalismo e della pubblicazione di libri. Ma in particolare negli anni trenta e quaranta alcuni poeti, tra cui i già nominati al-Rusāfī e al-Zahāwī, e altri, come Muhammad Mahdī al-Jawāhirī (1900-?), hanno rappresentato l'avanguardia del mondo letterario arabo. Verso il 1940 nel mondo arabo ebbe inizio un movimento poetico influenzato da autori europei come Thomas Stearns Eliot e Vladimir Majakovskij e dalle varie correnti d'avanguardia, a cui si intrecciarono motivi tratti dal mondo mitologico dell'antica Mesopotamia e da quello classico, musulmano e cristiano. Nelle riviste letterarie dell'epoca, prevalentemente libanesi (al-Adīb, al-Adab o Shi‘r), gli scrittori iracheni portarono il maggior contributo. Il più famoso di questi fu Badr Sakir al-Sayyāb (1927-1964), di tendenze realiste ma non immune da influenze surrealiste e simboliste, considerato uno dei maggiori riformatori della poesia araba moderna. Scrittori realisti sono anche ‘Abd al-Rāziq, ‘Abd al-Wāhid e Kāzim Jawwād (n. 1929) la cui poesia, all'inizio tradizionale, divenne innovatrice e di un realismo sconcertante. Alla tendenza romantica, con i suoi toni più cupi, appartengono: Baland al-Haydarī (n. 1926), che è passato attraverso varie fasi, influenzato inizialmente dall'estetismo, in seguito dall'esistenzialismo e dal surrealismo; la poetessa Nazik al-Malā'ika (n. 1923), la maggiore teorica del verso libero; ‘Abd al-Wahhāb al-Bayātī (n. 1926), uno dei primi collaboratori della rivista al-Thaqāfa al-jadīda, e Hilāl Nazī (n. 1931), la cui poesia ha spesso un tono rivoluzionario. Questa nuova poesia viene anche chiamata del "verso libero" (al-shi‘r al-hurr), in contrasto con la prosodia complicata dei classici. Nella prosa si può distinguere una scuola classica, guidata da Ja‘far al-Khalīlī, che ha scritto regolarmente nella rivista sciita al-Ghara, e una d'avanguardia, che, influenzata dai classici dell'Ottocento francese e russo pur non trascurando i moderni, come Jean-Paul Sartre e Albert Camus, pone l'accento sui mali della società irachena. Si ricordano i nomi di Dhū al-Nūn Ayyūb (n. 1908), il più anziano del gruppo e noto giornalista e politico, ‘Abd al-Malik al-Nūrī (n. 1921), autore della raccolta "Il canto della terra", che è un'analisi della vita degli umili; Fu'ād al-Takarlī (n. 1927), che nelle sue novelle condanna brutalmente, con un linguaggio spesso veemente e crudo, gli errori della società tradizionale con una protesta contro i misfatti dell'alienazione e della miseria, Ya‘qūb Balbūl, che, nel 1938, ha pubblicato una raccolta di racconti ispirata ai problemi sociali del Paese; Shākir Khuzbak (n. 1920), studioso e traduttore di Anton Čechov, autore di racconti e del lavoro teatrale "La casa coniugale" (1962); Edmond Sabrī (n. 1921), che ha scritto racconti, opere teatrali e sceneggiature per il cinema; Safīra Jamīl Hāfiz, che ha pubblicato nel 1956 una raccolta di racconti sulla vita popolare; Mahdī ‘Īsà al-Saqr, che ha scritto in un tono duro e sarcastico contro le tragedie della superstizione e dell'ignoranza. Nel campo della poesia, emergono i nomi di ‘Abd al-Wahhāb al-Bayātī (n. 1926) e di Sa‘dī Yūsuf (n. 1934), poeti che hanno entrambi conosciuto in diverse epoche l'esilio, e proprio dall'esilio hanno scritto le loro liriche impregnate di tristezza, nostalgia (ghurba) e desiderio di libertà. Nella narrativa Fu'ād al-Takarlī fa parlare di sé nel 1980 per il romanzo al-Raj‘ al-ba‘īd (L'eco lontana) i cui dialoghi, composti in stretto dialetto iracheno, rimettono in discussione l'uso della lingua parlata nei testi letterari per lo più scritti in un arabo puro. Narratore di spicco è anche Mohammad Haydar (n. 1942), autore di raccolte di racconti. Un quadro esauriente della ricca produzione letteraria irachena in prosa e in poesia è fornito dalle riviste letterarie pubblicate a Baghdad, tra cui al-Aqlām (Le penne), fondata nel 1964, al-Mawrid (La fonte) del 1971, o al-Kātib al-‘arabī (Lo scrittore arabo) del 1982. Vanno ricordate anche le riviste pubblicate dagli intellettuali arabi in esilio come al-Badīl (L'alternativa), fondata nel 1980 dalla Lega degli scrittori democratici iracheni, oppure Aswāt (Voci) uscita a Parigi alla fine degli anni settanta. Tra gli esempi più recenti di letteratura irachena c'è Hassan Blasim, autore di Baghdad emigrato in Finlandia, che ad oggi è considerato uno degli autori più importanti di letteratura araba e autore di Majnun sahat al-hurriyya (Il matto di piazza della Libertà). musica L'Iraq è musicalmente conosciuto soprattutto per uno strumento chiamato ʿūd (liuto) e per il rebāb (strumento a corda, vagamente assimilabile al violino); i più noti musicisti che utilizzano questi strumenti sono rispettivamente Ahmed Mukhtar e l'assiro Munīr Bashīr. Fino alla caduta di Saddam Hussein, l'emittente radiofonica più popolare era la Voce della Gioventù. Trasmetteva un mix di rock occidentale, hip hop e musica pop, tutto importato attraverso il Giordana a causa delle sanzioni economiche internazionali. Tra i più popolari vi erano soprattutto i Corrs e i Westlife. L'Iraq produsse inoltre un'importante popstar pan-araba ora in esilio a Kazem al-Saher, le cui canzoni includono "Ladghat E-Hayya", vietata per i suoi testi dal contenuto vivace. Note
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https://it.wikipedia.org/wiki/Calendario%20gregoriano
Calendario gregoriano
Il calendario gregoriano è il calendario solare ufficiale di quasi tutti i paesi del mondo. Prende il nome dal papa Gregorio XIII, che lo introdusse il 4 ottobre 1582 con la bolla papale Inter gravissimas, promulgata a Villa Mondragone (presso Monte Porzio Catone, RM). Si tratta di un calendario basato sull'anno solare, cioè sul ciclo delle stagioni, che corregge il vecchio calendario giuliano in vigore dal 46 a.C. al 1582. L'anno è composto da 12 mesi con durate diverse (da 28 a 31 giorni) per un totale di 365 o 366 giorni: l'anno di 366 giorni è detto anno bisestile. Tale ripetizione avviene ogni quattro anni, con alcune eccezioni (si veda sotto per la regola). Altri paesi come Iran, Afghanistan, Eritrea, Etiopia, Nepal, India, Giappone, Corea del Nord, Bangladesh, Israele, Pakistan, Taiwan, Thailandia e Birmania accostano a quello gregoriano anche un calendario locale. Durata dei mesi I mesi del calendario gregoriano sono: gennaio (31 giorni) febbraio (28 giorni, 29 nell'anno bisestile) marzo (31 giorni) aprile (30 giorni) maggio (31 giorni) giugno (30 giorni) luglio (31 giorni) agosto (31 giorni) settembre (30 giorni) ottobre (31 giorni) novembre (30 giorni) dicembre (31 giorni) I giorni di ciascun mese sono identificati da una numerazione progressiva, a partire da 1. Il primo giorno dell'anno è il 1 gennaio, mentre l'ultimo è il 31 dicembre. Vi sono diversi metodi per ricordare agevolmente la durata dei mesi. Basta ad esempio ricordare che in un anno vi sono solo due mesi consecutivi (luglio e agosto) di 31 giorni. Un altro metodo utilizza questa filastrocca: Trenta dì conta novembre con april, giugno e settembre di ventotto ce n'è uno tutti gli altri ne han trentuno. La cui variante più moderna è: Trenta giorni ha novembre con aprile, giugno e settembre di ventotto ce n'è uno tutti gli altri ne han trentuno. Un altro utilizza le nocche della mano e gli avvallamenti fra di esse. Le nocche indicheranno i mesi "lunghi" (31 giorni), gli avvallamenti i mesi "corti" (28, 29 o 30 giorni). Partendo da una nocca laterale si batte "gennaio"; l'avvallamento adiacente indica "febbraio"; la nocca successiva indica "marzo" e così via fino a "luglio" (ultima nocca). A questo punto bisogna ricominciare dalla prima nocca (e non tornare indietro) battendovi "agosto" e poi "settembre" nell'avvallamento proseguendo fino a "dicembre". Esiste anche una relazione tra la successione dei mesi da "gennaio" a "dicembre" e i tasti del pianoforte dalla nota "fa" alla nota "mi": i tasti bianchi corrispondono ai mesi di 31 giorni, i tasti neri a quelli di durata inferiore. Numerazione degli anni L'origine degli anni del calendario gregoriano riprende quella del calendario giuliano. L'anno 1 è quello che comincia sette giorni dopo la data di nascita di Cristo tradizionalmente presunta. L'era del calendario gregoriano, quindi, è chiamata anch'essa o Era della Natività/Incarnazione o più semplicemente Era volgare e gli anni possono essere seguiti dall'abbreviazione d.C. (per "dopo Cristo") oppure e.v. (per "era volgare"). Si osservi che il calendario gregoriano è in vigore dal 1582 in poi, perciò, salvo diversa avvertenza, gli storici usano le date del calendario giuliano per tutti gli eventi antecedenti la sua entrata in vigore. Quando si utilizza il calendario gregoriano per datare eventi antecedenti il 1582, si dice che si sta facendo uso del calendario gregoriano prolettico. Anni bisestili Secondo il calendario giuliano, sono bisestili gli anni la cui numerazione è multipla di 4: l'anno giuliano medio dura quindi 365 giorni e 6 ore (la media di tre anni di 365 giorni e uno di 366). Questa durata non corrisponde esattamente a quella dell'anno solare medio, che si ricava dalle osservazioni astronomiche: quest'ultimo è infatti pari a 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 46 secondi, più corto di 11 minuti e 14 secondi rispetto all'anno giuliano. Di conseguenza, il calendario giuliano accumula circa un giorno di ritardo ogni 128 anni rispetto al trascorrere delle stagioni: inserire 32 anni bisestili in 128 anni, dunque inserire 32 volte il 29 febbraio ogni 128 anni, anziché farlo soltanto 31 volte, "rallenta" troppo il calendario stesso. Tra il 325, anno in cui il Concilio di Nicea stabilì la regola per il calcolo della Pasqua, e il 1582 si era ormai accumulata una differenza di circa 10 giorni. Questo significava, ad esempio, che la primavera, in base alle osservazioni astronomiche, non risultava più cominciare il 21 marzo, ma già l'11 marzo. Così la Pasqua, che sarebbe dovuta cadere la prima domenica dopo il plenilunio di primavera, veniva spesso a cadere nella data sbagliata; e di conseguenza erano sbagliati anche i periodi liturgici collegati alla Pasqua, e cioè la Quaresima e la Pentecoste. Venne dunque stabilito di: recuperare i giorni perduti, in modo da riallineare la data d'inizio delle stagioni con quella che si aveva nel 325; modificare la durata media dell'anno, in modo da prevenire il ripetersi di questo problema. Per recuperare i dieci giorni perduti, si stabilì che il giorno successivo al 4 ottobre 1582 fosse il 15 ottobre; inoltre, per evitare interruzioni nella settimana, si convenne che il 15 ottobre fosse un venerdì, dal momento che il giorno precedente, il 4, era stato un giovedì. Anche i paesi che adottarono il calendario gregoriano successivamente dovettero stabilire un analogo "salto di giorni" per riallinearsi. Storia Necessità di un nuovo calendario Nel 325 d.C., per fare fronte al dilagare dello scisma di Ario, fu indetto in Bitinia da papa Silvestro I e dall’imperatore Costantino il primo importante Concilio cristiano: il Concilio di Nicea. Il calendario era all’epoca in ritardo di tre giorni rispetto alle stagioni e ciò provocava nei cristiani sconcerto nel fissare la data della loro festa principale, la Pasqua. Per evitare il pluralismo liturgico nelle comunità cristiane, si fece strada l’idea di legare la Resurrezione del Cristo all’anno solare e al calendario di Cesare, utilizzando l’equinozio di primavera come data astronomica per la determinazione della Pasqua. Poiché l’equinozio di primavera occorreva il 21 marzo, e nel periodo trascorso dall'istituzione del calendario di Cesare erano stati accumulati due giorni di ritardo, i padri conciliari eliminarono due giorni dall’anno per risistemare l’equinozio al 21 marzo, ma non furono in grado di correggere il difetto fondamentale del calendario giuliano che rimase più lungo rispetto all’anno solare. Mentre attraverso i secoli scorreva placidamente il calendario giuliano, la data dell’equinozio di primavera si allontanava lentamente rispetto alla misura reale dell’anno tropico. Diversi pontefici, non pochi concili e molti studiosi versati nelle discipline matematiche e astronomiche avevano tentato di conciliare i due periodi del mese lunare e dell’anno solare. Tolomeo, astronomo di Alessandria d'Egitto, già nel II secolo d.C. evidenziò degli errori del calendario giuliano e lo stesso Ruggero Bacone nel 1267 aveva fatto osservare al papa Clemente IV un errore di 9 giorni dell’equinozio di primavera segnato nel calendario. Ma prima di lui, nel 700, Beda il Venerabile aveva scoperto degli errori nel calendario giuliano e la stessa cosa fecero notare Campano di Novara e il monaco inglese Giovanni di Sacrobosco. Il problema della non rispondenza del calendario giuliano con i cicli delle stagioni era noto persino a Dante Alighieri, che lo ricorda nel XXVII Canto del Paradiso (142-143): “Ma prima che gennaio tutto si sverni per la centesma ch’è là giù negletta”. Clemente VI nel 1344 e 10 anni dopo il suo successore Innocenzo VI affidarono l’incarico di riforma del calendario a eminenti astronomi dell’epoca. Nel Concilio di Costanza e di Basilea, nella prima metà del XV secolo, vennero istituite delle vere commissioni di riforma. Il problema dello “scandaloso errore” del calendario giuliano per determinare con esattezza la data della Pasqua venne dibattuto dai più autorevoli astronomi e matematici, ma non portò a nessuna conclusione. Nel 1476 il pontefice Sisto IV, volendo porre in esecuzione la riforma, chiamò presso di sé Giovanni di Königsberg detto il Regiomontano, grande astronomo e umanista, che morì, probabilmente assassinato, subito dopo il suo arrivo a Roma. Finalmente al tempo del Concilio Lateranense, con Leone X, molti si adoperarono per risolvere la desiderata riforma. Tra questi, emerse come figura di spicco l’astronomo tedesco Paolo di Middelburg. La sua principale opera Paulina, sive de recta Paschae celebratione et de die passionis domini nostri Jesu Christi , scritta nel 1513 fu alla base dei lavori della commissione istituita da Leone X. Chiamato in causa da Paolo di Middelburg, anche Copernico espresse il suo parere. Non è noto il contenuto di una lettera di Copernico inviata a Middelburg, ma molto probabilmente conteneva le sue considerazioni sull’effettiva durata dell’anno tropico. Nella dedica a Paolo III del De revolutionibus Copernico scrive: “Non molto tempo addietro, sotto Leone X, quando si dibatteva nel Concilio Lateranense la questione di emendare il calendario ecclesiastico, essa rimase allora indecisa solo per la ragione che le grandezze degli anni e dei mesi e dei movimenti del Sole e della Luna non erano considerati sufficientemente misurati: e da quel tempo attesi a osservare ciò più accuratamente spronato dal chiarissimo vescovo di Fossombrone, Paolo, che presiedeva a tali questioni”. Per Copernico non era possibile arrivare ad un calendario perfetto poiché l’anno solare era variabile. Come è noto, egli attribuiva la variabilità dell’anno tropico all’irregolare movimento degli equinozi. Proprio per questo era giunto a basarsi nel suo De revolutionibus sul più stabile anno siderale. La commissione per la riforma Papa Gregorio XIII si rese conto che la Pasqua, di quel passo, avrebbe finito per essere celebrata in estate. Decise quindi che era giunto il momento di affrontare la questione. Per riformare il calendario giuliano nominò una commissione presieduta da Guglielmo Sirleto, e costituita da: Vincenzo di Lauro, di Tropea, vescovo di Mondovì, astronomo e valentissimo medico che ebbe parte non piccola nell’emendazione del calendario, chiamato a farne parte da papa Gregorio XIII nel 1578; Cristoforo Clavio, gesuita tedesco, matematico, professore nel Collegio Romano; Pedro Chacón, teologo spagnolo, esperto in patristica e storico della chiesa che assiste la Commissione per le feste mobili e il martirologio in particolare; Ignazio Nehemet, patriarca di Antiochia di Siria, esperto della cronologia ecclesiastica, della liturgia e dei riti delle chiese orientali e occidentali; Antonio Lilio, dottore di medicina e delle arti, fratello di Luigi Lilio; Leonardo Abel, di Malta, interprete di lingue orientali; Serafino Olivier, francese di Lione, Uditore di Rota, esperto legale per le implicazioni della riforma sul diritto canonico e civile; Ignazio Danti di Perugia, frate domenicano, vescovo di Alatri, cartografo, matematico e astronomo. Fra i rappresentanti della Commissione non figura Luigi Lilio perché non più in vita. Tutti, tranne Antonio Lilio che doveva essere una figura di grande levatura nel campo astronomico-matematico, appartenevano al clero. La proposta di riforma elaborata da Lilio arrivò alla Commissione insieme ad altre e venne giudicata la più efficiente ed anche la più facile da applicare. Però non fu lui a presentarla, poiché presumibilmente era già deceduto. Compare invece il nome del fratello Antonio, anche come membro della Commissione stessa, ed è l’unico laico che fu chiamato a farne parte. Una testimonianza significativa del ruolo svolto da Antonio è la sua immagine scolpita nel bassorilievo del monumento dedicato a Gregorio XIII, situato nella basilica di San Pietro a Roma, nel quale Antonio Lilio, genuflesso, porge al pontefice il libro del nuovo calendario. Introduzione e progressiva diffusione Il calendario gregoriano entrò in vigore il giorno dopo la pubblicazione della bolla papale: a giovedì 4 ottobre (giuliano) fece seguito venerdì 15 ottobre (gregoriano) 1582 in Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Polonia-Lituania e Belgio-Paesi Bassi-Lussemburgo. Negli altri paesi cattolici fu adottato in date diverse nell'arco dei cinque anni successivi (Austria a fine 1583, Boemia e Moravia e cantoni cattolici della Svizzera a inizio 1584). I paesi protestanti resistettero inizialmente al nuovo calendario "papista" e vi si uniformarono solo in epoche successive: gli stati luterani e calvinisti nel 1700, quelli anglicani nel 1752, quelli ortodossi ancora più tardi. Le Chiese ortodosse russa, serba e di Gerusalemme continuano a seguire il calendario giuliano: da ciò nasce la differenza di 13 giorni tra le festività religiose "fisse" ortodosse e quelle delle altre confessioni cristiane. Per quanto riguarda i paesi non cristiani, in Giappone fu adottato nel 1873, in Egitto nel 1875, in Cina nel 1912 e in Turchia nel 1924. Il caso svedese L'Impero svedese decise, nel 1699, di passare dal calendario giuliano al calendario gregoriano; tra i due calendari vi era all'epoca una differenza di 10 giorni (il calendario gregoriano era in anticipo su quello giuliano). Per recuperare questi 10 giorni, si decise inizialmente di eliminare tutti gli anni bisestili dal 1700 al 1740: in questo modo si sarebbe recuperato un giorno ogni 4 anni; dal 1º marzo 1740 il calendario svedese avrebbe coinciso con quello gregoriano (secondo altre fonti, si sarebbe invece eliminato un giorno da tutti gli anni dal 1700 al 1710). Venne quindi eliminato il 29 febbraio 1700, ma, negli anni successivi, ci si dimenticò di applicare il piano, anche perché il re Carlo XII, che l'aveva voluto, era impegnato nella guerra con la Russia. Così sia il 1704 sia il 1708 furono bisestili. Riconosciuto l'errore, si prese quindi la decisione di tralasciare questo piano che causava soltanto molta confusione e di tornare al calendario giuliano. Per recuperare il giorno saltato nel 1700 si stabilì quindi che nel 1712 venisse aggiunto a febbraio un secondo giorno, oltre a quello dovuto perché quell'anno era bisestile. Così, nel calendario svedese del 1712, febbraio ebbe 30 giorni. La Svezia passò infine definitivamente al calendario gregoriano nel 1753, saltando i giorni dal 18 al 28 febbraio. La riforma sovietica Dopo che l'Unione Sovietica nel 1918 aveva adottato il calendario gregoriano, nel 1923 la formula per decidere quali anni centenari fossero bisestili fu ufficialmente modificata, ottenendo il Calendario rivoluzionario sovietico. In esso, tra gli anni divisibili per 100 sono bisestili solo quelli che divisi per 9 danno come resto 2 o 6. Il primo anno di discordanza con il calendario gregoriano sarebbe stato il 2800. Ma già dal 1940 il Calendario rivoluzionario sovietico fu abbandonato e si ritornò al calendario gregoriano. Simile la proposta di alcune Chiese ortodosse per accettare la riforma gregoriana del calendario, sopprimendo finalmente i 13 giorni che separano le date delle feste ortodosse da quelle del resto del mondo cristiano: considerare bisestili tra gli anni secolari solo quelli che divisi per 9 danno come resto 2 o 7. Il calcolo del tempo La nuova precisione Per modificare la durata media dell'anno, venne cambiata la regola che decide gli anni bisestili: secondo la nuova regola, gli anni la cui numerazione è multipla di 100 sono bisestili soltanto se essa è anche multipla di 400: vale a dire, sono bisestili gli anni 1600, 2000, 2400... mentre non lo sono gli anni 1700, 1800, 1900, 2100, 2200, 2300... Tutti gli altri anni la cui numerazione è multipla di 4 rimangono bisestili. Per i secoli precedenti resta valido il calendario giuliano: quindi gli anni 1500, 1400, 1300... sono considerati tutti bisestili. In questo modo ci sono 97 anni bisestili ogni 400 anni, invece che 100. L'anno gregoriano medio è quindi di 3/400 di giorno (0,0075 giorni), cioè 10 minuti e 48 secondi più corto di quello giuliano (ovvero l'anno "gregoriano" è di 365,2425 giorni invece che di 365,25): la differenza dall'anno solare è di soli 26 secondi (in eccesso). Questa discrepanza equivale a circa un giorno ogni 3.323 anni; quindi, essendo stato istituito nell'anno 1582, occorrerebbe sopprimere un giorno soltanto nell'anno 4905. Inoltre, in 400 anni gregoriani ci sono esattamente 365303 + 36697 = giorni. Poiché 146.097 è divisibile per 7, anche i giorni della settimana si ripetono dopo 400 anni. Questo vuol dire che il calendario gregoriano è identico modulo 400. Ad esempio, il calendario del 1600 è uguale a quello del 2000, del 2400, del 2800... Parallelamente alla riforma del calendario, pur mantenendo la regola per il calcolo della Pasqua dettata dal Concilio di Nicea, venne stabilito che la data del primo plenilunio di primavera fosse computata col sistema delle epatte, ideato da Luigi Lilio, anziché con il metodo di Dionigi il Piccolo, fino ad allora seguito dalla Chiesa. Il calendario gregoriano guadagna un giorno rispetto a quello giuliano ogni volta che "salta" l'anno bisestile: così la differenza, che era di 10 giorni nel 1582, è diventata di 11 giorni nel 1700, di 12 nel 1800, di 13 nel 1900; sarà di 14 giorni nel 2100, di 15 nel 2200 e così via. Alla ricerca di una maggior precisione Per migliorare ulteriormente l'accuratezza del calendario gregoriano, John Herschel (1792-1871) ha proposto di non considerare bisestili gli anni multipli di , cioè , , e così via. In questo modo ci sarebbero 969 anni bisestili ogni anni; la durata media dell'anno corrispondente sarebbe di 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 50 secondi circa (365,24225 giorni invece che 365,2422), il che abbasserebbe l'errore a soli circa 4 secondi in eccesso ogni anno (un giorno ogni anni). Bisogna notare che, in questo caso, la coincidenza dei giorni della settimana ogni 400 anni, di cui si parlava prima, verrebbe a mancare dopo 10 cicli. Ancora più precisa è la riforma sovietica (simile a quella proposta da alcune Chiese ortodosse) del calendario giuliano: gli anni multipli di 100 sono bisestili se, prendendo il numero dei secoli e dividendolo per 9, il resto è 2 oppure 6 (2 o 7 nella proposta delle Chiese ortodosse). In questo modo ci sono 218 anni bisestili ogni 900 anni; la durata media dell'anno risulta di 365 giorni e 218/900 = 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 48 secondi (365,2422[2] giorni invece che 365,2422) e l'errore rispetto all'anno solare è così di soli 2 secondi. Infine una corrispondenza esatta con la durata media dell'anno tropico, convenzionalmente pari a 365,2422 giorni (la precisione di una parte su corrisponde a 0,0001 anni = 8,64 secondi; in realtà l'eccesso è compreso tra 0,2423 e 0,2424 con tendenza ad aumentare), si ottiene non considerando bisestili sia gli anni multipli di , sia quelli multipli di . Cioè non sarebbero bisestili gli anni , , , , , ... In questo modo infatti vi sono anni bisestili ogni : / = 0,2422. Il medesimo risultato si otterrebbe modificando la regola dei 400 anni, portandola a 500 e aggiungendo un ulteriore giorno ogni anni. Quindi in quest'ultimo caso tutti gli anni secolari sarebbero non bisestili, gli anni multipli di 500 sì, e quelli multipli di avrebbero un ulteriore giorno in più (ad esempio il 30 febbraio). Per cui in 500 anni si avrebbero 121 bisestili e in anni se ne avrebbero 1210; aggiungendo il 30 febbraio (o rendendo bisestile un anno che non lo era, ad esempio il , il , eccetera) ogni anni si arriva a 1211, quindi 1211/ = 0,2422. Il primo anno differente da quello con la regola sarebbe il (bisestile con il ciclo di 400 anni, non bisestile con il ciclo di 500). Sebbene questa regola sia aritmeticamente la più semplice possibile ( e sono coprimi), anche in questo caso si perderebbe l'effetto della coincidenza dei giorni della settimana ogni 400 anni, ma invece che slittare di un giorno ogni anni come nella proposta di Herschel, con la base di 500 anni questa coincidenza si verificherebbe solo eccezionalmente. Tuttavia, la ricerca di un calendario "perfetto" è utopistica. Infatti possiamo calcolare con esattezza infinitesimale la lunghezza di un anno attuale, ma tale lunghezza non è costante su lunghi periodi. L'orbita terrestre, infatti, a causa dell'interazione gravitazionale con gli altri pianeti, cambia lentamente (in particolare cambia la sua eccentricità) e la durata dell'anno varia di conseguenza. Inoltre, a causa dei fenomeni di marea, la rotazione terrestre sta rallentando e quindi la lunghezza del giorno, anche se di poco, aumenta. Proprio a causa di questo fenomeno negli ultimi decenni è entrato in uso l'inserimento, quando necessario, di un secondo aggiuntivo, in modo da mantenere sostanzialmente allineato il giorno astronomico con quello civile. Questi secondi aggiuntivi (27 dal 1972 al 2016, ma continuano a essere applicati quando necessario), necessariamente alterano la durata media dell'anno gregoriano. La tendenza è quindi quella di non cercare proporzioni matematiche più accurate e maggiormente corrispondenti alla realtà fisica, ma di correggere il computo del tempo mediante l'aggiunta di un secondo quando la discordanza raggiunge tale valore; le variazioni che tale pratica comporta risultano accettabili per la maggior parte degli usi comuni dell'unità di misura del tempo. Note Bibliografia Voci correlate Anno Domini Calendario Calendario C&T Calendario romano Cristoforo Clavio Era volgare Formato della data Luigi Lilio Numero aureo (calendario) Altri progetti Collegamenti esterni Calendario fisso CAL13 e perpetuo e corrispondenza con il calendario Gregoriano Gregoriano Papa Gregorio XIII
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Celleno
Celléno è un comune italiano di abitanti della provincia di Viterbo nel Lazio: situato tra il lago di Bolsena e il lago di Alviano. Geografia fisica Territorio Celleno è ubicato su uno sperone tufaceo a slm originatosi in corrispondenza dello spartiacque tra due bacini idrografici creati dal fosso delle Briglie a nord ed il fosso Calenne a sud. Collocato nel territorio laziale a destra del Tevere tra Orvieto ed Orte, fa parte della regione della Teverina; questa è costituita da terreni ricoperti di materiali vulcanici emessi nelle varie fasi esplosive dell'apparato Vulsino e poggianti su uno strato sedimentario argilloso-sabbioso. Un'incisiva azione delle acque ha fatto affiorare queste formazioni sedimentarie; ciò è visibile in modo evidente visitando Civita di Bagnoregio e la “Valle dei Calanchi”. Questo fenomeno è visibile, seppur meno evidente, anche lungo le pendici del centro storico di Celleno. Queste caratteristiche hanno permesso la nascita di numerosi insediamenti, sin dall'età preromana, con una continuità di vita pressoché ininterrotta. Tali caratteristiche hanno anche favorito la formazione di straordinarie scenari e profondissime forre quali ad esempio le “Gole dell'Infernaccio”. A sud del Comune di Celleno, al confine con Viterbo, si cela uno scenario di straordinario valore paesaggistico e naturalistico conosciuto con il toponimo di Infernaccio. Il torrente in corrispondenza del “Castellaccio” comincia la sua opera di erosione creando una profonda forra, impervia e scoscesa, quasi inaccessibile. Sul fondo delle gole si è di fronte a una straordinaria scenografia fatta di quinte naturali a strapiombo, con rupi alte oltre 60 metri, e dove trovano la massima espressione di bellezza naturalistica la cascata e gli stagni circostanti. Qui un singolare effetto cromatico è ottenuto dal contrasto tra il rosso dell’acqua ferruginosa a livello superficiale e i toni bluastri del fondo. Seguendo la direzione verso valle, lasciando alle spalle la cascata si incontrano le famose “gole” dell'Infernaccio; qui l'acqua scorre su di un letto sabbioso tra due pareti a picco, in un contesto dove il silenzio è il tratto più caratteristico. Ancora più a valle i grossi massi di basaltina adagiati sull’alveo, levigati e tinti di rosso dall'acqua, creano continuamente piccoli salti di quota rendendo quanto mai caratteristico il percorso del torrente. Oltre alla bellezza del contesto paesaggistico è indubbio il valore idrogeologico che tale luogo riveste sia per lo studio della stratificazione litologica sia per la presenza di numerose sorgenti di acqua minerale dalle diverse caratteristiche a cominciare da quella con alta concentrazione di ferro, la stessa che dà al fosso l'originale connotazione della colorazione rossa. Nel 1815 il naturalista ed archeologo Gian Battista Brocchi, proseguendo i suoi viaggi per l'Italia accompagnato dall'incisore Ribaldi, attraversò la Toscana ed il Lazio (da cui derivano i toponimi adiacenti alla valle dell'Infernaccio del Poggio del Brocco ed il fosso del Blocco). Tra le corrispondenze scientifiche di interesse mineralogico, geologico, botanico, zoologico inviate al giornale scientifico letterario Biblioteca Italiana si ritrova una lettera del 22 giugno 1816, inviata da Brocchi al suo amico e collega Breislack, nella quale descrive gli ammassi colonnari basaltina di Bolsena, Ferento, della valle dell'Infernaccio di Rocca Rispampani e di Vignaccio nella valle del Triponzio. Clima Classificazione climatica: zona E, 2143 GR/G Origini del nome Il nome Celleno ha origini antichissime che ci conducono all'antica civiltà etrusca e greca. Secondo il critico e storico greco, Dionigi di Alicarnasso, Celleno sarebbe stata fondata da "Italo discendente di Enotro, in memoria della sua figlia Cilenia; e ciò molti anni prima dell'assedio di Troia". Celeno, nella mitologia greca, era una delle tre arpie figlie di Taumante e Elettra. Celleno è il toponimo può derivare da "cella" nel senso di grotta con il suffisso -anus che può avere un rapporto di pertinenza. La parola Celleno può voler significare cella in senso di cavità. Nel territorio cellenese il suolo è di natura tufacea che si è mostrato molto utile nel tempo per formare delle cavità. Il suddetto etimo lo ritroviamo in altri nomi di località come Cellere ed altri. Storia Le origini del Castello di Celleno (Borgo Fantasma) Lo stemma del Comune di Celleno riporta un'arpia al naturale su un campo d’azzurro, entro uno scudo ornato da una lista svolazzante: questo simbolo araldico è stato adottato in età relativamente recente, non prima dell’Unità d’Italia, sulla base della suggestiva ma meno fondata ipotesi che il nome del centro derivi da quello di una delle mitologiche Arpie. Con il termine “Il Castello di Celleno” (Borgo Fantasma) viene generalmente chiamato il complesso monumentale intra-moenia, ossia quel perimetro urbano adagiato sul pianoro tufaceo delimitato a sud dalle mura civiche ed a nord dal pendio naturale. Il termine “Castello” è stato da sempre utilizzato dalla popolazione nell'accezione generica di castrum distinguendolo dall’edificio fortificato meglio conosciuto come “Castello degli Orsini”, in passato sede del palazzo comunale. Anche se è probabile la presenza di un insediamento sin dall’età etrusco-romana, le prime specifiche notizie riguardo alla fondazione del castello di Celleno risalgono all'anno 1026 quando Corrado II Il Salico concesse questo territorio alla famiglia Conti di Bagnoregio, che ne fece un avamposto strategico per il controllo della zona; all'inizio del XII secolo il castello di Celleno risulta incluso nell'elenco dei luoghi alleati della Chiesa contro la minaccia imperiale. Entro la fine del secolo successivo l'insediamento fortificato passò sotto l'egemonia del potente Comune di Viterbo e così rimase coinvolto in varie vicende belliche del territorio, quali la distruzione di Ferento e la disputa con la città di Orvieto. Costituitasi intanto libero Comune, Celleno continuava la sua storia di alleanze con Viterbo, impegnandosi nelle dure dispute con Roma. Durante il Trecento il castello conobbe le alterne vicende della rivalità tra Guelfi e Ghibellini; nel XV secolo divenne possedimento della famiglia Gatti, mentre dal 1527 al 1580 fu feudo degli Orsini, famiglia dalla quale prende ancora il nome. Dalla fine del Cinquecento Celleno venne riassorbito dallo Stato Pontificio, perdendo progressivamente la sua importanza strategica per il dominio del territorio e andando incontro a un'inesorabile decadenza del centro abitato. L'originario insediamento medievale per motivi socio-economici e di instabilità dei pendii fu abbandonato a partire dagli anni Cinquanta del XX secolo subendo le stesse sorti di numerosi altri centri della Tuscia (ad esempio Civita di Bagnoregio, Calcata, Faleria, San Michele in Teverina, Bassano in Teverina). Il 18 marzo 1951 il Consiglio Comunale decretava il trasferimento della popolazione da Celleno vecchio al nuovo insediamento della borgata Luigi Razza. Il sito de “Il Castello” ha in passato permesso il ritrovamento di una serie di maioliche caratterizzate dalla spiccata omogeneità, databili generalmente nella prima metà del Quattrocento e distinguibili in tre gruppi: di importazione orvietana, viterbese e toscana. L'origine di Celleno Nuovo Piazza della Repubblica costituisce il centro amministrativo e sociale della nuova urbanizzazione di Celleno, nata negli anni Trenta del secolo scorso e resasi necessaria per i progressivi fenomeni di erosione della rupe tufacea su cui sorge il centro antico. L'instabilità del terreno era attestata sin dal Cinquecento quando, nello Statuto di Celleno scritto nel 1572, allo scopo di non indebolire ulteriormente il masso tufaceo, si prescrivevano sanzioni per chi scavasse fosse per palombarie. Le fonti continuano a testimoniare nel corso del Seicento situazioni di crolli e abitazioni pericolanti, finché il disastroso terremoto che colpì la Teverina e in particolare Bagnoregio, nel 1695, impose misure drastiche: si proibì lo scavo delle cantine all’interno del castello e si ordinò la ricostruzione della mura castellane e delle case danneggiate di contrada Piazzarella e Ripa. L'8 giugno 1931 un terremoto di intensità IV (MCS) che ha epicentro a Celleno accentuava il dissesto idrogeologico dell'abitato: nel 1934, la situazione del “Castello” si era fatta drammatica e pesante per la popolazione, tanto che alcuni senzatetto vengono rifugiati nel Villino Baiocchini di proprietà di tale avv. Galli. Il 15 ottobre 1934 il Consiglio Comunale intendeva acquistare dei terreni nei pressi del Convento (“Orto del Convento”) per costruirvi le case popolari, la palestra, la casa dei balilla ed il “campo di istruzione militare”. Decisione, questa, che evidentemente venne poi revocata alla luce delle evidenti difficoltà orografiche nell'espandere il paese sui terreni individuati. È nell'aprile del 1935 che finalmente ci fu la posa della prima pietra in loc. Poggetti, a circa due chilometri dall'antico centro storico, anche se la costruzione delle fognature era già iniziata mesi prima. Nel febbraio 1936 veniva solennemente iniziato anche il secondo lotto alla presenza del Prefetto e del Segretario Generale. Ancora nel settembre del 1946 l'allora sottosegretario Giulio Andreotti scrive al sindaco Luigi Crescia per rassicurarlo sul suo interessamento presso il provveditorato alle Opere Pubbliche affinché sia dato inizio ai lavori presso le case pericolanti. Sarà il presidente della Repubblica Luigi Einaudi che alla vigilia di Natale del 1951 sancì la morte dell'antico abitato di Celleno trasferendo coattamente la popolazione residente in luogo più sicuro. Ebbe così origine la Borgata Luigi Razza, ma solo negli anni Sessanta avvenne il trasferimento a “Celleno Nuovo” delle funzioni amministrative e sociali. Si costruì dapprima la scuola elementare, poi l'edificio comunale ed infine la chiesa di San Donato: tutto sul progetto del Genio Civile, secondo un organico assetto funzionale e una coerente impostazione architettonica di retaggio razionalista che ancora oggi vede riuniti sulla piazza principale il centro amministrativo, quello religioso e i servizi di pubblica utilità come la farmacia e l'ufficio postale. Il progetto originario della chiesa di San Donato prevedeva dei caratteri stilistici neogotici con un portale centrale caratterizzato da un'alta quanto improbabile ghimberga; fortunatamente le pressioni dell'allora parroco don Angelo indussero alla semplificazione. La Borgata Luigi Razza Il 18 marzo 1951 il consiglio comunale decretava il definitivo abbandono del centro antico di Celleno, arroccato su una rupe tufacea soggetta a continui crolli. Per gli abitanti costretti a lasciare le antiche case cominciò la costruzione di un nuovo insediamento, di cui la Borgata Luigi Razza, edificata dal Genio Civile negli anni Trenta del Novecento, costituisce il nucleo originario. Il 6 luglio 1935, infatti, il ministro Luigi Razza visitava Celleno Vecchio e, trovandolo in condizioni di pericolo, ordinò all'ing. Prezioso un progetto per la costruzione di case popolari. I lavori di questa borgata, nota anche come le “Case Nove”, iniziarono già in quell'anno anche se solo il 19 febbraio 1936 è documentata la cerimonia della posa della prima pietra della costruzione delle case del II lotto alla presenza del Prefetto e del Segretario Federale. Alcune settimane dopo il Ministro Razza moriva al Cairo per un incidente aereo all'età di 43 anni ed il Consiglio Comunale, il 3 marzo 1938, in suo onore, decise di intitolargli la contrada chiamandola appunto “Borgata Luigi Razza”. Nell'aprile del 1936 il nuovo ministro Cobolli Gigli espresse parere favorevole al definitivo trasferimento dell'abitato e il 30 marzo 1937 il podestà di Celleno richiedeva che venissero costruite delle “camere ad uso ripostiglio” per ciascun appartamento e un anno dopo venne approvato un regolamento per i “ricoveri stabili” dove si prevedeva che gli alloggi venissero gestiti dal Comune con gli introiti dell'affitto. I ricoveri stabili sono di tre tipologie differenti: sulla via principale vengono costruiti 4 fabbricati da 8 alloggi disposti su due livelli e con due ingressi distinti ai lati del prospetto principale; sulle vie secondarie verso nord trovano posto su una maglia ortogonale regolare i fabbricati di due e quattro alloggi, con ingresso unico centrale e i vani ripartiti su due piani. Solo successivamente viene introdotta una variante semplificativa a questi progetti con la costruzione di fabbricati, sempre su due livelli, di cui il primo rialzato in maniera tale da avere la possibilità di costruire agevolmente degli scantinati seminterrati. Per questi immobili il 12 marzo 1938 si stipulò il contratto per fornire le case di energia elettrica. Il 4 aprile dello stesso anno vennero ufficialmente consegnate le case a 24 famiglie di Celleno. Il trasferimento coatto della popolazione richiese anche lo spostamento di alcuni servizi, tra cui il “forno panicolo”: il 16 settembre la Soc. Volsinia di E. Elettrica installò l'illuminazione pubblica consistente in 13 lampade per una spesa totale di lire. Durante la guerra le case furono danneggiate da cannonate, mitragliate e bombe a mano, danni, questi, per cui i sindaci dal 1944 in poi richiederanno il rimborso agli enti preposti. Ancora oggi tutti gli immobili conservano gli elementi architettonici e sono stati sottoposti ad un restauro attento a preservare il piano cromatico originario, che prevedeva la differenziazione di tutti gli edifici. Nel dopoguerra giunse a compimento l'abbandono del centro storico, il cui consolidamento secondo i criteri dell'epoca si considerava troppo oneroso: il Consiglio Comunale decise allora di ampliare il nuovo insediamento prendendo un mutuo di 50 milioni per la costruzione di nuove case per i senzatetto che ormai raggiungevano i ¾ della popolazione residente all'interno della cinta muraria. Nel 1950 il Genio Civile redasse un nuovo progetto per trasferire tutto l'abitato nella nuova espansione intorno alla “Borgata Luigi Razza”: l'antico insediamento intorno al castello di Celleno Vecchio, infatti, fu dichiarato soggetto a trasferimento con il Decreto del Presidente della Repubblica 24 dicembre 1951, n.1746. Negli anni a seguire si costruirono ulteriori “ricoveri stabili” o “case antimalsane” di via Rossini, assegnate negli anni dal 1951 al 1959 e finanziate con la legge Fanfani e con la legge Romita. Negli anni Settanta avvenne l'ultima espansione dettata dal Genio Civile fin quando il Comune si riappropriò delle funzioni di pianificazione urbanistica. Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose Chiesa di San Rocco La chiesa di San Rocco, nella piazzetta del borgo nato ai piedi del Castello di Celleno, fu edificata a protezione della popolazione cellenese dalle pestilenze e riveste una particolare importanza per la sua posizione extramoenia. Si caratterizza soprattutto per la bellezza del suo portale in peperino, per l'altare con crocifisso ligneo e per alcuni importanti lacerti di affreschi rinascimentali. Negli anni 2001-2002, il parroco don Giorgio Basacca eseguì importanti lavori di restauro all'altare, alla sagrestia ed al coro ligneo, finanziati dalla Fondazione della Cassa di Risparmio di Roma. L'antico crocifisso ligneo, di m 1,70 di altezza, è conservato presso l'altare. La scultura, per contiguità geografica, ha i suoi referenti più immediati nel crocifisso ligneo conservato nella cattedrale di Montefiascone o in quello più famoso di Civita di Bagnoregio, che una diffusa tradizione critica attribuisce genericamente al secolo XV e alla scuola donatelliana. Come il “Cristo morto” di Civita, così il Crocifisso di Celleno trova il suo elemento di forte suggestione nel volto, altamente espressivo e sofferente, a segnare il momento del trapasso dalla vita alla morte: le due sculture, infatti, hanno le braccia snodabili per permettere la loro disposizione lungo il corpo nel momento delle rispettive processioni, durante le quali vengono deposte su un feretro e portate a spalla. Il volto del Crocifisso di Celleno trova i suoi elementi espressivi nella bocca socchiusa, negli occhi appena aperti in una sottile fessura e soprattutto nella sporgenza degli zigomi a sottolineare l'incavatura delle gote. Rispetto a quello di Civita, il Crocifisso di Celleno denuncia maggiore articolazione, minore compattezza formale e compostezza dell’insieme e del volto. È attribuibile a un periodo più tardo, in particolare la seconda metà del Seicento: infatti l'attribuzione al XV secolo è confutata non solo dall'analisi stilistica, ma anche dai riscontri offerti dai documenti. Ancora dai documenti sappiamo che solo dal 1707 il Crocifisso aveva fatto la sua comparsa sopra l'altare maggiore di San Rocco, forse a sostituire o coprire una poco gradita versione della Vergine. A quella data, tuttavia, non era ancora provvisto di tutto l'apparato barocco, in quanto era soltanto «clausum […] tamen intra Tabernaculum ligneum serico velo». Il Crocifisso è posto su una croce dipinta in nero e oro e circondata da un classico e ricco apparato barocco di lunghi raggi dorati, intervallati da nubi argentate da cui spuntano teste di cherubini di fattura non estremamente raffinata. Nella parte superiore due angeli dalle chiome e dai panneggi dorati reggono sulla testa del Cristo una grande corona regale. L'insieme del Crocifisso è a sua volta inserito all’interno della complessa macchina dell'altare di stile barocco, costituendone, racchiuso da un vetro, una sorta di plastica pala d'altare. Nella soprastante trabeazione due teste di angioletti fungono da protomi, mentre al centro si piazza la colomba raggiata dello Spirito Santo: sopra, nell'ambito di un articolato timpano spezzato, nel quale non sono omesse volute, pie cariatidi e piccoli e grandi angeli portatori di cornucopie e lumi, trova posto il busto di Dio Padre. Si dispiega quindi lungo una linea retta verticale la ragione di essere di questa macchina in stile barocco, che ha voluto incastonare, intorno all'antico Crocifisso, la visualizzazione del dogma della Trinità divina: in diretto riferimento al Crocifisso e sulla verticale al di sopra di esso, infatti, la colomba e Dio Padre completano l'impaginazione della triplice essenza di quel Dio che in precedenza era visibile solo nella dimensione più dolorosamente umana, quella della morte. Dai riscontri di tipo stilistico e documentale si può collocare la realizzazione di questa macchina d'altare nella prima metà del XVII secolo. Nel 1869 è documentato un restauro da parte del doratore Cerroni. Il Convento di San Giovanni Battista Il convento di San Giovanni Battista, a Celleno noto semplicemente come “Il convento”, è un notevole complesso che introduce al borgo, in posizione dominante il versante sud della Valle del Tevere. Lungo la strada si snoda discretamente la sequenza composta dal fianco sinistro della chiesetta romanica e della facciata della chiesa principale, raccordate da una serie di quattro archi: ma sul retro si allunga più monumentalmente il resto dell'edificio, fino al pendio ricoperto da un bosco di lecci secolari. La fondazione del convento deve farsi risalire all'inizio del XVII secolo, quando il pontefice Paolo V, con lettera del 5 maggio 1608, concesse il permesso per la sua costruzione allo scopo di ospitare religiosi che adempissero alle esigenze spirituali del popolo cellenese: il luogo prescelto fu quello dove sorgeva l'antica, piccola chiesa di impianto romanico che nel parato esterno del partito absidale mostra una successione di archetti pensili di stile lombardo, probabilmente del X-XI secolo. Una comunità di francescani arrivò ad abitare il luogo già dal 1610. La struttura conobbe danni notevoli a seguito del disastroso terremoto che nel 1695 colpì la vicina cittadina di Bagnoregio. Al XVI-XVII secolo risalgono gli affreschi distribuiti nei vari ambienti interni (un lacerto di mano più antica e pregevole è presente nel vano della cantina) e nel 1716 un frate della comunità affrescava le gallerie del chiostro con ritratti di santi francescani. Il convento conobbe quindi una campagna di lavori ed ampliamenti tra il 1754 e il 1769. All'interno del Convento San Giovanni Battista si conserva solamente una sola formella di quelle settecentesche, originariamente ubicata nella prima edicola su Via Roma, proveniente da un privato che l'ha consegnata nelle mani degli attuali proprietari della ex struttura conventuale: vi è rappresentata la stazione n. 1 dove "Gesù viene condannato a morte". La formella è attribuibile alla manifattura di Gregorio Caselli, massimo esponente della ceramica derutese del Settecento; presso di lui era attivo il pittore Giovanni Meazzi, raffinato autore di numerose opere, che presentano con la formella di Celleno significative analogie, quali il periodo di produzione, i caratteri stilistici e, non meno importante, dimensioni e forma degli stampi di argilla. Nel 1875 il convento fu colpito dalle leggi di soppressione ma negli anni seguenti i frati riuscirono a ritornarne in possesso, risolvendo il canone di affitto con cui il demanio lo aveva ceduto al Comune di Celleno: ciò non servì tuttavia a salvarlo dall'abbandono e nel 1968 la Provincia Romana dei Frati Minori Conventuali lo cedette a un privato. Risale a questo periodo di degrado, probabilmente, la perdita dei grandi dipinti che ornavano gli altari laterali della chiesa principale, oggi sconsacrata, che rimane arricchita solo da un notevole coro ligneo settecentesco e dai resti di un pregevole affresco raffigurante la Vergine. In anni più recenti comincia la stagione di rinascita di questo luogo: passato in proprietà al “Centro Comunitario” e direttamente gestito dai suoi componenti, ospita attività di formazione ed accoglienza. Chiesa di San Carlo La chiesa di San Carlo venne fondata nell'anno giubilare 1625, come si legge nell'iscrizione posta sull'architrave della finestra che si apre sul fianco verso il castello (AÑO IUBILEI MDCXXV), a soli cinque anni di distanza dalla canonizzazione di Carlo Borromeo. La costruzione, come specifica l'iscrizione sul fregio del portale, fu sostenuta dall’allora esistente Congregazione di San Carlo. Dalle dimensioni ridotte e a navata unica con parete di fondo rettilinea, tutto l'assetto della chiesa denuncia la sobrietà dei mezzi costruttivi. Il fronte è a terminazione piana, con una modanatura terminale a blocchi di tufo scolpiti, su cui si innesta l'esile campaniletto a vela. Il portale è sormontato da un sottile timpano spezzato che racchiude il simbolo del Calvario e che rasenta la base della piccola finestra quadrata dagli stipiti in basaltina. Nei cantonali la muratura è condotta con studiata alternanza di grossi blocchi di tufo accuratamente tagliati. Il lato verso il castello costituisce l'alto fianco della strada che prende nome dalla chiesa stessa: la muratura seicentesca è stata impostata su quella medioevale, sfruttando al massimo le preesistenze. Chiesa di San Donato La chiesa di San Donato rimane oggi defilata rispetto al fulcro spaziale della piazza, ma un tempo era la chiesa madre della comunità: attualmente in stato di rudere, rimane, a testimonianza del suo nobile passato, sul fianco destro, un portale laterale databile al XII secolo, con un sesto intero a conci sagomati e lavorato con un profondo toro e ampi e ricchi stipiti a dentelli e punte di diamante. Nel corso del XVIII secolo la chiesa ha subito una profonda trasformazione in quanto il suo asse originario è stato ruotato di novanta gradi e l’interno fu trasformato in tre navate di stile neoclassico. Architetture militari Castello degli Orsini Al Castello si accede dalla scenografica via del Ponte, che immette nella piazza principale da Porta Vecchia, oppure attraversando piazza del Mercato, su cui il Castello Orsini si affaccia con la cortina difensiva alta più di dieci metri: il fortilizio, nel generalizzato abbandono dell'insediamento, è ancora oggi l'edificio meglio conservato e organizzatore dell'assetto urbano nella classica impostazione a fuso. Salendo per la stradina e la scalinata, girando attorno al fossato, si notano l'imponente muratura a scarpa di rinforzo della fortezza e della Torre Piccola, fino a scoprire la spettacolare duplice arcata del ponte levatoio. La severa facciata del Castello Orsini ha conservato fino ad oggi la primitiva, austera vocazione difensiva, apprezzabile nell’originaria essenzialità delle murature. Altro Via Roma In questo periodo viene riqualificata l'attuale Via Roma, un tratto di viabilità di particolare importanza dal punto di vista storico-urbanistico ed architettonico; questa inizia dall'ingresso dell'ex Convento San Giovanni Battista per una lunghezza di circa 110 metri fino a piazza San Rocco. Tale via è fortemente caratterizzata dal muro di contenimento, di altezza media di circa cm 360, sul quale insistono le stazioni della Via Crucis e per questo viene chiamata la "Salita dei Misteri": sono edicole con terminazione a timpano intervallate da specchiature in semplice muratura intonacata con sovrastante copertina in blocchi di basaltina lavorata a mano. Attualmente le edicole sono prive delle originarie formelle di ceramica, trafugate, insieme ad altre opere d'arte, negli anni Settanta a seguito della vendita del Convento a soggetti privati. Ne sono rimaste 13, di cui 8 sono prospicienti via Roma e le altre 5 ubicate a ridosso del portico della chiesa di San Giovanni Battista. Via Crucis La via Crucis fu costruita verso la metà del secolo XVIII contestualmente al muro di cinta di clausura. Dello stesso periodo sono un braccio di dormitorio dalla parte che guarda il paese, composto da una decina di stanze, l'infermeria, la farmacia, la cappella, la loggia, i confessionali della chiesa, gli arredi della sacrestia ed altri lavori di ornamento. Queste opere furono terminate nel 1769: in seguito il Convento poté accogliere un maggior numero di frati e fu uno dei professori della provincia. Piazza del Comune Con la denominazione popolare de “Il Castello” è nota anche la piazza principale, che ufficialmente, tuttavia, nel corso degli anni, ha conosciuto diverse intitolazioni: nel catasto Gregoriano del 1816 è infatti registrata come Piazza del Comune, in quello Pontificio del 1872 come piazza Maggiore ed infine in quello attuale come piazza del Municipio. Tale piazza costituiva senz'altro il centro nevralgico del centro, per la presenza in essa delle principali funzioni cittadine, quella amministrativa (il castello vero e proprio era la sede del Comune) e delle due chiese. Nei seminterrati o ai piani terra degli edifici erano presenti varie funzioni commerciali ed artigianali, quali il macellaio, il posto telefonico pubblico o la bottega del ciabattino. La conformazione generale della piazza si adatta a esempi due-trecenteschi e dovette essere impostata al tempo del completamento trecentesco del castello. Piazza del Mercato La piazza del Mercato, denominata anche Il Torracchio, ebbe la sua origine probabilmente durante lo sviluppo urbanistico quattrocentesco quando si consolidò lo sviluppo del borgo ai piedi del castello e si costruì la chiesa di San Rocco: la piazza in questo senso fungeva non solo da luogo di scambi commerciali ma anche da spazio di connessione urbanistica e sociale tra i due nuclei di insediamento. Borgo fantasma Da visitare il Borgo Fantasma di Celleno, antico insediamento etrusco già abbandonato nel 1951 a seguito del dissesto idrogeologico tipico di questi territori tufacei. Per la descrizione dei monumenti si veda la voce "Storia". Società Evoluzione demografica Cultura Eventi La seconda domenica di giugno il paese ospita una delle più antiche feste dedicate alla ciliegia. Da oltre cinquanta anni sfilano carri allegorici in tema cerasicolo e negli ultimi anni grande successo la crostatona gigante a base di confettura di ciliegie e l'unica vera "Gara di sputo del nocciolo" dove i concorrenti si sfidano con misure che vanno oltre i 20 metri. Economia Di seguito la tabella storica elaborata dall'Istat a tema Unità locali, intesa come numero di imprese attive, ed addetti, intesi come numero addetti delle unità locali delle imprese attive (valori medi annui). Nel 2015 le 88 imprese operanti nel territorio comunale, che rappresentavano lo 0,38% del totale provinciale (23.371 imprese attive), hanno occupato 248 addetti, lo 0,42% del dato provinciale (59.399 addetti); in media, ogni impresa nel 2015 ha occupato poco meno di tre persone (2,82). Infrastrutture e trasporti Ferrovie La Stazione di Celleno (soppressa da decenni) è collocata sulla Ferrovia Viterbo-Attigliano-Orte. Strade Celleno è collegata tramite la Strada Provinciale 5 Teverina, a Civitella d'Agliano e Viterbo, e tramite la Strada Provinciale 6 Bagnorese, che si innesta nella Strada Provinciale 5, a Bagnoregio. Amministrazione Nel 1927, a seguito del riordino delle circoscrizioni provinciali stabilito dal regio decreto n. 1 del 2 gennaio 1927, per volontà del governo fascista, quando venne istituita la provincia di Viterbo, Celleno passò dalla provincia di Roma a quella di Viterbo. Gemellaggi . Note Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni http://www.comune.celleno.vt.it Città murate del Lazio
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https://it.wikipedia.org/wiki/Comprehensive%20R%20Archive%20Network
Comprehensive R Archive Network
CRAN è l'acronimo di Comprehensive R Archive Network ovvero un sistema per documentare e rendere disponibili i moduli aggiuntivi al software statistico R. È una rete di server FTP e di server web che offrono la versione aggiornata di R, assieme alla documentazione ed ai moduli aggiuntivi. Il nome è modellato su CTAN (Comprehensive Archive Network), la rete di archivi contenenti materiale per e . Voci correlate R (software) CTAN, CPAN Informatica Altri progetti Collegamenti esterni Protocolli di Internet
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https://it.wikipedia.org/wiki/Como
Como
Como (in italiano standard , pronuncia locale regolare ; Còmm o Cùmm in dialetto comasco) è un comune italiano di abitanti, capoluogo dell'omonima provincia, in Lombardia. Como attrae turismo internazionale legato allo scenario naturale, ed è centro industriale basato sull'industria della seta, attività tipicamente comasca. Il centro della città è situato sul lungolago, intorno alla piazza del Duomo, uno dei più apprezzati monumenti dell'Italia settentrionale. Il nucleo storico presenta ancora l'aspetto dell'originario castrum romano, con mura medievali ben conservate e grandi torri di vedetta. Geografia fisica Territorio Como è situata sull'estremità meridionale del ramo occidentale del lago di Como (Lario), in una piccola conca circondata da boscose colline moreniche. Al ritiro del ghiacciaio würmiano, la piana oggi occupata dal centro cittadino venne progressivamente interrata dai sedimenti portati dal torrente Cosia. Questo breve corso d'acqua nasce dai rilievi a sud del Triangolo Lariano, cinge la città a sud e a ovest scorrendo sotto terra per la maggior parte del percorso, e sfocia al Pràa Pasquée zona anticamente paludosa e a pascolo (da “pasquerium” longobardo), poi bonificata tra Settecento e Ottocento. Confina direttamente con la Svizzera, in particolare col Canton Ticino, distretto di Mendrisio e comune di Chiasso con cui costituisce un'area urbana unica, e dista circa 40 km da Milano. Clima L'inverno comasco risente relativamente dell'influenza mitigatrice della massa d'acqua lacustre. Le temperature minime di novembre, dicembre, gennaio, febbraio e, a volte, marzo possono scendere normalmente sotto lo zero e sono solitamente accompagnate da un alto tasso di umidità. Del tutto assente è invece la nebbia che caratterizza la vicina Brianza e la pianura padana, già in parte presente oltre le colline a sud della cosiddetta "convalle", ovvero del centro della città. La neve è abbastanza frequente, pur discontinua a seconda degli inverni, con valori di nevosità media annua che salgono procedendo dalla convalle (circa 20/30 cm annui) verso i quartieri periferici (circa 40/50 cm annui). Le ultime nevicate di un certo rilievo risalgono al 24 e 25 febbraio 2013, al 13, 14 e 15 dicembre 2012, al 31 gennaio, 1 e 2 febbraio 2012, al 17 dicembre 2010, al 21-22 dicembre 2009, al 2 febbraio e 6-7 gennaio 2009, al 26-27-28 gennaio 2006. Nel febbraio 2012 la neve è rimasta al suolo più a lungo a causa delle bassissime temperature registrate, con valori massimi sotto lo zero anche in centro per quasi una settimana. L'estate è relativamente calda, per quanto il periodo di massima gradazione sia piuttosto breve (non oltre le due settimane consecutive). Si possono raggiungere in qualche occasione i 35/36 °C. La piovosità è piuttosto elevata, con media intorno ai 1500 mm annui e superiore nei quartieri più settentrionali. La zona presenta spiccata tendenza a fenomeni temporaleschi. Nel territorio comunale si registrano alcune differenze nei valori minimi notturni tra i quartieri, a seconda dell'esposizione o meno alle brezze notturne. Spesso nella stagione estiva durante la mattinata le località lacustri registrano temperature inferiori rispetto all'entroterra per via della brezza di lago, salvo poi uniformarsi durante il pomeriggio grazie alla rotazione del vento. Origini del nome La Como conquistata dai Romani nel 196 a.C. è chiamata da Tito Livio Comum oppidum. Gaio Giulio Cesare rifonderà la città nel 59 a.C. battezzandola Novum Comum. Il toponimo Comum (сомvм) è la forma latina dell'originale Comm utilizzato dalla popolazione locale dei Comenses e mantenuto fino ai nostri giorni nel dialetto comasco. Deriva dalla radice celtica Koimo che significa "Abitato". Nel tardo Quattrocento è attestato anche l'esonimo in lingua tedesca, Kam, che a sua volta deriva direttamente da Comm. Storia Antichità Gli autori classici, a cominciare da Plinio il Vecchio che riporta le parole di Origines, un'opera di Catone il Censore andata dispersa, attribuiscono la fondazione di Como alla stirpe degli Orobi. Numerosissime sono le testimonianze archeologiche venute alla luce a partire dal XIX secolo. Esse ci attestano nel primo millennio a.C. il fiorire di una civiltà, chiamata cultura di Golasecca, che colloca il comprensorio protourbano di Como, soprattutto a partire dalla metà del VII secolo a.C. fino alle invasioni galliche del IV secolo a.C., come centro di un vasto territorio, culturalmente uniforme, esteso da Bergamo fino al Ticino. In questi secoli Como, che non era ubicata nella sede attuale, ma più a sud, dove oggi è localizzata la frazione di Prestino, sviluppò una civiltà che viene chiamata comense o della Ca' morta, dal nome della necropoli comasca, dove Como trova il suo ruolo di intermediazione commerciale e culturale tra la civiltà villanoviana e le civiltà celtiche d'oltralpe (cultura di Hallstatt). In epoca romana Como era uno dei due terminali della via Novaria-Comum, strada romana che metteva in comunicazione i municipia di Novaria (Novara) e Comum (Como) passando per Sibrium (Castel Seprio). Da Como passava anche la via Regina, strada romana che collegava il porto fluviale di Cremona (la moderna Cremona) con Clavenna (Chiavenna) passando da Mediolanum (Milano). A partire dal IV secolo a.C. l'abitato di Como si andò spopolando e le sue necropoli esaurendo. Con l'arrivo dei Galli, che scardinano il sistema preesistente, Como perse la sua importanza ed entrò in un periodo di declino. Rimane insoluto il problema dell'ubicazione del Comum oppidum, il centro comasco conquistato dai Romani nel 196 a.C. È possibile che, pur ridotto di dimensioni, si limitasse a occupare un'area sulle colline che gravitano intorno a Prestino alle pendici del monte Croce. Nel 196 a.C. la Gallia Cisalpina venne definitivamente conquistata dal console Marco Claudio Marcello il quale stipulò un foedus aequum per legare in un'alleanza i vinti a Roma, concedendo lo ius Latii. In seguito a una terribile invasione dei Reti, nell'89 a.C., per volere di Pompeo Strabone l'antico oppidum fu ricostruito, rispettando la precedente locazione sulle colline, e riorganizzato amministrativamente, come il resto della regione, attraverso la Lex Pompeia de Transpadanis. Nel 77 a.C. nel villaggio furono insediati coloni per iniziativa di Gaio Scipione, forse soldati destinati a prevenire le scorrerie dei barbari. Nel 59 a.C. Cesare, in vista di una probabile espansione transalpina e considerando il territorio comense strategicamente importante per la difesa della penisola, fece varare la Lex Vatinia con la quale si fece autorizzare a fondare una colonia. Cesare fece allora bonificare l'area prospiciente il lago deviando i torrenti Cosia, Valduce e Fiume Aperto e vi insediò coloni tra cui 500 greci che ottennero anche la cittadinanza romana, ai quali si fa ricondurre l'origine etimologica di località come Corenno (Corinto), Lenno e Lemna (Lemnos), Nesso (Nasso). A costituire una delle prime aree oggetto di colonizzazione sarebbe stato l'odierno quartiere della Coloniola, che fino al 1127 costituì un borgo fortificato a sé stante. Nel 49 a.C. Como divenne un municipium. Durante il I secolo d.C. la crescita cittadina fu aiutata dalle donazioni di Plinio il Vecchio e Plinio il Giovane, entrambi comaschi, che fecero erigere una biblioteca e uno spazio termale, oltre che due ville sul lago oggi non più esistenti. Nel 354 venne esiliato sul Lario il futuro imperatore Flavio Claudio Giuliano. A Como terminavano due strade romane, la via Bergomum-Comum, che giungeva da Bergamo e la via Novaria-Comum, che congiungeva Novaria (Novara) con Como passando per Sibrium (Castelseprio). L'area lariana – grazie alla vicinanza con Milano, già segnata dalla presenza cristiana in epoca apostolica, alla presenza di centri urbani di antica data quali la stessa Como e Licini Forum e alla presenza di vivaci vie di comunicazione – fu evangelizzata molto presto. Si ritiene infatti che san Fedele di Como, ucciso nei pressi di Sorico (CO), sia il più antico martire non vescovo dell'intera Italia transpadana; e la diocesi di Como, fondata ufficialmente nel 386, ebbe ben presto vescovi nativi, non solo della città ma anche dei luoghi circostanti, segno questo di un cristianesimo ormai ben radicato. Como fu attivamente interessata dallo scisma tricapitolino o scisma dei Tre Capitoli (in greco antico τρία κεφάλαια, trîa kephálaia), una divisione all'interno della Chiesa avvenuta tra i secoli VI e VII, causata da un folto gruppo di vescovi, per lo più occidentali, che interruppero le relazioni con gli altri vescovi e con il papa, rifiutando le decisioni del Concilio di Costantinopoli II del 553. La separazione durò circa un secolo e mezzo e interessò un vasto territorio, comprendente Italia del Nord, Dalmazia e Illirico. Molti vescovi dell'Italia settentrionale, della Gallia e del Norico, non accettarono l'imposizione del concilio voluto da Giustiniano, anche perché già durante il concilio di Calcedonia, nel 451, i teologi antiocheni erano stati riammessi nelle loro sedi e la vicenda doveva essere chiusa. Pertanto, questi vescovi non si considerarono più in comunione con gli altri vescovi che avevano accettato supinamente la decisione imperiale. Tra questi "ribelli" all'autorità imperiale e conciliare c'erano i vescovi Ausano e Macedonio, a capo rispettivamente delle province ecclesiastiche di Milano e di Aquileia. Il loro dissenso si acuì ulteriormente ai tempi del successore di papa Vigilio, papa Pelagio I (556 - 561), il quale, dopo tentativi di chiarimento e persuasione, invitò Narsete a ridurre lo scisma con la forza. Narsete non volle però obbedire alla richiesta del papa. Frattanto la Chiesa di Aquileia si era resa gerarchicamente indipendente e il suo vescovo Paolino I (557 -569) fu nominato Patriarca dai suoi suffraganei (568: patriarcato autonomo) per sottolineare la propria autonomia. Le altre diocesi dipendenti dal metropolita di Aquileia (dei due, quello che aveva la sua sede proprio ad Aquileia longobarda) rimasero scismatiche. In particolare la diocesi di Como, il cui vescovo sant'Abbondio aveva avuto un ruolo diplomatico importante proprio durante la preparazione del concilio di Calcedonia, recise il rapporto di dipendenza dall'arcidiocesi di Milano e Como divenne suffraganea di Aquileia. La diocesi comense venera ancora oggi, con il titolo di santo, un vescovo, Agrippino (vescovo dal 607 al 617), che si mantenne in modo intransigente su posizioni scismatiche in opposizione anche alla sede romana. La Diocesi di Como rimase suffraganea del Patriarcato di Aquileia fino al 1789. Medioevo Durante l'Alto Medioevo Como subì l'invasione dei Goti prima e dei Longobardi poi; nel 951 scese in Italia l'imperatore Ottone I e tra i suoi sostenitori vi era anche Gualdone, vescovo di Como. Durante il periodo comunale, Como fu contesa tra le famiglie rivali dei Rusca (o Rusconi) e dei Vitani. In seguito alla guerra decennale (1118-1127) tra Como e Milano, nonostante i comaschi disponessero di una forte flotta, formata da navi lunghe circa 30 metri e dotate di torri di legno e rostri, il 27 agosto 1127 Como venne assediata dalle forze milanesi, le mura e le abitazioni distrutte, gli abitanti dispersi. Alleanza col Barbarossa Como non fece parte della Lega Lombarda contro il Sacro Romano Impero. Anzi, fu proprio grazie all'alleanza con i tedeschi che la città poté aspirare all'egemonia perduta. Con l'aiuto dell'imperatore Federico I Barbarossa, nel 1158, il Comune ricostruì la città distrutta dai milanesi il 27 agosto 1127, riedificò e ampliò le mura di difesa con le sue imponenti torri di Porta Torre, San Vitale e Porta Nuova (o Torre Gattoni). Restaurò quindi il Castel Baradello, potenziandolo con la costruzione della poderosa torre e delle altre strutture. Nel 1159 ospitò lo stesso Barbarossa con la consorte Beatrice di Borgogna, di passaggio sul Lario. In questi anni Como ebbe la sua vendetta partecipando alla distruzione di Milano nel 1162 e dell'Isola Comacina nel 1169, piccola roccaforte lacustre alleata dei milanesi nella guerra decennale. Con un diploma datato 25 ottobre 1167, Federico Barbarossa donò alla Chiesa e alla Comunità di Como - in premio della loro fedeltà - il Castel Baradello e la Torre di Olonio a Sorico. Periodo visconteo Con Azzone Visconti Como entrò definitivamente nell'orbita viscontea. Alla morte di Gian Galeazzo Visconti, avvenuta nel 1402, Franchino II Rusca tentò di instaurare a Como una signoria personale. Seguì un periodo di devastazioni e stragi fino al 1416 quando Como si consegnò a Filippo Maria Visconti. Alla morte di quest'ultimo (1447) Como conobbe un breve periodo d'indipendenza con la sua "Repubblica di Sant'Abbondio", che durò tuttavia solo fino al 1450, quando la città si sottomise a Francesco Sforza, duca di Milano. Età moderna Nell'ottobre del 1525 Como veniva occupata da don Pedro Arias, inviato da Antonio de Leyva, con 200 spagnoli, che smantellarono tra l'altro il Castel Baradello. Nel 1694 venne ordinato sacerdote a Como il gesuita Giovanni Girolamo Saccheri, padre delle geometrie non euclidee. Da allora Como seguì le sorti del Ducato di Milano e del Regno Lombardo-Veneto. Nel 1768 il fisico Giulio Cesare Gattoni eresse in città il primo parafulmine italiano. Nel 1797 arrivò Napoleone, che a Villa Saporiti annunciò la costituzione della Repubblica Cisalpina, mentre il 24 dicembre 1837 nacque la figlia di Franz Liszt, Cosima, futura moglie di Richard Wagner. Il 27 maggio 1859, in seguito alla battaglia di San Fermo, Giuseppe Garibaldi al comando dei Cacciatori delle Alpi liberò la città dall'occupazione austriaca. Nel 1899 Como ospitò una grande Esposizione Voltiana per celebrare il 1º centenario dell'invenzione della pila da parte di Alessandro Volta (1745-1827), suo più illustre cittadino. In occasione del 1º centenario della morte di Alessandro Volta, a Como venne organizzato il Congresso internazionale dei fisici del 1927 che aprì ufficialmente l'era della meccanica quantistica nella comunità scientifica internazionale. Fu l'ultima occasione in cui la città ospitò un evento di portata mondiale. Sei anni più tardi, Albert Einstein arrivò in città per visitare il museo Voltiano. Durante la seconda guerra mondiale Como venne risparmiata dai bombardamenti. Nell'aprile del 1945 la città fu teatro della fuga e delle vicende legate all'arresto e alla fucilazione di Benito Mussolini e dell'epilogo del regime fascista. Nell'estate del 1949 si tenne in città una conferenza a cui partecipò anche Enrico Fermi (lo stesso Fermi nel 1954 tenne sul lago, a Villa Monastero di Varenna, la sua ultima seduta pubblica). Gli anni cinquanta e sessanta vengono ricordati per l'operato del sindaco Lino Gelpi, che fece di tutto per abbellire la città, smantellando lo scalo merci delle Ferrovie dello Stato realizzando al suo posto il parco a lago e creando la passeggiata di Villa Olmo. Coprì inoltre il torrente Cosia con una strada a grande scorrimento - la cosiddetta "tangenziale" - per cercare di liberare il centro dalla morsa del traffico. Nel 1981 per impedire la costruzione del carcere del Bassone le "brigate operaie", durante la cosiddetta "notte dei fuochi", disseminarono la città di bombe che furono disinnescate dall'artificiere Luigi Carluccio, che perse la vita con l'esplosione dell'ultima bomba. Una lapide ne ricorda il sacrificio sul luogo dell'esplosione. Simboli La bandiera di Como è una croce bianca in campo rosso (araldicalmente parlando, di rosso alla croce d'argento). È una bandiera comune a molte città ghibelline dell'alta Italia, ma le sue origini vanno ricercate nell'antichissima blutfahne (lett. "bandiera di sangue"), una bandiera di identica foggia usata da sempre dagli imperatori romano-germanici sui campi di battaglia. Onorificenze La città di Como è "la seconda tra le 27" città decorate con Medaglia d'Oro come "Benemerite del Risorgimento nazionale" per le azioni altamente patriottiche compiute dalla città nel periodo del Risorgimento, con speciale riferimento alla insurrezione del 1848 e alla battaglia di San Fermo. Monumenti e luoghi d'interesse Per la storia della diffusione della fede cattolica e degli edifici sacri vedi anche Architetture religiose La Basilica di San Carpoforo, romanica. La Basilica di Sant'Abbondio (architettura romanica fra le maggiori d'Italia con affreschi del XIV secolo). Chiesa dei SS. Cosma e Damiano, XI secolo, sconsacrata, all'interno del complesso di sant'Abbondio. La Basilica di San Fedele, romanica. Il Duomo di Como (costruito tra il XIV e il XVIII secolo il quale detiene il titolo di Cattedrale). La Basilica di San Giorgio, trecentesca, ricostruita in epoca barocca, custodisce importanti affreschi romanici. La chiesa di Sant'Agostino che conserva la tela della Nascita di Maria del Morazzone. La chiesa di San Giacomo, alle spalle del Broletto (XI secolo), non più officiata. Il Santuario del Ss. Crocifisso. la Chiesa di S. Eusebio, riedificata nel Cinquecento. La chiesa del Gesù, della compagnia dei Gesuiti, cinquecentesca (architettura controriformista a navata unica). La chiesa di San Donnino, di epoca barocca. La Chiesa dei SS. Giuliano e Ambrogio, seicentesca. La chiesa di Santa Cecilia, inglobata nel ginnasio Alessandro Volta, dai fastosi interni barocchi con notevoli capolavori in stile rococò di Andrea Lanzani e Filippo Abbiati. Eremo di San Donato. Rovine Resti della chiesa di San Lazzaro (1130), che già nel 1192 si trovava nei pressi di un lazzaretto. Architetture civili Il Broletto (municipio del comune medievale). Villa Olmo. La sede del conservatorio cittadino, già Ospedale grande di sant'Anna, completato nel 1485. Il Tempio Voltiano (museo Alessandro Volta). Il Palazzo Novocomum (o "Transatlantico"), opera del razionalismo italiano (di Giuseppe Terragni). La Casa del Fascio, opera del razionalismo italiano (di Giuseppe Terragni). Il Monumento ai caduti (di Giuseppe Terragni). L'Asilo Sant'Elia, opera del razionalismo italiano (di Giuseppe Terragni). Il Liceo classico e scientifico Alessandro Volta, fondato nel 1773 con sede nell'edificio neoclassico progettato da Simone Cantoni. Architetture militari Il Castel Baradello, medievale. Le Mura di Como, romane e medievali. Siti archeologici Necropoli della Ca' morta. Prestino, scavi di via Isonzo. Rondineto, Camere scavate nella roccia. Brecciago, strutture dell'insediamento protostorico. Terme romane, viale Lecco. Villa romana, via Zezio. Mura cittadine romane, cortile scuola media Parini via C. Cantù e sotterranei ex setificio via Carducci. Cerchio votivo, nei pressi del cantiere del nuovo Ospedale Sant'Anna (Montano Lucino, località Tre Camini). Aree naturali Oasi del Bassone-Torbiera di Albate Altro Monumento alla Resistenza europea The Life Electric, monumento disegnato da Daniel Libeskind. Statua a Giuseppe Garibaldi, scolpita nel 1899 da Vincenzo Vela a ricordo della liberazione della città dalla dominazione austro-ungarica, evento al quale si rifà il nome della piazza che ospita questo monumento (piazza Vittoria). Statua ad Alessandro Volta, scolpita nel 1838 da Pompeo Marchesi in onore dell'inventore della pila, al quale è dedicata anche la piazza che ospita questo monumento, il cui basamento fu realizzato da Francesco Durelli. Fontana di Camerlata Società Evoluzione demografica La città si trova al centro di un agglomerato urbano che comprende i comuni limitrofi inoltrandosi fin nella vicina Svizzera. A est, la conurbazione raggiunge il circondario erbese. La popolazione sommata di questa trentina di comuni supera le unità. Se a essa si aggiunge l'area urbana della vicina Lecco (quasi attaccata a quella di Erba), l'area sfiorerebbe i abitanti, creando così un'area e una macrocittà che per popolazione risulterebbe la terza della Lombardia, subito dietro le aree metropolitane di Milano e Brescia. Etnie e minoranze straniere Secondo le statistiche (ISTAT 1º gennaio 2022) la popolazione straniera residente nel comune era di persone, pari al 13,7% della popolazione. Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano: Filippine Romania Sri Lanka 776 El Salvador 600 Ucraina 574 Albania 569 Turchia 541 Nigeria 479 Cina 456 Pakistan 419 Tradizioni e folclore La festa di Sant'Abbondio Quella di Sant'Abbondio è la festa patronale di Como, che si celebra il 31 agosto nella chiesa omonima. La tradizionale fiera ha luogo nei pressi della basilica ed è animata da iniziative come la degustazione dei piatti tipici, la vendita dei prodotti artigianali e, lungo le mura della città, la mostra zootecnica, con esposizione di decine di animali come mucche, tori e vitelli provenienti dagli allevamenti della provincia. All'inizio la fiera era una semplice festa contadina che usava benedire le mucche; questa tradizione è ancora oggi mantenuta. Il Santissimo Crocifisso È la venerazione del Crocifisso, collegata alla processione del Venerdì Santo e all'anello del miracolo. Durante la Processione del Giovedì Santo del 25 marzo 1529, la tradizione vuole che il Crocifisso spezzò le catene che il governatore spagnolo aveva eretto per timore di un'imboscata da parte dei francesi, azione che fu subito considerata come miracolosa dai presenti e in seguito riconosciuta come tale dalla Chiesa nel 1608. Il Crocifisso viene esposto alla venerazione dei fedeli tutti gli anni dal martedì Santo fino al venerdì Santo nella chiesa che era dedicata a S. Pietro da Morone (papa Celestino V) e oggi è dedicata proprio al Ss. Crocifisso e baciata da migliaia di fedeli. Il rituale costituisce una delle tradizioni devozionali più radicate nel comasco. Il Venerdì Santo, il crocifisso è poi portato in processione dal Vescovo lungo le vie di Como, evento questo che a causa dell'alto numero di fedeli solitamente causa gravi problemi di viabilità lungo le strade cittadine. Fuori, lungo le mura del centro storico, ha luogo il mercato delle bancarelle, che dal giovedì prima di Pasqua anima la città con circa 160 ambulanti provenienti da tutta Italia coi prodotti più originali, evento tradizionalmente molto popolare fra i cittadini comaschi. La Sagra di San Giovanni Battista La celebrazione di San Giovanni Battista vede la rievocazione delle guerre medievali lariane, combattute sul lago nel 1169 e che videro l'esercito comasco, alleato di Federico Barbarossa, opposto alla roccaforte dell'Isola Comacina, alleata di Milano. Ogni anno, il sabato sera più vicino al 24 giugno, ha luogo l'incendio dell'isola sotto forma di uno spettacolo pirotecnico. La flotta della navigazione, con orchestra e ballo a bordo, salpa da Como alla volta dell'isola caricando centinaia di passeggeri. La sfilata dei battelli rievocherebbe l'arrivo dell'esercito comasco e della sua flotta. Inoltre per ricordare l'arrivo dell'imperatore Barbarossa in città, dal 1980 si svolge il Palio del Baradello che termina con una regata di barche sul lago nel mese di settembre. La festa di Sant'Antonio abate Ogni 17 gennaio, festa di Sant'Antonio abate, davanti alla chiesa di Sant'Agostino, ha luogo la benedizione delle automobili e degli animali. Sul sagrato si svolgeva fino a qualche anno fa la minuscola fiera a base di dolciumi e castagne (tipiche anche le castagne bianche da mangiare col latte). Una nota particolare merita la Pampara, sorta di bastone decorato con dolci e piccoli giochi per bambini, oggi in disuso. La cannonata delle ore 12 Dal 1912 su iniziativa della Pro Como ogni giorno, alle ore 12:00 in punto, si può sentire distintamente in tutta l'area urbana che si affaccia sul lago un colpo di cannone sparato a salve che scandisce lo scoccare del mezzogiorno. Il cannone di origine austriaca è situato alle pendici di Brunate in località Carescione, visibile durante la salita con la funicolare verso il paese che sovrasta la città. Il Santuario della Madonna del Prodigio di Garzola Il Santuario conserva al suo interno un'immagine sacra di Maria Santissima con il Bambino che è venerata col titolo di Nostra Signora del Prodigio e che papa Giovanni XXIII elesse patrona dei naviganti. La preziosa effigie bizantina è legata a un fatto prodigioso avvenuto il 12 settembre 1669 nel mare Adriatico. Una nobile famiglia, fuggitiva da Candia, in viaggio verso Venezia durante una terribile tempesta vide galleggiare il quadro sacro in mezzo ai flutti, lo ripescò, chiese protezione alla sacra immagine ed evitò il naufragio; fu considerata per questo protettrice dei naviganti. Nel 2008 il vescovo Diego Coletti fece collocare sul tetto del santuario della Madonna del Prodigio la statua dorata della Madonna un tempo sulla cuspide della chiesa dell'ex seminario: ora "la Madunina de Comm" veglia sull'intera città. Istituzioni, enti e associazioni A Como e sul suo territorio sono presenti alcune benemerite associazioni: Società archeologica comense - attiva dal 1902 - che si occupa di divulgare le memorie storiche e archeologiche della città tramite la pubblicazione della prestigiosa rivista. Ospedali Como e la sua provincia sono servite da due strutture ospedaliere principali: Ospedale Sant'Anna trasferito nella nuova struttura situata nel comune di San Fermo della Battaglia il 3 ottobre 2010. Ospedale Valduce situato nella città. Non lontano dal Centro, in località Monte Olimpino, è collocata la storica clinica privata Villa Aprica. Qualità della vita Secondo l'indagine ISTAT diffusa il 28 agosto 2008 sugli indicatori ambientali urbani dei 111 comuni capoluogo di provincia relativi all'anno 2007, Como è stata classificata al 78º posto dopo Vibo Valentia e prima di Bari. Da un dossier sulla qualità della vita nelle città italiane de Il Sole 24 ore, pubblicato nel dicembre 2015, la città è piazzata al 15º posto. Cultura Istruzione Scuole Nel comune sono presenti istituzioni prescolastiche, scolastiche di primo grado e di secondo grado, inferiore e superiore. Quelle di secondo grado superiore comprendono 2 licei classici, 2 licei delle scienze umane, 4 licei scientifici, 5 licei linguistici,1 liceo musicale, 1 liceo artistico, 6 istituti tecnici, 3 istituti professionali, 5 centri di formazione professionale (CFP). Università degli Studi e Alta formazione Como è sede universitaria dal 1987, anno di avvio dei primi corsi del Diploma a fini speciali in Informatica Gestionale avviato dal Politecnico di Milano. Dal 1989 è sede di regolari corsi di laurea in ingegneria gemmati appunto dal Politecnico milanese oltre che in scienze e più tardi in giurisprudenza, gemmati dall'Università degli studi di Milano. Dal 1998 questi ultimi corsi confluiscono nell'Università degli Studi dell'Insubria insieme agli analoghi corsi di Varese; Dallo stesso anno a Como ha sede (insieme con Varese), presso il prestigioso Palazzo Natta, il Rettorato dell'Università degli Studi dell'Insubria. Il Politecnico di Milano disponeva di un proprio polo territoriale con sede a Como, chiuso nel 2019. Per quanto riguarda le arti e la musica Como è sede sia di un conservatorio di musica sia di un'accademia di belle arti. Il Conservatorio di Musica "Giuseppe Verdi" di Como è il più giovane fra i quattro conservatori situati in Lombardia, essendo nato nel 1982 come sezione staccata del Conservatorio di Musica "Giuseppe Verdi" di Milano. L'Istituto ha acquisito propria autonomia nel 1996. L'Accademia di Belle Arti "A. Galli" di Como è un'istituzione privata, nata nel 1989 e riconosciuta dal Ministero dell'Università. L'Istituto Superiore per Interpreti e Traduttori F. Casati, nato nel 1989 e trasformatosi nel 2002 in Scuola Superiore Mediatori Linguistici F. Casati di Como abilitata dal Ministero dell'Università a rilasciare lauree triennali in mediazione linguistica. Musei Museo archeologico "P. Giovio" Museo Storico "Giuseppe Garibaldi" Pinacoteca Tempio Voltiano Museo didattico della Seta di Como Museo di fisica, presso il Liceo classico e scientifico Alessandro Volta Aree periodicamente riservate a mostre ed esposizioni Villa Olmo Spazio culturale Achille Ratti Media Stampa La Provincia, il più diffuso quotidiano cittadino. Il Corriere di Como, quotidiano in edicola con Il Corriere della Sera. Como e dintorni, rivista mensile di storia, arte, cultura attualità e turismo. Magic Lake, magazine di natura, cultura e imprenditorialità del territorio lariano. Radio CiaoComo Radio Comoradio International, emittente radiofonica cittadina presente sul web Radio Studio Vivo Studio Vivo Stereo (Web) Televisione Espansione Tv Teatri In attività Teatro Sociale di Giuseppe Cusi, completato da Luigi Canonica nel 1813. Ospitò Franz Liszt, Niccolò Paganini, Giuditta Pasta. Cine - Teatro La Lucernetta ex Cinema dei Ragazzi, ora teatro del Centro di Como. Fu edificato laddove un tempo si trovava una chiesa dedicata a San Sisto, attestata nella pieve di Zezio già alla fine del Duecento. Non più attivi Teatro Cressoni: nato per iniziativa di Annibale Cressoni, fu progettato da Pietro Luzzani nel 1870. Vi cantò Luisa Tetrazzini e vi recitarono Edoardo Ferravilla ed Ermete Zacconi. Dopo essere stato trasformato in cinematografo, nel 1997 fu chiuso e nel 2018 convertito in edificio residenziale. Teatro Politeama: progettato nel 1910 dall'architetto comasco Federico Frigerio (Palazzo Plinius, Tempio Voltiano), per più di mezzo secolo è stato la seconda sala cittadina. La sua costruzione iniziò nel 1907 e subito venne inteso non solo come teatro, ma come centro destinato a più funzioni: per questo vennero progettati al suo interno un ristorante e un albergo. Eventi Festival Como Città della Musica - Festival estivo organizzato dal Teatro Sociale di Como e dal Comune dedicato alla musica nei luoghi più caratteristici e suggestivi della città. Da Villa Olmo a Palazzo Natta, dal Castel Baradello al Chiostro di Sant'Abbondio un susseguirsi di appuntamenti ricchi di emozioni e suoni per ogni età. Una lunga festa che nel mese di luglio anima la città. Parolario - Manifestazione culturale legata alla fiera del libro, che vede la partecipazione di alcuni tra i maggiori nomi della letteratura e del giornalismo italiano. Si svolge all'inizio di settembre per due settimane. La Città dei Balocchi - È così nominata la manifestazione natalizia rivolta inizialmente ai bambini, oggi trasformata in un'attrazione per il turismo invernale grazie al "Magic Light Festival", con l'illuminazione speciale di tutti i monumenti. Dura oltre un mese. All'inizio di settembre si svolge a Como il Palio del Baradello, rievocazione storica che prende il nome dal Castel Baradello. Fonti storiche narrano che nel "mese di giugno, anno del Signore 1159, l'imperatore Federico I di Svevia, dopo aver sconfitto Milano e la Lega Lombarda con il determinante contributo delle truppe di Lodi, Cremona, e Pavia ma soprattutto comasche, riconoscente, giunge in visita a Como. La città alleata gli tributa gran festa e accoglienza: si organizzano in suo onore gran banchetti, luminarie, parate e gare sul lago." Il palio nasce nel 1981 e coinvolge le contrade storiche della città (Borgo di Rebbio, Borgo di Sant'Agostino, Borgo della Roggia Molinara, Contrada della Cortesella, Borgo di Camerlata, Borgo di San Martino, Borgo di Tavernola) e alcuni comuni del territorio lariano (Brienno e Cernobbio) che si sfidano per la conquista del “pallium”, drappo di seta dipinto a mano, ogni anno, da valenti artisti comaschi. Esso si articola attraverso tre gare ufficiali: la cariolana, corsa storica con le carriole, la giostra del saraceno, dove il Cavaliere di ciascun Borgo scende in campo galoppando sul proprio destriero e cerca di colpire il bersaglio del simulacro prima del proprio antagonista, sceso anch'esso in campo, ottenendo in tal modo il diritto a incontrare l'avversario successivo e il tiro alla fune, che ha sostituito dal 2005 la regata, gara remiera con le caratteristiche lucie. Il LakeComo Festival, fondato nel 2006 propone una stagione musicale di musica da camera classica e contemporanea utilizzando ville e sedi storicamente rilevanti del lago di Como e proponendo importanti artisti internazionali. La sezione primaverile si svolge principalmente sul lago e in Brianza, la sezione autunnale riserva invece una finestra sulla città di Como e utilizza come sede la pinacoteca civica. Festival della Luce - Festival culturale primaverile fondato nel 2013, che si riallaccia alla tradizione scientifica di Como, città natale di Alessandro Volta che, con l'invenzione della pila, ha aperto la strada alle innumerevoli applicazioni dell'elettricità. Il Festival della Luce richiama in città alcuni tra i più importanti scienziati e studiosi a livello nazionale e internazionale, con la presenza di due premi Nobel nelle ultime due edizioni. Il Festival è organizzato dalla Fondazione Alessandro Volta e promosso e sostenuto dall'Associazione Città della Luce. Centomiglia del Lario - gara di motonautica organizzata dallo Yacht Club Como, viene disputata ogni anno tradizionalmente nel mese di ottobre. La prima edizione risale al 1949 ed è la seconda gara di motonautica più longeva d'Italia dopo la Pavia-Venezia Geografia antropica Suddivisioni amministrative Circoscrizioni - Quartieri (evidenziando gli ex comuni autonomi) Albate - Muggiò - Acquanera - Trecallo Lora Camerlata - Breccia - Rebbio - Prestino Camnago Volta Como Centro - Como Ovest Como Borghi Como Nord - Como Est Monte Olimpino - Ponte Chiasso - Sagnino - Tavernola Civiglio - Garzola Economia Sin dal Medioevo il territorio comasco ha avuto una notevole vocazione tessile, in particolare tra l'XI e il XVII secolo dominava il lanificio (con concentrazioni quasi industriali nei borghi comaschi lungo il Cosia, come l'attuale via Pannilani, e nel vicino centro di Torno). Nel corso del XIV e XV secolo il tessile comasco si specializzò in lane di uso comune, fustagni e tessuti economici, parallelamente però iniziò a diffondersi, verso la fine del Quattrocento, l'industria serica. Nel corso del Seicento il lanificio italiano, e comasco, attraversò un periodo di forte contrazione e crisi, subendo la concorrenza dei tessili nord-europei, mentre la produzione di sete resse, e nel corso del Settecento, soprattutto come seta greggia e semilavorata prodotta nelle immediate vicinanze della città, crebbe. Nel corso del XIX secolo, soprattutto dopo l'unificazione nazionale, il settore tessile comasco iniziò a mostrare segni di dinamismo, con una precoce industrializzazione e una certa capacità di attrazione di capitali esteri. Al principio del Novecento Como era una città a forte vocazione industriale con un ampio spettro di sotto settori specifici (stampa su tessuto, cravatte, sete pregiate, calze, tessuti generici, dopo la seconda guerra mondiale anche disegno per tessuti, moda e coloranti per tessuti); questa crescita avvenne anche ponendo in crisi e facendo una feroce concorrenza alle realtà industriali del nord Europa (inglesi, olandesi e francesi) che due secoli prima aveva soppiantato l'Italia nel primato dell'industria tessile. Il settore conobbe però una dura crisi, da cui non si è più del tutto ripreso (soprattutto per numero di addetti) all'inizio degli anni 1990, seguita da altre contrazioni; nel territorio comasco e nei comuni circumvicini è però ancora allocata una forte presenza di industrie tessili, anche se quelle specializzate su prodotti di alta gamma, di lusso o di marca hanno attraversato il trentennio di contrazione con una maggiore capacità di adattamento e con prospettive migliori. L'edizione 2013 del Rapporto annuale sull'economia comasca del servizio Studi e Statistica della Camera di Commercio di Como offre uno spaccato puntuale dell'economia dell'area. Analizzando la consistenza delle imprese attive per settore di attività, si rileva la prevalenza del comparto del terziario, con unità attive e un'incidenza in crescita pari al 60% del totale. Seguono per importanza le costruzioni ( unità, con un peso sotto il 20%) e il manifatturiero ( imprese, con un'incidenza pari al 15% del totale). Per quanto riguarda i principali mercati di destinazione dei prodotti comaschi, al primo posto si posiziona la Germania, che assorbe il 13,5% dell'export di Como e al secondo posto la Francia. Anche i Paesi al di fuori dell'UE hanno aumentato la loro rilevanza, passando da un'incidenza del 40,8% (anno 2008) al 46,9% (anno 2013). Il settore tessile si conferma al primo posto nelle esportazioni. Nella voce servizi, il turismo estero ha ottenuto il massimo storico di arrivi (+0,3%). Il soggiorno medio è pari a poco più di due giorni per i turisti italiani e a poco meno di tre giorni per i turisti stranieri. Gli esercizi extralberghieri hanno confermato il notevole dinamismo degli ultimi anni, crescendo di ventuno unità grazie ai bed & breakfast e agli alloggi in affitto gestiti in forma imprenditoriale. Nel corso del 2013 gli arrivi dei turisti che hanno optato per una struttura alberghiera sono stati l'83,5% del totale. Infine, nel comasco emergono tre ambiti di crescita e nuove opportunità: la nautica, le industrie culturali e creative e il florovivaismo. Quest'ultimo settore, inteso in senso lato come “filiera del verde”, comprende non solo il verde a uso di abitazioni private, ma anche il mantenimento e miglioramento del paesaggio e delle condizioni di vita nelle città attraverso la creazione del verde urbano. Il turismo è stato sempre appannaggio dei paesi del centro-lago. Nel settore dell'artigianato è diffusa e pregiata la lavorazione dell'argento, finalizzata alla produzione di oggetti in stile tradizionale e quella del ferro battuto applicata agli edifici pubblici. Infrastrutture e trasporti Strade Autostrade Il comune è attraversato dall'autostrada dei Laghi A9. Nell'area tra Albate e Camerlata ha inoltre origine l'autostrada A59, che interseca la A9 poco più a sud della barriera di Grandate. Strade statali Il territorio di Como è attraversato dalle seguenti strade statali: strada statale 342 Briantea, che a Lora e a Breccia interseca i flussi di traffico diretti lungo sull'asse est-ovest del territorio comunale; strada statale 35 dei Giovi, che da Ponte Chiasso attraversa da nord a sud il territorio cittadino fino al confine con Grandate; strada statale 340 Regina, che partendo dall'incrocio tra via Bellinzona (strada statale 35 dei Giovi) e via Cernobbio costeggia la sponda occidentale esterna del Lario; strada statale 583 Lariana, che partendo da via Torno costeggia la sponda occidentale interna del lago di Como. Ferrovie Como è collegata alle altre città lombarde (Milano inclusa) tramite il servizio ferroviario suburbano di Milano (linee S) e tramite il servizio ferroviario regionale (linee R-RE). Il collegamento con il capoluogo lombardo venne realizzato nel 1875. Nel territorio comunale sono presenti sei stazioni ferroviarie: Como San Giovanni, sulla ferrovia Milano-Como-Chiasso Albate-Trecallo, sulla linea Como-Lecco Como Lago, Como Borghi e Grandate-Breccia, sulla ferrovia Como-Saronno Como Camerlata, in comune sulle ferrovie Milano-Como-Chiasso, Como-Lecco e Como-Saronno. Fino al 1966 era in funzione anche la linea Como-Varese sempre delle Ferrovienord che collegava direttamente con Varese Nord. Tranvie Nella prima metà del XX secolo la città era inoltre collegata alle località vicine mediante un'estesa rete di tranvie provinciali strutturata mediante le seguenti linee: Como-Cernobbio-Maslianico Como-Appiano Gentile-Mozzate Como-Cantù-Asnago Como-Erba-Lecco Como-Fino-Saronno Funicolare La Funicolare Como-Brunate è attiva dal 1894. Navigazione La navigazione lacustre di linea è attiva dal 1826 con numerosi servizi tra la città e i paesi della sponda (vedi lago di Como). Fino al 1871, il porto di Como era situato in corrispondenza dell'attuale Piazza Cavour, ottenuta dall'interramento dell'area. Aeroporti In città è attivo l'Idroscalo Internazionale di Como, gestito dall'Aero Club Como, dove ha sede una scuola di volo per l'addestramento di piloti d'idrovolante unica in Europa. Inoltre, vi è presente una scuola di paracadutismo. Mobilità urbana La rete dei trasporti pubblici urbani è dotata di 9 linee di autobus gestite da ASF Autolinee (ex SPT Linea). La rete dei trasporti extraurbani (C) è gestita principalmente da ASF Autolinee e, in misura minore, dalla Ferrovie Nord Milano Autoservizi ed è composta da linee che collegano Como ai comuni della provincia e a Varese, Lecco e Bergamo. Alcune di esse hanno sostituito, dal 1966, la soppressa ferrovia Como-Varese delle Ferrovie Nord Milano. In passato la città fu servita dal 1906 al 1952 da una rete tranviaria, in seguito sostituita da una rete filoviaria dal 1938 al 1978. Amministrazione Gemellaggi Sport Como ha una lunga tradizione sportiva, legata per lo più all'acqua, essendo la città affacciata sul lago omonimo. Calcio Il Como 1907, fondato il 25 maggio 1907, è la principale società calcistica cittadina. Nella sua storia ha disputato 13 campionati di Serie A e 35 di Serie B; nel 1996-1997 ha conquistato la Coppa Italia Serie C e nel 2007-2008 la Coppa Italia Serie D. Gioca le partite casalinghe presso lo stadio Giuseppe Sinigaglia. È stato rifondato due volte (nel 2005 e nel 2017) e milita in Serie B. A livello femminile la società più importante è il Como 2000. Questo club, fondato nel 1997, ha disputato otto campionati di Serie A e sette di Serie A2. Tra le società di calcio dilettantistiche, sono da citare quelle dei maggiori quartieri cittadini, tra cui Albate Calcio e Albatese, Sagnino, Ardisci e Spera (fondata nel 1906), Ardita (1934), Lario (1909), Cittadella (1945), Lora Lipomo (1962) e la Libertas, squadra dell'oratorio di San Bartolomeo dove tirò i primi calci il famoso e compianto Gigi Meroni. Il campione del mondo di Germania 2006 Gianluca Zambrotta mosse invece i primi passi nell'Alebbio, altra formazione di quartiere. Canottaggio Il canottaggio è rappresentato dalla Società Canottieri Lario Giuseppe Sinigaglia, fondata nel 1891. Si tratta di una delle più importanti società italiane di canottaggio e ha fornito diversi atleti alla Nazionale italiana, anche in occasione dei giochi olimpici. Giuseppe Sinigaglia, che fu il primo italiano a vincere la Diamond Challenge Sculls, è anche il più famoso atleta della società, che prese il suo nome per onorarne la memoria di caduto di guerra. Diciassette equipaggi della società hanno conquistato la medaglia d'oro ai campionati del mondo, cinque lo hanno fatto nei campionati europei mentre le vittorie in ambito nazionale sono un centinaio. La Canottieri Lario ha ricevuto la Stella d'oro al merito sportivo del Comitato olimpico nazionale italiano nel 1967. A pochi passi dalla sede dei canottieri si trova lo Yacht Club Como, società nata dalla fusione di due distinte entità: il Circolo della Vela Como e la Motonautica Italiana Lario. Ciclismo Per sette volte Como è stata sede di arrivo di una tappa del Giro d'Italia, la prima nel 1937 e l'ultima nel 2019. 1937 19ªa tappa San Pellegrino Terme-Como, vinta da Marco Cimatti 1952 13ª tappa Bergamo-Como, vinta da Alfredo Pasotti 1952 14ª tappa Erba-Como (cron. individuale), vinta da Fausto Coppi 1957 17ªa tappa Varese-Como, vinta da Alessandro Fantini 1957 17ªb tappa Como-Como, vinta da Rik Van Steenbergen 1987 20ª tappa Madesimo-Como, vinta da Paolo Rosola 2019 15ª tappa Ivrea-Como, vinta da Dario Cataldo Il lungolago è stato teatro dell'arrivo del Giro di Lombardia in quasi tutte le edizioni della classica. Da ricordare anche le medaglie d'oro conquistate ai giochi di Los Angeles 1932 da Paolo Pedretti e ai Giochi di Barcellona 1992 da Fabio Casartelli. Hockey su ghiaccio L'Associazione Hockey Como, fondata nel 1971, ha disputato due tornei di Serie A e altrettanti di Serie A2. Per alcuni anni è stata attiva una squadra femminile, l'Hockey Club Lario Halloween, la quale ha disputato tutti i campionati dal 1990-1991 al 2006-2007, arrivando in sei occasioni al 3º posto. La società si è dissolta nel 2007. Pallacanestro La Pool Comense 1872, sezione di pallacanestro femminile della Ginnastica Comense 1872, è la squadra più titolata d'Italia avendo conquistato 15 scudetti (record), 5 Coppe Italia e 6 Supercoppe italiane, anche questo un record nazionale. A livello internazionale ha vinto la EuroLeague Women nel 1993-1994 e 1994-1995 e il Mundialito nel 1996. La squadra dopo aver concluso la stagione 2011-2012 al 6º posto in Serie A1 decide di non iscriversi ai successivi campionati per tornare attiva nel 2015 e partecipare alla serie B nazionale. La squadra maschile più importante è quella della Pallacanestro Como, con trascorsi in Divisione Nazionale B. In passato è esistita anche una Ginnastica Comense 1872 maschile che ha disputato il girone finale del campionato italiano nel 1922 e nel 1923. Pallanuoto In città sono presenti due società pallanuotistiche. La Como Nuoto, che gioca il campionato nazionale di Serie A2, ha conosciuto anche la gloria internazionale con la conquista, nel 1994, della Coppa COMEN. Nella sua storia ha partecipato in totale a otto edizioni del massimo campionato. La stessa società possiede una sezione di pallanuoto femminile che disputa, dalla stagione 2021/22, il torneo di Serie A1. L'altra società cittadina è la Pallanuoto Como, partecipante al campionato di Serie B. Il presidente è Giovanni Dato. Rugby È presente una squadra di rugby, fondata nel 2005, il Rugby Como, che si allena al Centro Sportivo Belvedere e che promuove un programma di diffusione dello sport nelle scuole della città. Scherma La Ginnastica Comense 1872 è principalmente nota per la sua sezione di scherma che ha avuto, tra i suoi allievi, anche la medaglia olimpica di Melbourne 1956 Antonio Spallino e quella di Londra 2012 Arianna Errigo. Ultimate A Como è presente anche una squadra di ultimate, i FrasbaDalLac, vincitrice, tra l'altro, del premio Spirit of The Game nel campionato italiano open di Ultimate del 2006. Galleria d'immagini Note Esplicative Bibliografiche Bibliografia Luciano Vaccaro, Giuseppe Chiesi, Fabrizio Panzera, Terre del Ticino. Diocesi di Lugano, Editrice La Scuola, Brescia 2003. Voci correlate Lago di Como Idrografia di Como Provincia di Como Diocesi di Como Funicolare Como-Brunate Dialetto comasco Cucina comasca Antica Via Regina Ticosa Seta Lecco Alessandro Volta Altri progetti Collegamenti esterni www.visitcomo.eu Il sito web ufficiale di cultura, turismo, eventi del Comune di Como Lake Como Tourism - Guida Turistica del lago di Como
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https://it.wikipedia.org/wiki/Coordinate%20geografiche
Coordinate geografiche
In geodesia le coordinate geografiche sono valori utili per individuare la posizione di un punto sulla superficie terrestre. Esse sono la latitudine, la longitudine e l'altitudine. Storia L'invenzione di un sistema di coordinate geografiche è generalmente attribuita a Eratostene di Cirene, che compose la sua Geografia, opera oggi perduta, presso la Biblioteca di Alessandria nel III secolo a.C. Un secolo dopo, Ipparco di Nicea migliorò questo sistema determinando la latitudine dalle misurazioni stellari piuttosto che dall'altitudine solare e determinando la longitudine dai tempi delle eclissi lunari. Nel I o II secolo, Marino di Tiro compilò un ampio dizionario geografico e una mappa del mondo tracciata matematicamente utilizzando coordinate misurate ad est da un primo meridiano nella terra conosciuta più occidentale, designata con le Isole Fortunate, al largo della costa dell'Africa occidentale intorno alle Isole Canarie o Capo Verde, e misurate a nord o a sud dell'isola di Rodi al largo dell'Asia Minore. Fu tuttavia Claudio Tolomeo nel II secolo d.C. ad adottare per primo il sistema di latitudine e longitudine. Nella sua Geografia Tolomeo utilizzava lo stesso primo meridiano ma misurava invece la latitudine dall'equatore. Dopo che i lavori di Marino di Tiro e di Tolomeo furono tradotti in arabo nel IX secolo, il Libro della descrizione della Terra di Al-Khwārizmī corresse gli errori dei due studiosi antichi riguardo alla lunghezza del Mar Mediterraneo, facendo sì che la cartografia araba medievale utilizzasse un primo meridiano a circa 10° ad est della linea usata da Tolomeo. La cartografia matematica riprese in Europa dopo il recupero del testo di Tolomeo da parte del grammatico e teologo bizantino Massimo Planude poco prima del 1300. Il testo è stato tradotto in latino dall'umanista Jacopo d'Angelo intorno al 1407 a Firenze. Nel 1884 a Washington si tenne la International Meridian Conference, alla quale parteciparono quarantuno rappresentanti di venticinque nazioni. Ventidue di loro decisero di adottare come linea di riferimento zero la longitudine del meridiano di Greenwich, che passava per il Royal Observatory di Greenwich, in Inghilterra. La Repubblica Dominicana votò contro la mozione, mentre Francia e Brasile si astennero. La Francia adottò il meridiano di Greenwich solo nel 1911, continuando fino ad allora ad usare il meridiano di Parigi. Latitudine, longitudine e altitudine La latitudine è la distanza angolare di un punto dall'equatore e la longitudine è la distanza angolare di un punto da un arbitrario meridiano di riferimento lungo lo stesso parallelo del luogo (misurati in gradi). Dal 1884 il meridiano fondamentale di riferimento è convenzionalmente fissato a Greenwich. La sua longitudine è quindi 0°. L'altitudine è la distanza, misurata lungo la verticale del punto considerato sulla superficie terrestre, dal livello del mare. Misura Le latitudini e le longitudini sono grandezze angolari e come tali sono misurate in gradi Storicamente, l'ordine con cui si indicavano le coordinate era sempre lo stesso, prima la latitudine e poi la longitudine, usando diversi formati per scrivere i gradi. Gradi minuti secondi (DMS) Viene espresso tutto in base sessagesimale. Esempio: le coordinate del Colosseo sono N 41° 53' 24″ E 12° 29' 32″. Talvolta, per fornire indicazioni più precise, pur utilizzando la notazione DMS, i secondi vengono espressi in formato decimale. Ad esempio: N 41°53'24.8280 E 12°29'32.0136. Gradi minuti decimali (DM) Esempio: le suddette coordinate diventano 41°53.41380', 12°29.53356' oppure 41d 53.41380m, 12d 29.53356m. Gradi decimali (DD) Di solito da 4 a 6 cifre decimali. Esempio: le suddette coordinate diventano 41.8902300°, 12.4922260°. Notare che l'indicazione degli emisferi N (nord) / S (sud) e E (est) / O (ovest) può essere sostituita dal segno. In particolare, avremo valori negativi per latitudini nell'emisfero sud e longitudini a ovest del meridiano fondamentale. Ultimamente si usa sempre più l'ordine longitudine - latitudine, per uniformarsi ai sistemi UTM e MGRS. Riferimento Essendo la terra un corpo irregolare (geoide), dare una descrizione matematica della sua superficie è arduo dal momento che non si hanno i dati necessari. Solitamente si suppone che essa sia assimilabile a un ellissoide, in modo che quest'ultimo approssimi bene la sua superficie (soprattutto per quanto riguarda le quote). L'estrema variabilità della superficie terrestre ha fatto proporre a diversi studiosi diverse forme di ellissoide, tra le quali quella più usata (perché si suppone approssimi meglio la superficie terrestre) è l'ellissoide di Hayford. Solitamente gli ellissoidi vengono orientati localmente per una superficie terrestre riconducibile a quella di una regione, una nazione, un continente. Per questo quando si parla di coordinate geografiche si deve menzionare anche il suo datum, ovvero il suo ellissoide di riferimento e il suo orientamento. Oggi il più usato (anche da Wikipedia, nel campo coordinate delle località) è il sistema WGS84, ovvero un ellissoide avente il centro coincidente con il centro di massa della terra e avente i seguenti parametri: semiasse maggiore: a = ; semiasse minore: c = ; schiacciamento: f = 1/298,257223563; costante gravitazionale geocentrica: u = m³/s². Monte Mario In Italia era uso (non del tutto scomparso) utilizzare come meridiano di riferimento quello detto Meridiano di Monte Mario in quanto passante appunto per l'osservatorio di Monte Mario a Roma, posto a 12° 27' 08,40" E di Greenwich. Come ellissoide di riferimento venne utilizzato l'ellissoide di Hayford orientato appunto a Monte Mario. Tale sistema di coordinate venne utilizzato dall'Istituto Geografico Militare (IGM) per aggiornare i dati allo standard World Geodetic System 84 (WGS84), su cui si basa anche il Sistema di posizionamento globale (GPS). Lo standard WGS84 si basa su un modello geodetico della Terra standard. L'EGM96 è un geoide definito da un sistema di armoniche sferiche. Voci correlate Sistema geodetico di riferimento Sistema di coordinate terrestri Altitudine Cartografia Coordinate celesti EGM96 Greenwich Geografia Livello del mare IGM95 what3words Collegamenti esterni (catalogo interrogabile dei codici EPSG) Cartografia
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https://it.wikipedia.org/wiki/Codice%20fiscale
Codice fiscale
Il codice fiscale in Italia è un codice che serve a identificare in modo univoco le persone fisiche e altri soggetti diversi dalle persone fisiche nei loro rapporti con gli enti e le amministrazioni pubbliche dello Stato italiano. Per le persone fisiche generalmente è composto da 16 caratteri alfanumerici mentre per i soggetti diversi dalle persone fisiche da 11 cifre. Il codice fiscale viene attribuito alla nascita o alla costituzione per le associazioni e gli enti. Per i soggetti iscritti al Registro delle imprese il codice fiscale dal 6/12/2000 coincide con il numero di iscrizione al Registro (le prime 7 cifre corrispondono al "numero sequenziale", seguito da 3 cifre che identificano l'Ufficio e 1 cifra di controllo). Per tutti i soggetti contribuenti non persone fisiche dotati di una partita Iva (trust, stabili organizzazioni, imprese e tra queste le imprese in forma societaria, società non imprese commerciali come le società tra professionisti, associazioni con partita Iva, fondazioni) la stessa normalmente ha anche funzione di codice fiscale. Storia Il codice fiscale è stato introdotto con il Decreto del presidente della Repubblica n. 605 del 29 settembre 1973 per rendere più efficiente l'amministrazione finanziaria con la creazione dell'Anagrafe tributaria, fortemente voluta dall'allora ministro delle finanze Bruno Visentini. Esso viene attribuito e rilasciato a ciascun cittadino italiano dall'Agenzia delle entrate e può essere attribuito anche ai cittadini stranieri. Sin dalla riforma, a ciascuna persona veniva consegnato un tesserino prima cartaceo poi di plastica con banda magnetica, riportante oltre al codice fiscale anche cognome, nome, sesso, luogo di nascita, provincia di nascita, data di nascita e anno di emissione. Descrizione Il codice fiscale viene usato da tutte le amministrazioni pubbliche in Italia e serve ad identificare il cittadino, il contribuente e tutti gli altri soggetti obbligati ad averlo. La tessera A tutti gli aventi diritto che richiedono il codice fiscale viene consegnata o una tessera magnetica con il codice fiscale e un codice a barre univoco o per i residenti in Italia che godono anche dell'assistenza sanitaria, una smartcard che ha funzione di: Tessera di accesso facilitato ai servizi pubblici (es. Agenzia delle entrate) o privati (es. scontrini per l'acquisto dei farmaci). Tessera sanitaria, che ha assunto valenza di controllo della spesa sanitaria per le regioni ed è destinata a contenere i dati sanitari dei cittadini. Tessera di assicurazione sulle malattie valida nell'Unione europea. Carta nazionale dei servizi pubblici con funzione di firma per l'accesso. La tessera plastificata del codice fiscale è stata definitivamente sostituita e integrata nella tessera sanitaria per coloro i quali ne hanno diritto; per gli altri continua a esistere il vecchio tesserino. Il certificato di attribuzione del codice fiscale in formato cartaceo (tesserino verde), nato in Italia nei primi anni '70, è rimasto nel formato tradizionale sino alla diffusione della tessera di plastica. Gestione separata INPS Nella gestione separata (una forma previdenziale pubblica, obbligatoria per talune categorie di lavoratori) l'INPS utilizza come numero di attribuzione il codice fiscale, invece di un codice numerico assegnato (come viene fatto per le altre forme previdenziali, anche dell'INPS stessa). L'iscrizione alla gestione separata INPS 2018, può essere effettuata nelle Camere di Commercio tramite il Registro delle Imprese e la procedura di comunicazione "UNICA". Generazione del codice fiscale La normativa che disciplina le modalità di calcolo del codice fiscale è il decreto del Ministero delle finanze del 23 dicembre 1976, ("Sistemi di codificazione dei soggetti da iscrivere all'anagrafe tributaria"). Per le persone fisiche, il codice fiscale è composto di sedici caratteri alfanumerici; per le persone giuridiche, come per esempio società o enti, è invece un numero di undici cifre (la prima cifra è 8 per le associazioni riconosciute, 9 per quelle non riconosciute). Per tutti i comuni d'Italia è presente una scheda identificativa che contiene il codice catastale del comune, usato nel codice fiscale. Per le aziende che ne sono sprovviste, la partita IVA sostituisce il codice fiscale. Nessuno è autorizzato a calcolare o fornire strumenti per il calcolo del codice fiscale: l'unico codice fiscale valido è quello rilasciato al soggetto dall'Agenzia delle entrate. L'algoritmo illustrato di seguito è utilizzato abitualmente per calcolare il codice fiscale, sebbene non garantisca l'affidabilità del risultato. Il codice fiscale delle persone fisiche è costituito da sedici caratteri alfanumerici, ricavati in linea generale secondo l'algoritmo illustrato di seguito. Cognome (tre lettere)Vengono prese le consonanti del cognome o dei cognomi (se ve ne è più di uno) nel loro ordine (primo cognome, di seguito il secondo e così via). Se le consonanti sono insufficienti, si prelevano anche le vocali (se non sono sufficienti le consonanti, si prelevano la prima, la seconda e la terza vocale), sempre nel loro ordine; comunque, le vocali vengono riportate dopo le consonanti (per esempio: Rosi → RSO). Nel caso in cui un cognome abbia meno di tre lettere, la parte di codice viene completata aggiungendo la lettera X (per esempio: Fo → FOX). Per le donne, viene preso in considerazione il solo cognome da nubile. Nome (tre lettere) Vengono prese le consonanti del nome o dei nomi (se ve ne è più di uno) nel loro ordine (primo nome, di seguito il secondo e così via) in questo modo: se il nome contiene quattro o più consonanti, si scelgono la prima, la terza e la quarta (per esempio: Gianfranco → GFR), altrimenti le prime tre in ordine (per esempio: Tiziana → TZN). Se il nome non ha consonanti a sufficienza, si prendono anche le vocali; in ogni caso le vocali vengono riportate dopo le consonanti (per esempio: Luca → LCU). Nel caso in cui il nome abbia meno di tre lettere, la parte di codice viene completata aggiungendo la lettera X. Anno e mese di nascita (tre caratteri alfanumerici) Anno di nascita (due cifre): si prendono le ultime due cifre dell'anno di nascita; Mese di nascita (una lettera): a ogni mese dell'anno viene associata una lettera in base a questa tabella: Le lettere sono state scelte in modo da evitare quelle possibilmente equivoche. Sono state escluse: F (simile a E) G (simile a C) I (simile a 1) N (simile a M) O (simile a 0 e Q) Q (simile a 0 ed O) Questa cosa non avviene nel carattere di controllo, dove questo accorgimento non è necessario. Giorno di nascita e sesso (due cifre) Si prendono le due cifre del giorno di nascita (se è compreso tra 1 e 9 si pone uno zero come prima cifra); per i soggetti di sesso femminile, a tale cifra va sommato il numero 40. In questo modo il campo contiene la doppia informazione giorno di nascita e sesso. Avremo pertanto la seguente casistica: gli uomini avranno il giorno con cifra da 01 a 31, mentre per le donne la cifra relativa al giorno sarà da 41 a 71. Comune (o Stato) di nascita (quattro caratteri alfanumerici) Per identificare il comune di nascita si utilizza il codice impropriamente detto Belfiore, composto da una lettera e tre cifre numeriche. Per i nati al di fuori del territorio italiano, sia che si tratti di cittadini italiani nati all'estero, oppure stranieri, si considera lo stato estero di nascita: in tal caso la sigla inizia con la lettera Z seguita dal numero identificativo dello Stato. Il codice Belfiore è lo stesso usato per il nuovo Codice catastale. Carattere di controllo (una lettera) A partire dai quindici caratteri alfanumerici ricavati in precedenza, si determina il carattere di controllo (indicato a volte come CIN, Control Internal Number) in base a un particolare algoritmo che opera in questo modo: si mettono da una parte i caratteri alfanumerici che si trovano in posizione dispari e da un'altra quelli che si trovano in posizione pari; fatto questo, i caratteri vengono convertiti in valori numerici secondo le seguenti tabelle: a questo punto, i valori che si ottengono dai caratteri alfanumerici pari e dispari vanno sommati tra di loro e il risultato va diviso per 26; il resto della divisione fornirà il codice identificativo, ottenuto dalla seguente tabella di conversione: Due diverse persone potrebbero avere uguali tutte e sedici le lettere/cifre generate usando questo schema (omocodia). In questo caso, l'Agenzia delle Entrate provvede a sostituire sistematicamente i soli caratteri numerici (a partire dal carattere numerico più a destra) con una lettera, secondo la seguente tabella di corrispondenza: Dopo la sostituzione, il carattere di controllo deve essere ricalcolato. Codice fiscale provvisorio Quando sia necessario, l'Agenzia delle entrate può attribuire un codice fiscale provvisorio a una persona fisica. Tale codice fiscale provvisorio per le persone fisiche è costituito da un numero di undici cifre, del quale le prime sette sono un numero progressivo, quelle dall'ottava alla decima comprese identificano l'ufficio che ha attribuito il codice e l'undicesima è il carattere di controllo, determinato nel modo seguente: si sommano i valori di ciascuna delle cinque cifre in posizione dispari; si raddoppia ogni cifra di ordine pari e, se il risultato è un numero di due cifre, si riduce a una sola sommando la cifra delle decine e quella delle unità; si sommano quindi tutti i valori ottenuti; si determina il totale delle due somme; si calcola la differenza tra 10 e le unità del totale; il carattere di controllo è la cifra relativa alle unità del risultato. Aspetti legali Anche se non univoco a causa delle omocodie, il codice fiscale nella pubblica amministrazione italiana risulta essere la condivisa e più frequente chiave alfanumerica identificativa di accesso agli altri dati personali del cittadino (compresi alcuni tipologie di dati sensibili): dati reddituali, dati catastali, fiscali-contributivi, ovvero di dati genetici, sanitari o biometrici. A scopo esemplificativo, nel glossario pubblicato sito dell'"authority", il codice fiscale, nome e cognome sono tipizzati come dato personale. Nel glossario non sono compresi il comune o lo Stato estero di nascita, sebbene questa informazione personale possa rivelare l'origine razziale ed etnica, che è qualificata come "dato sensibile" nel d.lgs. 196/2003 art. 4, e come dato personale di tipo particolare nel Regolamento generale sulla protezione dei dati personali, art. 9. Il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) dell'Unione Europea, in vigore da maggio 2018, tuttavia, non esemplifica nessuno di questi dati. In caso di comunicazione di dati personali fra soggetti pubblici non prevista da norme o regolamenti, "effettuata in qualunque forma anche mediante convenzione", il titolare del trattamento è tenuto a comunicare previamente al Garante tale circostanza (art. 39, codice privacy). Il Regolamento GDPR non fa menzione di enti di previdenza o di assistenza sociale. Il GDPR art. 9 vieta il trattamento dei dati personali di categoria particolare, definiti all'art. 4. Tuttavia, le deroghe possibili sono genericamente "motivi di interesse pubblico rilevante sulla base del diritto dell'Unione o degli Stati membri", oltre ad (ampi) casi circostanziati: dato reso manifesto dall'interessato, e del pubblico interesse (archiviazione, ricerca storica e scientifica, medicina preventiva e del lavoro, sanità pubblica). Al trattamento dei dati personali relativi allo stato di salute e alla vita sessuale, biometrici e genetici, anche per finalità di ricerca, sono riferiti: dal Codice della Privacy (artt. 4, 22, 37, 110), e dal GDPR (considerazione generale n. 159, art. 3, art. 4 in merito alla definizione di dato sensibile, art. 5 in merito all'obbligo di cancellazione o rettifica dei dati inesatti, art. 9 -divieto di trattamento dei dati personali di categoria particolare, 28 per quanto riguarda gli obblighi contrattuali del responsabile del trattamento, 34-obbligo di notifica all'interessato in caso di violazione dei dati, 49, art. 169- protezione dei dati negli istituti nazionali di statistica). Problemi relativi al codice fiscale Omocodie Il meccanismo di calcolo del codice fiscale può portare alla generazione di codici identici per persone fisiche diverse. Si parla in questo caso di omocodia del codice fiscale. L'Agenzia delle Entrate provvede ad attribuire a ciascuna persona un nuovo codice in modo da garantire l'unicità dello stesso. Il meccanismo con il quale si gestiscono le omocodie consente di generare il codice fiscale sostituendo una o più cifre (a partire dall'ultima) con una lettera. Utilizzando tutte le combinazioni possibili di sostituzioni dei numeri con lettera, si possono gestire al massimo 128 codici differenti. I casi di soggetti cosiddetti omocodici, inizialmente molto limitati per quanto riguarda i cittadini italiani, si sono notevolmente incrementati nel tempo prevalentemente per gli stranieri, con una concentrazione particolarmente elevata per i nati nei paesi nei quali è prassi comune non ricordare il giorno esatto di nascita. Data di nascita Il fatto di indicare solo le ultime due cifre dell'anno di nascita implica che, a parità degli altri dati, i nati a distanza di un secolo hanno lo stesso codice. Ad esempio, un uomo nato il 1º febbraio 1907 ha lo stesso codice di un uomo nato nella stessa città lo stesso giorno nel 2007: 07B01. Luogo di nascita Il codice fiscale fotografa la situazione geopolitica e amministrativa al momento della nascita della persona fisica; per tale motivo esso deve riportare l'effettivo luogo (se in Italia) o Paese (se nato all'estero) di nascita della persona, non quelli attuali eventualmente soggetti a modificazioni. Per esempio se una persona fisica è nata a Kiev nel 1985, la stringa composta dai caratteri tra l'undicesimo e il quindicesimo sarà Z135 (Unione Sovietica) e non Z138 (Ucraina, divenuta indipendente nel 1991). Stessa considerazione vige nei confronti del comune di nascita: una persona nata in un comune soppresso o accorpato (per esempio Borgo Panigale, fino al 1937 comune autonomo e da quella data parte del comune di Bologna) avrà il codice catastale del luogo di nascita corrispondente alla situazione amministrativa del momento (B027 prima del 1937, A944, codice di Bologna, dopo). Ovviamente lo stesso discorso si applica a quei casi di frazioni comunali nel frattempo divenute comuni autonomi: chi per esempio è nato prima del 1992 a Fiumicino (all'epoca frazione del comune di Roma) porta nel codice fiscale il codice catastale H501 della Capitale italiana, laddove nel codice di chi è nato dopo figura M297, codice catastale del nuovo comune. Fanno eccezione alcuni cittadini che negli anni settanta, pur nati in territorio italiano, si erano visti attribuire un codice catastale estero, in quanto il comune era diventato territorio straniero dopo la seconda guerra mondiale. Carattere di controllo L'algoritmo di calcolo del carattere di controllo non è in grado di riconoscere alcuni tipi frequenti di errori di battitura: lo scambio di due o più lettere in posizione pari o dispari. l’inversione della sequenza composta dai caratteri consecutivi W e Y: la sequenza WY e la sequenza YW producono lo stesso valore nella computazione del carattere di controllo; questa casistica, seppure improbabile, invalida lo scopo del carattere di controllo che dovrebbe rilevare la permutazione di due caratteri consecutivi diversi (carattere di controllo). Esempio: i codici fiscali MRYWLM80A01H501H e MRWYLM80A01H501H sono entrambi formalmente validi e differiscono solo per l'inversione di due lettere consecutive. Cambio di nome I contribuenti che cambiano il loro cognome o il nome durante la vita sono costretti ad aggiornare anche il proprio codice fiscale. Il problema, che era in origine occasionale, sta diventando sempre più frequente con l'aumento del numero degli stranieri, che potrebbero cambiare cognome in base a leggi del loro paese di origine. Per esempio: le cittadine estere di molti paesi del mondo prendono il cognome del marito quando si sposano e lo possono perdere quando divorziano. Possibile inquinamento di banche dati Nel caso in cui in banche dati sia private che di enti pubblici siano presenti informazioni associate a un codice fiscale non validato o non veritiero (per dolo, negligenza o errore materiale), dette banche sono inquinate. Tra i casi più frequenti vi sono omocodìe e mancate notifiche di cambio nome (che comportano aggiornamento del codice fiscale). Molto meno frequente, ma non per questo meno possibile, il caso in cui il dato sia molto vecchio e immesso nella banca dati privo di codice fiscale e quest'ultimo sia stato evinto in maniera non validata dai dati anagrafici tramite algoritmi comunque reperiti. Autogenerazione del codice fiscale Benché esistano algoritmi in grado di calcolare in maniera indipendente il proprio o l'altrui codice fiscale, l'unico soggetto che per legge ne rilascia di validati ed efficaci a norma di legge è l'anagrafe tributaria dell'Agenzia delle entrate. Quindi in caso di discrepanza tra due codici, anche se quello non validato appare rispettare l'algoritmo, quello valido è quello emesso dall'amministrazione finanziaria a esclusione di qualsiasi altro. Verifica telematica Essendo il codice fiscale identificativo di un soggetto nei rapporti intercorrenti con la pubblica amministrazione, l'Agenzia delle Entrate mette a disposizione un servizio di verifica del codice fiscale (esistenza in Anagrafe Tributaria) e/o di corrispondenza tra codice fiscale e dati anagrafici di un soggetto. L'utilizzo "massivo" di tale servizio sarebbe auspicabile al fine di "bonificare" le banche dati degli uffici dagli eventuali codici fiscali errati o non aggiornati. Il servizio "massivo" è limitato quasi esclusivamente alla P.A., alle società pubbliche e ai gestori di servizi pubblici. Il servizio non deve essere confuso con i programmi, che si trovano anche su internet, e che controllano semplicemente il codice fiscale "stand alone" confrontandolo con i soli dati anagrafici, inseriti dall'utente, e/o sulla base del solo carattere di controllo. Verifica del codice fiscale agenzia delle entrate Esistono tre servizi online, completamente gratuiti e accessibili da chiunque, che l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione per verificare un codice fiscale. Li descriveremo qui di seguito. Per accedere a tale possibilità non devi neanche essere registrato. Il portale dell’Agenzia delle Entrate è il seguente: AGENZIA DELLE ENTRATE - CONTROLLO DEL CODICE FISCALE Accedendo a questo link hai la possibilità di verificare: Se un codice fiscale davvero esiste; Se il codice fiscale corrisponde davvero ai dati anagrafici di una persona fisica; Infine, se il codice fiscale corrisponde davvero alla denominazione di una società o di una ditta. Pertanto, il servizio dell’Agenzia delle Entrate non ti consente di risalire al titolare del codice fiscale, ossia di conoscere il suo nome, cognome, data e luogo di nascita, ma ti permette solo di sapere se il codice fiscale è davvero registrato dentro l’Anagrafe tributaria. Così potrai scoprire se hai un codice fiscale sbagliato o ti è stato dato un codice inesistente. Dati personali Il codice fiscale di una persona fisica rivela i dati personali, data e comune di nascita, nessuno dei quali, comunque, sensibile. Denominazione nelle lingue minoritarie d'Italia Nelle regioni a statuto speciale che beneficiano di un regime di bilinguismo, la denominazione codice fiscale è resa nelle seguenti varianti: per la Valle d'Aosta, bilingue italiano/francese: Code fiscal; per la provincia autonoma di Bolzano, bilingue italiano/tedesco: Steuernummer; in Friuli-Venezia Giulia, per i comuni delle province di Trieste e Gorizia, il cui statuto prevede il bilinguismo italiano/sloveno: Davčna številka. Galleria d'immagini Riferimenti normativi Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605 - Disposizioni relative all'anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti. Note Voci correlate Ministero dell'Economia e delle Finanze Agenzia delle Entrate Tessera sanitaria Omocodia Check digit Partita IVA Codice unico di progetto Trattamento dei dati personali Altri progetti Collegamenti esterni La tessera sanitaria contiene il codice fiscale (dal sito dell'Agenzia delle entrate) Codice fiscale e tessera sanitaria (dal sito dell'Agenzia delle entrate) Informazioni sulla codificazione delle persone fisiche (dal sito dell'Agenzia delle entrate) Strumenti di ambito tributario Diritto tributario italiano Standard
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https://it.wikipedia.org/wiki/Comune%20%28Italia%29
Comune (Italia)
Un comune, nell'ordinamento giuridico della Repubblica Italiana, è un ente locale territoriale autonomo previsto dall'art. 114 della Costituzione della Repubblica Italiana. Può essere suddiviso in frazioni, le quali possono a loro volta avere un limitato potere grazie a delle apposite assemblee elettive. Un comune può altresì avere il titolo di città. La disciplina generale è contenuta nel decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e ha come organi politici il consiglio comunale, la giunta comunale e il sindaco. Descrizione Ogni comune appartiene a una provincia, ma la provincia non fa da tramite nei rapporti con la regione e questa in quelli con lo Stato a livello gerarchico, poiché esso, essendo dotato di personalità giuridica, può avere rapporti diretti con la regione e con lo Stato. Tutti gli enti locali sopra citati disciplinano, con proprio regolamento, in conformità allo statuto, l'ordinamento generale degli uffici e dei servizi, in base a criteri di autonomia, funzionalità ed economicità di gestione e secondo i principi di professionalità e responsabilità. I comuni devono avere un proprio statuto comunale e possono ripartire il proprio territorio in circoscrizioni al fine di assicurare alla popolazione una più diretta partecipazione all'amministrazione. Alla circoscrizione sono delegati poteri che vanno di là dalla mera funzione consultiva (per la quale possono essere previsti nello statuto del comune, appositi comitati o consulte di quartiere). La legge finanziaria per l'anno 2007 ha modificato i termini per la costituzione delle circoscrizioni, rendendole obbligatorie in comuni con una popolazione superiore a abitanti (non più ) e opzionali, invece, ove la popolazione è compresa tra e abitanti (prima l'intervallo era abitanti). Un comune può avere una, nessuna o più frazioni, essere un comune sparso, essere suddiviso in circoscrizioni o avere un'exclave a livello territoriale. I comuni possiedono inoltre una classificazione climatica e sismica del proprio territorio ai fini di prevenzione e protezione civile. Appartengono al comune e sono da esso gestite tutte le strutture cosiddette comunali ovvero scuole, strutture sportive e culturali quali biblioteche comunali, teatri, ecc. Organizzazione amministrativa L'organizzazione amministrativa di un comune è fissata dal Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL) assieme a quello degli altri enti locali. A capo del comune vi è il sindaco, democraticamente eletto tramite elezioni comunali a suffragio universale tra tutti i cittadini comunali aventi diritto al voto (età maggiore di 18 anni), con poteri esecutivi assieme alla giunta comunale, organo collegiale composto da un numero variabile di assessori comunali da lui nominati in rappresentanza delle forze politiche che lo appoggiano (equivalente del consiglio dei ministri e del capo del governo a livello statale). Il sindaco risiede nel municipio durante il suo operato con un mandato che dura 5 anni a meno di dimissioni o decesso. A supervisione di tutto vi è il consiglio comunale, organo collegiale equivalente del Parlamento a livello statale, composto da consiglieri comunali in rappresentanza di tutte le forze politiche del territorio con funzioni di approvazione del bilancio comunale, delle delibere e provvedimenti emessi dal sindaco/giunta (es. ordinanze). Oltre alla figura di assessore e consigliere, altra figura chiave a livello amministrativo è quella del segretario comunale. L'attività amministrativa si svolge tipicamente nel Palazzo del Municipio che funge anche da luogo con le relazioni dirette con i cittadini. Spesso i comuni appartengono a unioni di comuni quali comunità collinari, comunità montane e comunità isolane, oppure rientrano in aree di città metropolitane. Storicamente a livello locale sono nati movimenti politici apartitici dette Liste civiche. Al comune, o in forma associata, fanno capo gli organi di Polizia municipale (vigili) per il controllo del rispetto delle norme del Codice della Strada e le forze addette alla pulizia delle strade e dello smaltimento dei rifiuti. Un comune con i suoi organi di amministrazione può essere commissariato per cattiva amministrazione. La promozione del territorio è affidata invece a enti di promozione e associazioni culturali locali come le Pro Loco. Funzioni di amministrazione In quanto dotato di autonomia amministrativa e finanziaria nei limiti fissati da Costituzione e TUEL, il comune è responsabile dell'amministrazione del territorio per quanto riguarda: definizione e rispetto del bilancio comunale annuale definizione e rispetto del piano regolatore generale comunale ordine pubblico e pubblica sicurezza gestione viabilità strade comunali gestione edifici pubblici smaltimento dei rifiuti gestione criticità legate a maltempo e calamità naturali Qualora alcune di queste funzioni vengano meno per effetto ad esempio di calamità naturali, il sindaco può chiedere l'intervento della prefettura. Per tutte le sue funzioni amministrative ogni comune dispone di un budget finanziario annuale da parte dello Stato. Le modalità di ripartizione dei fondi del bilancio comunale sono oggetto di discussione e approvazione da parte del consiglio comunale dopo le richieste di avanzamento da parte della giunta comunale sotto forma di deliberazione. Comuni montani In conformità all'art. 44 della costituzione inerente alla salvaguardia delle zone montane, la legge n. 991 del 1952 ha stabilito i criteri in base ai quali un comune è definito montano; nel 2018 i comuni italiani classificati montani erano , distribuiti in tutte le regioni (ma non in tutte le province). Sono considerati invece parzialmente montani quei comuni nei quali tali criteri sono rispettati in una parte soltanto del territorio comunale. In talune regioni è ammesso che gruppi di comuni montani (o, talvolta, parzialmente montani) fra loro vicini possano aggregarsi per dar vita a una comunità montana. Roma Capitale Dal 3 ottobre 2010 la città di Roma è amministrata da un ente territoriale comunale sui generis, chiamato Roma Capitale. L'ente ha poteri maggiori rispetto a un comune ordinario e ha un proprio statuto che ne determina i principi e l'ordinamento. Decreto trasparenza Il D. Lgs. n. 33 del 14/03/2013 in tema di "Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni" definisce la trasparenza come accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all'attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche. Le informazioni devono essere pubblicate in formato aperto e sono riutilizzabili, senza ulteriori obblighi diversi da quello di citarne la fonte e rispettarne l'integrità (art. 7). I dati sono pubblicati nel sito istituzionale, nella sezione "Amministrazione trasparente" (art. 9-bis), secondo le denominazioni e la struttura prestabilite dal decreto (all. A). Fra i documenti obbligatori: i documenti di programmazione strategico-gestionale e gli atti degli organismi indipendenti di valutazione, bilancio preventivo e consuntivo; curriculum vitae, compensi e spese di servizio degli incarichi politici elettivi e non, dirigenziali e delle consulenze; enti di diritto privato in controllo pubblico, nonché alle partecipazioni in società di diritto privato; scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi; accordi stipulati dall'amministrazione con soggetti privati o con altre amministrazioni pubbliche; documentazione relativa a ciascun procedimento di presentazione e approvazione delle proposte di trasformazione urbanistica d'iniziativa privata o pubblica in variante allo strumento urbanistico generale; concernenti gli interventi straordinari e di emergenza che comportano deroghe alla legislazione vigente. Il codice sulla privacy prevedeva che i soggetti pubblici non dovessero acquisire il consenso degli interessati per la gestione interna e riservata dei dati (all.3). Dal 25 maggio 2018 è in vigore il Regolamento generale sulla protezione dei dati, che, a differenza della precedente direttiva, si applica anche a imprese ed enti, organizzazioni in generale. In materia di dati catastali, l'accesso telematico esterno risulta consentito esclusivamente ai tecnici abilitati previa apposita delega scritta del Proprietario. La Corte di Cassazione (Cass. civ., 20 febbraio 1987, n. 1840) ha esteso tale facoltà soltanto ai notai nell’ambito dello svolgimento del loro incarico. La semplificazione ha dato luogo a una serie di accordi fra distretti notarili e amministrazioni comunali locali, finalizzati a un accesso alle varie banche dati dell'Anagrafe e al rilascio informatico dei certificati necessari per gli atti. Al 2014, risultavano "coperti" dal servizio 25 comuni italiani, mediante una propria applicazione web realizzata dai singoli comuni a risorse finanziarie invariate. La normativa stabilisce che tutti i documenti contenenti atti soggetti a pubblicazione obbligatoria sono altresì soggetti a obbligo di comunicazione tempestiva nei siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni, fermo restando l'onere di affissione all'albo pretorio telematico (la tradizionale affissione cartacea era ammessa soltanto fino al 2010). Il titolo di città Il titolo di città è concesso con apposito decreto del presidente della Repubblica, su proposta del Ministero dell'interno, a cui il comune interessato invia istanza di concessione. I comuni dotati del titolo di città solitamente portano al di sopra dello stemma la corona d'oro loro spettante, salvo eccezioni (ovvero diverse disposizioni nel decreto di approvazione dello stemma o in presenza) e con la generale esclusione della provincia di Bolzano: «La corona di Città ( [...] ) è formata da un cerchio d'oro aperto da otto pusterle (cinque visibili) con due cordonate a muro sui margini, sostenente otto torri (cinque visibili) riunite da cortine di muro, il tutto d'oro e murato di nero». Gli stemmi sono assegnati con decreto del presidente del Consiglio dei ministri a cura dell'Ufficio del cerimoniale di Stato e per le onorificenze, Servizio onorificenze e araldica (ripartizione della Presidenza del Consiglio nata dalla trasformazione della Consulta araldica, soppressa ai sensi delle disposizioni finali della Costituzione italiana). Comuni delle regioni a statuto speciale Valle d'Aosta Nella Valle d'Aosta è in vigore una corposa legislazione in materia comunale concernente sia gli aspetti organizzativi sia quelli elettorali, finanziari e burocratici. La norma principale è la legge regionale n. 54 del 7 dicembre 1998, e successive modificazioni, che regola il sistema delle autonomie della valle. In materia elettorale era invece già intervenuta la legge regionale n. 4 del 9 febbraio 1995, e successive modificazioni, liberamente ispirata alle riforme apportate a livello nazionale. Caratteristica specifica della legislazione valdostana è l'elezione diretta del vicesindaco, che diviene così un organo inamovibile dell'amministrazione comunale. I toponimi della Valle d'Aosta presentano un'unica forma, in lingua francese, con l'eccezione di Aosta (it. Città di Aosta, fr. Ville d'Aoste), Breuil-Cervinia e dei toponimi dei comuni di Gressoney-Saint-Jean e Gressoney-La-Trinité (in dialetto titsch) e di Issime (in francese e dialetto issimese töitschu). Ai comuni valdostani spetta tuttavia una doppia denominazione, in lingua francese (commune) e in lingua italiana, che si affianca a quella in lingua tedesca per i comuni per i quali è prevista (i già citati Gressoney-Saint-Jean, Gressoney-La-Trinité e Issime). In questo caso, la traduzione di comune in tedesco è Gemeinde (per Gressoney-Saint-Jean e Gressoney-La-Trinité) e Gemeindeverwaltung (per Issime). Trentino-Alto Adige Nel Trentino-Alto Adige i comuni sono normati dal Testo unico delle leggi regionali approvato con decreto del presidente della Regione n. 3/L del 1º febbraio 2005. A dispetto del nome, tale fonte legislativa non è un documento esauriente come accade nel corrispondente atto nazionale, ma contiene una serie di rimandi a varie leggi precedenti già in vigore. Il correlato decreto n. 1/L regola l'elezione degli organi municipali stabilendo, caso unico in Italia, il sistema elettorale proporzionale per la composizione dei consigli comunali nella Provincia autonoma di Bolzano, in modo da non alterare i rapporti di forza fra le varie comunità linguistiche. Ai comuni della provincia autonoma di Bolzano spetta doppia denominazione, in lingua tedesca e in lingua italiana, che si affianca a quella di lingua ladina per i comuni per i quali è prevista. La traduzione di comune in ladino dolomitico è chemun o comun (ufficiale anche per i comuni ladini della provincia autonoma di Trento), mentre in tedesco è: Gemeinde, per i comuni a cui non sia stato conferito il titolo di città; Stadtgemeinde, per i comuni a cui sia stato conferito il titolo di città; Marktgemeinde, riservata ai comuni che già godevano del titolo di Markt (diritto di avere un mercato) nell'Impero austro-ungarico, prima dell'annessione dell'Alto Adige al Regno d'Italia avvenuta a seguito della prima guerra mondiale. Nel secondo dopoguerra l'attribuzione di questo titolo è stata avocata alla giunta regionale, che lo conferisce ai comuni con almeno abitanti. La sua traduzione italiana sarebbe ufficialmente "borgata". Sui 116 comuni altoatesini, 16 hanno il titolo di mercato e 8 quello di città. Friuli-Venezia Giulia Nel Friuli-Venezia Giulia il legislatore regionale ha utilizzato solo parzialmente le facoltà concessegli dalla riforma costituzionale del 1993, lasciando espressamente in vigore le norme nazionali non incompatibili con le deliberazioni locali. Nella normativa si segnala la legge regionale n. 1 del 2006 sulle autonomie locali e, in materia elettorale, la legge regionale n. 14 del 9 marzo 1995 e successive modificazioni. Si noti come questa legge, come per parte statale il decreto legislativo n. 9 del 2 gennaio 1997 di attuazione della riforma costituzionale del 1993, fanno in più punti riferimento alla normativa nazionale vigente, che all'epoca era la legge n. 142 dell'8 giugno 1990 così come modificata nel 1993: ciò sottopone i comuni della regione a un incrocio di norme estremamente complesso e atipico, dato che oltre alla legislazione regionale e a quella nazionale non incompatibile, rimangono qui in vigore anche alcune norme nazionali del passato abrogate nel resto d'Italia. Per quanto concerne il bilinguismo, nelle province di Gorizia, Udine e Trieste alcuni comuni hanno un doppio nome e una doppia denominazione, in italiano e sloveno. Il comune è chiamato in questi casi občina. Nelle province di Udine, Gorizia e Pordenone alcuni comuni al nome italiano affiancano il nome in friulano. La denominazione in questi casi è comun. Nel 2014 In base alla legge regionale 26/2014 "Riordino del sistema Regione - Autonomie locali del Friuli-Venezia Giulia" tesa, fra l'altro, all'abolizione degli enti-provincia, più Comuni si raggruppano in una forma di ente pubblico che prende il nome di Unioni territoriali intercomunali (UTI). Nel 2020 a seguito dell'abolizione delle Unioni Territoriali Intercomunali, sono stati istituiti gli enti di decentramento regionale (EDR), istituiti con Legge regionale 29 novembre 2019, n. 21 ("Esercizio coordinato di funzioni e servizi tra gli enti locali del Friuli Venezia Giulia e istituzione degli Enti di decentramento regionale"), ed operativi dal 1º luglio 2020, sono enti funzionali della Regione autonoma del Friuli-Venezia Giulia. Sicilia La Sicilia, essendo la regione che gode del maggior grado di autonomia, è l'unica ad aver avuto piena potestà sui suoi enti locali fin dall'approvazione della Costituzione nel 1948. L'applicazione della normativa nazionale sull'isola - salvo che per i profili relativi all'esercizio di funzioni statali decentrate e per quelle relative all'ordinamento contabile - è stata dunque sempre eventuale e soggetta ad esplicito recepimento da parte del legislatore regionale. La vigilanza sugli enti locali siciliani è affidata all'Assessorato delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica. La materia elettorale è regolata dal decreto del presidente regionale n. 3 del 20 agosto 1960, profondamente modificato dalla Legge regionale del 26 agosto 1992, n. 7, pioniera in Italia dell'elezione diretta del sindaco, dalla Legge regionale del 15 settembre 1997, n. 35, che avvicinò il meccanismo elettorale maggioritario a quello nazionale, e dai successivi interventi legislativi fino al 2008. Tra le caratteristiche normative tipiche dell'isola, si segnala l'abbassamento a abitanti della soglia di differenziazione fra comuni minori e maggiori in materia elettorale, e l'introduzione per i primi di un meccanismo secco che assegna i tre quinti dei seggi ai vincitori e dei due quinti ai primi perdenti, con l'esclusione di ogni altra lista e indipendentemente dalla percentuale ottenuta. Ancor più atipica è la possibile convivenza fra il commissario regionale, figura che sull'isola è prevista in luogo di quella di nomina prefettizia, e il consiglio comunale: il commissario riceve infatti qui di base solo le funzioni esecutive, e non quelle deliberative, le seconde essendogli attribuite solo in caso di scioglimento del consiglio per dimissioni dei consiglieri o voto di sfiducia al sindaco. Nel caso di dimissioni o qualsiasi decadenza di quest'ultimo invece, la consiliatura continua commissariata fino al termine del mandato naturale, elezioni anticipate venendo indette solo nel caso di una crisi consiliare. Sardegna La Sardegna è l'unica regione ad autonomia speciale a non aver ancora esercitato in maniera organica i suoi poteri in tema di amministrazione comunale; nell'isola si applica quindi il Testo Unico nazionale, con l'eccezione delle deroghe particolari stabilite da alcune specifiche leggi regionali. Le modifiche in materia approvate e proposte a livello centrale hanno tuttavia stimolato anche in Sardegna l'attivismo del legislatore regionale, dapprima sospendendo l'applicazione in loco delle nuove norme nazionali, e quindi con la legge regionale n. 11 del 25 maggio 2012 che ha provveduto a un riordino delle autonomie locali sarde. Statistiche Al 2023 l'Italia ha comuni. Per effetto di aggregazioni spontanee, il loro numero è in calo rispetto al censimento generale del 2011, quando i comuni italiani erano e contavano in media residenti. Nel 2011 il 70,5% dei comuni aveva meno di abitanti e appena il 6,3% più di . Tra questi, i comuni con più di abitanti erano complessivamente 141, e quelli con più di abitanti 46. Nel 1861, anno dell'unità d'Italia, i comuni erano . In corrispondenza del censimento del 1921 è stato registrato il maggior numero di comuni, ovverosia , mentre al censimento successivo del 1931, per effetto di numerosi decreti di accorpamento se ne registrarono , valore minimo raggiunto. Comuni per fasce demografiche Dati ISTAT aggiornati al 1º gennaio 2021: Fasce demografiche di interesse per i piccoli comuni Fasce demografiche per area geografica Comuni del Nord, Centro e Mezzogiorno d'Italia suddivisi per fasce demografiche. Il Nord comprende le regioni del Nord-Ovest (Liguria, Lombardia, Piemonte, Valle d'Aosta) e quelle del Nord-Est (Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige, Veneto). Il Centro comprende le regioni dellItalia centrale o Centro Italia (Lazio, Marche, Toscana e Umbria). Il Mezzogiorno comprende le regioni dellItalia Meridionale o Sud Italia (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia) e quelle dell'Italia insulare (Sardegna, Sicilia). L'Abruzzo è classificato nell'Italia meridionale per ragioni storiche, in quanto faceva parte del Regno delle Due Sicilie prima dell'unità d'Italia del 1861. Differenze linguistiche Nei comuni italiani la lingua ufficiale è l'italiano seguita dai vari dialetti e lingue locali. Esistono tuttavia delle differenze linguistiche nei comuni di confine con le nazioni estere (Francia, Svizzera, Austria e Slovenia) dove esiste almeno una seconda lingua come il francese, il tedesco e lo sloveno (per esempio Piemonte, Valle d'Aosta, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia). Esistono inoltre delle minoranze linguistiche come la lingua ladina in Trentino-Alto Adige e in Veneto, la lingua friulana nel Friuli-Venezia Giulia, la lingua sarda in Sardegna, la lingua walser in Piemonte e Valle d'Aosta, la lingua greca in Puglia e in Calabria, l'arbëreshë in Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, il francoprovenzale in Puglia. Primati Il comune con il nome più lungo è San Valentino in Abruzzo Citeriore (PE) con 34 lettere, mentre i comuni di Ne (GE), Re (VB) e Vo' (PD) hanno il nome più corto con sole due lettere Il primo comune in ordine alfabetico è Abano Terme (PD) e l'ultimo è Zungri (VV) Il comune più a nord d'Italia è Predoi (BZ), quello più a sud Lampedusa e Linosa (AG), il più occidentale Bardonecchia (TO) e il più orientale Otranto (LE) Il comune più popolato d'Italia è Roma (RM), il meno popolato Morterone (LC) Il comune più vasto d'Italia è Roma (RM), il meno vasto Atrani (SA) Il comune con la più alta densità di popolazione è Casavatore (NA), quello con la più bassa è Briga Alta (CN) Note Bibliografia Legge 20 marzo 1865, n. 2248 - Per l'unificazione amministrativa del Regno d'Italia Paolo Caretti e Ugo De Siervo, Istituzioni di diritto pubblico, Torino, Giappichelli Editore, 1996. ISBN 88-348-6210-4. Voci correlate Associazione Nazionale Comuni Italiani Consiglio comunale (Italia) Comune sparso Consorzio di comuni Demografia d'Italia Ente locale (Italia) Elezioni amministrative in Italia Messo comunale Titolo di città in Italia Testo unico degli enti locali Sindaco (Italia) Rete Città Sane Unione di comuni Ufficiale dello stato civile Ufficiale dell'anagrafe Ufficiale elettorale Altri progetti Collegamenti esterni Associazioni e Reti di Comuni Reti del Terzo Settore (partner dell'OMS) Altro ex D.Lgs. "Trasparenza" n. 97/2016, art. 5, comma 1. Enti territoriali d'Italia
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https://it.wikipedia.org/wiki/Ciclopi
Ciclopi
I Ciclopi sono delle figure della mitologia greca. Sono in genere uomini giganteschi con un occhio solo al centro della fronte, a volte dipinto come unico organo visivo della creatura, altre volte invece accompagnato da una coppia di occhi. Compaiono in vari racconti della mitologia greca e la loro descrizione varia a seconda dell'autore: nella Teogonia di Esiodo vengono rappresentati come artigiani e fabbri eccezionali, figli di Urano e Gea, mentre nell'Odissea di Omero diventano delle creature rozze, violente e selvagge dedite alla pastorizia e, occasionalmente, all'antropofagia; di quest'ultimo gruppo fa parte uno dei ciclopi più noti, ossia Polifemo. Il nome deriva dal greco "κύκλος" (cerchio) e "ὤψ" (occhio). Il mito Esistono due diverse tipologie di Ciclopi nella mitologia greca. In Esiodo (cfr. Teogonia) i tre Ciclopi Bronte, Sterope e Arge sono, come i Titani e gli Ecatonchiri (o Centimani), figli di Urano e di Gea. Questi Ciclopi sono esseri civilizzati e alleati degli dei olimpici. Vengono descritti come abilissimi artigiani, alti conoscitori dell'arte della lavorazione del ferro e la loro attività era fabbricare i fulmini di Zeus. Inoltre, sono dotati di conoscenza e intelletto straordinari. In Callimaco (cfr. Inno ad Artemide) i Ciclopi sono gli aiutanti di Efesto. In Omero invece, che ne parla nell'Odissea (libro IX), i Ciclopi sono ridotti al rango di esseri mostruosi, dei giganteschi energumeni che vivono isolati l'uno dall'altro in caverne naturali e praticano la pastorizia per vivere, non disdegnando però di cibarsi di esseri umani. Oltretutto, a rimarcare la loro inferiorità rispetto ai Ciclopi originali, in Omero non sono più figli di Urano e Gea (quindi in qualche senso zii degli dèi e a loro antecedenti), ma soltanto del dio dei mari Poseidone. Omero dà solo il nome di uno di loro, Polifemo, che fece prigionieri Odisseo e i suoi compagni. Il suo accecamento da parte dell'eroe sarà causa della collera di Poseidone. Esiste in realtà una terza tipologia di Ciclopi, chiamati Gasterochiri. Questi sarebbero originari della Licia, seguirono Preto nell'Argolide quando questi tornò in Grecia. Erano muratori ed edificarono per lui le mura della città di Tirinto e per conto di suo nipote Perseo le mura di Micene e Midea. Realtà storica Una qualche verità storica riguardo all'esistenza di una popolazione o tribù dal nome di "Ciclopi" ci viene data da Tucidide nel libro VI delle sue Storie allorquando si accinge a parlare delle popolazioni barbare esistenti in Sicilia prima della colonizzazione greca. Così scrive: Il mito che descrive i ciclopi con un unico occhio centrale, secondo alcune ipotesi, potrebbe essere nato a causa di alcuni ritrovamenti fossili di elefanti nani, vissuti in Sicilia al tempo del Paleolitico. La particolarità dei loro crani è di avere un grande buco al centro, che non è altro che il foro nasale dell'elefante. Tali resti fossili potrebbero quindi essere stati scambiati per uomini giganteschi con un occhio solo e infatti anche il filosofo Empedocle afferma che "in molte caverne siciliane furono ritrovati fossili di una stirpe di uomini giganteschi oggi scomparsa. L'ipotesi più attendibile rimane oggi quella secondo cui i Ciclopi, antichi fabbri, fossero in realtà degli artigiani emigrati da oriente fino alle isole Eolie dove si sono trovate tracce della lavorazione dei metalli durante la facies Diana (IV millennio a.C.). I riscontri archeologici potrebbero così confermare il mito che li voleva residenti proprio su tali Isole. La presenza di un occhio solo potrebbe essere una tradizione legata all'usanza di coprire con una benda l'occhio sinistro per proteggerlo dalle scintille o da un ipotetico tatuaggio sulla fronte rappresentante il Sole, elemento al quale questi antichi artigiani potevano probabilmente essere devoti. Note Bibliografia Isabella Vincentini, Atene. Tra i muscoli dei Ciclopi, Unicopli Edizioni, Milano, 2002. Robert Graves, I Miti Greci Voci correlate Popoli mostruosi Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Cipressa
Cipressa
Cipressa (Çipressa in ligure) è un comune italiano di abitanti della provincia di Imperia in Liguria. Geografia fisica Il territorio comunale di Cipressa è ubicato in posizione panoramica, affacciato sul mare, tra la costa della punta di Santo Stefano e il capo di San Lorenzo. Tra le vette del territorio il monte Pian delle Vigne (541 m), il monte Casarazzi (474 m) e il monte della Costa (393 m). Storia Il toponimo Cipressa deriverebbe - secondo una diffusa leggenda locale - dai primi abitanti del luogo fuggiti dall'isola di Cipro che approdarono sulla spiaggia degli Aregai; sempre secondo la leggenda i tre pastori diedero il nome alle tre contrade storiche di Cipressa: Piazza, Poggio e Collautra. Il territorio cipressino fu un antico possedimento dei conti di Ventimiglia e fu un suo rappresentante, il conte Oberto, a vendere nel 1252 questa parte del territorio della Riviera dei Fiori ai monaci benedettini del principato monastico di Villaregia di Santo Stefano al Mare, dipendente dall'abbazia di Santo Stefano di Genova. Fu l'abate Fredencio a concedere, nel 1276, i primi statuti alla piccola comunità di Cipressa che via via fu retta da locali consoli avente giurisdizione in materia criminale e civile. Una situazione debitoria dei monaci verso la famiglia Doria, all'inizio del Trecento, costrinsero i primi a stipulare un accordo nel quale Niccolò Doria entrò in possesso dei proventi dell'ampia tenuta per un periodo di nove anni; termine che fu poi prorogato di altri nove anni, quindi intorno al 1335. Nonostante l'accordo, i monaci non riuscirono ad estinguere il loro debito verso la famiglia doriesca e di li a poco furono costretti a cedere la proprietà, per concludere l'estinzione debitoria, al Comune di Genova per una somma di 2300 lire genovesi. Subì come altri comuni liguri le invasioni dei pirati saraceni intorno alla seconda metà del XVI secolo che causarono devastazioni e razzie. Risale proprio a questo periodo l'erezione della torre, detta Gallinara, considerata il simbolo della municipalità di Cipressa ed inserita pertanto nello stemma comunale. In epoca repubblicana genovese il feudo di Cipressa venne inserito nella giurisdizione del podestà di Porto Maurizio e facente parte territorialmente al terziere di San Maurizio. Con la caduta della Repubblica di Genova sul finire del 1797, e la conseguente istituzione della napoleonica Repubblica Ligure, i territori di Cipressa e di Lingueglietta divennero municipalità autonome che furono inquadrate nel cantone di Santo Stefano nella giurisdizione degli Ulivi, con capoluogo Porto Maurizio; cantone che nel 1803 fu poi soppresso e sottoposto a quello di Porto Maurizio. Dal 1805, con il passaggio della Repubblica Ligure nel Primo Impero francese, rientrò nel circondario di Porto Maurizio del Dipartimento di Montenotte. Furono annessi al Regno di Sardegna nel 1815 dopo il congresso di Vienna del 1814, a seguito della caduta di Napoleone Bonaparte. Facente parte del Regno d'Italia dal 1861, dal 1859 al 1926 i comuni di Cipressa e di Lingueglietta furono compresi nel V mandamento di Santo Stefano al Mare del circondario di Sanremo facente parte della provincia di Nizza (poi provincia di Porto Maurizio e, dal 1923, di Imperia). Nel 1928 il comune di Cipressa inglobò i soppressi comuni di Lingueglietta e di Costarainera; quest'ultimo venne ricostituito nel 1954. Simboli Lo stemma ufficiale e il gonfalone sono stati approvati con l'apposito Decreto del Presidente della Repubblica nº 3638 datato al 20 giugno del 1988. Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose Chiesa parrocchiale della Visitazione nel centro storico di Cipressa, costruita nel XVII secolo in stile barocco ad unica navata. Oratorio dell'Annunciazione, vicino alla parrocchiale, fu edificato nel XVIII secolo su progetto di Francesco Marvaldi. Chiesa parrocchiale della Natività di Maria Vergine nel centro storico della frazione di Lingueglietta, risalente al XIII secolo. Nell'ultimo altare laterale di sinistra si conservano le spoglie mortali di , qui sistemate nel 1762 ed oggetto di particolare culto. Chiesa-fortezza di San Pietro, monumento simbolo del borgo di Lingueglietta. È un raro esempio di edificio religioso (della metà del XIII secolo) trasformato in fortezza, per ragioni difensive, all'epoca delle scorrerie barbaresche che afflissero il Ponente ligure all'incirca a metà del XVI secolo. Architetture militari Torre Gallinara. Eretta nel corso del Cinquecento è situata in posizione rialzata rispetto al paese. È un'antica torre saracena in pietra, parte della rete di torri d'avvistamento distribuite sulla costa ligure per sorvegliare i pirati mori. Torre della seconda metà del Cinquecento ad Aregai sul lungomare, sul confine con Santo Stefano al Mare. Società Evoluzione demografica Etnie e minoranze straniere Secondo i dati Istat al 31 dicembre 2019, i cittadini stranieri residenti a Cipressa sono , così suddivisi per nazionalità, elencando per le presenze più significative: Romania, Germania, Turchia, Qualità della vita La frazione di Lingueglietta fa parte del circuito dei borghi più belli d'Italia. Geografia antropica Il territorio comunale è costituito, oltre al capoluogo, dalle frazioni di Aregai, Lingueglietta, Piani di Cipressa per una superficie territoriale di 9,39 km². Confina a nord con il comune di Pietrabruna, a sud è bagnato dal mar Ligure, ad ovest con Pompeiana e Terzorio e ad est con Civezza, San Lorenzo al Mare e Costarainera. Economia L'economia si basa principalmente sul turismo e sulla coltivazione di fiori ed olive. Infrastrutture e trasporti Strade Il territorio comunale di Cipressa è attraversato principalmente dalla strada provinciale 77 collegante Costarainera e la frazione cipressina di Aregai. La provinciale 47 permette ancora il collegamento stradale del comune costarainese con Lingueglietta e, proseguendo, verso la frazione pietrabrunese di Boscomare. Arteria principale è la strada statale 1 Via Aurelia che nel territorio a meridione attraversa il territorio di Cipressa collegando, ad est, San Lorenzo al Mare e, ad ovest, Santo Stefano al Mare. Ferrovie Fino al 2001 era attiva la stazione di San Lorenzo-Cipressa, ubicata nel territorio comunale di San Lorenzo al Mare, lungo la tratta ferroviaria Genova-Ventimiglia e poi soppressa dopo lo spostamento a monte della stessa linea ferroviaria. Piste ciclabili Il territorio comunale di Cipressa è attraversato dalla pista ciclabile della Riviera Ligure, lunga 24 km, che da ovest verso est collega i vari comuni costieri di Ospedaletti, Sanremo, Taggia, Riva Ligure, Santo Stefano al Mare, Cipressa, Costarainera e San Lorenzo al Mare lungo il vecchio tracciato della ferrovia Genova-Ventimiglia. Amministrazione Altre informazioni amministrative Cipressa fa parte dell'Unione dei comuni della Valle del San Lorenzo. Sport Da molti anni costituisce la penultima salita della classica di ciclismo Milano-Sanremo (aggiunta in un secondo tempo per dare più competitività e spettacolo all'ultima fase della gara, nonostante non sia una salita molto impegnativa), nella quale, insieme alla successiva salita del Poggio, ha fatto più volte la differenza ai fini della vittoria finale. Note Voci correlate Unione dei comuni della Valle del San Lorenzo Altri progetti Collegamenti esterni Salite ciclistiche in Italia
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https://it.wikipedia.org/wiki/CSS%20%28disambigua%29
CSS (disambigua)
Astronomia Catalina Sky Survey – nome di un progetto di ricerca di comete, asteroidi e oggetti near-Earth Aziende Computer Super Store – catena di negozi specializzati in articoli informatici Biologia Caratteri sessuali secondari Chimica Combustibile solido secondario Codici CSS – codice aeroportuale IATA dell'aeroporto civile di Cassilândia (Brasile) css – codice ISO 639-3 della lingua ohlone meridionale Diritto Confederate States Ship – nave da guerra degli Stati Confederati d'America Consiglio superiore di sanità – organo di consulenza tecnico-sanitaria del Ministero della salute Content Scrambling System – tecnica di crittografia e autenticazione usata nei DVD Informatica Cascading Style Sheets – linguaggio di programmazione ed estensione distintiva dei fogli di stile per documenti HTML o XHTML Musica Cansei de Ser Sexy – gruppo musicale electro – indie brasiliano CSS – gruppo musicale brasiliano Religione C.S.S. – Congregazione delle Sacre Stimmate di Nostro Signore Gesù Cristo (stimmatini) C.S.S. – Suore Canonichesse dello Spirito Santo Sport Club sportif Sfaxien – società polisportiva tunisina Cognitive Science Society – associazione di Scienza cognitiva Combat Support Service – servizio di supporto al combattimento. In ambito militare indica le unità logistiche dispiegate nella zona di operazioni Videogiochi Counter Strike Source – videogioco per personal computer
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https://it.wikipedia.org/wiki/Cornedo%20all%27Isarco
Cornedo all'Isarco
Cornedo all'Isarco (Karneid in tedesco) è un comune italiano di abitanti della provincia autonoma di Bolzano in Trentino-Alto Adige, situato all'imbocco della valle Isarco, nonché della val d'Ega. Il centro e alcune frazioni sono arroccate sulle pendici della montagna, altre frazioni (Cardano, Prato all'Isarco) si trovano invece in fondovalle. Geografia fisica La frazione di Cardano (Kardaun) è collegata a Bolzano con una linea di autobus urbani (linea 8) e anche con la ciclabile della Valle Isarco. Da Cardano, attraverso una galleria lunga 1.100 m, si giunge nella Val d'Ega (Eggental) e da lì alle località sciistiche di Nova Ponente e Passo di Pampeago, a Nova Ponente, Nova Levante, al lago di Carezza presso il passo di Costalunga (1.741 m s.l.m.) o al passo di Lavazè (1.805 m s.l.m.) o passo di Oclini (1.989 m s.l.m.) Questi valichi alpini portano in Trentino. Dai bivi a Prato all'Isarco (Blumau) si giunge nella val di Tires oppure a Fiè allo Sciliar e da lì a Castelrotto, Siusi e all'alpe di Siusi. Origini del nome Il toponimo è attestato per la prima volta tra il 1142 e il 1170 come Corneit, Curneit, Curneid e deriva dal latino cornus ("corniolo"). La forma moderna compare nel 1477 come Karneyd. Storia Origini Cornedo è un antico distretto giudiziale (Gericht Karneid), facente parte dal XIII secolo della particolare organizzazione amministrativa della contea del Tirolo. Il distretto veniva gestito, per conto del potere principesco tirolese (dal 1363 asburgico), da diversi casati nobiliari, fra cui i signori di Liechtenstein originari di Laives. La particolare importanza della località risultava anche dalla sua posizione sulla rotta del Brennero che dal XIV secolo, grazie al cosiddetto Kuntersweg, passava per la gola dell'Isarco nel territorio di Cardano, e non più per il Renon. Simboli È parte delle insegne dei conti di Liechtenstein proprietari del castello e amministratori del villaggio dal 1385 al 1595. Lo stemma è stato adottato il 3 aprile 1968. Questo stemma coincide con lo sfondo di quello di Laives, luogo di origine della casata dei Liechtenstein. Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose Chiesa di San Vito Chiesa dei Santi Pietro e Paolo Apostoli Architetture militari Castel Cornedo Architetture civili Centrale di Cardano. Presso il centro abitato di Cardano sorge la centrale idroelettrica, una delle più grandi dell'Alto Adige, dotata di 5 condotte forzate ben evidenti lungo il pendio sovrastante. La sesta condotta è stata smantellata in quanto, sdoppiata alla fine, serviva ad alimentare 2 turbine ad uso ferroviario per la produzione di corrente continua a 5000 V: tale sistema di trazione è stato soppiantato. Le acque che discendono dalle condotte forzate sono derivate dalla diga di Ponte Gardena, circa 15 chilometri a monte. A dare il loro contributo all'opera furono l'architetto torinese Eugenio Mollino oltre all'architetto, e più tardi regista, Luis Trenker e il suo maestro, Clemens Holzmeister. La definitiva entrata in esercizio avvenne il 15 settembre 1929. Nel 1945 la centrale passò dal primo concessionario SIDI a “SIP - Società idroelettrica piemonte”. In seguito vi furono ulteriori passaggi di proprietà: nel 1963, con la nazionalizzazione dell'energia elettrica, Enel subentrò come concessionario della centrale di Cardano e di svariate altre centrali altoatesine. Nel 1999 Enel è divenuta una società per azioni e la gestione della centrale è stata trasferita a Enel Produzione S.p.A. Il primo giugno 2010 SEL e Enel Produzione hanno dato vita ad una joint venture. Dal gennaio 2011 la neo-costituita società, che ha assunto il nome di SE Hydropower Srl, opera grazie a una nuova concessione, a seguito di procedura per il rilascio/rinnovo indetta nel 2005, che ha durata fino al 31 dicembre 2040. Le condotte hanno una portata che può raggiungere i 90 m³/s al massimo, affrontando un dislivello totale di 183 metri tra il punto di presa (a 459 metri) e il punto di restituzione (a 276 metri). Oggi la centrale è gestita da Alperia Greenpower, affiliata Alperia S.p.A. Società Le frazioni Frazione (in ted.) Uomini Donne Totale Famiglie Collepietra (Steinegg) 716 677 1.393 520 S.Valentino in Campo (Gummer) 312 286 598 230 Cornedo (Karneid) 267 253 520 209 Cardano (Kardaun) 239 235 474 213 Prato all'Isarco (Blumau) 196 208 404 174 Briè (Breien) 24 19 43 17 Totale 1.754 1.678 3.432 1.363 (riferimento 23 marzo 2020) Fonte: https://www.gemeinde.karneid.bz.it/system/web/fakten.aspx?menuonr=219369194&sprache=3 Ripartizione linguistica Appartenenza linguistica degli abitanti secondo il censimento del 2011: Evoluzione demografica Infrastrutture e trasporti Cornedo all'Isarco per la sua particolare attenzione a favorire un turismo ecosostenibile a mobilità dolce è inserito nel consorzio delle Perle delle Alpi. Amministrazione Note Bibliografia Irmgard Lantschner, Die Gemeinde Karneid, a cura del Verein für Kultur und Heimatpflege Karneid, Cornedo, 2000. Wittfrida Mitterer, Megawatt & Resistenze - l'era delle centrali idroelettriche in Alto Adige, Bolzano: Athesia, 2004. ISBN 88-8266-339-6 Frieda Resch, Die Flurnamen in der Gemeinde Karneid, Cornedo, Comune di Cornedo, 2007. Voci correlate Castel Cornedo Perle delle Alpi Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Cabala%20cristiana
Cabala cristiana
La cosiddetta Cabala cristiana fu un movimento mistico e speculativo, sorto nel XV secolo tra pensatori non ebrei ed ebrei convertiti al Cristianesimo. Elementi di fondo di tale movimento erano la convinzione che gli insegnamenti occulti della Cabala ebraica fossero compatibili con la verità cristiana, il tentativo quindi di armonizzarli a tale verità e in qualche caso la pretesa che tali insegnamenti rinviassero, in definitiva, alla verità cristiana. La Cabala cristiana usò procedure simili a quella ebraica, come la ghematria, ma utilizzò, oltre che la lingua ebraica, il greco o il latino. Un esempio del sincretismo del movimento è il Pentagrammaton (nome a cinque lettere) che rappresenterebbe il nome segreto di Gesù. La lettera Šin ש, che rappresenta lo Spirito Santo, "scende" nel nome di Yahweh a comporre il nome del figlio Gesù. Il risultato differisce in molti punti dalla cabala ebraica e si avvicina di più all'esoterismo. Il più famoso esponente della Cabala cristiana è Pico della Mirandola che la espose nel suo Conclusiones philosophicae, cabalisticae et theologicae (Conclusioni filosofiche, cabalistiche e teologiche). Un'introduzione alla moderna cabala cristiana, da un punto di vista mistico, è il libro The Mystical Qabalah (La Cabala mistica) della scrittrice britannica Dion Fortune (1890-1946). Origini Il movimento fu influenzato da un desiderio di interpretare aspetti del cristianesimo ancor più misticamente dei precorsi mistici cristiani. I documenti neoplatonici greci arrivarono in Europa da Costantinopoli durante il regno di Maometto II. Il neoplatonismo era prevalente nell'Europa cristiana ed era confluito nello scolasticismo dalle traduzioni di testi greci ed ebraici in Spagna nel XIII secolo. Il Rinascimento fu un fenomeno di breve durata, finendo verso il 1750. La Cabala cristiana "reinterpretò la dottrina cabalistica con una prospettiva decisamente cristiana, associando Gesù Cristo, la sua morte e risurrezione, alle dieci Sephirot", e collegando le tre Sephirot superiori alle ipostasi della Trinità e le ultime sette "al mondo inferiore o terreno", oppure "rendendo Keter il Creatore (o Spirito), Chokhmah il Padre e Binah — la madre superna — Maria", il che "pone Maria ad un livello divino con Dio, cosa che le chiese ortodosse hanno sempre rifiutato di fare". I cabalisti cristiani cercavano di trasformare la Cabala in "un'arma dogmatica da volgere contro gli ebrei per spronarli alla conversione — iniziando con Raimondo Lullo", che lo studioso Harvey J. Hames chiama "il primo cristiano a riconoscere ed apprezzare la kabbalah come strumento di conversione", sebbene Lullo non fosse egli stesso un cabalista né esperto di Cabala. La susseguente Cabala cristiana si basa più che altro su Pico della Mirandola, Johann Reuchlin e Paolo Riccio. Dopo il XVIII secolo, la Cabala si fuse con l'occultismo europeo, parte del quale aveva una base religiosa; ma la popolarità della Cabala cristiana si era ormai spenta. Alcuni tentativi sono stati fatti per ravvivarla negli ultimi decenni, in particolare in relazione al neoplatonismo dei primi due capitoli della Vangelo di Giovanni, ma non è entrata nella corrente principale del cristianesimo. Precursori medievali Beato Raimondo Lullo Il francescano Ramon Lull (Raimondo Lullo) (ca. 1232-1316) fu "il primo cristiano a riconoscere ed apprezzare la kabbalah come strumento di conversione", sebbene "non fosse egli stesso un cabalista, né proficiente in nessun particolare approccio cabalistico". Non interessato alle possibilità dell'influenza erudita ebraica, che sarebbe iniziata nel tardo Rinascimento, la sua interpretazione della neonata Cabala fu rispetto alle possibilità di dibattito teologico con gli ebrei. Conversi spagnoli Un'espressione iniziale della Cabala cristiana fu quella dei conversi spagnoli, dal tardo XIII secolo fino all'espulsione dalla Spagna del 1492. Tra questi si annovera Abner di Burgos (poi col nome acquisito alla conversione di Alfonso di Valladolid) e Pablo de Heredia. L'"Epistola dei Segreti" di Heredia è "la prima opera riconoscibile di Cabala cristiana" e venne citata da Pietro Galatino che influenzò Athanasius Kircher. Tuttavia la Cabala di Heredia consiste di citazioni di opere cabalistiche inesistenti e riferimenti distorti o falsi da fonti cabalistiche reali. Cabalisti cristiani La Cabala cristiana fiorì completamente durante il Rinascimento come risultato di continui studi dei testi greci e di traduzioni eseguite da ebraisti cristiani. Anche l'invenzione della stampa giocò la sua parte in una più ampia diffusione dei testi. Pico della Mirandola Tra i primi a promuovere la conoscenza della Cabala al di là dei circoli elitisti ebraici fu Giovanni Pico della Mirandola (1463–1494) studente di Marsilio Ficino presso la sua Accademia Fiorentina. La sua visione sincretica del mondo si combinò col platonismo, neoplatonismo, aristotelismo, ermetismo e Cabala. L'operato di Mirandola riguardo alla Cabala fu ulteriormente sviluppato da Athanasius Kircher (1602–1680), prete gesuita, ermetista ed erudito eclettico; nel 1652, Kircher scrisse in materia sul suo Oedipus Aegyptiacus. Sebbene entrambi esercitassero nell'ambito della tradizione cristiana, entrambi erano interessati all'approccio sincretico. La loro attività portò direttamente all'Occulto e alla Cabala ermetica. Non si può dire la stessa cosa di Reuchlin, Knorr von Rosenroth e Kemper. Johannes Reuchlin Johannes Reuchlin (1455–1522) fu "il seguace più importante di Pico". Le sue fonti principali per la Cabala furono Menahem Recanati (Commentario alla Torah, Commentario sulle preghiere quotidiane) e Joseph Gikatilla (Sha'are Orah, Ginnat 'Egoz). Reuchlin sosteneva che la storia umana si dividesse in tre periodi: un periodo naturale in cui Dio si rivelò come Shaddai (), il periodo della Torah in cui Dio "si rivelò a Mosè tramite il nome a quattro lettere del Tetragramma" (יהוה) ed il periodo della redenzione. Il nome a cinque lettere associato a questo periodo è il Tetragramma con l'aggiunta della lettera Šin (ש). Questo nome, YHShVH (יהשוה per "Gesù", sebbene la versione ebraica del nome sia יהושוע), è anche noto come il Pentagrammaton. Il primo dei due libri sulla Cabala scritti da Reuchlin, De verbo mirifico, "parla del [...] nome miracoloso di Gesù derivato dal tetragramma". Il suo secondo libro, De arte cabalistica, è "una più ampia ed erudita escursione nei vari aspetti cabalistici". Francesco Zorzi Francesco Zorzi (1467–1540) fu un frate francescano veneto ed è stato considerato una figura centrale della Cabala cristiana del XVI secolo sia dai suoi contemporanei sia dagli studiosi moderni. Secondo Giulio Busi, fu il cabalista cristiano più importante, secondo solo al fondatore Giovanni Pico della Mirandola. Il suo De harmonia mundi, fu "un libro massiccio e curioso, ricolmo di ermetismo, platonismo, cabalismo". Paolo Riccio Paolo Riccio (1506–1541) "unificò i dogmi sparsi della Cabala cristiana in un sistema internamente consistente", basandosi su Pico e Reuchlin e aggiungendoci "un'originale sintesi di fonti cabalistiche e cristiane". Balthasar Walther Balthasar Walther, (1558-ca. 1630), fu un medico della Silesia. Negli anni 1598-1599, Walther intraprese un pellegrinaggio in Terra Santa per conoscere le complessità della Cabala e del misticismo ebraico dai gruppi di Safed e altrove, anche tra i seguaci di Isaac Luria. Nonostante la sua pretesa di aver trascorso sei anni in questi viaggi, sembra che invece abbia fatto solo diversi viaggi brevi. Walther stesso non produsse opere significative di Cabala cristiana, ma mantenne una voluminosa raccolta di manoscritti di opere magiche e cabalistiche. La sua importanza per la storia della Cabala cristiana risiede nelle sue idee e dottrine, che esercitarono una profonda influenza sulle opere del teosofista tedesco Jacob Böhme, in particolare la sua Della triplice vita dell'uomo. Quaranta questioni sull'anima o Psicologia vera. Dell'incarnazione di Gesù Cristo. Sei punti teosofici. Del mistero celeste e terrestre. Degli ultimi tempi (Vierzig Fragen von der Seelen Urstand) (ca. 1620). Athanasius Kircher Il secolo successivo produsse Athanasius Kircher, prete gesuita tedesco, eclettico erudito. Scrisse voluminosamente in materia nel 1652, aggiungendo al tutto elementi ulteriori di Orfismo e di mitologia egizia, che inserì nella sua opera, Oedipus Aegyptiacus. Fu illustrata da un adattamento dell'Albero della Vita fatto da Kircher stesso. Tale versione dell'Albero è ancora usata dalla Cabala occidentale. Sir Thomas Browne TIl filosofo e medico Sir Thomas Browne (1605–1682) è riconosciuto come uno dei pochi studiosi inglesi della Cabala del XVII secolo. Browne conosceva l'ebraico, possedeva una copia dell'opera di Francesco Zorzi sulla Cabala cristiana altamente influente, intitolata De Harmonia Mundi totius (1525), e accennò alla Cabala nel suo discorso "Il Giardino di Ciro" (The Quincuncial Lozenge, or Network Plantations of the Ancients, naturally, artificially, mystically considered) e sull'enciclopedia Pseudodoxia Epidemica, che fu tradotta in tedesco dall'ebraista e promotore della Cabala, Christian Knorr von Rosenroth. Christian Knorr von Rosenroth Christian Knorr von Rosenroth, (1636–1689), divenne noto come traduttore, commentatore e curatore di testi cabalistici; pubblicò la Kabbala denudata ("Kabbalah Unveiled", 1677–1678) in due volumi, "che praticamente da sola venne a rappresentare per l'Europa cristiana l'autentica kabbalah (ebraica) fino a metà del XIX secolo". La Kabbala denudata contiene traduzioni latine di sezioni di Zohar, Pardes Rimonim di Moses Cordovero, Sha'ar ha-Shamayim e Beit Elohim di Abraham Cohen de Herrera, Sefer ha-Gilgulim (trattato lurianico attribuito a Hayim Vital), con commentari di Knorr von Rosenroth e Henry More; alcune edizioni susseguenti includono un riassunto della Cabala cristiana (Adumbratio Kabbalæ Christianæ) di F. M. van Helmont. Johan Kemper Johan Kemper (1670–1716) fu un insegnante di ebraico presso la Università di Uppsala dal 1697 al 1716, anno della sua morte. Probabilmente fu il tutore di ebraico di Emanuel Swedenborg. Kemper, precedentemente conosciuto come Moses ben Aaron di Cracovia, si convertì dall'ebraismo al Luteranesimo. Durante il suo periodo di docenza a Uppsala, scrisse un'opera in tre volumi sullo Zohar intitolata Matteh Mosche ("Il Bastone di Mosè"). In tale opera cercò di dimostrare che lo Zohar contenesse la dottrina cristiana della Trinità. Questa credenza lo spinse a pubblicare una traduzione letterale del Vangelo di Matteo in ebraico ed un commentario cabalistico su di esso. Note Bibliografia Armstrong, Allan: The Secret Garden of the Soul - an introduction to the Kabbalah, Imagier Publishing: Bristol, 2008. Blau, J. L.: The Christian Interpretation of the Cabala in the Renaissance, New York: Columbia University Press, 1944. Dan, Joseph (cur.): The Christian Kabbalah: Jewish Mystical Books and their Christian Interpreters, Cambridge, Mass., 1997. Dan, Joseph: Modern Times: The Christian Kabbalah. In: Kabbalah: A Very Short Introduction, Oxford University Press, 2006. Farmer, S.A.: Syncretism in the West: Pico's 900 Theses (1486), Medieval & Renaissance Texts & Studies, 1998, ISBN 0-86698-209-4. Reichert, Klaus: Pico della Mirandola and the Beginnings of Christian Kabbala. In: Mysticism, Magic and Kabbalah in Ashkenazi Judaism, curato da K.E.Grozinger & J. Dan, Berlino: Walter de Gruyter, 1995. Swietlicki, Catherine: Spanish Christian Cabala: The Works of Luis de Leon, Santa Teresa de Jesus, and San Juan de la Cruz, Univ. of Missouri Press, 1987. Wirszubski, Chaim: Pico della Mirandola's encounter with Jewish mysticism, Harvard University Press, 1989. Yates, Frances A.: The Occult Philosophy in the Elizabethan Age, Routledge & Kegan Paul: Londra, 1979. Voci correlate Cabala ebraica Cabala (esoterismo) Emanatismo Esoterismo occidentale Platonismo Collegamenti esterni La mia Cabala - Viaggio attraverso un triennio d'incontri domenicali , libro gratuito che riporta gli appunti del corso tenuto a Milano e a Pordenone da Abbate Gian Piero The Study of Christian Cabala in English The Study of Christian Cabala in English: Addenda Knots & Spirals: Notes on the Emergence of Christian Cabala Historical background in Christendom of 13th century Jewish Kabbalah Cabala Mistica Discipline spirituali
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https://it.wikipedia.org/wiki/Curtosi
Curtosi
La curtosi (nota anche come kurtosi, dal greco κυρτός), nel linguaggio della statistica, è un allontanamento dalla normalità distributiva, rispetto alla quale si verifica un maggiore appiattimento (distribuzione platicurtica) o un maggiore allungamento (distribuzione leptocurtica). La sua misura più nota è l'indice di Pearson , rapporto tra il momento centrato di ordine 4 e il quadrato della varianza. Il valore dell'indice corrispondente alla distribuzione normale (gaussiana) è 0 (qualora si utilizzi l'indice qui sotto mostrato che, come si vede, è centrato in zero poiché viene sottratto 3). Un valore minore di 0 indica una distribuzione platicurtica, mentre un valore maggiore di 0 indica una distribuzione leptocurtica (è possibile che alcuni indici non siano centrati in zero e quindi il valore ottenuto nel caso di normalità è 3). Introduzione In statistica, l'indice di curtosi è uno degli indici relativi alla forma di una distribuzione, che costituisce una misura dello "spessore" delle code di una funzione di densità, ovvero il grado di "appiattimento" di una distribuzione. L'interesse per questo indice è dato dal fatto che lo "spessore" delle code influenza il comportamento di diverse statistiche. Benché sia stato evidenziato che non c'è una relazione tra il grado di appiattimento e il coefficiente e l'indice di curtosi (si veda oltre), (Irving Kaplansky, nel 1945 in "A common error concerning Kurtosis") è rimasta in uso tale terminologia. Coefficiente di curtosi Il coefficiente di curtosi è dato dalla formula: Dove: è l'indice di curtosi, dove e sono rispettivamente il momento centrale di ordine 4 e 2. Nel caso di una variabile casuale normale, , così che il coefficiente di curtosi risulta pari a zero. Se il coefficiente di curtosi è: > 0 la curva si definisce leptocurtica, cioè più "appuntita" di una normale. < 0 la curva si definisce platicurtica, cioè più "piatta" di una normale. = 0 la curva si definisce normocurtica (o mesocurtica), cioè "piatta" come una normale. Il calcolo del coefficiente di curtosi ha senso solo nelle distribuzioni monomodali. Siccome e vengono calcolate facendo lo scarto dalla media alla quarta potenza, valori equidistanti dalla media (simmetrici rispetto alla media) contribuiscono con lo stesso importo e valori distanti dalla media sono molto più "importanti" di quelli prossimi alla media, cosicché distribuzioni "larghe" producono e elevati. Essendo un numero puro (il denominatore e il numeratore hanno la stessa unità di misura), moltiplicare i valori della distribuzione con una costante non ha effetti sull'indicatore. Così come non ha effetti lo spostamento dell'intera curva, in quanto sia il numeratore che il denominatore fanno riferimento alla media della distribuzione. In altre parole: se la v.c. X ha un indicatore di curtosi pari a e , allora Y è anch'essa una v.c. che assume un indicatore di curtosi pari a . Il coefficiente di curtosi (così come quello di simmetria), non rappresenta una buona stima del corrispondente parametro della popolazione se calcolato su piccoli campioni. Ciò nonostante, anche in presenza di piccoli campioni, valori elevati di tali indicatori devono far insorgere nel ricercatore il dubbio che le eventuali ipotesi di normalità non siano verificate. Nella teoria delle probabilità e nelle statistiche, la curva di frequenza è una misura della distribuzione di probabilità di una variabile casuale con un valore reale. Una curva di frequenza più alta significa che l'aumento della varianza è dovuto non a frequenti deviazioni modeste ma a deviazioni rare estreme. Bibliografia Voci correlate Funzione generatrice dei momenti Gaussiana Analisi delle componenti indipendenti Irving Kaplansky, che evidenziò l'assenza di relazione tra il concetto di "grado di appiattimento" e gli indici di curtosi e di simmetria. Media (statistica) Simmetria (statistica) Varianza Altri progetti Collegamenti esterni Free Online Software (Calculator) calcola vari tipi di statistiche su curtosi e simmetria per un dato campione Teoria della probabilità Indici di forma
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https://it.wikipedia.org/wiki/Chimica%20organica
Chimica organica
La chimica organica si occupa delle caratteristiche chimiche e fisiche delle molecole organiche. Si definiscono convenzionalmente composti organici i composti del carbonio con eccezione degli ossidi, monossido e diossido, e dei sali di quest'ultimo: anione idrogenocarbonato ed anione carbonato rispettivamente, derivati solo formalmente dall'acido carbonico (in realtà inesistente in soluzione acquosa), oltre ad altre piccole eccezioni. Storia Il termine "chimica organica" fu adottato per la prima volta nel 1807 da Jöns Jacob Berzelius. L'aggettivo "organica" fu inizialmente legato al fatto che questa branca della chimica studiava composti più o meno complessi estratti da organismi viventi, vegetali o animali, o dai loro metaboliti. Tale definizione fu abbandonata a favore di quella sopra esposta nel 1828, quando il chimico tedesco Friedrich Wöhler per primo riuscì nella sintesi di un composto organico (l'urea) a partire da composti inorganici, dimostrando così che le sostanze prodotte in laboratorio a partire da composti inorganici erano in tutto identiche a quelle, aventi la medesima struttura, isolate da organismi viventi e confutando quindi l'ipotesi vitalistica, che voleva le sostanze "organiche" in qualche modo peculiari a causa della loro origine biologica. Nel 1861 August Kekulé identificò la chimica organica come "lo studio dei composti del carbonio". Idrocarburi ed eteroatomi I composti organici costituiti solo da atomi di idrogeno (H) e carbonio (C) sono detti idrocarburi; ad esempio il metano, avente formula chimica CH4, è il più semplice degli idrocarburi. Altri elementi, spesso presenti nelle molecole organiche, sono denominati collettivamente "eteroatomi" e sono l'ossigeno, l'azoto, il fosforo, lo zolfo, il boro, gli alogeni (fluoro, cloro, bromo e iodio) ed anche altri elementi semimetallici, nonché alcuni metalli in grado di formare composti di coordinazione col carbonio stesso. In particolare, i composti organici contenenti atomi metallici direttamente legati ad atomi di carbonio sono detti metallorganici od organo-metallici; tra i metallorganici si annoverano gli organo-litio, -sodio, -magnesio, -manganese, -mercurio, -piombo, -tallio, -zinco. I composti ciclici, il cui anello contiene uno o più eteroatomi, sono invece definiti "eterociclici". Sistematica organica L'approccio più classico allo studio della chimica organica consiste nel raggruppare i composti in classi di sostanze che presentano un medesimo gruppo funzionale, definendo così una serie omologa. I composti che fanno parte di una stessa classe possiedono la stessa composizione e le stesse proprietà chimiche, mentre le loro proprietà chimico-fisiche (come punto di fusione, tensione di vapore etc.) variano in funzione del peso molecolare. All'interno di questa classificazione gli alcani rappresentano la famiglia di composti più semplice, essendo formati solamente da atomi di carbonio e idrogeno che instaurano tra loro un legame semplice. Alcheni e alchini sono simili agli alcani, ma presentano rispettivamente doppi e tripli legami. Queste tre classi di composti rappresentano gli idrocarburi alifatici, che si differenziano dagli idrocarburi aromatici (come il benzene) per il fatto di non possedere aromaticità. Man mano che si vanno aggiungendo altri elementi chimici differenti dal carbonio e dall'idrogeno, si tende ad ottenere molecole più complesse. Gli alogenuri alchilici sono derivati direttamente dagli idrocarburi alifatici aggiungendo atomi di alogeno; allo stesso modo, dagli idrocarburi aromatici si ottengono gli alogenuri arilici. Carbonio, idrogeno e ossigeno possono formare due classi di composti caratterizzati dal gruppo ossidrilico (-OH): gli alcoli e i fenoli (composti aromatici). Questi tre elementi possono formare anche gli eteri, composti caratterizzati da un legame R-O-R', e composti ciclici noti come epossidi. L'ossigeno può anche legarsi al carbonio con un doppio legame, formando aldeidi (R-CHO) e chetoni (R-CO-R'); la contemporanea presenza di un gruppo -OH porta inoltre alla formazione degli acidi carbossilici (R-COOH). Negli alogenuri acilici, che sono dei derivati degli acidi carbossilici, il carbonile (C=O) è legato a un atomo di alogeno. Altri importanti derivati degli acidi carbossilici sono gli esteri, composti caratterizzati dalla presenza del gruppo estereo -COOR. Con l'azoto, un altro importante eteroatomo, si possono ottenere i nitrili (R-C≡N), le ammidi (R-CONH2), i nitrocomposti (R-NO2) e le ammine (R-NH2), le basi della chimica organica. I composti che presentano sia il gruppo amminico che quello carbossilico sono definiti amminoacidi. Tra le biomolecole si hanno infine i carboidrati, le proteine, i lipidi e gli acidi nucleici. Meccanismi di reazione in chimica organica Le sostanze organiche reagiscono in modo caratteristico in base alla loro natura e alla presenza di determinati gruppi funzionali, oltre che in funzione delle condizioni di reazione (tipo di solvente usato, temperatura, pH etc.). I meccanismi di reazione maggiormente diffusi in chimica organica sono i seguenti: sostituzione radicalica; sostituzione nucleofila (alifatica e aromatica); reazione di addizione (elettrofila, nucleofila, radicalica, periciclica); reazione di eliminazione; reazione di riarrangiamento. Metodi fisici Un problema particolarmente importante, riscontrato tipicamente in chimica organica, consiste nella determinazione delle strutture molecolari dei composti organici. Data la svariata varietà di isomeri strutturali che è possibile associare ad un'unica formula molecolare, che può essere ricavata preliminarmente tramite analisi elementare, si possono ben comprendere le difficoltà coinvolte. Non bisogna inoltre dimenticare la possibilità che esistano anche degli eventuali stereoisomeri. Allo scopo di facilitare questo lavoro di indagine si è soliti ricorrere alla spettroscopia e alla spettrometria di massa, combinando opportunamente i dati sperimentali ottenuti utilizzando un'apposita miscellanea di queste tecniche. Queste due tipologie di tecniche sfruttano principi e strumentazioni differenti, così come è differente l'informazione che sono in grado di fornire. Le tecniche spettroscopiche si basano sull'assorbimento di energia, secondo le regole dettate dalla meccanica quantistica, sotto forma di una ben determinata lunghezza d'onda che dipende dalla natura del legame chimico coinvolto; la spettrometria di massa sfrutta invece la frammentazione delle grosse molecole, con formazione di frammenti più piccoli facilmente riconoscibili. Entrando più nello specifico, i metodi fisici più comunemente utilizzati in chimica organica sono i seguenti: spettrometria di massa, per determinare le dimensioni e la struttura globale; spettroscopia infrarossa, consente di individuare i diversi gruppi funzionali presenti; spettroscopia ultravioletta, per mettere in evidenza eventuali sistemi π coniugati; spettroscopia di risonanza magnetica nucleare, per la determinazione dei frammenti di legame in cui sono coinvolti il carbonio (13C NMR) e l'idrogeno (1H NMR). Note Bibliografia Voci correlate Chimica organica fisica Meccanismo di reazione Sintesi organica Sistematica organica Stereochimica Biochimica Chimica dei composti eterociclici Chimica combinatoria Chimica farmaceutica Chimica metallorganica Chimica dei polimeri e delle macromolecole Chimica supramolecolare Geochimica organica Petrolchimica Altri progetti Collegamenti esterni Apprendimento della Chimica Organica facilitato da tecniche mnemoniche
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https://it.wikipedia.org/wiki/Carpinone
Carpinone
Carpinone è un comune italiano di abitanti della provincia di Isernia nel Molise. Origini del nome Il nome deriverebbe dal fiume Carpino che costeggia il centro, oppure dalla pianta di carpino. Storia Il centro fu fondato nell'VIII secolo dai Longobardi e incluso nel ducato di Bojano. Secondo un documento dell'abbazia di San Vincenzo al Volturno, tuttavia, la fondazione sarebbe del 982, castello stante sotto il potere dell'abate Giovanni di San Vincenzo. Tra i primi signori al governo ci fu Tommaso d'Evoli, signore di Castelpizzuto, Monteroduni e Roccamandolfi. Dopo vicende di lotta di possesso tra le famiglie, Carpinone fu ceduto alla famiglia Caldora nel XV secolo, che fortificò il castello. I successivi signori furono i membri della famiglia Pandone, Francesco e Pandolfo, e in seguito le famiglie Ceva Grimaldi e i De Risio. Nel 1807 il paese entrò nel distretto di Isernia, sotto la giurisdizione di Castelpetroso. Dal 1861 fece parte della, provincia di Campobasso e dal 1970 di quella di Isernia. Simboli Lo stemma e il gonfalone del comune di Carpinone sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 2 settembre 1988. Monumenti e luoghi d'interesse Il centro è provvisto di una doppia fortificazione muraria di diverse epoche, aventi un perimetro a forma di U, che si adatta alla conformazione della roccia sopra cui sorge il borgo stesso; la parte nord della roccia risulta inaccessibile, da cui questa disposizione a doppio braccio delle case. La prima cinta è posta a difesa del castello Caldora, e di un gruppo di case della cosiddetta "cittadella". La seconda ingloba una zona che si trova a confine con l'abitato moderno dell'Ottocento. Tra queste due cinte murarie si sviluppa il borgo carpinonese, le stradine sono in pietra, le case rivestite di lisce, i vicoli conservano l'antico aspetto medievale. Nei pressi del centro storico sono situate le cascate di Carpinone, raggiungibili e visitabili a piedi, una più grande e parzialmente artificiale (a causa di una diga per una centrale idroelettrica vicina) e una più piccola e naturale, derivante dall'unione dei fiumi Carpino e Tura. Architetture religiose Chiesa madre di Santa Maria Assunta Fu eretta nel XVI secolo sopra un'antica cappella dedicata all'Arcangelo Michele; ebbe un restauro nel 1725 e poi dopo il sisma del 1805, sicché fu ricostruita in stile neoclassico. Ha pianta a tre navate, alta 10 metri, con abside semicircolare e transetto rialzato, raccordato a padiglione. Il campanile risale al 1725. Chiesa di Santa Maria di Loreto Fu eretta nel 1610 da Biagio Martella, presso un'antica chiesa del 1356. Si narra che la Madonna gli apparve in sogno e gli indicò il luogo sopra cui edificare la nuova chiesa. Essa è a navata unica, in fondo vi è l'altare maggiore con la scultura della Vergine. Ai lati ci sono due cappelle, della Sacra Famiglia e di San Leonardo: il soffitto della volta è in legno intagliato e dorato, con accenni di azzurro turchese. Il campanile è a torretta. Architetture civili Castello Caldora Il castello fu eretto nell'XI secolo, a forma di pentagono irregolare, delimitato da 5 torri, sopra il burrone che dà sul fiume Carpino. Nel 1223 per volere di Federico II di Svevia il castello fu distrutto da Ruggero da Pescolanciano e ricostruito poi nel XIV secolo dalla famiglia d'Evoli. Nel primo ventennio del XV secolo fu abitato da Jacopo Caldora e poi dal figlio Antonio, che vi stabilì la propria residenza, sino alla guerra contro Alfonso V d'Aragona e suo figlio Ferrante, che gli confiscarono i feudi in Abruzzo e Molise. Nel 1442 Antonio perse gran parte dei suoi domini nella battaglia di Sessano e il castello di Carpinone finì in mano ad altri feudatari, tra cui i Pandone, i Carafa, i De Regina, i Grimaldi e i De Risio. Nel 1954 il notaio Valente, uno degli ultimi proprietari, fece ricostruire il piano nobile, adattandolo alle esigenze abitative dei suoi tempi. L'entrata al castello era difesa in passato dal ponte levatoio e da una porta che dava sul cortile, tirata da catene. Al suo interno si trovano il cortile centrale del piano terra, le stanze delle scuderie, i magazzini e gli alloggi della servitù. Il piano nobile era costituito da ambienti di rappresentanza, resi confortevoli già all'epoca di Jacopo ed Antonio Caldora, al fine di accogliere gli emissari e i sovrani; vi era anche una cappella gentilizia. Il castello oggi è alquanto modificato, soprattutto negli esterni, a causa dei rifacimenti dopo i terremoti del 1456 e del 1805; le torri si presentano ancora intatte, benché intonacate. Società Evoluzione demografica Infrastrutture e trasporti Ferrovie Carpinone ha una propria stazione ferroviaria, diramazione delle linee Isernia-Campobasso e Sulmona-Isernia. Il fabbricato viaggiatori della stazione è anche sede del municipio. Amministrazione Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune. Sport Calcio La principale squadra di calcio della città è l'A.S.D. Carpinone 1981 Calcio che milita nel girone A molisano di 1ª Categoria. È nata nel 1981. Note Altri progetti Collegamenti esterni Comuni della provincia di Isernia
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https://it.wikipedia.org/wiki/Camera%20oscura
Camera oscura
Giovan Battista della Porta. A lui si deve l'invenzione, a metà del '500, della camera oscura. Perchè questo scienziato non viene nemmeno menzionato, mentre viene detto il nome di uno sconosciuto :Daniele Barbaro.Pochi anni dopo , nell’opera Magia Naturalis di Giovanbattista della Porta, si parla di un apparecchio con lente e specchio per riflettere l’immagine raddrizzata sul piano orizzontale superiore. La camera oscura, anche detta camera ottica o fotocamera stenopeica, è un dispositivo ottico composto da una scatola oscurata con un foro stenopeico sul fronte e un piano di proiezione dell'immagine sul retro. Questa camera, inoltre, permette di raccogliere dei raggi solari proiettati su un qualsiasi oggetto e rielaborarli in modo da ottenere dall'altra parte della camera l'immagine capovolta. È alla base della fotografia e della fotocamera, per questo motivo gli apparecchi fotografici vengono ancora oggi chiamati "camere": le prime camere oscure erano infatti delle vere stanze al cui interno i pittori e gli scienziati lavoravano. Storia Già nel IV secolo a.C., Aristotele accennò alla possibilità di «conservare la configurazione del sole e della luna, guardati attraverso un foro di qualunque forma». Nell'XI secolo, con largo anticipo sugli studi successivi, se ne occupò l'arabo Alhazen. I suoi studi sui raggi luminosi e sulla teoria della visione furono tradotti dal monaco Vitellione nell'opera Opticae thesaurus Alhazeni arabis. Nel 1292 Guglielmo di Saint-Cloud per le sue osservazioni astronomiche utilizzò la proiezione dell'immagine del Sole su uno schermo mediante una camera oscura, il cui funzionamento è spiegato nel prologo della sua opera Almanach planetarum. Il 24 gennaio 1544 Gemma Rainer detto Frisius, un fisico olandese, osservò l'eclissi di Sole proprio per mezzo di una camera oscura. Leonardo da Vinci descrisse nel 1515, nel Codice Atlantico, un procedimento per disegnare edifici e paesaggi dal vero, che consisteva nel creare una camera oscura nella quale veniva praticato un unico foro su una parete, sul quale veniva posta una lente regolabile (come verificò Gerolamo Cardano). Sulla parete opposta veniva così a proiettarsi un'immagine fedele e capovolta del paesaggio esterno, che poteva essere copiata su un foglio di carta ("velo") appositamente appeso, ottenendo un risultato di estrema precisione. Con la camera oscura Leonardo intendeva dimostrare che le immagini hanno natura puntiforme, si propagano in modo rettilineo e vengono invertite dal foro stenopeico, arrivando a ipotizzare che anche all'interno dell'occhio umano si avesse un analogo capovolgimento dell'immagine. L'espressione camera obscura fu utilizzata per la prima volta da Giovanni Keplero nel 1604 nel suo primo trattato di ottica, Ad Vitellionem paralipomena. Nella sua opera del 1568, Pratica della prospettiva, Daniele Barbaro descrisse una camera obscura con lente, che permetteva lo studio della prospettiva. Da allora le camere obscure furono largamente utilizzate dai pittori nell'impostazione di quadri con problemi prospettici: molti quadri del Canaletto sono stati dipinti col suo ausilio. Anche Antonio Vallisneri possedeva una camera ottica nella propria collezione. La camera oscura risultava ancora usata nel XVIII secolo, da pittori come Bellotto e Canaletto (la cui camera oscura originale si trova al Museo Correr di Venezia), i quali, grazie a questo strumento, acquisirono quella precisione "fotografica" nel fissare i paesaggi che ancora li rende celebri. Questi studi furono alla base dello sviluppo della lanterna magica, spettacolo di proiezioni antenato del cinema, fin dall'inizio infatti era previsto di poter eventualmente usare la camera oscura anche come lanterna magica, cioè come una sorta di proiettore di diapositive. Un esempio di camera oscura risalente al Settecento, molto ben conservato, tuttora funzionante e visitabile, si trova nel Liceum della città di Eger in Ungheria. Descrizione Principio di funzionamento Una camera oscura può essere composta da una semplice scatola chiusa, con un piccolo foro stenopeico su una faccia che lascia entrare la luce. Questa luce proietta sulla faccia opposta, all'interno della scatola, l'immagine capovolta e rovesciata. È importante spiegare il perché di questo rovesciamento che avviene parimenti nella camera oscura, come nella macchina fotografica e nell'occhio umano. Il fenomeno è da attribuire ad una importante proprietà della luce stessa, ovvero la "Legge della propagazione rettilinea": essa viaggia in linea retta ed è dunque incapace di compiere modifiche al proprio asse, salvo la presenza di una superficie riflettente o rifrangente. Lo stesso fenomeno si può osservare attraverso la formazione delle ombre; esse ci dimostrano che il fascio luminoso non aggira il corpo che incontra, ma da esso ne viene interrotta la traiettoria. Più il foro è piccolo e più l'immagine risulta nitida e definita. Il pregio maggiore di una camera oscura così semplice è che tutti gli oggetti appaiono a fuoco (anche se nessuno lo è), a prescindere dalla loro distanza dal foro: in altre parole il foro stenopeico si comporta come un obiettivo che non ha una sua lunghezza focale specifica. Aspetto negativo è che il foro lascia passare pochissima luce, per cui si possono fotografare solo oggetti immobili. Nelle fotocamere reali, il foro è sostituito da un obiettivo, corredato di dispositivi per il controllo dell'apertura e della messa a fuoco: sul piano su cui si proietta l'immagine è collocata la pellicola fotografica da impressionare o, nel caso di apparecchi digitali, il sensore. La fotografia stenopeica Le prime testimonianze della tecnica stenopeica provengono dal mondo anglosassone, terminologie e studi su questo fenomeno ottico, applicato a strumentazioni e successivamente ad apparecchiature ottiche, provengono da studi e pubblicazioni del secolo XVIII provenienti da oltre Manica, come ad esempio la prima testimonianza del termine foro stenopeico (pinhole in lingua inglese) nel contesto dell’ottica che si deve a James Ferguson, dove nel 1764 sul testo “Lezioni su argomenti selezionati in meccanica, idrostatica, pneumatica e ottica” cita questo termine. Un altro esempio di come questa tecnica abbia le radici nel Regno Unito è la prima pubblicazione accreditata sulla tecnica della fotografia stenopeica nel libro intitolato “ The Stereoscope” pubblicato nel 1856 dall’inventore scozzese David Brewster, dove menziona la possibilità di "una macchina fotografica senza obiettivi e con solo un foro stenopeico". Ulteriori testimonianze storiche attestano che tra i primi fotografi a provare la tecnica del foro stenopeico furono altri sudditi della corona britannica come Sir William Crookes e William de Wiveleslie Abney. Caratteristiche della fotografia stenopeica Le caratteristiche che contraddistinguono la fotografia stenopeica sono principalmente tre, come elencate qui di seguito Le fotografie stenopeiche hanno una profondità di campo quasi infinita, qualsiasi oggetto a qualsiasi distanza dal foro stenopeico sarà sempre a fuoco; sia che esso sia all'infinito o che sia a pochi centimetri da esso. Poiché non vi è distorsione dell'obiettivo, le immagini grandangolari rimangono rettilinee. I tempi di esposizione sono solitamente lunghi, con conseguente scia degli oggetti in lento movimento, inoltre gli oggetti che si muovono troppo velocemente non vengono impressionati sul supporto fotosensibile. Le fotografie ottenute mediante una fotocamera stenopeica risultano meno definite rispetto a quelle ottenute con una fotocamera con lenti. Questa sfocatura delle immagini dipende dalla geometria del foro stenopeico e di come questo convoglia la luce all'interno della fotocamera, questo fenomeno e conosciuto come diffrazione. Come dimostrato dalla figura qui a lato i raggi di luce riflessi dall'oggetto inquadrato passano attraverso il foro stenopeico che non può convergere i raggi in un punto focale come una lente. Mediante un sapiente dimensionamento del foro stenopeico si riesce a minimizzare l'effetto di diffrazione dei contorni della fotografia. Nel caso della fotografia grandangolare una fotocamera stenopeica dà il meglio di se stessa. Grazie a fotocamere stenopeiche opportunamente dimensionate che sfruttano la proprietà del foro stenopeico di mantenere inalterata la linearità dei raggi luminosi, si ottengono fotografie grandangolari prive di quelle distorsioni a barilotto prodotte da obiettivi super grandangolari o fish-eye. Una caratteristica che contraddistingue la fotografia stenopeica è il tempo di esposizione. Le fotocamere stenopeiche sono prive di qualsiasi sistema di gestione della temporizzazione dello scatto, solo grazie a calcoli ben definiti si può determinare il tempo di apertura dell'obiettivo. Il tempo di apertura dell’otturatore dipende da tre fattori che sono: luce ambientale, la sensibilità del supporto sensibile e il rapporto di f-stop della fotocamera. Va comunque considerata anche la reattività dell'essere umano nell’aprire e chiudere il foro stenopeico, questa ultima variante esclude quindi combinazioni luce/sensibilità della pellicola che producono tempi di esposizione inferiori al secondo, perché difficili da realizzare tramite l’apertura manuale del foro stenopeico senza incorrere ad una sovraesposizione del supporto fotosensibile. La fotografia stenopeica si concilia quindi meglio con tempi di esposizione lunghi. Caratteristiche distintive delle fotocamere stenopeiche Esistono varie tipologie di fotocamere stenopeiche sviluppate per effettuare differenti tipi di fotografie. La conoscenza degli elementi costruttivi che le caratterizzano permettono al fotografo di scegliere la fotocamera più adatta per ottenere i risultati ricercati per il suo progetto. Gli elementi costruttivi che contraddistinguono le fotocamere stenopeiche sono i seguenti: Lunghezza focale Diametro del foro stenopeico Geometria della superficie di appoggio della pellicola Numero di fori stenopeici Formato della fotografia Materiale di costruzione Tipologia di otturatore Lunghezza focale La lunghezza focale è la distanza fra il foro stenopeico ed il supporto fotosensibile. Sono disponibili fotocamere con differenti lunghezze focali che ne caratterizzano l'utilizzo, questo perché la capacità di inquadratura della fotocamera stenopeica dipende dalla lunghezza focale. Per comprendere meglio questo concetto bisogna con una matita immaginaria congiungere il centro del foro stenopeico con i vertici del fotogramma, otterremo così una piramide a base rettangolare o quadrata a seconda del formato del fotogramma. Questa piramide non è un elemento astratto, ma bensì una piramide composta di raggi di luce che dall'esterno entrano nella camera attraverso il foro stenopeico, quindi gli spigoli della piramide che congiungono il foro stenopeico con i vertici del fotogramma sono in realtà i raggi luminosi che delimitano l'inquadratura. Nel fotogramma quindi saranno presenti tutti quei soggetti all'interno degli spigoli della piramide proiettata all'esterno fino all'infinito, quindi maggiore sarà l'ampiezza dell'angolo al vertice della piramide maggiore sarà la capacità di inquadratura, si deduce che a parità di formato della fotografia aumenterà la capacità di inquadratura con il diminuire della lunghezza focale. Quindi a parità di formato del fotogramma, minore sarà la lunghezza focale maggiore sarà la capacità delle fotocamera di produrre fotografie grandangolari. Resta inteso che anche se la profondità di campo è fondamentalmente infinita, questo non significa che non si verifichi alcuna sfocatura ottica. La profondità di campo infinita significa che la sfocatura dell'immagine non dipende dalla distanza dell'oggetto, ma da altri fattori, come la lunghezza focale, il diametro del foro stenopeico, la lunghezza d'onda della sorgente luminosa e il movimento del soggetto. Diametro del foro stenopeico Il diametro del foro stenopeico ha una diretta correlazione con la lunghezza focale. In teoria, più piccolo è il foro, più il fotogramma ottenuto sarà nitido e ben definito, ma a parità di lunghezza focale, più si riduce il diametro del foro minore sarà la quantità di luce che penetra nella fotocamera aumentando i tempi di esposizione. Risulta quindi ovvio che esiste una relazione tra dimensione del foro e distanza focale per ottenere fotogrammi di buona qualità. Approssimativamente, per ottenere una buona qualità di fotografie, il diametro del foro stenopeico dovrebbe essere di una dimensione intorno a 1/100 della lunghezza focale. I vari costruttori di fotocamere stenopeiche variano sapientemente il rapporto tra la lunghezza focale ed il foro stenopeico, ottimizzandolo per ottenere il migliore risultato. Infatti, fotocamere che hanno dimensioni che differiscono troppo da questo rapporto, possono soffrire di significativi effetti di diffrazione e di produrre fotografie meno chiare a causa delle proprietà ondulatorie della luce. Anche lo spessore del materiale dove viene eseguito il foro è importante, un rapporto tra diametro del foro stenopeico e sezione dello spessore del materiale non ottimizzato può generare vignettature ai bordi del fotogramma. Il diametro del foro stenopeico ha una diretta correlazione con la distanza focale. Esiste una formula per il calcolo della corretta dimensione del foro stenopeico che è stata elaborata all'inizio del XX secolo da Lord John William Strutt Rayleigh che è la seguente: Dove: d=diametro del foro stenopeico f=distanza focale l=lunghezza onda media della luce Il valore di l per la luce visibile è una porzione dello spettro elettromagnetico compresa approssimativamente tra i 400 e i 700 nanometri (nm) (nell'aria). Oltre al diametro è anche importante la geometria del foro ovvero che il foro sia perfettamente circolare. Questo è possibile se il foro è eseguito al laser o mediante apposite punte di foratura per mandrini ad alta velocità. Geometria della superficie di appoggio della pellicola Nelle fotocamere stenopeiche, la superficie di appoggio della pellicola può essere piana o curva, questa differenza è dovuta alla lunghezza focale. Le fotocamere stenopeiche grandangolari hanno delle lunghezze focali ridotte, quindi con la luce in ingresso nella fotocamera che si dispone su una piramide con un ampio angolo di vertice (come menzionato prima), in questo caso l'utilizzo di una superficie piana distanzierebbe troppo gli angoli del fotogramma rispetto al foro stenopeico, quindi l’energia della luce che raggiunge gli angoli risulterebbe ridotta rispetto alla parte centrale del fotogramma e ne risulterebbero anneriti, generando una vignettatura ellittica sull'immagine ottenuta. Un altro effetto di disturbo generato da una superficie piana per l’appoggio della pellicola in una fotocamera stenopeica grandangolare è la curvatura dell'orizzonte, enfatizzato soprattutto nelle fotocamere per formati fotografici panoramici, come ad esempio il formato 6x17. Una superficie curva per l'appoggio della pellicola fotografica dà il vantaggio di mantenere più o meno costante la lunghezza focale nella fotocamera, garantendo un'ottimale illuminazione della pellicola e minimizzando l'effetto di curvatura dell'orizzonte. Numero di fori stenopeici La presenza di uno o più fori stenopeici non cambiano le caratteristiche della fotocamera. Molteplici fori stenopeici danno la possibilità al fotografo di avere più possibilità nella scelta delle inquadrature con la linea di orizzonte che risulta posizionata ad altezze diverse per una stessa inquadratura. Formato della fotografia Le fotocamere stenopeiche sono dimensionate per utilizzare formati di pellicole o carte fotografiche standard oppure carte fotografiche di dimensioni speciali. I formati standard utilizzati sono i seguenti: 13x5" 6x6" 6x9" 6x12" 6x17" 4x5” 5x7” 8x10” Materiale di costruzione Esistono molteplici esempi di fotocamere stenopeiche fai da te ottenute da materiali di recupero come ad esempio: scatole di cartone, lattine di bevande, tubi di stufa, frigoriferi, furgoni e persino treni. Le fotocamere stenopeiche professionali presenti sul mercato sono disponibili nei seguenti materiali: Latta di acciaio utilizzata principalmente per le fotocamere dedicate per la solargrafia Materiale plastico Legno Esistono anche fotocamere stenopeiche giocattolo in cartone, proposte in fogli prestampati da ritagliare ed incollare. Tipologia di otturatore Le fotocamere stenopeiche per aprire e chiudere il foro stenopeico utilizzano differenti tipi di otturatori ad azionamento manuale. Gli otturatori attualmente in uso sono i seguenti: A tappo,sistema efficacissimo per eseguire fotografie con lunghe esposizioni A guida lineare con magneti di fermo, sistema universale adatto per qualsiasi tipo di esposizione A paletta infulcrata con magneti di fermo, sistema universale adatto per qualsiasi tipo di esposizione A scatto flessibile meccanico, sistema utilizzato per evitare la possibilità di fotografie mosse. Note Bibliografia Sandro Bernardi, L'avventura del cinematografo, Marsilio Editori, Venezia 2007. ISBN 978-88-317-9297-4 Voci correlate Fotocamera Prospettiva (geometria descrittiva) Altri progetti Collegamenti esterni Apparecchiature fotografiche Strumenti ottici
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https://it.wikipedia.org/wiki/Carlo%20Ghega
Carlo Ghega
Ingegnere progettista di strade e ferrovie, è conosciuto per aver costruito la ferrovia del Semmering, che parte a Gloggnitz e arriva a Mürzzuschlag. Ferrovia dove la parte più difficoltosa e spettacolare della Erzherzog Johann-Bahn (Ferrovia dell'arciduca Giovanni) Vienna-Trieste, è stata anche progettata da lui. Biografia Ghega nacque a Venezia da genitori di origine albanese. Studiò a Padova, dove a soli 17 anni ottenne la laurea in ingegneria. In seguito iniziò la sua carriera di progettista costruendo strade e opere idriche nel Veneto. Tra le altre cose contribuì alla costruzione della "Strada d'Alemagna", la strada che da San Vendemiano (TV), presso Conegliano, porta a Dobbiaco passando per Cortina d'Ampezzo. Nel 1835 diresse la costruzione del palazzo del Tribunale a Treviso. Nel periodo 1836-1840 fu soprintendente in Moravia per la costruzione del tratto della "Ferrovia Imperatore Ferdinando" che andava da Bruna fino a Lundenburg. In quel tempo (1836-1837) studiò anche il mondo delle ferrovie in Inghilterra e in altre nazioni europee. Nel 1842 Ghega divenne direttore generale delle Südlichen Staatsbahn (Ferrovie di Stato meridionali) cui spettò il compito di progettare la futura Ferrovia Meridionale, per cui intraprese un viaggio di studio in America. Le esperienze scaturite da questo viaggio confluirono non solo nella progettazione e costruzione della Ferrovia del Semmering, ma anche in due pubblicazioni. Ghega pubblicò la maggior parte dei suoi scritti parallelamente nelle lingue tedesca, italiana e francese. In seguito al suo ritorno nelle Ferrovie di Stato Austro-Ungariche venne incaricato della progettazione della ferrovia meridionale, da Vienna a Trieste via Graz, linea ferroviaria che poi venne battezzata in onore dell'arciduca Giovanni d'Asburgo come "Linea arciduca Giovanni", che però è passata alla storia come "Ferrovia meridionale" dato che collegava la capitale dell'Impero con il sud. A quell'epoca, molti ritennero l'attraversamento ferroviario del Semmering tecnicamente troppo complicato, se non addirittura inutile. Già nel 1844 però Ghega sottopose un progetto che passava il valico mediante normali locomotive, senza il ricorso a cremagliere. Prima ancora che venisse deciso l'avvio dei lavori, Ghega predispose la costruzione di locomotive adatte al superamento di tali pendenze. I lavori ebbero inizio nel 1848 e prima ancora della loro conclusione, nel 1851, Ghega ottenne il predicato di cavaliere ("Ritter"). Quando nel 1854 la ferrovia fu ultimata Ghega aveva già progettato una rete di ferrovie per l'intero impero austriaco e negli anni seguenti ottenne numerosi altri incarichi, tra cui la costruzione di tratti ferroviari in Transilvania. Ghega non poté tuttavia vedere la fine di quest'ultima opera in quanto morì di tubercolosi a Vienna, nel 1860. La vita di Carlo Ghega ha dato ispirazione a ben cinque romanzi. Nella Villa di famiglia, Villa Allegri von Ghega sulla Riviera del Brenta ad Oriago è conservato parte dell'archivio storico. Opere Die Baltimore-Ohio Eisenbahn über das Alleghany-Gebirg mit besonderer Berücksichsitung der Steigungs- und Krümmungsverhältnisse. – Wien: Kaulfuß Prandel, 1844 Dell'Ottanto a diottra: Stromento geodetico per tracciare in pianta l'andamento delle curve circolari. – Venedig: Merlo, 1833 Malerischer Atlas der Eisenbahn über den Semmering. – Wien: Gerold, 1854 Bd. 1: Text Bd. 2: Atlas Über nordamerikanischen Brückenbau und Berechnung des Tragvermögens der Howe'schen Brücken. – Wien: Kaulfuss Prandel, 1845. Uebersicht der Hauptfortschritte des Eisenbahnwesens in dem Jahrzehende 1840–1850, und die Ergebnisse der Probefahrten auf einer Strecke der Staatsbahn ueber den Semmering in Oesterreich. - Wien: Sollinger, 1853 Onorificenze Cittadinanza onoraria della città di Trieste (1857). Esumazione e sepoltura il 7 settembre 1887 in una cripta d'onore nel Cimitero Centrale di Vienna (Gruppo 32 A, n. 24). La sua immagine è stampata sul fronte della banconota da 20 scellini del 1966,dove è indicata la Ferrovia del Semmering sul retro. Monumento alla stazione di Semmering. Museo dedicato alle sue opere a Breitenstein. Denominazione del Parco Ghega e del Ponte Ghega a Gloggnitz. C'è una via dedicata a lui a Trieste. Nel 2012 le poste austriache hanno emesso un francobollo commemorativo per il 210º compleanno. Note Bibliografia Günter Dinhobl: Die Semmeringbahn: der Bau der ersten Hochgebirgseisenbahn der Welt. – Wien: Oldenbourg, 2003, ISBN 3-486-56743-8 (collana Österreich-Archiv) Herbert Grasinger: Auf den Spuren von Ghego entlang der historischen Semmeringbahn: Wanderführer. – Ternitz: Höller, 1998, ISBN 3-85226-073-6 Alfred Niel: Carl Ritter von Ghega: ein Leben für die Eisenbahnen in Österreich. – Wien: Pospischil, 1977 Wolfgang Pap: UNESCO Weltkulturerbe Semmeringbahn: zum Jubiläum 150 Jahre Semmeringbahn 1854–2004. – Semmering: Tourismusregion NÖ Süd, 2003 Aldo Rampati: Carlo Ghega: il cavaliere delle Alpi. – Triest: Italo-Svevo-Publ., 2002 Wolfgang Straub: Carl Ritter von Ghega. Der geniale Pionier des Eisenbahnzeitalters im profunden Porträt; Graz: Styria, 2004, ISBN 3-2221-3138-4 Marika Caiola: Karl Ritter von Ghega: Tesi di laurea, Istituto Universitario di Architettura di Venezia, a.a. 2000/2001 Carlo Frati e Arnaldo Segarizzi: Catalogo dei codici marciani italiani: vol. II, Modena, G. Ferraguti & C., 1911, pp. 178-185 Altri progetti Collegamenti esterni Ingegneri del settore dei trasporti
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https://it.wikipedia.org/wiki/Cellatica
Cellatica
Cellatica (Selàdega o Saladega in dialetto bresciano) è un comune italiano di abitanti della provincia di Brescia in Lombardia. Rientra nel territorio della Franciacorta ed è situato ai piedi delle Prealpi Bresciane, si trova a circa 7 chilometri a ovest del capoluogo Brescia, confina inoltre a nordovest con Gussago e ad est con Collebeato. È sede di distretto scolastico e zona di produzione dell'omonimo vino e del Cellatica superiore. Geografia fisica Storia Simboli Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 12 maggio 1970. Il gonfalone è un drappo troncato di azzurro e di giallo. Monumenti e luoghi d'interesse Aree naturali Insieme ai comuni di Collebeato, Brescia, Botticino, Bovezzo, Rodengo-Saiano, Rezzato è stato istituito il Parco delle colline. Società Evoluzione demografica Sagre e ricorrenze Durante il mese di giugno e luglio è presente da anni al Campo sportivo dell'USD Cellatica "La settimana dello sportivo". Ogni 23 aprile si festeggia San Giorgio per le vie del paese con la processione della statua del patrono. Sempre in ambito di ricorrenze religiose ogni ultima domenica di maggio si tiene la processione della Madonna per le vie del paese. Infrastrutture e trasporti Fra il 1907 e il 1953 Cellatica era servita dall'omonima stazione posta lungo la tranvia Brescia-Cellatica-Gussago. Il paese è tuttora servito dalla linea 13 dei trasporti urbani. Sport Calcio La principale squadra di calcio della città è l'U.S. Cellatica 1971 che milita nel girone G lombardo di 1ª categoria. È nata nel 1971. La seconda squadra presente nel paese di Cellatica è il San Giorgio, ovvero la squadra dell'oratorio. È formata da due livelli: juniores e la prima squadra. La juniores si trova nel girone C del CSI Brescia. Impianti sportivi Nel territorio comunale sono presenti anche un bocciodromo, due campi da calcio in corrispondenza del campo sportivo, un centro tennis, un centro di beach volley e una palestra multifunzione, dove si tengono corsi per vari sport. Note Altri progetti Collegamenti esterni Franciacorta
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https://it.wikipedia.org/wiki/Canton%20Ticino
Canton Ticino
Il Canton Ticino o Cantone Ticino (in dialetto ticinese e comasco Tesìn, Tasìn o Tisìn; in tedesco, francese e romancio Tessin), ufficialmente Repubblica e Cantone Ticino, è il cantone più meridionale della Svizzera ed è situato quasi completamente sul versante meridionale delle Alpi, se si eccettua una piccola porzione di territorio lungo l'alto corso del fiume Reuss, appartenente al bacino idrografico del Reno e la val Cadlimo (dove si trova la sorgente del Reno di Medel). Prende il nome dal fiume Ticino che lo attraversa dalla sorgente al Passo della Novena fino al Lago Maggiore. Secondo la Costituzione cantonale «il Cantone Ticino è una repubblica democratica di cultura e lingua italiane» (art. 1 Cost.) e il preambolo chiarisce che «il popolo ticinese» è «fedele al compito storico di interpretare la cultura italiana nella Confederazione elvetica» (Preambolo della Costituzione). Geografia fisica Il Cantone Ticino è l'unico cantone della Confederazione elvetica situato quasi interamente a sud delle Alpi, eccettuando l'alta valle della Reuss e la val Cadlimo (dove si trova la sorgente del Reno di Medel). Ha una superficie di 2812,46 km², pari al 6,8% dell'intera superficie svizzera. Il territorio cantonale è in buona parte delimitato dal confine con l'Italia (provincia del Verbano-Cusio-Ossola in Piemonte, di Varese e Como in Lombardia), con la quale confina a est, ovest e sud. A nord-ovest confina con il Canton Vallese, a nord con il Canton Uri, e a nord-est con il Cantone dei Grigioni. Circa tre quarti della sua superficie sono considerati terreno improduttivo. Le foreste coprono circa un terzo dell'area del Cantone, ma anche i laghi (Verbano e Ceresio) compongono una parte considerevole del territorio. All'interno del suo territorio è situata l'exclave italiana di Campione d'Italia. Il Ticino è il principale fiume del Cantone. Il suo bacino idrografico copre gran parte del territorio, scorrendo da nord-ovest attraverso la Val Bedretto e la Valle Leventina, per entrare nel lago Maggiore in corrispondenza delle "Bolle di Magadino". Quest'ultima è una zona paludosa, non distante da Locarno, in cui trova posto una riserva naturale di rilevanza nazionale, costituita dalle foci dei fiumi Ticino e Verzasca. La Reuss, fiume appartenente al bacino del Reno, nasce nel Cantone, a poca distanza dal Passo del San Gottardo. I principali affluenti del fiume Ticino sono il Brenno nella Valle di Blenio e la Moesa nella Val Mesolcina. Gran parte del Sopraceneri, la parte settentrionale del Cantone, è stata modellata dal fiume, che vi forma un'ampia valle conosciuta come Valle Riviera. Le terre occidentali del Cantone sono invece bagnate dal fiume Maggia, cui ci si riferisce al femminile (la Maggia), mentre il bacino della Verzasca, che ha origine nella valle omonima, si trova tra il Ticino e la Maggia. Il bacino idrografico del Cantone Ticino meridionale alimenta invece il lago di Lugano, che, attraverso il fiume Tresa, confluisce anch'esso nel lago Maggiore e perciò nel fiume Ticino. Gran parte del territorio è tradizionalmente considerato come parte delle Alpi, ma la punta meridionale, il Mendrisiotto, può essere accorpata alla Pianura Padana. Gli unici torrenti non tributari direttamente o indirettamente del Ticino sono il Breggia e il Faloppia tributari del lago di Como e quindi dell'Adda; il Gaggiolo e la Morea, tributari dell'Olona. Il Cantone è tradizionalmente diviso in due grosse regioni separate dal Monte Ceneri, dette per l'appunto Sopraceneri e Sottoceneri. Tale divisione ha una certa rilevanza dal profilo socio-economico. In effetti, il Sottoceneri risente della vicinanza con l'Italia e la piazza finanziaria milanese, che ha comportato un forte sviluppo del settore bancario e assicurativo nella città di Lugano. Rilievi Il Cantone è interessato dalle seguenti sezioni e sottosezioni alpine: Prealpi Luganesi (Prealpi Comasche e Prealpi Varesine); Alpi Lepontine (Alpi del Monte Leone e del San Gottardo, Alpi Ticinesi e del Verbano, Alpi dell'Adula). La montagna più alta del Cantone è l'Adula che raggiunge i 3 402 m s.l.m. La vetta più alta interamente su territorio ticinese è il Campo Tencia, 3 071 m s.l.m.; questo primato è contestato da un gruppo di bleniesi, che lo attribuisce alla Cima di Aquila, con 3 128 m s.l.m. Storia L'antichità e il Medioevo Sono stati molti i ritrovamenti di cimeli funerari intorno all'inizio dell'età del ferro o della fine dell'età del bronzo; tutti riguardano zone comprese tra l'area locarnese costeggiante il Verbano fra i fiumi Maggia e Verzasca, e quella bellinzonese, compresa la zona di Sementina e Gudo dove sono stati ritrovate molte tombe e oggetti con iscrizioni nell'alfabeto nord-etrusco. Il fiume Ticino, e il lago stesso arrivavano quasi a toccare la roccia della montagna, e questa mancanza di ritrovamenti nel piano di Magadino prova che l'estensione del Verbano era assai maggiore di quella del ventunesimo secolo. Nell'antichità, le terre del Ticino erano abitate da popolazioni celtiche: i Leponzi. La regione venne annessa all'Impero romano relativamente tardi, probabilmente all'inizio del principato. Il Ticino venne annesso alla Regio Transpadana, così come tutti i territori a sud delle Alpi. La presenza romana in Ticino è attestata sia dalla toponomastica (innumerevoli i toponimi in «vicus» o «villa»: Sonvico, Mezzovico, Villa Luganese, Villa Bedretto, ecc.) sia dai ritrovamenti – ad esempio a Bellinzona con i resti delle mura di un'antica fortezza romana sul sito dov'è poi stata edificata la rocca di Castel Grande, Locarno, Minusio, Muralto, Bioggio e Tesserete –, alcuni più importanti, altri essenzialmente di monete, sarcofaghi, massi avelli e altri oggetti. Durante il Medioevo, l'area del Cantone Ticino seguì poi le vicende della vicina Lombardia, con le invasioni degli Ostrogoti, dei Longobardi e infine dei Franchi. Le terre ticinesi divennero, all'incirca dopo il 1100, il teatro delle guerre fra i potenti Comuni vicini di Como e Milano, e furono definitivamente conquistate alla metà del XIV secolo dai Duchi di Milano, i Visconti, poi seguiti dagli Sforza. Nel febbraio del 1182 le vallate di Blenio e Leventina firmarono il Patto di Torre giurandosi reciproca assistenza e, con la distruzione del castello di Serravalle, si liberarono del podestà. L'arrivo dei confederati Nel frattempo, tuttavia, lungo tutto il corso del XV secolo i confederati svizzeri si erano lanciati alla conquista delle valli a sud delle Alpi, in tre campagne successive. Il Canton Uri conquistò definitivamente la Valle Leventina già nel 1440, dopo che tra il 1403 e il 1422 alcune di queste terre, già annesse con la forza da Uri, erano state perse. In questo contesto si ricordano tre importanti battaglie tra confederati e ducato milanese: Arbedo (1422), Castione (1449) e Giornico (1478). Successivamente, gli svizzeri approfittarono delle invasioni dei francesi in Italia, che presero avvio a partire dal 1494. Infatti, in una seconda campagna nel 1500 Uri, Svitto e Untervaldo ottennero la città di Bellinzona e la Riviera, anch'esse peraltro già occupate da Uri nel 1419 ma perse nel 1422. Chiamate dagli Stati italiani, nel 1512, per scacciare il re di Francia Luigi XII, le truppe dell'intera Confederazione rimisero alla testa del Ducato di Milano Massimiliano Sforza, che divenne in sostanza un fantoccio degli svizzeri. Questi ultimi furono ricompensati con l'estensione del controllo militare non soltanto sui distretti di Lugano e Mendrisio, ma ben oltre i confini attuali. In Provincia di Varese erano in effetti svizzere la Valtravaglia e la Valcuvia, in cima al lago di Como la terra detta «delle Tre Pievi» e infine pure parte della Val d'Ossola. Ben presto, però, la situazione mutò e già nel 1515 il confine fu portato alla sua posizione attuale, dopo la sconfitta patita dagli elvetici nella battaglia di Marignano (città poi ribattezzata Melegnano) per opera di Francesco I di Francia. Il nuovo sovrano francese calò infatti nuovamente in Italia, stregato dal sogno che già aveva attratto nella penisola i suoi predecessori. I baliaggi nella Confederazione svizzera Con l'anno 1515 prese dunque avvio il periodo detto dei confederati. I territori che nel 1803 costituiranno il Cantone Ticino erano suddivisi in otto baliaggi, in linea di massima corrispondenti agli attuali distretti. I baliaggi cisalpini non appartenevano però tutti ai tredici cantoni, che formavano allora la Confederazione Elvetica. Infatti, mentre la Leventina dipendeva solamente dal Canton Uri, gli odierni distretti di Blenio, Riviera e Bellinzona erano baliaggi, oltre che di Uri, anche di Svitto e del Semicantone di Nidvaldo. Il restante territorio ticinese, invece, era spartito in quattro baliaggi di proprietà comune dei dodici cantoni, i cosiddetti Baliaggi Ultramontani o Ennetbergische Vogteien. Il dominio confederato si manifestò praticamente solo in ambito giudiziario. Al di fuori dell'ambito giudiziario, il potere venne lasciato alle autorità locali. Nei baliaggi svizzeri, infatti, a differenza di quanto accadde in Lombardia, sono sopravvissute le istituzioni del patriziato e del Consiglio parrocchiale (l'assemblea, eletta dai cattolici di un villaggio, che amministra le proprietà della parrocchia). Lo scarso interesse, di fatto, mostrato dai cantoni sovrani, venne ampiamente compensato, oltre che da un regime fiscale moderato (l'unico bene tassato era il vino) dall'appartenenza dei baliaggi a uno Stato neutrale, nel mezzo di un'Europa lacerata da continue guerre. Questa felice marginalizzazione si riflette nell'assenza di grandi eventi storici in questo periodo. Degni di menzione, sono comunque due episodi: La Riforma e la Controriforma Benché la Svizzera fosse uno dei centri della Riforma protestante, i baliaggi ticinesi rimasero cattolici: chi si convertiva al protestantesimo era obbligato a trasferirsi nei cantoni protestanti; come «contropartita» ai baliaggi venne risparmiata l'inquisizione. Attorno al 1550 si formò a Locarno una comunità protestante di circa 55 famiglie; per timore che la nuova fede si espandesse a sud delle Alpi, la comunità venne espulsa il 3 marzo 1555 in base a una decisione che la Dieta dei cantoni svizzeri dell'anno precedente aveva rimesso all'arbitrato di due cantoni di religione mista (Appenzello e Glarona). Questi ultimi, infatti, avevano deciso che i locarnesi aderenti alla nuova confessione avrebbero dovuto tornare all'antica fede, oppure espatriare. La maggior parte delle famiglie trovò riparo oltralpe, in particolare a Zurigo. Nonostante le Diete di Ilanz del 1524 e del 1526 avessero proclamato la libertà di culto nella vicina Repubblica delle Tre Leghe (successivamente diventato Cantone dei Grigioni) nelle terre del Ticino, per secoli il cattolicesimo rimase l'unica confessione consentita dalle autorità nei baliaggi che formano il Cantone Ticino. Dal punto di vista ecclesiastico il territorio ticinese era diviso tra le Diocesi di Como e Milano. In questa lotta contro la Riforma si distinse Carlo Borromeo, il quale combatté il protestantesimo nelle valli svizzere di lingua italiana, imponendo rigidamente i dettami del Concilio di Trento. Nella sua visita pastorale in Val Mesolcina del 1583, fece processare per stregoneria centocinquanta persone. Questo è uno dei processi per stregoneria meglio documentati nella storia del periodo (ci è infatti giunta la cronaca del compagno di viaggio di Carlo Borromeo, il gesuita Achille Gagliardi). Tra gli arrestati un centinaio erano donne e molti furono i torturati (la tortura era una prassi comune per chiunque venisse arrestato con l'accusa di stregoneria, inoltre era sufficiente negare l'esistenza delle streghe per essere condannati a morte). I condannati al rogo furono undici: il prevosto e dieci donne, di cui otto vennero condannate al rogo appese a testa in giù. La rivolta della Val Leventina Scoppiata nel 1755, fu legata a una lunga serie di attacchi alle prerogative della Valle Leventina, fino ad allora conservate nelle sue secolari istituzioni e consuetudini. Al momento della conquista, gli Svizzeri si erano infatti impegnati a rispettare le leggi e consuetudini preesistenti, anzi ne avevano imposto l'osservanza ai balivi da loro inviati, salva tuttavia la possibilità per i cantoni svizzeri di rettificarle successivamente. Fu proprio uno di questi tentativi di modifica a scatenare la rivolta. L'insurrezione si concluse con la condanna a morte dei tre principali arrestati, con la revoca di molti diritti di cui la valle godeva e, in particolare, con la completa riforma degli statuti vallerani. Verso la formazione e l'indipendenza del Cantone Durante il periodo della Repubblica Elvetica, per decisione di Napoleone Bonaparte i baliaggi vennero riuniti a formare, nel 1798, due diversi cantoni: Bellinzona e Lugano. Nel 1803, questi vennero poi definitivamente unificati in un nuovo soggetto, il cui nome venne ideato riprendendo il nome del fiume più importante del territorio: il Ticino. La scelta rifletteva il modello utilizzato nella denominazione dei dipartimenti francesi, adottata dopo la Rivoluzione del 1789. Nonostante il nuovo Cantone venisse dichiarato, fin dal 1803, Stato membro della Confederazione a pieno titolo, la Francia continuò a gestirne ampiamente gli affari, arrivando fino ad annettere de facto alla Repubblica Cisalpina, seppure per un brevissimo periodo, i distretti meridionali di Muggio e Mendrisio: dal 1810 al 1813 il generale Achille Fontanelli occupò con le sue truppe il Mendrisiotto, con il pretesto di reprimervi il "contrabbando" fra Svizzera e Regno d'Italia. La capitale del Cantone unificato venne posta a Bellinzona, ma Lugano non accettò questa risoluzione. Il problema fu risolto con la Costituzione del 1814, la quale stabilì che le tre città principali, Bellinzona, Lugano e Locarno, si alternassero ogni sei anni nel ruolo. Questa alternanza durò fino al 1878 quando Bellinzona divenne la capitale unica e permanente. La prima fase di vita del Cantone durante l'epoca napoleonica fu caratterizzata da un regime liberale filo-francese. La Restaurazione e il governo dei landamani La caduta di Napoleone fu seguita da una ripresa di vigore da parte delle monarchie assolute; anche in Svizzera e nel Cantone Ticino si assistette dunque al ritorno dei vecchi governi aristocratici e al rafforzamento del potere dell'Esecutivo a scapito dei Parlamenti cantonali, con le cariche politiche riservate per di più a una ristretta cerchia di cittadini abbienti. Nel Cantone Ticino furono elaborati vari progetti costituzionali, il primo respinto dalla Dieta federale perché ritenuto troppo democratico, i successivi rapidamente abortiti anche a causa di sommovimenti di popolo. Il 3 marzo 1815 entrava così in funzione il primo Esecutivo cantonale, denominato Consiglio di Stato. Era composto di undici membri, eletti per un mandato di sei anni dal Legislativo, il Gran Consiglio: va sottolineato che i Ministri cantonali continuavano a far parte di questo organismo. Anche se gli anni 1815-1830 furono caratterizzati dal tentativo di singoli personaggi, in primis il discusso Landamano Giovanni Battista Quadri, di governare sostanzialmente in modo autoritario, il governo fu sempre assicurato da un collegio. Che il Landamano non godesse di un potere incontrastato rispetto agli altri membri del Consiglio di Stato è dimostrato proprio dalle gravi tensioni, anche nel seno stesso dell'Esecutivo, create dalle aspirazioni del Quadri. Va comunque preso atto che, nel periodo chiamato «Regime del Landamani», per circa 15 anni il Cantone come l'intera Svizzera ritrovò una relativa quiete, seppur sotto la tutela dell'Impero austriaco, e si dotò di nuove comode strade carrozzabili e ponti in pietra. La rivoluzione del 1830, la controrivoluzione del 1841 e le loro conseguenze Il XIX secolo, fino al 1890, fu caratterizzato dalle continue lotte con vari capovolgimenti fra liberali e conservatori, anche se la Costituzione del 1830 rimase formalmente in vigore fino al 1997. La rivoluzione liberale ticinese che fece terminare il "regime del Quadri" giunse addirittura prima della rivoluzione parigina di luglio del 1830 e venne consacrata nel testo costituzionale del 30 giugno 1830, opera di Stefano Franscini. Ma le passioni non si placarono, a causa dei contrasti mai sopiti tra le due fazioni. Nel 1839 - quando le elezioni registrarono una vittoria dei conservatori - i liberali approfittarono dell'indignazione sorta per l'espulsione dal Cantone, decretata dal nuovo governo, dei mazziniani e patrioti italiani Giacomo e Filippo Ciani. Con un colpo di mano, fu così abbattuto il governo conservatore. Le successive elezioni sancirono la vittoria liberale, ma un analogo tentativo dei conservatori di rovesciare l'esito elettorale si produsse nel 1841: il fallito golpe terminò con l'impiccagione del loro capo Giuseppe Nessi. I liberali approfittarono quindi di una lunga stagione di governo (1839-1875) per perseguire una politica di secolarizzazione della società: in particolare, con la chiusura dei monasteri, l'esclusione del clero dall'insegnamento e la soppressione dei collegi religiosi. In parallelo, venne rafforzato l'insegnamento pubblico. All'epoca, era naturale la simpatia dei liberali ticinesi per il movimento risorgimentale. La reazione dell'Austria all'appoggio ticinese verso la causa italiana non si fece attendere e, dopo la prima guerra di indipendenza italiana del 1848, l'Austria impose nel 1853 un blocco economico verso il Cantone Ticino ed espulse migliaia di ticinesi dal Regno Lombardo-Veneto. Tale misura, insieme con l'adozione in Svizzera della nuova costituzione federale più centralista del 1848, contribuì a spostare piano piano il baricentro del Cantone verso nord. Il 28 luglio 1854 l'Austria permise l'esportazione del grano lombardo verso il Cantone Ticino. Dopo che, nel 1854-1855, i liberali rischiarono di perdere la maggioranza, si registrò un'accelerazione della politica di laicizzazione. Il clero venne così escluso dall'elettorato, sia attivo sia passivo, e venne pure richiesta, fra altre misure, la separazione del Cantone Ticino dalle diocesi di Como e Milano. Il Cantone Ticino durante e dopo il Sonderbund Nel 1845, allo scoppio del Sonderbund, il Cantone Ticino decise di rimanere, nonostante la vocazione cattolica, fedele al governo federale di Berna, nel quale i liberali detenevano la maggioranza. Di fatto il Cantone, che subì un tentativo d'invasione urana, non partecipò alle campagne di guerra civile tra liberali e conservatori. Il ritorno dei conservatori Nel 1875 il partito liberal-conservatore riconquistò la maggioranza e nei mesi seguenti la tensione crebbe tanto da giungere a una sparatoria fra liberali e conservatori: avvenne il 22 ottobre 1876, alle terme di Stabio, durante il quale furono uccisi i liberali Guglielmo Pedroni, Giovanni Moresi e Giovan Battista Cattaneo e il conservatore Andrea Giorgetti. Grazie all'intervento del commissario federale, fu comunque possibile organizzare nuove elezioni, il 21 gennaio 1877, che sancirono la definitiva vittoria dei conservatori. Questi ultimi consolidarono negli anni seguenti il loro potere grazie a una paziente politica di amministrazione del sistema elettorale. Soprattutto, pesarono misure come i collegi elettorali, detti circoli, costruiti "ad hoc" e una modifica nell'attribuzione dei seggi. Questi non vennero più assegnati secondo la popolazione realmente presente, ma in base agli iscritti all'anagrafe: in questa categoria allargata figuravano di conseguenza anche gli emigrati da tempo all'estero, numerosi specie nelle Valli superiori tendenzialmente conservatrici. Risale a questa fase la definitiva assegnazione del ruolo di capitale cantonale a Bellinzona, passaggio compiutosi nel 1878. I rapporti fra i due partiti rimasero peraltro tesissimi. A ciò contribuiva – oltre alla politica di ristabilimento di più sereni rapporti tra Stato e Chiesa perseguita dai conservatori – pure il processo per i fatti di Stabio. La relativa inchiesta che divise il Cantone durò più di tre anni e vani furono i tentativi di giungere a un'amnistia generale. Il dibattimento prese avvio il 26 febbraio 1880 e vide fra i principali imputati il conservatore Luigi Catenazzi, farmacista, come accusato dell'omicidio del Pedroni e il colonnello avvocato Pietro Mola con altri liberali per la morte di Andrea Giorgetti. La sentenza del 17 maggio 1880 assolse tutte le persone coinvolte (vi erano stati infatti 7 voti di condanna invece degli 8 su 12 richiesti dalla legge). Nel 1882 mediante una riforma costituzionale fu introdotto il referendum. Nel 1888 la legge ecclesiastica fu modificata in senso più favorevole alla Chiesa. Nel frattempo la Santa Sede aveva disposto la separazione del Cantone Ticino dalle diocesi di Milano e Como e la sua unione a quella di Basilea con nomina per il Cantone Ticino di un amministratore apostolico con sede a Lugano. La rivoluzione del 1890 I conservatori al potere disegnarono i circoli elettorali in modo da assicurarsi il massimo numero di deputati con il minimo dei voti. Alle elezioni del 3 marzo 1889, pur con uno scarto di pochissimi voti, risultarono così eletti 75 conservatori e 37 liberali. Scoppiarono gravi scontri tra le due fazioni: i liberali imputavano inoltre ai conservatori una serie di illecite cancellazioni dalle liste di candidati liberali. L'11 settembre 1890 scoppiò la cosiddetta rivoluzione del 1890: i rivoltosi (Brenno Bertoni, Rinaldo Simen, Romeo Manzoni, ecc.) presero d'assalto il palazzo governativo di Bellinzona, Angelo Castioni con una fucilata uccise il giovane Consigliere di Stato Luigi Rossi (1864-1890) e instaurarono un governo provvisorio interamente composto di liberali. Il Consiglio federale fece intervenire l'esercito per appianare la tensione e riuscì a imporre un governo di transizione composto da liberali e conservatori diretto da un esponente di centro, Agostino Soldati. Nel 1893 fu varato nel Cantone Ticino, per la prima volta in Svizzera, un sistema elettivo proporzionale per l'esecutivo. I liberali andarono tuttavia rinsaldando la loro maggioranza. Il nuovo quadro politico, che modernizzò il Cantone Ticino, fu completato con la nascita del movimento socialista, costituitosi nel Partito Socialista Svizzero nel 1888 ed entrato nel governo cantonale nel 1922. Durante tutto l'Ottocento, il Cantone, produttore essenzialmente di prodotti agricoli (paglia, tabacco, seta, formaggi) soffrì di una grave arretratezza economica, che si espresse in una forte emigrazione non soltanto verso i Paesi europei ma anche Oltreoceano. La lotta contro l'analfabetismo incominciata dal Franscini si trasformò in una più decisa politica di istruzione popolare che sfociò anche nel potenziamento delle scuole secondarie cantonali. Solo con l'affermarsi del turismo e di una prima industrializzazione, a inizio Novecento, la situazione cominciò a mutare. Accanto all'emigrazione, vi fu una forte immigrazione di mano d'opera italiana, in particolare nei settori dell'edilizia e delle cave di pietra. È stato soltanto a partire dagli anni 1960, in concomitanza con il boom immobiliare, che il Cantone si è sempre più affermato come importante piazza finanziaria e di servizi, in particolare con riferimento alla vicina Italia. La fondazione nel 1996 dell'Università della Svizzera italiana ha rappresentato il coronamento di un lungo periodo di crescita economica e culturale del Paese. Terra di esilio Fin dall'Ottocento il Cantone Ticino fu terra di esuli politici, dapprima repubblicani e federalisti (Lodovico Frapolli, Carlo Cattaneo, i fratelli Ciani), poi internazionalisti (Benoît Malon, Michail Bakunin), quindi socialisti (Mario Tedeschi, Angiolo Cabrini, Giuseppe Rensi, Enrico Bignami, Tito Barboni), anarchici (Pietro Gori) e sindacalisti rivoluzionari (Angelo Oliviero Olivetti, Giulio Barni, Alceste De Ambris). Ebbero la protezione locale di liberali, radicali e socialisti. Questo triangolo di terra incuneato nell'Insubria ospitò, durante il periodo tra le due guerre mondiali, anche molti esuli antifascisti e alcuni ebrei (Alberto Vigevani). Negli anni settanta, il Cantone Ticino accolse numerosi rifugiati cileni che fuggirono la repressione seguita al colpo di Stato dell'11 settembre 1973 in Cile. Nei decenni successivi giungono in Ticino anche un nutrito numero di persone provenienti dai Balcani occidentali, in fuga dai conflitti in Jugoslavia e Kosovo. In virtù di questi ampi e costanti flussi migratori nella storia, oltre il 27% delle persone residenti in Ticino sono considerate straniere - un numero superiore alla media svizzera, che già si situa a un notevole 25%. Altri flussi migratori dalle conseguenze demografiche ben visibili ancora oggi includono quello composto da persone in fuga dal regime di Salazar in Portogallo soprattutto nella prima metà del '900. Rifugiati politici, immigrazione economica e emigrazione hanno giocato un ruolo molto importante nella costruzione dell'identità ticinese. Quello della multiculturalità è un tema politico molto sentito, e la prevalenza di famiglie di origine straniera ha portato alla nascita del termine "secondos", usato per definire persone nate e cresciute in Svizzera da genitori stranieri. Sempre in quegli anni, alcuni gruppi extraparlamentari ticinesi come il Movimento Giovanile Progressista-Lotta di Classe, con ramificazioni a Zurigo, l'Organizzazione Anarchica Ticinese e più tardi Soccorso rosso svilupparono persino una rete di sostegno attivo e verbale nei confronti dei militanti di estrema sinistra italiani. Tale sostegno permise la creazione di una rete di accoglienza e collaborazione militare, specializzata nei furti di armi nei depositi militari dell'Esercito svizzero. L'attività di appoggio sovversivo portò in Ticino numerosi esponenti della lotta armata italiana, tra i quali Valerio Morucci ed Enzo Fontana. Gianluigi Galli, di «Lotta di Classe», fu arrestato e accusato di favoreggiamento per l'entrata illegale di quattro sovversivi appartenenti al gruppo del Gatto Selvaggio del movimento dell'autonomia. Alcuni militanti di spicco delle Brigate Rosse quali Alvaro Lojacono ebbero contatti con membri del Partito Socialista ticinese, sebbene non vi siano prove di collusione per quanto riguarda i crimini commessi dai brigatisti. Società Evoluzione demografica A fine 2005 la popolazione cantonale ammontava a abitanti, ma circa ticinesi vivevano all'estero, soprattutto in Italia, Germania e Francia. Alla fine del 2006 gli abitanti erano in totale , con un incremento di residenti rispetto al 2005 pari allo 0,8% (leggermente superiore al tasso di crescita nazionale attestatosi allo 0,7%). Su questo tasso d'incremento incide in buona misura il saldo migratorio (695 residenti stranieri in più fra 2006 e 2005). A fine 2011 la popolazione complessiva del Cantone è di abitanti. A tale evoluzione hanno probabilmente contribuito sia il rafforzamento e la diversificazione dell'economia cantonale, sia il continuo e variegato afflusso di immigrati. La popolazione straniera nel 2007 rappresentava il 26% della popolazione totale, un tasso leggermente superiore alla media svizzera, che si attesta al 23%. Durante i giorni lavorativi entrano nel territorio cantonale circa «frontalieri» (lavoratori italiani, residenti nella fascia di confine, che lavorano in Ticino), i quali rappresentano oltre il 22% della forza lavoro del Cantone. La crescente immigrazione, soprattutto negli ultimi anni, ha portato il Ticino ad avere una popolazione composta per quasi un quinto da persone nate in paesi diversi. I paesi maggiormente rappresentati sono l'Italia, il Kosovo, l’Albania, il Portogallo, la Bosnia e Erzegovina e la Croazia. La città più popolosa è Lugano. Grazie a una serie di aggregazioni con i Comuni della cintura urbana, la sua popolazione è cresciuta all'inizio del XXI secolo fino a quasi abitanti. Le altre città principali sono Bellinzona, che è la capitale in cui ha sede il governo cantonale ( abitanti), Locarno e Mendrisio. Di dimensioni inferiori (sotto i abitanti) ma con una rilevanza regionale non trascurabile sono i borghi di Airolo, Biasca e Faido nel Ticino settentrionale, e Chiasso nel Ticino Meridionale. La maggior parte della popolazione si situa nei centri urbani nel sud del cantone, più sviluppato e pianeggiante. Il nord è scarsamente popolato, ed include alcuni dei comuni più grandi della Svizzera in termini di superficie. Lingue e dialetti Lingue locali La lingua ufficiale del Cantone Ticino è l'italiano. La lingua lombarda è parlata – in diglossia con l'italiano – in tutto il Cantone, nelle sue varietà ticinese (Sopraceneri) e comasca (Sottoceneri), entrambi appartenenti al ramo occidentale (che non è però riconosciuta ufficialmente, tranne che per alcuni comuni); . Con la rivoluzione industriale e l'arrivo in Ticino di infrastrutture moderne nasce il cosiddetto "dialetto della ferrovia" (o "koinè ticinese"), una sorta di standard nato dalle nuove possibilità di movimento e scambio tra valli e comuni. Bosco Gurin è l'unico comune ticinese in cui, a fianco dell'italiano, è riconosciuta ufficialmente anche la lingua tedesca: una parte dei suoi abitanti, i Walser, parla, infatti, il Guryner Titsch (o Ditsch). Lingue straniere Nel corso del XX secolo in Ticino si è assistito a un progressivo accrescimento della comunità germanofona: molte persone si sono infatti spostate dai Cantoni di lingua tedesca verso il sud delle Alpi; a questi, si aggiungono annualmente durante la stagione estiva un grande numero di turisti. La lingua tedesca gode quindi in Ticino di uno status particolarmente elevato ed è conosciuta da ampi strati della popolazione, tanto che nel 2017 i Giovani Liberali Radicali Ticinesi arrivano a proporre di introdurre l'insegnamento del tedesco fin dalla terza elementare; la proposta non si realizzerà per via di dubbi e critiche concernenti la capacità di bambini italofoni di studiare in modo produttivo una lingua di ceppo non latino. Tale fenomeno – intensificatosi a partire dal 1950 – aveva fatto pensare a una progressiva germanizzazione del Cantone, in particolare dei due distretti a maggiore vocazione turistica, Locarno e Lugano; tali preoccupazioni si sono tuttavia drasticamente ridimensionate a partire dal 1980, da quando si è verificata una costante riduzione della quota di persone di lingua madre tedesca: in termini percentuali, la quota è passata dall'11,1% del 1980 all'8,3% del 2000. Il francese, più vicino all'italiano, è già insegnato dalle elementari; inglese e tedesco vengono comunque insegnati durante le scuole medie, mentre lingue come lo spagnolo, il latino o il greco sono spesso insegnate in licei e scuole professionali. Religione Per secoli il cattolicesimo è rimasta l'unica confessione consentita dalle autorità nei baliaggi che formano il Cantone Ticino, tanto che nel 1555 i membri della comunità riformata di Locarno vennero espulsi e trovarono rifugio a Zurigo. Così nel Cantone, anche nei primi decenni dopo l'indipendenza, la religione cattolica rimase prevalente. La Costituzione cantonale – non dissimilmente da quanto previsto dalla Costituzione federale svizzera – assicura piena libertà di culto ai fedeli di tutte le confessioni. La Chiesa cattolica romana e la Chiesa evangelica riformata godono di personalità giuridica di diritto pubblico: i loro rapporti con lo Stato sono regolati dalla Legge cantonale sulla Chiesa evangelica del 14 aprile 1997 e dalla legge sulla Chiesa cattolica del 16 dicembre 2002 unitamente al relativo regolamento di applicazione del 7 dicembre 2004. Le Chiese dotate di personalità di diritto pubblico si finanziano – in base a un decreto legislativo del 1992 – grazie all'imposta di culto, alla quale possono essere assoggettate solo le persone fisiche e giuridiche iscritte in uno speciale catalogo compilato da ciascuna Parrocchia. In forza di tale principio, l'imposta di culto è dunque totalmente facoltativa e consente al fedele di autodeterminarsi in piena libertà riguardo alla corrispondenza tra status di membro della Parrocchia e dovere di sovvenire alle necessità finanziarie della stessa. I cattolici del Cantone seguono uno dei due riti: romano o ambrosiano. Nel ventunesimo secolo, anche a causa della forte immigrazione, il quadro confessionale si è fatto decisamente più vario, come emerge dai dati del censimento dell'anno 2000: cattolici (75,94%) protestanti (6,88%) ortodossi (2,35%) musulmani (1,87%) vecchi cattolici (0,18%) ebrei (0,12%) senza indicazione o senza confessione (12,22%) Va rilevato che la piccola comunità ebraica è concentrata sostanzialmente a Lugano. Formazione, ricerca e sviluppo Nel campo dell'educazione e della ricerca, nel Cantone Ticino esistono due poli. L'Università della Svizzera Italiana (USI) di Lugano è l'unica università svizzera dove si insegna in lingua italiana e inglese. Le facoltà presenti sono: Architettura (a Mendrisio), Economia, Scienze della comunicazione e Informatica. A Lugano vi è pure, con direzione amministrativa separata, una facoltà di Teologia. La Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana (SUPSI) è invece una scuola universitaria professionale la cui missione si concentra su tre aspetti: la formazione di base, la formazione continua e la ricerca. il suo atout è quello di saper coniugare la teoria con la pratica professionale. Altri istituti di ricerca universitaria presenti in Ticino sono: Il Centro Svizzero di Calcolo Scientifico (CSCS ) L'Istituto Dalle Molle di Studi sull'Intelligenza Artificiale (IDSIA) L'Istituto Oncologico di Ricerca (IOR) (IOR) L'Istituto di Ricerca in Biomedicina (IRB) L'Istituto di Ricerca in Fisica Solare (IRSOL) Il conservatorio della svizzera italiana (Dipartimento Ricerca e Sviluppo) (http://www.artisticresearch.ch/en/research_showcase/past_projects.html) Da diversi anni vi è stato un fiorire di altre istituzioni culturali, destinate in particolare a italiani in settori universitari dove vige il numero chiuso. Le autorità federali sono intervenute per impedire l'uso di termini come università o ateneo per le istituzioni che non abbiano avuto un pubblico riconoscimento a utilizzare tale denominazione. Organizzazione ecclesiastica Sino al termine del XIX secolo, precisamente fino agli accordi tra Consiglio federale svizzero e Santa Sede del 1884, il Ticino era ecclesiasticamente soggetto in parte alla Diocesi di Milano e in parte a quella di Como. A seguito di tali accordi, il 7 settembre 1888 papa Leone XIII, con la bolla Ad universam, creò la Diocesi di Lugano, costituendo la Chiesa parrocchiale e collegiata di San Lorenzo di Lugano a cattedrale. Al suo vertice, in un primo tempo, non fu posto un vescovo bensì un Amministratore apostolico. Fu infatti soltanto l'8 marzo 1971, che l'Amministrazione Apostolica del Cantone Ticino fu staccata canonicamente dalla Diocesi di Basilea e si poté parlare per la prima volta, formalmente, di un Vescovo di Lugano. Come residuo della secolare divisione del Ticino tra la diocesi di Milano e quella di Como si celebrano sia il rito romano sia il rito ambrosiano. Politica Il Cantone Ticino è cantone della Confederazione svizzera con una costituzione e una sovranità limitata soltanto dalla costituzione federale della Confederazione svizzera. La costituzione del Cantone Ticino in vigore è del 1997. Ordinamento del cantone Costituzione La prima costituzione della Repubblica e Cantone Ticino è del 4 luglio 1830. È del 14 dicembre 1997 la nuova costituzione della Repubblica e Cantone Ticino. Consiglio di Stato (autorità esecutiva) Il potere esecutivo cantonale prende il nome di Consiglio di Stato. È composto da cinque membri eletti direttamente dal popolo in un unico circondario, con sistema proporzionale, che restano in carica per una legislatura di 4 anni. All'interno del consesso vengono nominati a rotazione un presidente e un vicepresidente, con funzioni di rappresentanza, che rimangono in carica per un anno. Ogni consigliere assume la direzione di un dipartimento (Dipartimento dell'Educazione, della Cultura e dello Sport - DECS, Dipartimento delle Finanze e dell'Economia - DFE, Dipartimento delle Istituzioni - DI, Dipartimento della Sanità e della Socialità - DSS e Dipartimento del Territorio - DT). Il presidente è nominato annualmente; il Presidente del Consiglio di Stato, in carica dal 6 maggio 2020, è Norman Gobbi (LdT). Anche all'ultima elezione cantonale i 5 seggi sono stati suddivisi tra Leghisti (2), liberali-radicali (1), Popolari democratici (1), Socialisti (1). Da due elezioni i liberali-radicali hanno perso la maggioranza relativa. Nei decenni precedenti – con l'eccezione della legislatura 1987-1991 con due liberali, due socialisti e un popolare democratico – la composizione del governo era stata la seguente: due liberali, due popolari democratici e un socialista. Gran Consiglio (autorità legislativa) Il parlamento cantonale è il Gran Consiglio, composto di 90 membri, anch'essi eletti in votazione popolare e in carica per quattro anni. All'inizio della legislatura 2019-2023 vi erano 69 granconsiglieri e 31 granconsigliere, il numero più alto di deputate dalla concessione del diritto di voto alle donne a livello cantonale nel 1969 (prima elezione nel 1971). A causa di avvicendamenti, le granconsigliere sono 32 su 90. A seguito delle elezioni cantonali del 7 aprile 2019, i seggi del parlamento sono così ripartiti: PLR.I Liberali Radicali (liberalismo): 23 Lega dei Ticinesi (populismo): 18 Partito Popolare Democratico (democrazia cristiana): 16 Partito Socialista (socialismo democratico, socialdemocrazia): 13 Unione Democratica di Centro (conservatorismo nazionale): 7 I Verdi (ecologisti-sinistra): 6 Movimento per il Socialismo (trotskisti): 3 Più Donne (per l'uguaglianza di genere): 2 Partito Comunista (sinistra): 2 Da segnalare che le elezioni cantonali del 2007 hanno confermato la tendenza in atto da circa due decenni all'erosione dei suffragi a favore dei due principali partiti del Cantone che fino al 1987 disponevano di un elettorato stabile di oltre il 70% (38-39 % i Liberali radicali con circa 35 seggi; 33-35 % i Popolari democratici con circa 30 seggi). A tale flessione elettorale ha corrisposto un incremento della sinistra e per la Lega dei Ticinesi e l'Unione Democratica di Centro (ma quest'ultima ha perso un seggio alle ultime elezioni). Vi è anche un parlamento giovanile, il Consiglio Cantonale dei Giovani, organizzato in Assemblea Plenaria, Comitato e Segretariato, la cui funzione è solo consultiva e didattica per l'avvicinamento dei giovani alla politica. Al vertice del potere giudiziario c'è il Tribunale di appello che tramite le sue Corti decide in ultima istanza (di regola in 2. grado) quasi tutte le controversie civili, penali e amministrative. Elezioni federali Oltre a eleggere Governo e Parlamento cantonali, il popolo ticinese nomina ogni quattro anni due deputati al Consiglio degli Stati (la camera alta, in cui ogni cantone è rappresentato da due deputati) e otto deputati al Consiglio Nazionale Svizzero (la camera bassa, con deputati proporzionali al numero degli abitanti del cantone). Suddivisioni amministrative Comuni I comuni sono enti di diritto pubblico che svolgono i compiti pubblici generali che non sono attribuiti al Cantone o alla Confederazione dalla legge. I comuni hanno come organi l'Assemblea comunale, il Municipio (con il sindaco) e possono istituire il consiglio comunale; sono eletti dal popolo nel comune: il consiglio comunale, il municipio e il sindaco. I comuni possono fondersi e riunirsi in associazioni; il Consiglio di Stato può costituire consorzi di comuni. Comuni più popolati I primi dieci comuni ticinesi per numero di abitanti sono: Dal 1850 al 2017 in Ticino sono avvenute 68 aggregazioni di comuni o separazioni di frazioni dal comune. Evoluzione dei comuni Distretti Il Cantone Ticino è suddiviso in 8 distretti. I distretti ticinesi sono una suddivisione amministrativa vestigiale, che non ha più usi ufficiali in virtù dei cambiamenti politici e demografici avvenuti dai tempi in cui vennero tracciati i loro confini. Nonostante questo, i distretti sono ancora ben radicati nella cultura ticinese e vengono sfruttati in diversi modi: ad esempio vengono usati nelle scuole per insegnare nozioni geografiche di base, e durante le elezioni per il Gran Consiglio il Partito Socialista si impegna a selezionare un numero proporzionale di candidati da ogni distretto. Patriziati I patriziati sono enti di diritto pubblico e sono proprietari di beni di uso comune. Simboli Stemma e bandiera Il significato della bandiera è andato perso, per cui sono state formulate diverse teorie: Che i colori derivino da quelli predominanti sugli stemmi degli otto distretti; Che siano ispirati a quelli della Francia rivoluzionaria o allo stemma di Parigi, in onore a Napoleone; Parte del problema è legata al fatto che i colori erano usati su insegne militari prima della loro adozione per la bandiera. Come curiosità, può essere ricordato che la disposizione dei colori nello stemma e nella bandiera è diversa. La bandiera fu scelta dal Gran Consiglio il 26 maggio 1803 e adottata il 27 settembre 1804, due mesi dopo la creazione del Cantone, senza che tale decisione venisse motivata. In questa prima occasione, la disposizione dei colori era orizzontale con il rosso sovrastante il blu. Nel 1809, poi, il Cantone riorganizzò le proprie forze e adottò la bandiera con le iscrizioni in oro «Pro Patria» sulla banda superiore e «Pagus Ticinensis» in quella inferiore. Su proposta del Consiglio di Stato, il Gran Consiglio ticinese approvò il 20 settembre 1922 un decreto legislativo circa i colori e sigillo del Cantone. L'aspetto della bandiera venne regolamentato definitivamente il 6 ottobre 1930 allo scopo di evitare le interpretazioni erronee del suddetto decreto. Nonostante queste regolamentazioni, non vi è rigidità nell'uso di stemma e bandiera: il bicolore rossoblu compare comunemente in diverse dimensioni e configurazioni, mentre la forma dello stemma viene tipicamente stabilita caso per caso in base a criteri estetici. Unica eccezione sono i documenti governativi ufficiali, in cui compare esclusivamente lo scudo nella figura sopra. Economia Numerose valli del Cantone, in particolare quelle superiori della Vallemaggia, sono state sfruttate intensivamente a partire dagli anni sessanta per la produzione di energia idroelettrica, come nella regione del ghiacciaio del Basodino. L'elettricità prodotta viene sia usata direttamente nel Cantone sia esportata all'estero. Nelle aree settentrionali permangono comunque anche l'allevamento di bestiame, l'agricoltura di montagna e l'industria del granito. La produzione di vino – qualitativamente molto migliorata negli ultimi decenni – è importante per il Cantone, anche se per il momento la produzione è destinata principalmente al mercato interno svizzero. In proposito, va segnalato che nel 2006 sono stati organizzati grandi festeggiamenti per la ricorrenza dei 100 anni dall'introduzione del vitigno Merlot in Ticino. Altre produzioni agricole comprendono mais, patate, e verdure, specialmente nell'area del Piano di Magadino. Dopo la bonifica del territorio paludoso, il Piano di Magadino è diventato uno dei principali granai della zona. Ha inoltre un ampio valore ambientale, soprattutto la zona delle "bolle", essendo ricco di flora e fauna autoctone. Il paesaggio, i laghi e il clima mite del Cantone, in particolare se confrontati con quello dei Cantoni d'Oltralpe, attraggono molti visitatori dal resto della Svizzera e dal nord dell'Europa. Il turismo, dopo le prime esperienze di fine Ottocento, è stato a lungo il settore economico più importante del Cantone; soltanto a partire dal secondo dopoguerra vi è stata una progressiva diversificazione dell'economia, con un'accresciuta rilevanza del settore finanziario. Il turismo ha permesso la costruzione e il mantenimento di diverse piccole ferrovie in zone panoramiche delle montagne: un esempio è la Centovallina, che collega Locarno con Domodossola. Un intenso dibattito, negli ultimi anni, ha riguardato la sorte delle stazioni invernali, a causa della frequente mancanza di neve. Dopo una riduzione degli aiuti statali per gli impianti situati a bassa quota, l'attività resiste in particolare a Bosco Gurin e ad Airolo, e in misura minore a Carì, Nara, e in alcune piccole stazioni sciistiche presenti sul territorio. L'industria sciistica ticinese soffre molto la competizione con impianti più ampi, economici e meglio posizionati che si trovano oltralpe o in cantoni vicini come il Grigioni. Le difficoltà finanziarie degli impianti ticinesi portano spesso a costi di entrata più alti o comunque meno convenienti rispetto a strutture di poco più a nord. Per quanto riguarda il settore secondario, nel Cantone Ticino è presente un'industria leggera, concentrata principalmente nelle aree circostanti le tre città principali: Lugano, Locarno e Bellinzona. Il Mendrisiotto, grazie alla vicinanza con l'Italia, sta sviluppando negli ultimi anni una vocazione ad attrarre centri logistici, per lo smistamento di merci in partenza verso i mercati del Nord, oltre a un robusto settore manifatturiero (in cui sono impiegati addetti). Sul Piano di Magadino e nell'area a nord di Lugano si segnalano inoltre diverse imprese a carattere innovativo. A partire dagli anni novanta il Cantone Ticino ha saputo sviluppare l'industria: facendo crescere imprese sul suo territorio o attraendole dall'estero con incentivi di vario genere. Secondo il censimento del 2009, in tutti e otto i distretti, gli occupati nel settore manifatturiero () superano quelli impiegati nei settori bancario e assicurativo messi insieme (). Tre delle più grandi raffinerie d'oro del mondo hanno sede in Ticino, tra cui la raffineria di Pamp a Castel San Pietro, leader nella produzione di lingotti d'oro. Lugano è la terza piazza finanziaria svizzera dopo Zurigo e Ginevra. La capitale del cantone, Bellinzona, ospita un importante sito e un sito industriale delle Ferrovie Federali Svizzere, nonché il Tribunale penale federale. Manno è diventato un importante centro servizi, sede del Centro nazionale svizzero di supercalcolo dal 1992. Il Cantone Ticino, in particolare nelle zone rurali, è relativamente dipendente dal turismo, con il 12% della forza lavoro che lavora in questo settore nel 2012. Nel 2017, nel Cantone a sud delle Alpi erano in funzione 1802 ristoranti e 425 alberghi. Il Lago Maggiore, il Lago di Lugano, le città di Bellinzona, Locarno, Ascona e Lugano sono tra i centri turistici più importanti. La diga della Verzasca, nota per la scena d'apertura del film GoldenEye del 1995, è popolare tra i bungee jumping. Swissminiatur a Melide è un parco in miniatura con modelli di oltre 120 attrazioni svizzere. Le Isole di Brissago sul Lago Maggiore sono le uniche isole svizzere a sud delle Alpi e ospitano giardini botanici con 1.600 specie di piante diverse provenienti da tutti e cinque i continenti. Foxtown, un centro commerciale con 160 negozi e 250 marche, aperto sette giorni su sette e situato a nord di Mendrisio, attira turisti dello shopping da vicino e da lontano. L'area attira le multinazionali, in particolare nel settore della moda, grazie alla vicinanza a Milano. Hugo Boss, Gucci, VF Corporation e altri famosi marchi hanno sede qui. Poiché l'industria internazionale della moda è diventata un importante datore di lavoro sia per gli svizzeri che per gli italiani, la regione è stata anche soprannominata la "Fashion Valley". Molte aziende italiane si trasferiscono in Ticino, temporaneamente o definitivamente, alla ricerca di sgravi fiscali e di una burocrazia efficiente. I Frontalieri, lavoratori transfrontalieri residenti in Italia (soprattutto nelle province di Varese e Como) ma che lavorano regolarmente in Ticino, costituiscono una parte consistente (oltre il 20%) della forza lavoro. Trasporto Il Cantone è attraversato per tutta la sua lunghezza dalla Autostrada A2 (chiamata anche Autostrada del Gottardo) che, in prossimità dell'omonimo traforo, collega Airolo con Göschenen (Canton Uri). A Bellinzona ha inoltre inizio la Autostrada A13 del San Bernardino, che unisce il territorio al Canton Grigioni. L'unica strada che collega il Cantone Ticino col Canton Vallese, attraverso il Passo della Novena, è la strada cantonale Nufenestrasse. Trasporto ferroviario La rete ferroviaria ticinese è di vitale importanza, garantendo i collegamenti fra l'Italia settentrionale (Milano) e l'Europa centrale (Zurigo, Basilea e la Germania) nel cosiddetto "Corridoio Reno-Alpi", atto a collegare le città marine di Genova e Rotterdam. Il Ticino è attraversato dalle Ferrovie Federali Svizzere, che, tramite la Ferrovia del Gottardo, uniscono il Cantone con la Lombardia (a Sud) e il Canton Uri (a Nord). Un altro tratto internazionale è rappresentato dalla Ferrovia Mendrisio-Varese. A ovest, le Ferrovie Autolinee Regionali Ticinesi collegano Locarno a Domodossola tramite la Ferrovia Domodossola-Locarno. Trasporto aereo L'unico aeroporto civile, adibito al trasporto passeggeri, presente sul territorio è l'Aeroporto di Lugano-Agno, ormai attivo solo durante la stagione estiva con voli turistici, dopo l'abbandono delle rotte domestiche per Zurigo e Ginevra del 2019. Di conseguenza, la popolazione ticinese fa riferimento all'Aeroporto di Milano-Malpensa, distante circa 50 km dal confine nazionale, o all'aeroporto di Zurigo. In Ticino sono inoltre presenti altri 3 aeroporti che presentano attività aviatorie di tipo privato. Si tratta dell'aeroporto cantonale di Locarno (o di Magadino), l'aeroporto di Lodrino (situato nel territorio comunale di Riviera) e l'aeroporto di Ambrì. Tutti e tre hanno avuto un utilizzo militare, che convive con attività private. All'aeroporto di Magadino sono presente la base aerea dedicata alla scuola-base per i piloti e i paracadutisti, così come la base della REGA. All'aeroporto di Lodrino è invece presente un polo tecnologico della RUAG. L'aeroporto di Ambrì è stato rilevato dal comune di Quinto ed è utilizzato essenzialmente per il volo sportivo o per manifestazioni e vi si trova una base di Heli Rezia. In passato era pure presente un aeroporto ad Ascona dove è visibile la pista inutilizzata. Sport In Ticino si praticano diversi sport ad alti livelli. Il calcio è lo sport più popolare in termini di praticanti, ma molti tifosi svizzeri tendono a seguire campionati esteri piuttosto del piccolo e poco sviluppato campionato patrio. Un altro sport molto sentito è l’hockey su ghiaccio, di cui la Svizzera ha un campionato molto più competitivo. La rivalità tra Hockey Club Lugano e Hockey Club Ambrì-Piotta è la rivalità sportiva più accesa nel cantone. Il Ticino offre alle selezioni nazionali svizzere un gran numero di giocatori, soprattutto per quanto riguarda il calcio - molto popolare in virtù della vicinanza culturale con l'Italia. Le caratteristiche geografiche del Ticino offrono la possibilità di svolgere una gran quantità di sport diversi, attività in cui i ticinesi indulgono spesso e volentieri. Si va da sport montani quali escursionismo, arrampicata o sci a sport acquatici come nuoto, vela o canottaggio - passando per atletica leggera, equitazione e sport di combattimento. Lo sport tipicamente svizzero della lotta svizzera è raramente praticato in Ticino, ma fa comunque la sua comparsa in fiere o eventi sportivi. Il cantone vanta una buona disponibilità di strutture per praticare sport, particolarmente comuni sono palestre da ginnastica e campi da calcio. Il Centro Sportivo di Tenero è il fiore all'occhiello dello sport ticinese: molto ampio e ben equipaggiato, contiene le infrastrutture necessarie a praticare pressoché qualsiasi sport. Il Ticino è anche ricco di rive e sponde aperte al pubblico, il che rende il nuoto all'aperto un'attività particolarmente amata dai ticinesi. Festività nel cantone Gastronomia Note Bibliografia Manolo Pellegrini, La nascita del Cantone Ticino - Il ceto dirigente sudalpino allo specchio del mutamento politico tra il 1798 e il 1814, Armando Dadò ed., Locarno, 2019. Giulio Vismara, Paola Vismara e Adriano Cavanna, Ticino medievale. Storia di una terra lombarda, Armando Dadò Ed., Locarno 1990. Antonietta Moretti, Da feudo a baliaggio. La comunità delle pievi della Val Lugano nel XV e XVI secolo, Bulzoni, Roma 2006. Lara Calderari, Da e verso il Canton Ticino. Scambi artistici tra Quattro e Cinquecento, in «Arte+Architettura in Svizzera», LVIII, 2007, 53-61. Gianna Ostinelli-Lumia, «Una reformatione licita e laudabila...». Locarno, i signori svizzeri e i capitoli del 1539-1539, in "Verbanus", numero 29,2008, Alberti, Verbania febbraio 2009. Raffaello Ceschi (a cura di), Storia della Svizzera italiana. Dal Cinquecento al Settecento, Casagrande, Bellinzona 2000. 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Voci correlate Azione Cattolica Ticinese Banca dello Stato del Cantone Ticino Beni culturali d'importanza nazionale nel canton Ticino ISOS Consiglio Cantonale dei Giovani Ducato di Milano Insubria Irredentismo italiano Irredentismo italiano in Svizzera Italo-svizzeri Lingua italiana in Svizzera Lombardia Patriziato (Svizzera) Regio Insubrica RSI (azienda) Sistema bibliotecario ticinese Svizzera italiana Walser Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Canton%20Uri
Canton Uri
Il Canton Uri è un cantone della Svizzera centrale, e uno dei quattro Waldstätte (cantoni forestali). Uri è una regione alpina ricca di ghiacciai e alpeggi formata dal bacino del fiume Reuss, che scende dal Massiccio del San Gottardo e sbocca nel Lago dei Quattro Cantoni a Flüelen. Il tedesco è la lingua principale del cantone e la popolazione è di circa 36 700 abitanti. Geografia fisica Il cantone si trova al centro della Svizzera. Il territorio cantonale è costituito dalla valle della Reuss e da quelle dei suoi principali affluenti. L'area totale del cantone è di 1077 km², di cui circa la metà è considerata terra produttiva. Le foreste coprono una parte significativa del cantone e i ghiacciai ammontano a circa il 20% della terra improduttiva. Il territorio del cantone confina con il Canton Svitto (distretto di Svitto) a nord, con il Canton Glarona a nord-est, con il Canton Grigioni (distretto di Surselva) a est, con il Cantone Ticino (distretto di Leventina) a sud, con il Canton Vallese (distretto di Goms) a sud-ovest e con il Canton Berna (distretto di Oberhasli), il Canton Obvaldo e il Canton Nidvaldo a ovest. Montagne La vetta più alta è il Dammastock con i suoi 3630 m. Il Dammastock si trova poco più a nord del passo del Furka. Il Cantone è interessato dalle seguenti sezioni e sottosezioni alpine: Alpi Bernesi (Alpi Urane) Alpi Glaronesi (Alpi Urano-Glaronesi) Alpi Lepontine (Alpi del Monte Leone e del San Gottardo, Alpi dell'Adula) Prealpi Svizzere (Prealpi di Svitto e di Uri). Storia Il Canton Uri viene menzionato per la prima volta nel 732 come proprietà dell'abbazia di Reichenau. Nell'853, per concessione di Ludovico il Germanico, divenne un feudo del convento zurighese di Fraumünster. Si pensa che il nome Uri derivi dal termine tedesco antico Auerochs che significa toro selvatico. Ciò è supportato dal fatto che lo stemma della regione, reca tradizionalmente una testa di un uro. Nel 1231, sotto Federico II, diventò una dipendenza diretta dell'imperatore. Nel 1243 la regione aveva un sigillo comune. Per il 1274 il potente Rodolfo di Asburgo riconobbe questi privilegi. Nel 1291, insieme a Canton Svitto e Untervaldo formò la lega che costituì il nucleo della Confederazione Svizzera, avendo firmato la Lettera di Alleanza (Bundesbrief o Patto del Grütli). Nel 1386 Uri partecipò alla vittoria sugli austriaci nella battaglia di Sempach. Come risultato il Canton Uri si annesse i territori di Urseren nel 1410. In seguito si epanse a sud (Valle di Orsera e Valle Leventina) e a est verso Glarona (Urnerboden). La Valle di Orsera e l'Urnerboden fanno ancora parte di Uri. La regione resistette alla Riforma e rimase Cattolica Romana. Durante la Repubblica Elvetica Uri era parte del Canton Waldstätten. Dopodiché, nel 1803, il Canton Uri riacquistò la sua indipendenza, ma gli abitanti della Leventina furono uniti al nuovo Cantone Ticino. Uri resistette a tutti i tentativi di riforma religiosa o costituzionale. Per questa ragione, nel 1815, si unì alla Lega di Sarnen. Nel 1845 entrò nel Sonderbund. Il Sonderbund fu una lega cattolica separatista, ma venne rovesciata dalla Confederazione Svizzera. Politica L'attuale costituzione risale al 1888. Venne rivista nel 1929 quando l'assemblea cantonale (Landsgemeinde) venne abolita. La capitale del cantone è Altdorf. Economia I campi coltivati del cantone sono situati nella valle del Reuss. Ci sono pascoli sui pendii di bassa montagna. Poiché gran parte del terreno è estremamente collinare, non è adatto alla coltivazione. La generazione di energia idroelettrica riveste grande importanza. La silvicoltura è uno dei settori più importanti dell'agricoltura. Ad Altdorf si trovano fabbriche di cavi e gomma. Il turismo è un'importante fonte di entrate del Canton Uri. Un'eccellente rete viaria facilita il turismo nelle aree più remote e sulle montagne. Nel corso del 2008 si è prevista l'entrata in vigore di una riforma fiscale che ha introdotto una flat tax del 7,2%. Società Evoluzione demografica La popolazione storica del Canton Uri è data dal seguente cartello: Geografia antropica Il Canton Uri è suddiviso in 19 comuni. In genere le municipalità della Svizzera sono raggruppate in distretti o entità simili, ma questo non vale per questo cantone, dove non ci sono entità intermedie tra il governo cantonale e quello municipale. Fusione di comuni Nella costituzione cantonale, prima del 2013, erano menzionati i 20 comuni del Canton Uri e qualsiasi fusione doveva essere approvata da un referendum cantonale che modificasse di conseguenza la costituzione. Un referendum del 2013 ha approvato con il 57% la cancellazione dei nomi dei 19 comuni dalla costituzione, consentendo così le fusioni dei comuni senza la necessità di un referendum cantonale. I comuni di Seedorf e Bauen furono i primi a decidere di unirsi. La fusione è avvenuta il 1º gennaio 2021, previa approvazione da parte della popolazione di entrambi i comuni con referendum nell'ottobre 2019; la popolazione di Seedorf e Bauen ha votato a favore della fusione, rispettivamente con l'80% e il 69%. Lista dei comuni Note Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Cesare%20Salvarezza
Cesare Salvarezza
Biografia Spostato, padre di due figli, il 19 settembre del 1899 fu nominato Direttore generale dell'Amministrazione civile del Ministero dell'interno, e il 30 agosto del 1900 Consigliere di Stato. Commissario per la disciolta amministrazione comunale di Torino nel 1905, e quindi Commissario per la disciolta amministrazione comunale di Roma dal 6 agosto del 1907 al 25 novembre del 1907. Fu quindi eletto consigliere comunale di Roma due volte; dal novembre del 1907 al dicembre del 1913, secondo degli eletti e Assessore nella Giunta comunale, e dal luglio del 1914 al novembre del 1915. Il 3 giugno del 1908 fu nominato Senatore del Regno per la XXII legislatura. Onorificenze Altri progetti Collegamenti esterni Senatori della XXII legislatura del Regno d'Italia Sindaci di Roma
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Charles-Valentin Alkan
Le sue composizioni per pianoforte solo includono alcune opere tra le più difficili dell'intera letteratura pianistica e gli interpreti che possono padroneggiarle sono molto pochi. Il suo attaccamento alle proprie origini ebraiche è dimostrato sia dalla sua vita che dal suo lavoro. Biografia Alkan Charles-Valentin Morhange nacque da una famiglia ebraica a Parigi, dove suo padre viveva come insegnante di musica. Charles-Valentin e i suoi fratelli, anch'essi musicisti, usarono il nome del padre, Alkan, come cognome. Charles-Valentin Alkan trascorse tutta la sua vita a Parigi e nei suoi dintorni. Gli unici viaggi conosciuti sono un ciclo di concerti tenuti in Inghilterra nel 1833-34, e una breve visita a Metz per questioni famigliari negli anni '40. Alkan fu un bambino prodigio. All'età di sei anni entrò al Conservatoire de Paris, dove studiò pianoforte e organo. Alcuni dei suo insegnanti furono Victor Dourlen e Pierre-Joseph-Guillaume Zimmermann, che fu maestro anche di Georges Bizet, César Franck, Charles Gounod e Ambroise Thomas. A sette anni vinse un primo premio in solfeggio, mentre a nove anni Luigi Cherubini descrisse la sua tecnica e abilità come straordinarie. La sua prima opus (Variations sur un thème de Steibelt, una serie di 6 variazioni su un tema del pianista e compositore tedesco Daniel Steibelt) è datata 1826, risale dunque a quando Alkan aveva tredici anni. Si diplomò al conservatorio a diciotto anni con menzione speciale. Dopo i vent'anni suonava in eleganti circoli sociali e insegnava pianoforte. Tra i suoi amici vi furono Franz Liszt, Fryderyk Chopin, George Sand e Victor Hugo. Già all'età di 24 anni si era costruito una reputazione come uno dei più grandi virtuosi del suo tempo, rivaleggiando con altri pianisti-compositori itineranti dell'epoca come Liszt, Sigismund Thalberg e Friedrich Kalkbrenner. Liszt una volta dichiarò che Alkan aveva la tecnica più perfetta che lui avesse mai visto. Da questo momento, a causa di vari problemi personali e contrattempi, si ritirò nello studio privato e nella composizione per il resto della sua vita, con solamente qualche rara incursione alle luci della ribalta. Malgrado la sua precoce fama, il talento e le doti tecniche, spese la maggior parte della propria vita dopo il 1850 nell'oscurità, suonando in pubblico solo occasionalmente. Nell'ultimo decennio emerse per dare una serie di Petit Concerts alle sale espositive Érard; non suonò solo musiche proprie, ma interpretò anche i suoi compositori preferiti da Bach in poi. Durante questi concerti era a volte assistito dai suoi fratelli. Tra i presenti vi era fra gli altri Vincent d'Indy il quale descrive con queste parole una sua esecuzione della sonata per pianoforte n.31 (op.110) di Beethoven: "Non so da dove iniziare nel descrivere ciò che è successo al grande poema beethoveniano - soprattutto durante l'Arioso e la Fuga, quando la melodia, addentrandosi nel mistero della morte, cresce fino a raggiungere un tripudio di luci, mi ha colpito per il grandissimo entusiasmo, come non ho più sperimentato da allora. La sua esecuzione aveva una maggiore intimità ed era più umanamente commovente di quella di Liszt ... ". Ci sono periodi della vita di Alkan di cui poco si conosce, a parte la sua immersione nello studio della Bibbia e del Talmud. Appare dalla sua corrispondenza con Ferdinand Hiller che Alkan completò una traduzione integrale in francese sia del Vecchio che del Nuovo Testamento, dai loro linguaggi originari. Tutto ciò è andato completamente perduto, insieme a svariate composizioni di Alkan. Tra i lavori mancanti vi sono alcuni sestetti d'archi ed una sinfonia orchestrale, descritta in un articolo del 1846 da Léon Kreutzer, a cui Alkan aveva mostrato la partitura. Questa sinfonia è abbastanza diversa da quella per pianoforte solo, inserita nel ciclo di studi dell'op. 39. Il pianista Elie-Miriam Delaborde (1839-1913) è ritenuto generalmente essere un figlio illegittimo di Alkan. Ebbe Alkan come maestro nella sua giovinezza e suonò e fece pubblicare molte opere di Alkan; come suo padre fu un notevole interprete del pianoforte con pedaliera. Alkan morì a Parigi a 74 anni. Per molti anni si è creduto che la sua morte fosse stata causata dalla caduta di una libreria su di lui nella propria casa, fatta cadere mentre cercava di raggiungere un volume del Talmud da un alto scaffale. Questo racconto apocrifo, che sembra essere stato fatto circolare dal figlio Elie-Miriam Delaborde, è stato effettivamente confutato da Hugh Macdonald in un articolo del Musical Times (vol. 129, 1978 – More on Alkan's Death), nel quale è riportata una lettera contemporanea di uno degli allievi di Alkan in cui viene spiegato che Alkan morì in seguito all'essere rimasto intrappolato sotto un porte-parapluie (un pesante appendiabito/portaombrelli). La storia della libreria potrebbe avere le sue radici in una leggenda raccontata dal rabbino Aryeh Leib ben Asher Gunzberg, conosciuto come 'Shaagat Aryeh', rabbino di Metz, città d'origine della famiglia di Alkan. È sepolto a Parigi nel Cimitero di Montmartre. Circola un mito su un presunto necrologio di Alkan, addotto come fatto nella biografia del compositore di Ronald Smith e per questo largamente citato, accreditato al giornale 'Le Ménéstrel', che comincia con le seguenti parole: "Alkan è morto. Ha dovuto morire per provare la sua esistenza". Nessun necrologio del genere è mai apparso su 'Le Ménéstrel' e nessun altro è stato individuato, fino ad oggi, in alcun altro giornale dell'epoca. Musica Come Chopin, Alkan scrisse quasi solamente per tastiera, benché nel suo caso ciò includa anche l'organo e il pédalier (un pianoforte con pedaliera), di cui fu un celebre esponente. Alcune sue musiche richiedono un abbagliante virtuosismo, grandi velocità di esecuzione, enormi balzi in rapidità, lunghi sforzi per le note veloci ribattute e il mantenimento di linee di contrappunto largamente spaziate. Per la potenza espressiva e la sua capacità di riprodurre ed utilizzare una grande varietà di timbri simili a quelli che si possono trovare in un'orchestra tramite l'uso del solo pianoforte, Hans von Bülow lo definì il Berlioz del pianoforte.Tra le composizioni degne di nota vi sono i Preludi (opus 31), la Grande Sonata Les Quatre Ages (opus 33), che descrive le quattro età dell'uomo, e i due libri di Studi in tutte le tonalità maggiori e minori (opus 35 maggiori e opus 39 minori). Questi sono ritenuti da alcuni sorpassare anche gli Studi trascendentali di Liszt in scala e difficoltà. La raccolta dell'opera 39 contiene la Sinfonia per Piano Solo (numeri quattro, cinque, sei e sette), e il Concerto per Piano Solo (numeri otto, nove e dieci). Solo il concerto richiede quasi un'ora nel suonarlo, e si presenta come una grande sfida per l'interprete. Marc-André Hamelin disse della musica di Alkan: Il numero dodici dell'opera 39 è un set di 25 variazioni su un tema, Le festin d'Esope (La festa di Esopo). Compose inoltre altri pezzi a programma come Le chemin de fer (1844) che può essere considerato come il primo esempio di ritratto musicale sulla ferrovia. Le sue composizioni cameristiche comprendono una sonata per violino, una sonata per violoncello ed un trio per pianoforte. Uno dei suoi pezzi più bizzarri è la Marcia funebre sulla morte d'un pappagallo, per tre oboi, fagotto e voci. Musicalmente, molte delle sue idee sono non convenzionali, ancora innovative. Alcune delle sue composizioni in più movimenti mostrano una "tonalità progressiva" che sarebbe divenuta familiare al più tardo compositore danese Carl Nielsen (ad esempio, il primo concerto da camera di Alkan inizia in la minore e termina in Mi maggiore). È rigoroso nell'evitare modulazioni enarmoniche, modulando in qualche caso verso tonalità contenenti doppi diesis o doppi bemolli, così che ai pianisti è a volte richiesto di venire a capo di tonalità distanti come Mi diesis maggiore e dell'occasionale triplo diesis. Alkan sembra avere avuto pochi seguaci, benché tra i suoi ammiratori vi fossero Ferruccio Busoni e Anton Rubinstein. Il secondo gli dedicò un concerto. Sia Debussy che Ravel studiarono la sua musica con maestri che lo conoscevano personalmente e notarono il loro debito nei suoi confronti. Il compositore Kaikhosru Shapurji Sorabji promosse la musica di Alkan nei suoi saggi e critiche; compose inoltre un lavoro con un movimento intitolato Quasi Alkan. Le composizioni organistiche di Alkan erano note a César Franck, Camille Saint-Saëns e altri e la loro influenza può essere rintracciata nella storia dell'organo francese fino ai giorni nostri. Per molti anni dopo la sua morte, il lavoro di Alkan fu quasi totalmente dimenticato. Tuttavia vi è stata una costante rinascita di interesse nei confronti delle sue composizioni durante tutto il corso del XX secolo. Lavori di Alkan sono stati incisi tra gli altri da Egon Petri, John Ogdon, Raymond Lewenthal, Ronald Smith, Jack Gibbons, Mark Latimer, Stephanie McCallum, Stéphanie Elbaz,Pierre Réach, Marc-André Hamelin, Trevor Parks, Dmitrij Feofanov, Vincenzo Maltempo, Costantino Mastroprimiano e Emanuele Delucchi. Note Altri progetti Collegamenti esterni AlkanSociety.org con ulteriori collegamenti alkan.assos.free.fr, partiture di Alkan Compositori romantici Pianisti classici
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Calusco d'Adda
Calusco d'Adda (Calösch in dialetto bergamasco, Calusch in dialetto brianzolo) è un comune italiano di abitanti della provincia di Bergamo in Lombardia. È situato ai margini occidentali della provincia bergamasca, sulle rive del fiume Adda e compreso nella zona chiamata isola bergamasca. Storia I primi insediamenti risalgono all'epoca romana, come testimoniato da recenti studi e ritrovamenti, vista la vicinanza a un'importante strada di collegamento tra le città di Bergamo e Milano. A tal riguardo anche la tradizione tramanda la storia di Fedele, militare romano in fuga a causa della propria conversione al cristianesimo, che passò in questa zona nel III secolo evangelizzando la popolazione. Si narra che mise una croce al posto di una divinità pagana, nel luogo in cui poi sorse una chiesa che venne a lui intitolata dopo la sua santificazione. I secoli successivi videro alternarsi la dominazione longobarda a quella dei Franchi, che istituirono il Sacro Romano Impero. Ed è a questo periodo che risale il primo documento in cui si attesta l'esistenza del nome del paese, precisamente in un atto redatto nell'871. In quegli anni il borgo si trovò al centro delle dispute tra le opposte fazioni dei guelfi e ghibellini, che qui raggiunsero un livello di recrudescenza tale da rendere obbligatoria la costruzione di numerose fortificazioni a scopo difensivo. In tal senso i documenti dell'epoca citano già nell'XI secolo un castello sito in località Baccanello, uno a Monte Giglio (demolito nella seconda metà del XX secolo) e un altro sito a Vanzone (detto il Castellazzo). Erano presenti anche alcune torri, tra le quali una sita nella Ca' de' Anzù e un'altra attigua alla villa Colleoni. Erano tempi in cui il dominio sul paese era esercitato dalla diocesi di Milano che, ricevuto l'incarico dall'imperatore, lo aveva poi girato al monastero milanese di Sant'Ambrogio. Successivamente il paese passò alla famiglia dei Da Carvico-Calusco che entrò in possesso dei territori di Calusco superiore (l'attuale capoluogo), di Calusco inferiore (la frazione Baccanello) e del vicino Carvico. Un'ulteriore cessione sancì il passaggio dei territori alla diocesi di Bergamo. La situazione parve stabilizzarsi e acquietarsi con l'arrivo della Repubblica di Venezia che, a partire dal 1428, pose termine alle dispute tra guelfi e ghibellini. Tuttavia, essendo posto sul confine con il vicino Ducato di Milano, il paese di Calusco fu soggetto alle scorribande degli eserciti milanesi, che saccheggiarono il paese a più riprese. Nel 1797 si verificò la fine della dominazione veneta e l'arrivo della Repubblica Cisalpina che tuttavia non durò molto, dato che nel 1815 subentrarono gli austriaci che instaurarono il Regno Lombardo-Veneto. Dopo la successiva unità d'Italia, Calusco visse un'intensa fase d'industrializzazione, culminata con la costruzione della centrale idroelettrica sull'Adda (la centrale Semenza) e di grosse industrie, il tutto favorito dalla presenza della ferrovia che favoriva gli scambi. Questa comunicava con il vicino comune di Paderno tramite un imponente ponte sul fiume Adda, tanto importante da essere considerato bersaglio di primo piano durante la seconda guerra mondiale. Simboli Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 13 febbraio 1957. Il castello risalente a prima del XII secolo, di cui rimangono pochi ruderi, con una torre, demolita nel 1958, faceva parte di un robusto sistema difensivo, essendo la zona teatro di numerose battaglie tra guelfi e ghibellini. La banda ondata rappresenta il fiume Adda. L'oro e il rosso dello sfondo sono i colori del capoluogo Bergamo. Il gonfalone è un drappo interzato in palo di giallo, di bianco e d’azzurro. Monumenti e luoghi d'interesse Uno dei luoghi più importanti è la vecchia chiesa parrocchiale di San Fedele. Di antichissima origine e ampliata molte volte tra l'XI e il XVII secolo, è ora sconsacrata e utilizzata come edificio civile, ma conserva ancora numerosi affreschi, tra i quali spiccano quelli eseguiti da Antonio Cifrondi. La nuova parrocchiale è stata costruita nel XIX secolo e annovera opere precedentemente custodite nella vecchia parrocchiale come le sculture di Anton Maria Pirovano, ma anche affreschi di Luigi Galizzi e un monumentale organo di Adeodato Bossi del 1885, con due tastiere. L'interno ha un aspetto imponente, ha una struttura a croce greca sormontata da una grande cupola. È presente anche la chiesa di San Giuliano e Santa Maria Bambina in località Vanzone, risalente al XIII secolo. Al proprio interno si possono ammirare opere pittoriche di buon pregio, tra cui spiccano quelle di Gaetano Peverada. Degno di nota è anche il convento di Santa Maria Assunta, in località Baccanello. Costruito nel XVI secolo, è ornato da numerose opere, tra cui spiccano i dipinti di Francesco Zucco Conserva anche un antico organo Bossi del 1780. Numerosi sono infine i resti della vita medievale: tra tutti spicca la torre sita alla Ca' de' Anzù, un'altra che faceva parte di un vecchio castello e quella inserita nella Villa Colleoni, edificio che conserva statue e numerosi dipinti di pregevole fattura, tra cui gli affreschi di Carlo Innocenzo Carloni di Scaria. Da vedere il ponte misto ferroviario-stradale a campata d'arco detto Ponte San Michele, tutto in ferro, alto 85 metri sul livello delle acque del fiume Adda. Famose sono tutte le centrali idroelettriche lungo il corso del fiume, di cui la Semenza è l'unica sul territorio comunale e tutto il sistema delle chiuse progettate da Leonardo da Vinci. Per cercare di salvaguardare il territorio il comune di Calusco, che si divide in varie contrade (Centro, Vanzone, Capora, Montello, Torre, Baccanello e Luprita), è stato inserito nel Parco Adda Nord. Altri luoghi di interesse: Monastero dei Verghi, Adda dei Verghi, Adda della Capora, Centrale Idroelettrica Edison Semenza, presa del canale Adda-Cherio, Cava Italcementi. La cementeria dell'Italcementi ha sempre dominato il panorama caluschese nel quale ha svolto negli anni un ruolo controverso: se da un lato ha fornito per decenni lavoro agli abitanti, dall'altro il prezzo ambientale che ha comportato non è stato trascurabile. Da pochi anni è entrato in servizio un nuovo impianto innovativo sia per quanto riguarda il processo produttivo sia per la riduzione degli impatti ambientali che, tuttavia, restano significativi soprattutto se comparati con le realtà produttive circostanti. Il 15 ottobre 2014 Italcementi Spa ha fatto pervenire alla Provincia di Bergamo l'istanza di modifica sostanziale dell'Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata per lo stabilimento di Calusco d'Adda corredata dalla contestuale richiesta di revisione della Valutazione di impatto ambientale. Il progetto avanzato dal cementificio concerne: l'incremento da 30 000 a 110 000 tonnellate/anno del quantitativo di combustibile solido secondario da utilizzare nel forno di cottura del clinker in parziale sostituzione dei combustibili fossili convenzionali. la diversificazione delle tipologie di rifiuti CSS (combustibile solido secondario) utilizzabili. Oltre al combustibile derivato dai rifiuti per cui è già è previsto e autorizzato l'utilizzo, Italcementi Spa prevede di utilizzare rifiuti costituiti da plastiche e gomme, pneumatici finemente triturati, coriandoli di matrice plastica, biomasse legnose, fanghi biologici essiccati, fanghi dal trattamento biologico delle acque reflue industriali essiccati, fanghi da altri trattamenti acque reflue industriali essiccati. l'utilizzo di CSS-combustibile ex D.M. 14/2/2013 n. 22 (non rifiuto). Società Evoluzione demografica Etnie e minoranze straniere Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2010 i cittadini stranieri residenti erano 926 persone (l'11,10% della popolazione). Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano: Marocco 246 (2,94%, il 25,56% della popolazione straniera) Albania 210 (2,51%, il 22,67% della popolazione straniera) Romania 80 (0,96%) Senegal 76 (0,91%) Bosnia ed Erzegovina 62 (0,74%) Geografia antropica Contrade Ecco l'elenco completo delle contrade: Baccanello Calusco Centro Capora Luprita Montello Torre Vanzone Amministrazione Gemellaggi Note Voci correlate Isola bergamasca Centrale idroelettrica Semenza Parco Adda Nord Stazione di Calusco Altri progetti Collegamenti esterni
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Aeroporto di Catania-Fontanarossa
L'aeroporto di Catania-Fontanarossa "Vincenzo Bellini" (IATA: CTA, ICAO: LICC) è il quinto aeroporto italiano ed è primo in Italia per traffico nazionale. Inoltre, la tratta Catania-Roma è la più trafficata a livello nazionale e la quarta in Europa. Il 5 maggio 2007, alla presenza dell'allora Ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi, è stata inaugurata la nuova aerostazione intitolata a Vincenzo Bellini, nella quale accogliere, con elevati parametri di qualità di servizio, l'incremento del traffico aereo previsto per lo scalo etneo. Il vecchio molo aeroportuale "Filippo Eredia" è rimasto in funzione fino alla sera del 7 maggio 2007, in concomitanza con l'apertura al pubblico del nuovo terminal (all'alba dell'8 maggio 2007) denominato Terminal A. Inoltre, il 14 luglio 2018 è stato aperto al pubblico anche il nuovo Terminal C riservato ai voli EasyJet verso destinazioni in area Schengen. Informazioni generali È il secondo aeroporto del Mezzogiorno dopo Napoli. Il traffico dello scalo resta in continua espansione, con numerosi voli di linea e charter favoriti dalla posizione geografica e dai collegamenti stradali. Vista l'inadeguatezza del precedente impianto, progettato negli anni settanta per accogliere un traffico massimo di un milione di passeggeri annui, in anni recenti è stata realizzata poco distante un'aerostazione più capiente. È stata, inoltre, ampliata l'area di sosta per i velivoli e realizzata una nuova pista di rullaggio che collega il piazzale di sosta aeromobili con la testata pista 08. La consegna dei lavori del nuovo impianto e delle opere connesse è avvenuta il 21 dicembre 2006, con un ritardo di quasi due anni rispetto alle previsioni iniziali (inverno 2005) ed è stato aperto al pubblico l'8 maggio 2007. Inoltre, nel 2018 è stato aperto al pubblico anche il Terminal C. Lo scalo è, talvolta, soggetto a limitazioni operative o temporanee chiusure a causa delle ceneri vulcaniche emesse durante le eruzioni dell'Etna che possono invadere lo spazio aereo e le piste obbligando, per motivi di sicurezza, a dirottare i voli sugli altri aeroporti della regione. Per gestire tale fenomeno, nel gennaio 2010 il Dipartimento della Protezione Civile ha installato nell'air-side dell'aeroporto un radar in banda X in doppia polarizzazione per il monitoraggio delle nubi di cenere vulcanica emesse dall'Etna, a supporto delle autorità preposte alla regolamentazione e al controllo del traffico aereo. L'aeroporto di Comiso è stato acquisito dall'aeroporto di Catania nel 2019. Altri operatori basati sullo scalo Nucleo elicotteri Vigili del Fuoco Scuola di volo "Aeroclub di Catania" ATO.IT.0043 Base militare Nell'aeroporto è presente la Marina Militare con la base di MARISTAELI Catania-Fontanarossa "Mario Calderara", con il 2º e il 3º Gruppo elicotteri e la 2ª Sezione Volo Elicotteri della Guardia costiera. È inoltre sede del 12º Nucleo elicotteri carabinieri e di una Sezione aerea della Guardia di Finanza. Araldica reparti Storia L'aerostazione civile venne ufficialmente inaugurata nel maggio 1924 dall'allora Presidente del Consiglio Benito Mussolini. Dall'ottobre 1935 vi operò il 17º Gruppo caccia fino all'agosto 1936. Nel gennaio 1936 arrivò anche il 1º Stormo caccia (poi 1º Stormo caccia Ogni Tempo). Dal 15 giugno 1941 vi operò il 10º Gruppo fino al 6 ottobre. Nel maggio 1943 torna il 17º Gruppo caccia fino a luglio 1943. Il 5 maggio 1947 atterrò il volo inaugurale delle Linee Aeree Italiane Internazionali (che poi diverrà l'Alitalia) proveniente da Torino (Aeroporto di Collegno). Alla fine degli anni quaranta il governo stanziò diversi fondi per la costruzione di un'aerostazione più grande, che venne quindi realizzata e dedicata all'illustre meteorologo catanese Filippo Eredia, ed inaugurata dal Ministro Mario Scelba nel 1950. Tuttavia il traffico passeggeri stentò fino a tutti gli anni cinquanta. Nel 1962, parte proprio dall'aeroporto di Catania il Morane-Saulnier MS.760 Paris per l'ultimo viaggio del fondatore e presidente dell'ENI Enrico Mattei, che si concluderà tragicamente a seguito di un presunto attentato nei pressi di Bascapè a pochi km dallo scalo di Linate. Negli anni sessanta si ebbe un notevole incremento dei viaggiatori, che già nel 1966 superarono quota 260.000. Questo rese l'infrastruttura nuovamente inadeguata e la pista si rivelò troppo corta per aerei sempre più grandi e veloci. Negli anni settanta, con un traffico passeggeri in continuo aumento (500.000 in media) si realizzò una nuova Aerostazione unitamente alla Torre di Controllo, Scalo Merci, Caserma dei Vigili del Fuoco e un allungamento della pista su progetto dell'architetto Manfredi Nicoletti. L'impianto, inaugurato il 5 agosto 1981 per una capacità di 800.000 passeggeri annui, risultò ben presto inadeguato ai nuovi sorprendenti tassi di crescita del traffico passeggeri ed aeromobili. All'inizio del XXI secolo, quindi, si dedicò tutta la vecchia struttura alle sole partenze realizzando, contestualmente, un piccolo terminal arrivi a fianco. Successivamente si è realizzato un nuovo molo aeroportuale di 44.460 m² (di cui oltre 20.000 a disposizione del pubblico), articolato su due livelli (arrivi e partenze), dotato di 6 pontili d'imbarco, 20 uscite d'imbarco ed una torre alta circa 30 metri (destinata ad accogliere uffici ed un ristorante panoramico). Tale struttura può assorbire un traffico annuo di circa 6.500.000 passeggeri. Il 5 maggio 2007 l'aerostazione è stata intitolata a Vincenzo Bellini. La scelta ha fatto discutere, in quanto molti avrebbero voluto che l'aeroporto fosse intitolato ad Angelo D'Arrigo, aviatore originario di Catania, autore di numerosi primati del mondo, quali il volo sopra l'Everest e l'Antartide in deltaplano e molti altri. Importanti opere sono state realizzate sull'area esterna. La nuova via di rullaggio per la testata pista 08 (in uso dal 2006) ha elevato la capacità oraria a 16 movimenti. Nel gennaio 2007 sono stati aggiudicati i lavori per la realizzazione di una nuova via di rullaggio (che collegherà il piazzale di sosta aeromobili alla testata della pista 26) e di una bretella che consentirà agli aeromobili in atterraggio di liberare rapidamente la pista 08 elevandone la capacità oraria a 20 movimenti. Questo raccordo è stato ultimato ed è diventato operativo dal 15 gennaio 2009. Il piazzale di sosta misura 179.900 m², con una capacità di 26 aeromobili in configurazione standard. Dal 12 aprile 2013 è operativo un sentiero di avvicinamento luminoso ALS CAT I di metri 279 per la pista 08 e di uno semplificato SALS di metri 300 per la pista 26. A partire dal 5 novembre 2012 l'aeroporto è stato chiuso per lavori sulla pista. Tutti i voli sono stati dirottati nella vicina base NATO di Sigonella. I lavori sull'area di pista di Fontanarossa, costati poco meno di 20 milioni di euro, hanno riguardato la riqualifica strutturale e funzionale della pavimentazione e del relativo sottofondo della pista, oltre alla riqualifica delle strisce laterali di sicurezza e della pavimentazione delle testate, strutture queste usurate da 50 anni di attività. I lavori si sono resi necessari anche in considerazione dell'attuale traffico aereo nel aeroporto, per numeri di passeggeri il primo nel mezzogiorno, e in previsione del futuro incremento. Il 5 dicembre 2012, dopo 30 giorni di lavori, con il volo Catania-Napoli effettuato da un MD-80 della Meridiana Fly, lo scalo è stato riaperto. Il 22 dicembre 2017 è stata raggiunta la cifra, record per lo scalo, di 9.000.000 di passeggeri, mentre i 10.000.000 sono stati superati nel 2019. Il 14 luglio 2018 è stato aperto il Terminal C, inizialmente adibito solamente per i voli in area Schengen della compagnia aerea EasyJet, ma durante la pandemia di COVID-19 iniziata nel 2020 è stato utilizzato come presidio sanitario per il rilevamento di infezioni dal virus SARS-CoV-2. Dal 13 marzo 2021 lo scalo è servito anche dalla nuova fermata ferroviaria delle Ferrovie dello Stato di Catania Fontanarossa - Aeroporto. Incidenti aerei Il 30 Aprile 2016 alle ore 12 si verifica un guasto idraulico ad un aeromobile modello Fokker 50 proveniente da Rimini che impedisce l'apertura del carrello anteriore e il Fokker 50 si avvicina alla pista il più lentamente possibile, tocca l'asfalto con le ruote posteriori e poi riesce a 'poggiare' la fusoliera dell'aereo a terra, con una manovra da manuale. Non vi sono feriti tra le 18 persone e i 3 membri di equipaggio a bordo del volo che sono stati fatti scendere dalla porta anteriore. Un Boeing 737 della compagnia aerea Ryanair partito il 4 Maggio 2022 da Catania e diretto a Malpensa, è dovuto rientrare all’aeroporto di Catania subito dopo il decollo a causa di un bird strike. Nessuna conseguenza per i passeggeri e per l’equipaggio. Il 26 Giugno 2021 un aereo partito da Catania per Roma della compagnia Bulgarian Air Charter, con 42 passeggeri a bordo, di cui 34 poliziotti e otto migranti è tornato all’aeroporto di Catania per un'avaria al motore. Intervenute diverse squadre dei Vigili del fuoco. L'aeromobile, come apprende l'Adnkronos, dopo l'atterraggio, è stato ispezionato. I poliziotti erano in missione per Roma per accompagnare nella Capitale il gruppo di migranti che erano sbarcati di recente sulle coste siciliane. Al fine di mitigare i rischi per la popolazione derivanti da eventuali incidenti aerei nelle direzioni di decollo e atterraggio, con Deliberazione consiliare dell'8 novembre 2013 il Comune di Catania ha approvato il Piano di rischio aeroportuale (PRA) in attuazione dell'obbligo previsto dal Codice della navigazione italiano. I progetti È prevista la demolizione e ricostruzione della vecchia aerostazione intitolata a Filippo Eredia, chiusa nel 2007, con la creazione, così, di terzo terminal (B). Nei piani vi è anche la costruzione di una nuova pista parallela a quella utilizzata, il collegamento con la metropolitana e la riqualificazione di tutto il territorio circostante attraverso la costruzione di parcheggi multipiano e nuove aree commerciali. A progetto ultimato la capacità annuale di traffico passeggeri dell'aeroporto potrebbe arrivare vicino ai 14.000.000 di passeggeri annuali. Dati di traffico passeggeri Grafico Fonte: Assaeroporti Statistiche Gestori aeroportuali Aviation Services Fly Service Aviapartner GH Trasporti Strade RA15 - Tangenziale di Catania, svincolo "Asse dei servizi". Autobus L'aeroporto è raggiungibile mediante autobus grazie alle seguenti autolinee: Collegamenti con linee urbane Collegamento AMT linee Alibus, 524, 524S e 538 Collegamenti con linee extraurbane Collegamento AST con i Comuni di Avola, Caltagirone, Carlentini, Grammichele, Ispica, Lentini, Mazzarrone, Mirabella Imbaccari, Modica, Noto, Palagonia, Piazza Armerina, Pozzallo, Rosolini, S. Michele di Ganzaria, Scicli e Sigonella Collegamento Circumetnea con i Comuni di Adrano, Misterbianco, Paternò e Randazzo, Linguaglossa e Fiumefreddo Collegamento Etna Trasporti con i Comuni di Aidone, Fiumefreddo, Gela, Giardini Naxos, Recanati, Licata, Niscemi, Piazza Armerina, Ragusa, Marina di Ragusa, S. Croce Camerina, Taormina, Valguarnera e Vizzini. Collegamento Interbus con i Comuni di Agira, Avola, Catenanuova, Leonforte, Militello in Val di Catania, Nicosia, Nissoria, Noto, Pachino, Portopalo, Priolo, Regalbuto, Scordia e Siracusa. Collegamento SAIS Autolinee con i Comuni di Agrigento, Caltanissetta, Canicattì, Enna, Messina e Palermo. Collegamento Giamporcaro tra l'aeroporto etneo e l'aeroporto di Comiso. Ferrovia Stazione di Catania Aeroporto - Fontanarossa Metropolitana Si prevede che entro il 2026 l'aeroporto sia servito da una fermata apposita della metropolitana di Catania, situata in corrispondenza del Terminal B. Ad aprile 2019 è stato erogato il finanziamento europeo per la realizzazione della tratta Stesicoro-Aeroporto, comprendente dunque la fermata di fronte all'aerostazione, che costituirà il capolinea. L'inizio dei lavori è previsto entro il 2021. Noleggio Auto Presso l'aeroporto di Catania sono presenti le filiali delle più note società di autonoleggio, tra cui: Locauto SIXT Noleggio auto Catania Avis Hertz Note Voci correlate Aeroporti più trafficati in Italia Catania Società Aeroporto Catania Altri progetti Collegamenti esterni Catania Trasporti a Catania
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https://it.wikipedia.org/wiki/Cycadophytina
Cycadophytina
Cycadophytina è una sottodivisione delle gimnosperme con foglie pennate. La sottodivisione Cycadophytina è composta da due classi: classe Gnetopsida (o Gnetatae), comprendente un unico ordine, quello dei Gnetales: I generi compresi sono Ephedra, Gnetum e Welwitschia. Si tratta di piante che si trovano nelle regioni tropicali e in zone aride. A parte l'estrazione di alcune sostanze usate in medicina (efedrina) non hanno particolare valore da un punto di vista economico o applicativo. Circa 70 specie con caratteristiche intermedie tra le gimnosperme e le angiosperme. classe Cycadopsida, o Cycadatae (cicadine). Molto diffuse nel Mesozoico (in particolare nel Giurassico, 190-130 milioni di anni fa), attualmente ne esistono poco più di un centinaio di specie, che crescono in aree tropicali e subtropicali, molte delle quali rischiano l'estinzione. Gimnosperme
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https://it.wikipedia.org/wiki/Crittografia%20simmetrica
Crittografia simmetrica
Con crittografia simmetrica (o crittografia a chiave privata) si intende una tecnica di cifratura. Rappresenta un metodo semplice per cifrare testo in chiaro dove la chiave di crittazione è la stessa chiave di decrittazione, rendendo l'algoritmo di cifratura molto performante e semplice da implementare. Gli algoritmi a chiave simmetrica sono algoritmi di crittografia che utilizzano le stesse chiavi crittografiche sia per la crittografia del testo in chiaro (plain text) che per la decrittografia del testo cifrato. Le chiavi possono essere identiche, oppure può esserci una semplice trasformazione per passare da una chiave all'altra. Le chiavi, in pratica, rappresentano un segreto condiviso tra due o più parti che può essere utilizzato per mantenere un collegamento privato di informazioni. Il requisito che entrambe le parti abbiano accesso alla chiave segreta è uno dei principali svantaggi della crittografia a chiave simmetrica, rispetto alla crittografia a chiave pubblica (nota anche come crittografia asimmetrica). Tuttavia, gli algoritmi di crittografia simmetrica sono di solito migliori per la crittografia di massa. Hanno una dimensione minore della chiave, il che significa meno spazio di archiviazione e una trasmissione più veloce. Per questo motivo, la crittografia a chiave asimmetrica viene spesso utilizzata per scambiare la chiave segreta della crittografia a chiave simmetrica. La crittografia simmetrica presuppone che le due parti siano già in possesso delle chiavi, richiesta che non rende possibile uno scambio di chiavi con questo genere di algoritmi. Lo scambio avviene attraverso algoritmi a chiave asimmetrica o pubblica, generalmente più complessi sia da implementare che da eseguire, ma che permettono questo scambio in modo sicuro. Dopodiché la comunicazione verrà crittata usando solo algoritmi a chiave simmetrica per garantire una comunicazione sicura, ma veloce. Funzionamento In questo genere di algoritmi si suppone che entrambe le parti conoscano già la chiave con cui crittare e decrittare il messaggio. Il mittente ha un messaggio (PlainText o testo in chiaro). Il mittente critta il messaggio con la chiave usando un algoritmo di crittografia simmetrica chiamato . Il messaggio risultante sarà (CypherText o messaggio cifrato). In formule diventa: A questo punto al destinatario arriva un messaggio cifrato che riesce a decrittare poiché è in possesso della chiave privata. Ora il ricevente applica l'algoritmo di decrittazione con la stessa chiave che ha usato il mittente per crittare il testo. Diventa: Se un attaccante ha intercettato il messaggio lungo il mezzo di comunicazione, avrà il messaggio crittato ma non la chiave che è stata scambiata in modo sicuro dai due interlocutori. Se l'attaccante vorrà leggere il messaggio crittato potrà solo usare metodi di decrittazione che richiedono elevate capacità di calcolo. Nel caso di una comunicazione reale, questo colloquio viene criptato tramite un algoritmo a chiave pubblica, più complesso ma che non richiede nessuna trasmissione della chiave sul mezzo di comunicazione. Componenti comuni nelle varie implementazioni Tra i vari algoritmi di crittazione possiamo trovare alcune operazioni comuni, poiché aggiungono generalmente maggior sicurezza nel testo cifrato e sono operazioni rapide per la macchina. Spesso una stessa operazione viene ripetuta più volte, riferendosi a questi passaggi come cicli o round. Ad esempio in AES la stessa routine viene ripetuta 10 volte. In DES il testo in chiaro subisce 16 volte la crittazione insieme alla chiave prima di terminare. Una volta disegnato l'algoritmo viene molto facile ripeterlo, rendendo più complesso un lavoro di decrittazione forzata tramite brute force. Se l'algoritmo di decrittazione è ben disegnato e non si riescono ad avere informazioni sulla chiave, questo è l'unico metodo attraverso cui è possibile la decrittazione del messaggio cifrato. Tra i vari algoritmi simmetrici possiamo riconoscere alcuni parametri standard come la lunghezza della chiave e la dimensione del blocco. La lunghezza della chiave è misurata in bit e ha valori che oscillano tra 32 bit e 512 bit. Generalmente la lunghezza della chiave è un valore fisso nonostante esistano alcuni algoritmi come AES che impiegano lunghezze variabili. Ogni algoritmo generalmente cerca di crittare una stringa di bit attraverso una chiave in un'altra stringa di bit della medesima lunghezza. La lunghezza di questa stringa è uguale alla dimensione del blocco. Algoritmi più datati avevano questo valore pari a 64 bit in media. Oggi si preferisce adottare dimensioni di 128 bit. Un problema che affligge la dimensione del blocco è il paradosso del compleanno che rilascia informazioni sulla chiave ogni volta che avviene una collisione. Possiamo ritenere sicura solo la radice quadrata di tutte le combinazioni possibili. Per esempio con una dimensione di 64 bit, che genererebbe possibili combinazioni, potremo impiegarne solo prima di cominciare a rivelare informazioni sulla chiave. L'attacco di un computer quantistico dimezza la forza dell'algoritmo a cifratura simmetrica. In altre parole, l'attacco di un computer quantistico ha un algoritmo di tipo AES a 256 bit lo fa funzionare come se la lunghezza della chiave fosse 128 bit. Per per prevenire tale eventualità, senza modificare l'algoritmo della cifratura a chiave simmetrica, si è soliti raddoppiare la lunghezza della chiave di cifratura. Metodi di cifratura a blocchi di cifre Generalmente la dimensione del blocco scelta è della medesima lunghezza della chiave perché risulta semplice per l'implementazione di un algoritmo. Tuttavia è bene fare attenzione ad alcuni metodi che possono compromettere la sicurezza dell'algoritmo. Nei seguenti algoritmi individuiamo: è l'-esima cifra della chiave; è l'-esima cifra del testo in chiaro; è l'-esima cifra del testo cifrato. Con dove indica la dimensione del blocco e la lunghezza della chiave. Electronic Code Book (ECB) È l'implementazione più semplice, in cui l'unica cosa che nasconde il testo in chiaro è una cifra della chiave. Questo metodo risulta essere tanto semplice quanto insicuro. Infatti è sufficiente per l'attaccante raccogliere un numero sufficiente di campioni per scoprire la chiave. Su questo metodo si basa il cifrario di Cesare. Cipher Block Chaining (CBC) In questo metodo si aggiunge un fattore di casualità inserendo nell'algoritmo anche la cifra precedentemente crittata, più precisamentre, si effettua uno XOR, indicato con il simbolo prima di crittare il testo. In questo modo non vi è una associazione univoca tra chiave e testo in chiaro ma si aggiunge la dipendenza dalla cifra precedente. Inserendo la dipendenza dalla cifra precedente, si crea la necessità di aggiungere un elemento per crittare la prima cifra del blocco, chiamato vettore di inizializzazione (IV nelle formule). Cipher Feed-Back (CFB) Molto simile al CBC ma l'operazione di XOR con il testo in chiaro viene eseguita dopo la crittazione. Si critta prima la chiave con la cifra precedente o il vettore di inizializzazione nel caso della prima cifra. Rispetto a CBC è sempre presente la dipendenza dalla cifra precedente, ma soffre ancora del problema di malleabilità, anche se solo localmente alla singola cifra. Metodi di crittazione a flusso di cifre Anziché lavorare su un blocco di cifre con una chiave delle stesse dimensioni, la chiave viene combinata all'intero messaggio, di solito attraverso operazioni XOR. RC4 si basa su questo metodo. Esistono due tipi di algoritmi: sincroni, in cui lo stato viene mantenuto dall'algoritmo, ma non è legato né al testo in chiaro né al testo cifrato; auto-sincronizzanti, in cui lo stato viene mantenuto ottenendo informazioni dal testo. Algoritmi DES (Data Encryption Standard) DES è uno degli algoritmi a chiave simmetrica più famoso, pubblicato nel 1976 da IBM e scelto come standard per la Federal Information Processing Standard. È diventato in seguito lo standard fino a quando non fu decrittato nel 1997 in 3 giorni di calcolo. Nell'anno successivo fu sufficiente un giorno soltanto impiegando un cluster di computer e con l'avanzare i tempi si riducono ulteriormente. Il suo successore fu 3DES. Impiega una chiave di 56 bit e opera su blocchi di 64 bit. 3DES (Triple DES) Quando DES non fu più sicuro, si cercò un metodo che mantenesse le meccaniche del DES ma che permettesse di avere una chiave più lunga. In questo algoritmo si esegue una tripla crittazione impiegando 3 chiavi DES standard, a 56 bit, ottenendo una chiave a 168 bit. È possibile anche invertire il secondo passaggio, ovvero eseguire una crittazione e una decrittazione. Tuttavia non modifica la sicurezza generale dell'algoritmo. Anche questo algoritmo oggi non viene più impiegato poiché le tecnologie si stanno evolvendo e molti algoritmi di crittazione non risultano abbastanza forti da sopportare le elevate capacità di calcolo dei computer moderni, soprattutto con l'avvento delle GPGPU. 3DES ha lasciato il posto a AES, il nuovo standard ormai. AES (Advanced Encryption Standard) Nel 1999 si presentarono vari algoritmi candidati a diventare lo standard di crittografia simmetrica. Questi candidati furono MARS proposto dalla IBM, RC6, Serpent, Twofish e Rijndael. Tutti questi algoritmi furono testati per efficienza e sicurezza su varie architetture, sia hardware che software. Tra questi ricevette un feedback positivo Rijndael che nel 2000 divenne il nuovo standard con il nome di AES. Fu dapprima impiegato dal governo degli USA e dopodiché il suo successo divenne globale. AES lavora su blocchi a dimensione fissa di 128 bit. Ha una chiave di 128 bit, ma possono essere impiegate chiavi più lunghe da 192 e 256 bit per crittare documenti di particolare importanza. Note Bibliografia Voci correlate 3DES AES Crittografia asimmetrica Data Encryption Standard Differenza fra cifratura simmetrica e asimmetrica Crittografia
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https://it.wikipedia.org/wiki/Combustione
Combustione
La combustione (dal latino combustio, -ōnis, bruciamento) è una reazione chimica che comporta l'ossidazione di un combustibile da parte di un comburente (che in genere è rappresentato dall'ossigeno presente nell'aria), con sviluppo di calore e radiazioni elettromagnetiche, tra cui spesso anche radiazioni luminose. Spesso la combustione è accompagnata anche dalla presenza di una fiamma e gas ad alta temperatura prodotti dalla combustione, che disperdendo al loro interno polveri ottenute dalla combustione (in genere particelle carboniose), danno origine al fumo. La combustione in assenza di fiamma è detta "combustione con brace". In altri termini, la combustione è un'ossidoriduzione esotermica, in quanto un composto si ossida mentre un altro si riduce (ad esempio nel caso della combustione degli idrocarburi, il carbonio si ossida mentre l'ossigeno si riduce), con rilascio di energia e formazione di nuovi composti (generalmente anidride carbonica e acqua). Il triangolo del fuoco Il "triangolo del fuoco" consiste nei tre elementi che sono necessari allo svolgersi della reazione di combustione. Questi tre elementi sono: combustibile comburente innesco Il combustibile può essere di vario tipo (solido, liquido o gassoso), per esempio: idrocarburi, legname o carbone. Il comburente per eccellenza è l'ossigeno presente nell'aria. Il combustibile e il comburente devono essere in proporzioni adeguate perché la combustione abbia luogo, delimitate dal cosiddetto "campo d'infiammabilità". La reazione tra il combustibile e il comburente non è spontanea, ma avviene a opera del livello energetico della sostanza combustibile che degrada emettendo atomi di carbonio, idrogeno e altro capace di combinarsi con l'ossigeno emettendo ulteriore calore capace di mantenere il livello termico grazie al quale avviene la piroscissione del combustibile. L'innesco può essere rappresentato per esempio da una fonte di calore o da una scintilla. L'innesco rappresenta l'energia di attivazione necessaria alle molecole di reagenti per iniziare la reazione e deve essere fornita dall'esterno. In seguito l'energia rilasciata dalla reazione stessa ne rende possibile l'autosostentamento, senza ulteriori apporti energetici esterni. Per poter accelerare la combustione si può adoperare una turbolenza, la quale aumenta il mescolamento tra combustibile e comburente, velocizzando la combustione. Mancando uno degli elementi del triangolo la combustione non si sviluppa o si estingue. Spegnere un incendio è infatti possibile per sottrazione (esaurimento o allontanamento) del combustibile, per soffocamento (separazione dell'ossigeno/comburente per mezzo di una sostanza coprente) o per raffreddamento (fermando la reazione a catena di autosostentamento dell'innesco). Cinetica di combustione La reazione di combustione è un processo complesso, composto da più reazioni a catena: Inizio - reazioni fortemente endotermiche (cioè che assorbono calore) spaiano un elettrone di valenza formando radicali liberi, ovvero delle specie attive. Propagazione - specie attive e altre molecolari interagiscono a formare nuove specie attive. Ramificazione - le specie attive iniziali si diramano creandone di secondarie. Terminazione - l'interazione delle specie crea disattivazione o annichilimento delle specie attive, formando specie stabili. Se le specie attive che si vanno a formare con le prime fasi della reazione a catena sono numericamente pari a quelle disattivate nella fase di terminazione, la combustione risulterà lenta e controllata; se al contrario le formazione di radicali sono superiori alle ricombinazioni si ottiene una combustione incontrollata: un'esplosione. Si può notare nella fase iniziale la necessità di energia per far attivare la reazione che è endotermica, chiarendo la necessità di un'energia di innesco rappresentata sopra nel triangolo del fuoco. L'accensione di una miscela combustibile comburente può avvenire in due modi: Autoaccensione: è l'accensione simultanea dell'intera massa di miscela. Se la temperatura di questa è elevata, il calore evacuato all'ambiente risulta minore di quello prodotto, la reazione è autocatalizzata e la pressione sale velocemente: si ha un'esplosione. Accensione provocata: si ha quando una sorgente entro la miscela cede energia, e dà luogo a un'accensione locale che può propagarsi nell'intera miscela. Questo si verifica se: localmente il calore della sorgente sviluppa una temperatura superiore a quella di autoaccensione. la quantità di miscela accesa abbia un'energia sufficiente a sostenere e propagare la combustione nell'intero volume. Prodotti della combustione I prodotti della combustione dipendono dalla natura del combustibile e dalle condizioni di reazione. Per esempio, nella combustione del carbone (esente da impurità e quindi contenente solo carbonio) si produce esclusivamente anidride carbonica se vi è ossigeno in eccesso; in questo caso si parla di combustione completa. In difetto di ossigeno è invece favorita la produzione di monossido di carbonio accompagnata da fumi, nerofumo, in caso di forte carenza di ossigeno. L'azoto è un inerte, e pertanto non reagisce con nessun elemento o sostanza durante la combustione. Tuttavia, sotto determinate condizioni (alte temperature, grande eccesso d'aria, presenza di azoto nel combustibile), può reagire e creare gli NOx. Alcune reazioni di ossidazione dell'azoto e del carbonio sono le seguenti: N2(g) + O2(g) -> 2NO(g) NO(g) + 1/2 O2(g) -> NO2(g) C(g) + O2(g) -> CO2(g) Anche il tipo di radiazione emessa dipende fortemente dalle specie chimiche in gioco nelle reazioni e in particolare dagli intermedi presenti nella fiamma in stati eccitati. Per esempio, la combustione dell'idrogeno, che produce acqua, presenta una fievole luce azzurrina a causa delle transizioni dell'idrogeno monoatomico, mentre la combustione di composti che contengono importanti quantità di carbonio comporta una fiamma spesso di colorazione giallo-arancio per via della specie C2. Il fatto sperimentale che composti diversi siano associati a una diversa colorazione della fiamma viene sfruttato nell'ambito della chimica analitica per effettuare un particolare tipo di analisi qualitativa, chiamata saggio alla fiamma. Le reazioni di combustione hanno una dinamica molecolare estremamente complessa, ma in genere si può dire che si tratta di reazioni radicaliche a catena. Per estensione ci si può riferire a reazioni di combustione anche quando l'ossidante non è l'ossigeno, per esempio si può dire che l'idrogeno brucia in presenza di cloro. O addirittura si parla di combustione anche quando non sono in gioco reazioni chimiche ma reazioni nucleari, vedi combustibile nucleare. Combustione del metano La combustione completa del metano, CH4, produce anidride carbonica e acqua, mentre in difetto di ossigeno possono avvenire numerose reazioni conducendo a diversi prodotti, tra i quali, oltre al monossido di carbonio, anche metanolo. Volendo analizzare nel particolare la combustione del metano si ha che la reazione stechiometrica di combustione è: CH4 + 2O2 -> CO2 + 2H2O ciò vuol dire che per bruciare 1 mole (o, in modo equivalente 22,414L) di metano servono 2 moli di ossigeno. In uscita si avranno 1 mole di anidride carbonica e 2 di acqua allo stato di vapore o, in alcuni casi, liquido (quest'ultimo caso si ha se si utilizza il calore latente di vaporizzazione che condensa l'acqua, come avviene nelle caldaie a condensazione). Questo processo ha un potere calorifico che può raggiungere i 9520Kcal/Nm³. Nella combustione del metano, lo stato di ossidazione del carbonio passa da -4 a +4, mentre per l'ossigeno la variazione è da 0 (ossigeno molecolare) a -2 (nell'acqua e nell'anidride carbonica). Dato che spesso si utilizza l'aria anziché l'ossigeno puro, bisogna tenere conto anche della presenza dell'azoto. L'aria è approssimativamente formata (in volume) da 21% di ossigeno e da 79% da azoto; ciò vuol dire che il rapporto ossigeno/azoto è di 1:3,76. Pertanto la reazione di combustione diventa: CH4 + 2O2 + 7,52N2 -> CO2 + 2H2O + 7,52N2 Nella pratica non si brucia mai secondo la reazione stechiometrica. Questo perché rispettando le giuste quantità si rischia di avere incombusti; ecco perché generalmente si cerca sempre di bruciare in eccesso d'aria (o di ossigeno). Dato che stechiometricamente per 1 volume di metano servono 9,52 volumi di aria, nella realtà si ha che il rapporto metano/aria è di circa 1:10. Quanto anzidetto è utile per calcolare quanta aria serva per la combustione completa di metano usando aria come comburente, ma non per i rapporti stechiometrici di reazione tra metano ed ossigeno, che sono i rapporti di reazione in moli (o volumi molari, per i gas) tra reagenti e prodotti di una reazione chimica: l'azoto infatti non è un reagente (diverso sarebbe se si considerasse anche una sua trasformazione a ossidi di azoto NOx), bensì si comporta da gas inerte, ovvero come "diluente" per l'ossigeno, non reagendo nella reazione su riportata. Se invece di ossigeno puro si usa aria o altra miscela in cui sia presente ossigeno, durante la combustione è necessario dosarla in maniera che l'ossigeno sia almeno in quantità stechiometrica rispetto al combustibile. Note Bibliografia Voci correlate Ignifugazione Fuoco Incendio Aria teorica di combustione Potenziale termico Combustore Temperatura d'ignizione Fiamma Flashover Combustione dolce Arrestatore di fiamma Fattore di ventilazione Altri progetti Collegamenti esterni Thermopedia, "Combustion"
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https://it.wikipedia.org/wiki/Campogalliano
Campogalliano
Campogalliano (Campgajàn in dialetto modenese) è un comune italiano di abitanti della provincia di Modena in Emilia-Romagna. Fa parte dei comuni dell'Unione delle Terre d'Argine. È situato ad ovest del capoluogo provinciale, con cui confina. Storia Fondazione I primi insediamenti a Campogalliano risalgono alla discesa dei Galli nella Pianura Padana e il nome della località è infatti un adattamento di "Campo dei Galli". Questa popolazione si stanziò nei pressi del fiume Secchia, importante via fluviale che scorre nelle vicinanze. Dopo la sottomissione della popolazione locale celtica del territorio reggiano e modenese da parte dei romani, il territorio dei Galli Boi (tribù celtica che abitava il territorio) fu annesso alla provincia romana della Gallia Cisalpina, di cui divenne il fulcro. Dominazione estense Il primo vero insediamento sotto forma di nucleo abitato si ebbe attorno al XVI secolo con la creazione del "Castrum", castello costruito per volontà del ramo cadetto degli Este di San Martino che è completamente scomparso. Il sito di questo antico castello corrisponde al parco "Le Montagnole". e la morfologia del terreno presuppone l'esistenza di una sorta di fossato, ancora visibile. Questo canale serviva principalmente a scopo difensivo ed esisteva un ponte che collegava il palazzo con il primo vero nucleo abitativo, piazza Castello. Qui fu costruito l'oratorio di San Rocco, tuttora esistente seppur sconsacrato. Nello stesso periodo venne costruita la chiesa di Sant'Orsola, patrona di Campogalliano, sopra l'area di un'antica cappella dedicata alla santa. Campogalliano fu giurisdizione amministrata dagli Este di San Martino dal 1501 all'estinzione del Casato nel 1752. Il 12 aprile 1753, con rogito Ferrari, i territori di San Martino in Rio e Campogalliano vennero ceduti dalla Camera Ducale d'Este alla marchesa Teresa Sfondrati, vedova dell'ultimo principe d'Este di San Martino, Carlo Filiberto II d'Este, per la durata di tre anni. Nel 1756 il contratto si rinnovò in favore della figlia Anna Ricciarda, che l'anno precedente aveva sposato il principe Alberico Barbiano di Belgiojoso. Il contratto stipulato verrà rinnovato, sempre con rogito Ferrari, nel 1758 e prolungato fino alla fine del 1767. Dopo il territorio tornò definitivamente alla Camera Ducale. XX secolo Negli anni della seconda guerra mondiale la popolazione partecipò alla Resistenza ed essendo un'importante via di comunicazione tra le linee partigiane in montagna e quelle in pianura svolse un ruolo importante. Vengono ricordati i caduti negli scontri ed è stato costruito il monumento alla Resistenza, opera di Ettore de Conciliis. Negli anni ottanta a Campogalliano fu annessa la parte del territorio oltre l'oratorio di Sant'Orsola e vennero realizzate le casse d'espansione del fiume Secchia in collaborazione con i comuni di Rubiera e Modena. Nel 1987, su un terreno vicino all'autostrada del Brennero, fu costruito lo stabilimento Bugatti Automobili S.p.A., poi chiuso e in tempi recenti aperto alle visite con guida. XXI secolo Nel 2000 iniziò la costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità che attraversa il territorio comunale. Simboli Lo stemma del Comune di Campogalliano fu approvato con regio decreto del 16 marzo 1862. Monumenti e luoghi d'interesse Chiesa parrocchiale di Sant'Orsola Fabbrica Bugatti Automobili S.p.a. Laghi Curiel, riserva naturale di Campogalliano. Cultura Scuola elementare "Guglielmo Marconi", biblioteca da Romano Botti e Margherita Marzi Anglani (1976). Musei Il museo della bilancia è un museo tecnologico-industriale che espone numerosi oggetti di misurazione e ripercorre la storia di Campogalliano quale "città della bilancia", in cui si producono tali strumenti fin dal 1860. Biblioteche Campogalliano è sede della Biblioteca Enigmistica Italiana, fondata da Giuseppe Panini; la biblioteca è dedicata all'Enigmistica e riservata ai soci iscritti. Società Evoluzione demografica Economia Dal 1840 Campogalliano è conosciuta nel mondo per la fabbricazione della bilancia.Nel 1949 nacque la COOP Bilanciai. Infrastrutture e trasporti Le principali vie di comunicazioni che attraversano Campogalliano sono: Autostrada A1 (Italia) - Milano-Roma-Napoli Autostrada A22 (Italia) - Brennero-Modena Amministrazione Sport Dal 1984 esiste la "Polisportiva Campogalliano", ampliata e rinnovata negli ultimi anni anche grazie alla ristrutturazione dello stadio. Essa è impegnata su molti fronti nello sport a livello provinciale e nazionale, soprattutto nel calcio dove il Campogalliano milita in Seconda Categoria. Nel 2012 nasce la "Virtus Campogalliano Calcio", impegnata nello sport del calcio e nel calcio a 7. Nata da un gruppo tutto locale, di dirigenti e giocatori, che in passato hanno militato nella polisportiva presente in paese. Promossa in Seconda Categoria, vincendo il proprio campionato alla prima stagione. Note Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Carpi
Carpi
Carpi (Chèrp in dialetto carpigiano) è un comune italiano di abitanti della provincia di Modena in Emilia-Romagna. Il comune, il più popoloso della provincia dopo il capoluogo e undicesimo della regione Emilia Romagna, è sede principale dell'Unione delle Terre d'Argine, insieme ai comuni di Soliera, Novi di Modena e Campogalliano. Nella frazione di Fossoli è situato il Campo di Fossoli, un campo di concentramento utilizzato durante il periodo nazifascista. Geografia fisica Il territorio di Carpi appartiene alla pianura modenese. Il capoluogo è situato a circa 20 chilometri a nord-ovest da Modena. Secondo i dati della stazione meteorologica di Modena gode del tipico clima temperato continentale della pianura padana e delle medie latitudini, con inverno moderatamente rigido, con poche precipitazioni e con frequenti giornate di nebbia; mentre l'estate è calda ed afosa, specialmente nei mesi di luglio e agosto, con temperature che possono salire oltre i 35 °C e con precipitazioni a carattere temporalesco. La primavera e l'autunno sono generalmente piovosi e umidi, con clima più mite. Storia Fondazione Sembra del tutto priva di fondamento la leggenda che vorrebbe la fondazione di Carpi legata al re dei longobardi Astolfo. Questi avrebbe infatti fondato sia la città sia la pieve per onorare un suo voto dopo aver ritrovato un suo falcone. E allo stesso modo sembra infondata l'origine della città legata ad un esodo di popolazioni dai balcani. L'unico punto che sembra confermato storicamente è quello relativo al carpino sul quale il re avrebbe ritrovato il falcone, ma solo per il nome, perché il toponimo Carpi deve essere in realtà collegato alla situazione del paesaggio padano, all'epoca ricco di boschi caratterizzati da alberi di alto fusto, e tra questi moltissimi esemplari di carpino. Carpi quindi fu un borgo medievale di origine preistorica (civiltà villanoviana) rifondato, probabilmente come roccaforte (castrum Carpi), nell'Alto Medioevo. Signoria di Carpi A partire dal XIV secolo, dal 1336 al 1527 fu sede della Signoria di Carpi e poi contea dei Pio, quando l'imperatore Carlo V la tolse ad Alberto III. Nel 1530 la contea, divenuta principato nel 1535, viene infeudata ai domini estensi. Nel 1779 fu eretta a sede diocesana. XX secolo Durante la seconda guerra mondiale, a partire dal 1942, nella frazione di Fossoli fu attivo un campo di prigionia e concentramento. Da qui numerosi internati furono deportati verso i campi di sterminio in Germania. In seguito è divenuto memoriale e museo della seconda guerra mondiale. Il Comune di Carpi ha inoltre allestito il Museo-monumento al deportato politico e razziale per ricordare quel periodo storico ed organizza regolarmente numerose manifestazioni in memoria dell'olocausto. Durante la guerra di Liberazione la città ed il territorio comunale furono teatro di alcune sanguinose stragi compiute dai fascisti contro i partigiani e la popolazione civile, come l'eccidio di Piazza dei Martiri (16 vittime) e l'eccidio di Quartirolo (32 vittime). Carpi venne decorata per i sacrifici delle sue popolazioni e per l'attività nella lotta partigiana durante il conflitto, che procurò molti lutti nella popolazione. Nell'opera di soccorso ai perseguitati e agli ebrei si distinse ad esempio Odoardo Focherini che venne deportato a sua volta nel campo di concentramento di Hersbruck dove morì.. Medaglia d'oro dell'Unione delle Comunità Israelitiche Italiane nel 1955, Giusto tra le nazioni a Yad Vashem nel 1969, Focherini è stato ricordato nel 2006, nel centenario della sua nascita, con importanti manifestazioni con ospiti internazionali Fu beatificato dalla Chiesa il 15 giugno 2013. Il campo di Fossoli fu la prima sede dell'iniziativa di don Zeno Saltini a favore degli orfani di guerra e dei diseredati che poi portarono alla comunità di Nomadelfia. Carpi è stata colpita dal terremoto dell'Emilia del 2012, con seri danni in tutto il centro storico, in particolare al patrimonio artistico. Sono state lesionate seriamente numerose chiese tra le quali il Duomo, San Nicolò, San Francesco, la chiesa della Sagra, e poi la curia vescovile ed il teatro comunale. I danni alle abitazioni sono invece risultati abbastanza limitati. Simboli Lo stemma di Carpi è stato riconosciuto con decreto del capo del governo del 14 gennaio 1926. Nello stemma è rappresentata la leggenda del falcone da caccia del re Astolfo che si sarebbe posato su un albero di carpine, interpretandolo come un segno divino il re decise di erigere in quel luogo una cappella, primo nucleo della chiesa di Santa Maria in Castello intorno alla quale si sarebbe sviluppata la città. Onorificenze La città di Carpi è tra le città decorate al valor militare per la guerra di liberazione, insignita della medaglia d'oro al merito civile e della medaglia d'argento al valor militare per i sacrifici delle sue popolazioni e per l'attività nella lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale: Nobiltà civica La città godette di una propria nobiltà civica documentata da un libro d'oro della nobiltà conservato negli archivi comunali. La Consulta araldica del Regno d'Italia riconobbe la nobiltà civica della città di Carpi inserendone diverse famiglie nel libro d'oro della nobiltà italiana col titolo di Nobile di Carpi. Non sembrano aver fondamento le asserzioni relative ad una nobiltà civica carpigiana antecedente l'arrivo degli Este ma secondo le conclusioni di un congresso italo-spagnolo tenutosi a Roma nel 1958 e che approfondì i temi attimenti la storia comunale i titoli di patrizio riferiti in particolare a Mirandola, Carpi, Finale Emilia e Correggio vennero per un certo periodo usati impropriamente, dedotti per analogia, mentre, a partire dal 1738, la situazione mutò e tale nobiltà civica venne riconosciuta. Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose Chiese Basilica cattedrale di Santa Maria Assunta, duomo di Carpi e basilica minore dal 1979. La sua costruzione iniziò nel XVI secolo e terminò tre secoli più tardi. Venne pesantemente danneggiata dal terremoto dell'Emilia del 2012 ed è stata riaperta al culto nel 2017, dopo lunghi lavori di restauro. Chiesa di Santa Maria in Castello, detta la Sagra, si trova in piazzale Re Astolfo. l'antica pieve fu fondata in epoca longobarda e arricchita in seguito con affreschi e marmi. La facciata fu realizzata nel rinascimento da Baldassarre Peruzzi e comprese anche elementi provenienti da un altro edificio religioso fra i quali alcuni lavori della scuola dell'Antelami. Accanto alla pieve c'è il suo alto campanile. Chiesa patronale di San Bernardino da Siena. Chiesa di Santa Chiara in corso Fanti che conserva all'interno il corpo di Camilla Pio di Savoia, fondatrice nel 1500 dell'annesso monastero delle Clarisse. Chiesa del Santissimo Crocifisso (detta del Cristo o dell'Adorazione), unica chiesa di architettura barocca in città. Chiesa di San Nicolò con i suoi chiostri, bell'esempio di architettura cinquecentesca. Chiesa di Sant'Ignazio, attigua al seminario vescovile e sede del museo diocesano di Carpi Chiesa di San Francesco d'Assisi, già esistente a partire dal XIII secolo. Chiesa di Santa Croce nella frazione di Santa Croce. Chiesa di Sant'Agata Vergine e Martire a Cibeno Pile Chiesa di Santa Giulia a Migliarina Ex Chiesa di Santa Maria delle Grazie. Sinagoghe Sinagoga di Carpi, in via Rovighi, un tempo zona del ghetto, chiusa al culto agli inizi del XX secolo che è divenuta sede della Fondazione Fossoli. Al suo interno si conservano pregevoli architetture e alcuni arredi. Architetture civili Piazza dei Martiri, chiusa sul lato occidentale da un unico lungo portico di 53 colonne e dal lato settentrionale dalla basilica cattedrale di Santa Maria Assunta comprende molti edifici monumentali. Portici: il più noto è il portico del Grano di corso Alberto Pio, terminanti in piazza Garibaldi. In piazza Martiri invece è il Portico Lungo (52 arcate, stile rinascimentale). Notevole anche il portico di San Nicolò, che si prolunga dall'antico convento francescano per buona parte di via Berengario. Le porte e le mura, abbattute all'inizio del XX secolo. Al posto del tracciato delle mura sono stati aperti dei viali di scorrimento e in luogo delle porte dei piazzali. Tra le più celebri si ricordano Barriera Fanti (ora piazzale Dante Alighieri), Porta Modena (piazzale Ramazzini) e Porta Mantova (piazzale Marconi). Teatro comunale, neoclassico Auditorium San Rocco Palazzo Foresti, visitabile solo da qualche anno. Conserva numerosi quadri dell'Ottocento e del Novecento, inclusi anche dipinti di alcuni macchiaioli. Torre Stoffi, di inizio XVI, in località Gargallo di Carpi, costruita dai Pio, signori di Carpi, come opera di sorveglianza e difesa presso il Canale di Carpi, a ridosso del confine con la piccola signoria Estense di San Martino, ebbe una breve stagione come opera militare. Torre Spuntona presenti nella località di Budrione, avamposto difensivo Corte di Fossoli, tipica corte rustica che aveva un ruolo di vera e propria azienda agricola, tipica emiliana. Casino di Caccia Pio di Savoia, del XVI secolo. Casa Rebecchi, del XVII secolo con bassorilievi creati dallo scultore Ercole Caleffi compreso un portone in bronzo recante lo stemma della nobile famiglia Rebecchi. Dopo i lavori iniziati nel 2005 il centro storico di Carpi è stato ristrutturato. La maggior parte delle colonne sono state ristuccate mentre corso Alberto Pio e corso Fanti, le vie che rispettivamente congiungono piazza Martiri a piazza Garibaldi (piazzetta), e sempre piazza Martiri al parco comunale sono state completamente rinnovate con un nuovo pavimento di pietra bianca, piante, panchine e lampioni. Nel 2008, a cent'anni dalla squalifica di Dorando Pietri nella maratona delle olimpiadi londinesi del 1908, è stata inaugurata una statua dedicata all'atleta. Architetture militari Castello dei Pio. Si affaccia sul lato orientale della piazza ed è un insieme di edifici costruiti in tempi diversi. La torre merlata di Passerino Bonaccolsi è medievale, mentre sono rinascimentali l'Uccelliera, la lunga facciata e il torrione di Galasso Pio all'estremità sinistra. La torre dell'orologio è successiva. All'interno è notevole la cappella, con affreschi di Bernardino Loschi e Vincenzo Catena. Castelvecchio, in piazzale Re Astolfo, dedicato al celebre sovrano longobardo. Società Evoluzione demografica Il comune di Carpi ha raggiunto i abitanti ( all'aprile 2019 secondo i dati dell'anagrafe cittadina), anche grazie all'immigrazione, proveniente in particolare dai paesi dell'est Europa, dal Nordafrica e dal Subcontinente indiano. L'evoluzione demografica ha comportato una intensa espansione edilizia, che ha da poco portato i confini abitati di Carpi (escluse le frazioni) oltre la tangenziale Bruno Losi e la ferrovia. Etnie e minoranze straniere Al 31 dicembre 2018 gli stranieri residenti nel comune erano , ovvero il 14,32% della popolazione. Di seguito sono riportati i gruppi più consistenti: Pakistan, Romania, Cina, Tunisia, 772 Moldavia, 730 Marocco, 721 Ucraina, 499 India, 390 Ghana, 313 Albania, 248 Tradizioni e folclore Sagra dell'Invenzione della Santa Croce, che si svolge annualmente presso il santuario della Madonna dell'Aiuto nella frazione di Santa Croce. Sagra dell'Assunta, dal 1516 il 15 di agosto. La processione è dedicata alla titolare della basilica cattedrale di Carpi. Mostardino è la maschera tradizionale di Carpi. Il nome potrebbe derivare da una particolare mostarda (la mostarda fina) e sia il personaggio sia la conserva alimentare sarebbero state ricordate da Francesco Guicciardini già nel XVI secolo. Cultura Istruzione Musei Musei del Castello dei Pio comprendente le sezioni Museo del palazzo, Museo della città, l'Archivio storico comunale e il Castello dei ragazzi Polo della Fondazione Fossoli: comprendente il Museo Monumento al deportato, l'area dell'ex campo di concentramento di Fossoli e la ex-sinagoga di via Rovighi Museo diocesano "Cardinale Rodolfo Pio di Savoia" all'interno della Chiesa di Sant'Ignazio. Biblioteche La Biblioteca multimediale Arturo Loria è stata inaugurata il 10 novembre 2007 accanto al Palazzo dei Pio, dove un tempo sorgeva la Manifattura di cappelli di paglia di Aristide Loria; nasce dalla fusione di tre edifici antestanti, la Biblioteca comunale, la Videoteca e la Fonoteca. Al suo interno vi è un auditorium per conferenze, seminari, esposizioni e riunioni. Scuole Carpi è sede di quattro scuole secondarie di secondo grado statali e di un centro di formazione professionale accreditato per l'obbligo formativo. Eventi Sagra di San Bernardino. Si tiene da circa 500 anni onore del patrono Bernardino da Siena attorno al 20 maggio. Festivalfilosofia, dal 2001, un importante convegno a livello internazionale su vari temi filosofici, che ha anche come altre sedi le città di Modena e Sassuolo. Festa del racconto e premio letterario Arturo Loria. VIE Scena Contemporanea Festival, dal 2005, in autunno. Biennale di Xilografia contemporanea, dal 1982 presso Palazzo Pio. Carpinscienza, dal 2016. Media Radio Radio Bruno, emittente radiofonica privata locale. Fondata nel maggio del 1976, trasmette su tutto il territorio di Emilia-Romagna e Toscana, e in alcune province limitrofe di altre regioni (Mantova, Verona, Pesaro e Urbino e La Spezia). Web Radio 5.9, emittente nata a Cavezzo dopo il terremoto dell'Emilia del 2012 che si è fatta conoscere nelle cronache nazionali grazie alla serie televisiva Radio Emilia 5.9 - La mia vita dopo il terremoto trasmessa su MTV dal 14 gennaio 2013. Dal 2016 ha inaugurato la propria sede a Carpi. Geografia antropica Quartieri Il territorio della città non è suddiviso ufficialmente in quartieri, tuttavia alcune zone sono storicamente definite. La zona del centro storico all'interno delle mura viene considerata unitaria ma è suddivisa dai toponimi ancora in vigore. Le zone di espansione residenziale prendono invece il nome da frazioni e località inglobate nel tessuto urbano (Quartirolo, Due Ponti, Cibeno) oppure dai nomi delle vie principali all'interno di essi. Centro storico: Borgofortino – Terranova (San Rocco) - Borgogioioso – Passo dei Cappuccini - Contrada San Francesco Nord e ovest: Remesina – Cibeno Pile – Osteriola – Pezzana. Sud ed est: Due Ponti – Quartirolo – Nazioni – Bollitora – Morbidina. Frazioni Budrione, Cortile, Fossoli, Gargallo, Cantone, Migliarina, Santa Croce, San Marino e San Martino Secchia Economia L'economia del territorio almeno sino alla metà del XIX secolo è rimasta legata all'agricoltura che si è poco a poco integrata con una fiorente attività manifatturiera. In particolare, in questo secondo caso, si è trattato sia dell'artigianato artistico della lavorazione della scagliola sia del trattamento del truciolo per ricavarne cappelli. Tali caratteristiche resero a lungo importante la zona carpigiana in tutta la provincia di Modena. Già a partire dall'inizio del XX secolo Carpi iniziò a farsi conoscere in alcuni settori particolari della produzione agroalimentare, come il lattiero-caseario e il vitivinicolo. Nel secondo dopoguerra la città entrò in un settore nel quale sino ad allora era rimasta assente, quello del tessile e dell'abbigliamento, e divenne nota per le sue numerosissime piccole attività legate alla maglieria. Come Biella, Treviso e Prato divenne parte dell'industria dell'abbigliamento made in Italy e pioniera di queste attività fu l'imprenditrice Maria Bigarelli. Le aziende più note nel settore sono Blumarine, Liu Jo, Gaudì, Denny Rose e Twin-Set. In anni più recenti il settore tessile entrò in crisi a causa della concorrenza dei paesi dell'est europeo e dell'Asia. A Migliarina di Carpi ha sede la Goldoni spa, importante azienda di macchine agricole. Rivestono ancora una certa importanza i laboratori di intrecciatori di vimini, di giunchi e di lavorazione del truciolo. Infrastrutture e trasporti Ferrovie A Carpi c'è la stazione ferroviaria, sulla ferrovia Mantova-Modena, situata in piazza della Stazione, nella zona est della città. Mobilità urbana Il trasporto pubblico urbano del comune di Carpi è gestito dalla SETA. Il territorio urbano è servito da 4 linee (blu, gialla, verde e rossa) che circolano dalle 6.30 alle 19.30 circa con frequenza di 30 minuti i giorni feriali e 60 minuti il sabato pomeriggio. Il servizio non è attivo nei giorni festivi. Vicino al polo scolastico di via Peruzzi è presente l'autostazione, terminal delle linee che servono le frazioni, l'area della Bassa modenese, Soliera e Modena e la provincia di Reggio Emilia. Autostrade Il comune è servito dall'autostrada A22 Modena-Brennero dove dispone di una propria uscita, localizzata a sud della città. Aeroporti Nella frazione di Budrione è presente un piccolo aeroporto. Amministrazione Elenco dei sindaci Sport Il Giro d'Italia ha fatto tappa a Carpi tre volte. Il 28 maggio 1998 la 12ª tappa del Giro d'Italia 1998 si è conclusa a Carpi con la vittoria del francese Laurent Roux. Il 22 maggio 2008 la 12ª tappa del Giro d'Italia 2008 si è conclusa a Carpi con la vittoria in volata di Daniele Bennati. Il 29 maggio 2019 l'11ª tappa del Giro d'Italia 2019 è partita da Carpi e si è conclusa a Novi Ligure con la vittoria in volata dell'australiano Caleb Ewan. Ogni anno, la terza domenica di ottobre, a Carpi è allestito il traguardo della Maratona d'Italia – Memorial Enzo Ferrari. La squadra calcistica cittadina è l'A.C. Carpi, che nella stagione 2015-16 ha militato in Serie A. La Pallamano Carpi 2019 milita in Serie B. L'Universal Volley Modena è stata una società pallavolistica femminile di Modena fondata a Carpi. L'Universal Pallavolo Carpi, è una società di pallavolo maschile, che disputa il campionato di serie B1. La squadra di pallacanestro cittadina è la Polisportiva Nazareno, con la prima squadra maschile che milita in Promozione, mentre la prima squadra femminile milita in Serie C. La Polisportiva dispone anche di un ampio settore giovanile. Ѐ inoltre presente anche il Carpine Basket 2015 militante anch'esso in Promozione. Il Rugby Carpi partecipa al campionato di rugby federale, serie C. Il Baseball Carpi A.S.D. partecipa al campionato di baseball federale, serie C1. L'ASD Velosport Carpi partecipa al campionato di tennistavolo in serie C1. Note Bibliografia Voci correlate Diocesi di Carpi Oasi La Francesa Carpi Football Club 1909 Rifugio Città di Carpi Stazione di Carpi Maratona d'Italia Signoria di Carpi Dorando Pietri Sandro Cabassi Altri progetti Collegamenti esterni Città di fondazione in Italia
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Costantinopoli
Costantinopoli (; in greco antico , Kōnstantīnoúpolis), o Nuova Roma (in latino Nova Roma, in greco , Néa Rhṓmē), o ancora la Città d'Oro, sono alcuni dei nomi e degli epiteti dell'odierna città di Istanbul, sulle rive del Bosforo, maggior centro urbano della Turchia. Il nome Costantinopoli fu in particolare tenuto dalla città nel periodo intercorrente tra la rifondazione a opera dell'imperatore romano Costantino I e la conquista da parte del sultano ottomano Maometto II, vale a dire dal 330 al 1453, sebbene la città cambiò ufficialmente nome solo nel 1930. Durante tale periodo la città fu una delle capitali dell'impero romano (anni 330-395), capitale dell'impero romano d'Oriente (anni 395-1204 e 1261-1453) e dell'impero latino (anni 1204-1261). Il nome rimase comunque in uso anche durante l'Impero ottomano, quando era nota ufficialmente come Kostantîniyye (قسطنطينيه in lingua turca ottomana) e come Costantinopoli presso gli occidentali, sino al 1930, quando il nome Istanbul in lingua turca venne ufficializzato e reso esclusivo dalle autorità turche. Capitolò due volte: la prima durante il saccheggio dei crociati nel 1204 e la seconda quando fu definitivamente conquistata dagli ottomani nel 1453. Toponimi Costantinopoli è la traslitterazione in lingua italiana di Constantinupolis, che in greco significa "Città di Costantino". Il nome le fu dato in onore dell'imperatore romano Costantino I che la riedificò, ovvero rifondò con rito etrusco, come nuova sede del potere imperiale, chiamandola Nova Roma. Il termine non entrò però mai nell'uso comune, preferendo gli abitanti della città e dell'impero romano riferirsi a essa come, appunto, alla città di Costantino. La città fu chiamata, nel corso dei secoli, con molti altri nomi, a testimonianza della sua natura di ponte fra diverse culture e della sua storia vissuta a cavallo fra mondi diversi e come capitale di più imperi: Bisanzio o Byzantion (greco) o Byzantium (latino); Nuova Roma o Néa Rṓmē (greco) o Nova Roma (latino) o Rūmiyya al-Kubrā (arabo); Costantinopoli o Konstantinoupolis (greco) Constantinopolis (latino) Gostandnubolis (armeno) o Kostantîniyye (turco ottomano) o Qostantiniyye (arabo); La città o Polis (greco) o Istanbul (turco) o Stambul; Città dell'Islam o Islambol (turco ottomano); Città di Michele o Michaelgrad (slavo); Città dei Cesari o Zarigrad riferendosi alla figura del Basileus (slavo); Miklagard o Мikligarð cioè Città Fortificata o Grande Recinto (lingue norrene / variago). Oltre a ciò ricevette epiteti, quali: La Città d'Oro La Regina delle Città La Città custodita da Dio La Città millenaria La Città degli Imperatori La Città delle Città Istanbul divenne il nome ufficiale solo nel 1930, quando il toponimo d'origine greca-latina fu abolito ufficialmente da Atatürk in favore di quello turco che gli occidentali – nella forma di Stamboul – attribuivano invece alla sola parte sita sulla riva destra del Corno d'Oro. Il nome Costantinopoli – Nuova Roma viene invece ancora oggi usato ufficialmente dalla Chiesa ortodossa. Nelle fonti medioevali norreno-islandesi è, infine, chiamata Miklagarður ("La grande città"). Territorio Quando l'imperatore Costantino I decise la costruzione di una nuova capitale per l'impero, il sito ideale venne individuato in quello di Bisanzio, al centro di eccellenti vie di comunicazione sia terrestri che marine verso i principali centri dell'impero, che dominava gli stretti strategici del Bosforo e dei Dardanelli e che, per la sua dislocazione tra due mari impossibili da presidiare contemporaneamente, era eccezionalmente sicura. L'imperatore aveva avuto modo di conoscere la zona nell'anno 324, quando vi aveva combattuto e sconfitto il rivale Licinio, Augusto d'Oriente, nella battaglia di Crisopoli. Apprezzando la strategica posizione della città di Bisanzio, Costantino, da poco divenuto imperatore unico, decise di farne la nuova Roma. L'opera colossale di ricostruzione vide un allargamento dell'area urbana da 200 a 700 ettari, la costruzione di nuove mura, di un nuovo porto nel Corno d'Oro e di un nuovo impianto urbano, con la creazione di nuovi edifici, templi, strutture pubbliche atti a fare della città la nuova Roma. L'antica Bisanzio greca e romana L'antica città greca venne fondata da coloni di Megara nel 667 a.C. e chiamata Byzantion (Βυζαντιον) in onore del re Byzas. La tradizione leggendaria vuole che il sito fosse stato scelto consultando l'Oracolo di Delfi, che consigliò di creare la nuova città facendo "l'opposto del cieco": il significato venne trovato ponendo la fondazione sulla riva opposta di Calcedonia, città greca sul Bosforo, che "ciecamente" non aveva colto l'opportunità di essere costruita sull'alto sperone su cui Byzas fondò la propria colonia. La posizione particolarmente strategica dal punto di vista commerciale e geografico, ma periferico rispetto al mondo greco, permise alla città di prosperare economicamente, pur senza eccessivi coinvolgimenti nelle vicende politiche e militari del resto dell'universo ellenico. Entrata a fare parte dell'impero di Alessandro Magno, passò quindi nell'orbita del Regno di Pergamo, entrando assieme a questo nell'orbita romana grazie al testamento di Attalo III. Nel corso della prima guerra mitridatica (86 a.C.) il nuovo console Flacco si recò in Asia, per resistere a Lucio Cornelio Silla e porre fine alla guerra contro Mitridate VI del Ponto. Gaio Flavio Fimbria accompagnò Flacco in questa spedizione. I rapporti tra Flacco e Fimbria degenerarono quando il primo, in occasione di un contrasto tra Fimbria e un questore in cui era stato chiamato a fare da arbitro, decise in favore del questore: Fimbria minacciò di tornare a Roma, e Flacco lo congedò dal servizio. Mentre Flacco era in viaggio via mare per Calcedonia Fimbria agitò le truppe presenti a Bisanzio e le convinse a ribellarsi a Flacco. Il console tornò a Bisanzio, con l'intenzione di punire il rivoltoso, ma fu costretto a fuggire dalla città e a rinchiudersi a Nicomedia. Questo non lo salvò: Fimbria lo fece prendere e decapitare, gettò la sua testa in mare e lasciò il corpo senza sepoltura. La duratura pace che calò sulla città, vitale per le sue attività commerciali, non può certo essere oscurata da un episodio di tradimento che la vide schierata con Pescennio Nigro contro Settimio Severo. La città nella quale Nigro si era rifugiato dopo la cocente sconfitta navale subita nei pressi del Corno d'Oro fu assediata e distrutta per vendetta fra il 193 e il 195 d.C. per ordine di Settimio Severo, con l'ulteriore disposizione di passare i diritti di città alla vicina Perinto. Grazie all'intercessione del figlio Caracalla, Bisanzio fu ricostruita (circa 196 d.C.) dallo stesso Settimio Severo, divenuto Imperatore anche sull'Oriente, ottenendo nuovamente gli antichi privilegi e la sua precedente prosperità grazie all'ampliamento a 200 ettari rispetto all'estensione precedente. La Historia Augusta racconta che al tempo dell'Imperatore Gallieno (nel 262): Poco dopo lo stesso Gallieno mosse contro i soldati che avevano compiuto un tale eccidio, e ne fece grande strage, come esempio per tutti coloro che si fossero macchiati di un simile delitto. Storia Fondazione di Costantinopoli – Nuova Roma (330) La cerimonia di fondazione L'atto ufficiale di fondazione della nuova capitale si tenne l'11 maggio 330 d.C. L'evento vide l'esplicazione di un complesso cerimoniale di origini latine e pagane atto a ripercorrere la nascita di Roma e ad assicurare la prosperità alla nuova città. La tradizione vuole che fosse lo stesso Costantino, Pontifex Maximus, a tracciare con la propria lancia il perimetro sacro delle mura, il pomerium, assegnando alla città lo stesso nome sacrale di Roma, probabilmente Flora, e battezzandola ufficialmente Nova Roma. Nella nuova capitale venne forse trasportato anche il Palladio, la statua già protettrice di Troia e poi di Roma, tradizionalmente portatavi da Enea, che venne seppellita al centro del foro della nuova città, sotto la Colonna di Costantino. Vennero individuate sette alture a ricalcare i sette colli dell'antica capitale e la città venne divisa come Roma in quattordici regiones. Come per Roma venne posto un cippo per indicare il centro dell'Impero, la prima pietra miliare da cui misurare tutte le distanze, il Milion. Il grandioso complesso dei Palazzi Imperiali venne eretto all'estremità della penisola, accanto al grande circo e al foro dellAugustaion, ricalcando il modello romano del Foro-Palatino-Circo Massimo. Nel foro venne edificata l'aula destinata al Senato. Il nuovo elemento venne introdotto dalla presenza di una chiesa, la basilica di Santa Sofia, cioè della Divina Sapienza, mentre non fu costruito alcun Colosseo poiché gli spettacoli tra gladiatori erano considerati contrari alla mentalità cristiana. In ossequio invece alla tradizionale leggenda riguardante la fondazione della vecchia Bisanzio, vennero traslati dal santuario di Delfi, il massimo centro religioso greco, la bronzea colonna serpentiforme, dedicata a Pitone e ad Apollo, che venne posta nella spina del grande ippodromo, assieme al tripode celebrativo della vittoria greca nella battaglia di Platea e all'Ercole di Lisippo, simbolo di forza. Il trasferimento della capitale Sebbene l'Imperatore continuasse a risiedere nella vicina Nicomedia, la città di Costantino, nella quale i lavori procedevano febbrilmente divenne dunque nuova capitale dell'Impero romano, assieme alla vecchia Roma. E speciali monete commemorative vennero coniate per celebrare l'evento. La nuova città si distingueva però dalla vecchia capitale per la mancanza di molte delle antiche cariche repubblicane che distinguevano il governo di Roma. Non vi erano né pretori, né tribuni o questori. Gli stessi senatori, portavano il titolo di clarus ("illustre"), al posto del romano clarissimus ("illustrissimo"). La classe senatoria era costituita dai numerosi patrizi trasferiti da Roma alla nuova città, anche sull'onda delle numerose elargizioni promesse da Costantino, che cercava di stimolare l'edilizia privata garantendo donativi di terre tratte tra i possedimenti del demanio imperiale nelle provincie Asiana e Pontica. Allo stesso modo, per incentivare la crescita della popolazione urbana, il 18 maggio 332 egli annunciò l'inizio di pubbliche distribuzioni di grano ai cittadini, allo stesso modo di quanto da secoli accadeva a Roma con la plebe. Sembra che all'epoca si arrivasse all'elargizione di 80.000 razioni quotidiane attraverso una rete di 117 punti di distribuzione. Alla morte di Costantino, nel 337, molto era ancora in costruzione, anche se già da tre anni le strutture principali erano in funzione e si contavano ormai novantamila abitanti. La Costantinopoli romana (337-395) Divenuta capitale, Costantinopoli fu sede di un Praefectus urbi, al pari di Roma: il primo conosciuto è Onorato (359-361). Il 15 febbraio 360 venne finalmente inaugurata dal successore di Costantino, Costanzo II, la cattedrale di Santa Sofia, alla presenza del vescovo di Costantinopoli Eudossio. Sotto gli altri imperatori della dinastia costantiniana la città continuò a crescere e a prosperare. L'ultimo esponente della dinastia, Giuliano, detto l'Apostata, lasciò alla città un nuovo grande porto, realizzato sul lato meridionale e affacciato sul Mar di Marmara. Sul piano politico, l'Imperatore tentò di limitare il crescente sviluppo del Cristianesimo e restaurare l'antica religione romana e i culti pagani, restaurando i templi ed edificandone di nuovi. La sua morte, nel 363, segnò però la fine della rinascita pagana. L'imperatore Valente costruì a Costantinopoli il nuovo palazzo extraurbano di Hebdomon, sulle rive della Propontide, nei pressi del Corno d'Oro, che divenne il luogo di acclamazione degli imperatori militari. L'imperatore provvide anche all'approvvigionamento idrico della città con la costruzione dell'Acquedotto di Valente. Dopo la scioccante sconfitta dell'Imperatore nella battaglia di Adrianopoli, nel 378 contro i Goti, la città si sentì per la prima volta vulnerabile alle invasioni dei Barbari, che avrebbero in futuro devastato l'Impero. Nel 381 la diocesi urbana, venne innalzata al rango di Patriarcato di Costantinopoli, nel corso del primo concilio costantinopolitano. Teodosio Il regno di Teodosio fu cruciale per la storia di Costantinopoli. L'imperatore svolse importanti opere edilizie, realizzando una colonna commemorativa nel Foro Boario, la Colonna di Teodosio, trasformando il vecchio tempio di Afrodite nella nuova sede prefettizia e soprattutto creando l'importante Monastero di San Giovanni di Studion, futuro cuore della cristianità ortodossa. Soprattutto, però, Teodosio trasformò radicalmente l'Impero, rendendolo ufficialmente cristiano, con l'Editto di Tessalonica del 380, e gettando quindi le basi del futuro mondo cristiano-bizantino. Alla morte dell'Imperatore, il 17 gennaio 395, le esequie si svolsero, così, seguendo per la prima volta il rito cristiano, venendo celebrate a Milano dal vescovo Ambrogio, il 27 febbraio. L'8 novembre la salma venne definitivamente tumulata nella basilica dei Santi Apostoli di Costantinopoli. La Costantinopoli romana d'Oriente Alla morte di Teodosio, l'Impero venne definitivamente diviso nelle due metà: Impero Romano d'Occidente, con capitale prima Milano poi Ravenna, e Impero Romano d'Oriente, con capitale Costantinopoli. Il nuovo giovane Imperatore d'Oriente, Arcadio, protetto prima dal prefetto Flavio Rufino, poi da Eutropio, realizzò in città un nuovo foro, il Foro di Arcadio, lungo la via Mese, avviando la costruzione delle nuove mura. Durante il regno del successore, Teodosio II, venne portata a termine la cerchia muraria, che da lui venne detta Teodosiana. Lo stesso Teodosio II riedificò Santa Sofia, distrutta in un incendio e riconsacrata nel 415, e costruì il primo nucleo dell'Università di Costantinopoli, inaugurato il 27 febbraio 425 nei pressi del Foro Boario. La minaccia costituita dagli Unni per la sicurezza della capitale spinse al contempo l'imperatore a prevenire un attacco attraverso il pagamento di un tributo annuale. Tuttavia, nel 441 il nuovo re unno Attila sconfisse l'esercito romano in Tracia, effettuando poi una nuova invasione nel 447. In quello stesso anno un tremendo terremoto devastò la città, ma le mura furono riparate per opera del prefetto del pretorio d'Oriente, Costantino, impedendo così agli Unni di poterne approfittare per espugnare la città. Il successore di Teodosio II, Marciano decise nel 450 di sospendere il pagamento del tributo ad Attila, che mosse quindi all'invasione dell'Occidente. La Costantinopoli bizantina Nel 476 la deposizione dell'ultimo imperatore d'Occidente Romolo Augusto pose fine per sempre alla diarchia tra le due "Rome". L'imperatore Zenone ricevette da Odoacre le insegne imperiali d'Occidente, rimanendo così l'unico imperatore romano. Sebbene Costantinopoli continuasse sempre a sentirsi e definirsi romana, così come i suoi abitanti, che si definivano appunto Romei, dal momento della caduta dell'Occidente, la città e il suo impero seguirono uno sviluppo sempre più autonomo da quello dell'occidente latino, assumendo caratteri sempre più peculiari e marcatamente greci e "orientali", che vengono comunemente definiti come bizantini, dall'antico nome della città greca. Giustiniano L'imperatore Giustiniano, salito al trono nel 527, fu un sovrano che avrebbe lasciato a lungo impresso il proprio marchio sulla città di Costantinopoli e sull'Impero bizantino. Promosse grandi opere ed ebbe la tenacia e la buona sorte di vedere realizzati gran parte dei suoi progetti, sia in ambito politico-militare, sia negli ambiti religioso, giuridico e architettonico. Le grandi imprese architettoniche per lui, secondo lo storico coevo Procopio di Cesarea, rivestivano la stessa importanza della riconquista della parte occidentale dell'impero, della restaurazione dell'ortodossia religiosa e della codificazione del diritto. La sua politica universale trovò un valido strumento di propaganda nelle grandi opere che abbellirono Costantinopoli. Il malcontento per alcuni aspetti delle riforme giudiziarie introdotte dal suo Corpus Iuris Civilis, la diffusione del monofisismo, le lotte politiche che coinvolgevano l'imperatore e gli eredi di Anastasio I, congiuntamente al crescente potere acquisito sin dagli inizi del suo regno dai demoi degli Azzurri e dei Verdi, i due partiti politici espressi dalle tifoserie dell'Ippodromo, si condensarono in una miscela esplosiva l'11 gennaio 532, quando nel circo esplose la famosa rivolta di Nika, in breve estesasi all'intera città. Sei giorni di devastazioni colpirono Costantinopoli, fino a che la rivolta venne brutalmente repressa nel sangue dai generali Mundo e Belisario (Narsete ebbe anch'egli un ruolo dividendo le due fazioni corrompendole con il denaro). Al termine della rivolta il danno più evidente era la distruzione della basilica di Santa Sofia, della quale l'imperatore ordinò l'immediata ricostruzione, con massicci lavori di ampliamento che terminarono solo con la consacrazione del 27 novembre 537. Giustiniano fece ricostruire la chiesa dei Santi Apostoli e edificare la Santa Irene e quella dei Santi Sergio e Bacco, nella quale, sebbene trasformata in moschea, restano dei pregevoli capitelli e architravi decorati con un fitto traforo a elementi vegetali (VI secolo). Con questa serie di opere le costruzioni a pianta centrale divennero dominanti e influenzarono l'arte bizantina nei secoli avvenire, tanto che ancora oggi una tipica chiesa ortodossa è a croce greca ("greca" appunto perché tipica dell'Impero romano d'Oriente). Gli edifici a pianta centrale con Giustiniano per la prima volta trovano una scala monumentale con grandiose dimensioni unite allo splendore dei materiale e alla profusione di decorazioni fastose. Nel 541-542 il regno di Giustiniano venne segnato da un'altra calamità: la città e l'impero vennero devastati da una violenta epidemia di peste bubbonica. Pochi anni dopo l'imperatore presiedette un nuovo concilio a Costantinopoli. Nel 553 e 557 due terremoti arrecarono gravi danni alla struttura della nuova Santa Sofia, la cui cupola cedette il 7 maggio 558 in occasione di nuove scosse. La chiesa venne riaperta al culto solo nel 563. Eraclio e la dinastia eracliana Eraclio prese il potere il 3 ottobre 610, dopo avere assediato Costantinopoli e rovesciato, con l'aiuto della popolazione, l'impopolare predecessore Foca, giustiziato il 5 ottobre. Il nuovo sovrano riformò l'organizzazione dell'Impero, imponendo l'uso del Greco nella Cancelleria imperiale e riformando la stessa titolatura imperiale, con l'introduzione del titolo di Basileus. Presto l'Imperatore dovette fronteggiare l'invasione dell'impero da parte delle armate di Cosroe II. Nel luglio 626 i Persiani, appoggiati da Slavi, Bulgari e Gepidi, posero l'assedio a Costantinopoli. Il 10 agosto 626, alla guida del patriarca Sergio I, le truppe persiane vennero sconfitte ponendo fine all'assedio. In questa occasione per la prima volta venne innalzato l'inno Akathistos quale ringraziamento alla Vergine Theotokos, il cui tempio alle Blacherne era rimasto miracolosamente intatto. Il 14 settembre 628 l'imperatore celebrò il trionfo per la conquista di Gerusalemme. Alla fine del regno di Eraclio, però, Gerusalemme era nuovamente perduta, questa volta in favore degli Arabi, mentre l'impero e la stessa Costantinopoli erano scosse dalle controversie monotelite provocate dagli editti Ekthesis (638) e Typos (649, quest'ultimo promulgato da Costante II). Gli Arabi giunsero ad assediare Costantinopoli durante il regno di Costantino IV, che indisse nel 680 un concilio di condanna del monotelismo. Un nuovo concilio si tenne nel 692 presso la sala del Trullo del Gran Palazzo. L'ultimo discendente della dinastia di Eraclio, Giustiniano II Rinotmeto, fu famoso per il bagno di sangue che riversò tra il 704 e il 711 sulla città, durante il suo secondo regno. Deposto infatti una prima volta nel 695 da Leonzio, riuscì a riprendere il potere nove anni dopo, presentandosi sotto le mura di Costantinopoli a fianco di un'armata di Bulgari e lasciandosi poi andare a una campagna di vendette e massacri che fece rabbrividire la città e l'impero, fino alla sua seconda e definitiva deposizione, a opera di Filippico. La testa mozzata di Giustiniano venne esposta al nuovo imperatore, mentre il figlio ed erede Tiberio IV veniva massacrato sull'altare di Santa Maria delle Blacherne. Il periodo iconoclasta La seconda metà dell'VIII secolo e la prima del IX furono caratterizzati dalle lotte iconoclaste avviate da Leone III l'Isaurico con il decreto del 730 contro le immagini. L'imperatore ordinò come primo atto la distruzione della venerata immagine del Cristo sulla porta della Chalke nel Palazzo Imperiale, ma venne fermato dalla ribellione dei cittadini di Costantinopoli. Nel 754 il Concilio di Hieria convocato da Costantino V nel Palazzo di Hieria, sul lato asiatico del Bosforo, diede il crisma ecclesiastico alla politica iconoclasta. Il secondo Concilio di Nicea ristabilì il culto delle immagini nel 787, ma solo verso l'843 l'iconodulia poté dirsi pienamente ripristinata. L'età della dinastia macedone Durante il regno di Basilio I Macedone e Leone VI Sophos la città fu scossa dalle trame politiche e religiose ruotanti attorno alle figure dei patriarchi Ignazio e Fozio, che si estesero in breve ai rapporti con la chiesa romana. A tali fatti tentarono di porre rimedio i Concili di Costantinopoli dell'869-870 e dell'879-880. La crescente minaccia costituita dai Bulgari, a nord, si materializzò sulla città nel 907, quando Costantinopoli si vide stretta d'assedio. Nel 977 la città subì l'attacco del ribelle Barda Sclero, che venne però respinto dalla flotta fedele all'imperatore Basilio II Bulgaroctono. Durante il suo regno giunsero a Costantinopoli gli emissari di Vladimir I di Kiev, intenzionati a stringere un fruttuoso rapporto di alleanza, che fornì per la prima volta agli imperatori bizantini il prezioso contributo dei guerrieri variaghi. Fatto non secondario fu che gli ambasciatori, colpiti dalle maestose cerimonie religiose nella basilica di Santa Sofia, convinsero il loro signore a convertirsi al rito cristiano orientale. Durante l'età della dinastia macedone Costantinopoli si presentava ormai come la più grande e ricca città d'Europa e del Medioriente: attorno al X secolo si pensa arrivasse a contare un milione di abitanti. Nonostante questo, però, in breve tempo l'impero parve sul punto di crollare. Nel 1044 la città venne nuovamente stretta d'assedio da un usurpatore, Giorgio Maniace, ucciso nei combattimenti contro le truppe fedeli a Costantino IX Monomaco. Sempre durante il regno di Costantino si consumò il Grande Scisma del 1054 tra la Chiesa ortodossa e la Chiesa cattolica, segnato dalle reciproche scomuniche lanciate nella basilica di Santa Sofia dai legati pontifici e dal patriarca Michele I Cerulario. L'età comnena Il nuovo periodo si apriva per Costantinopoli con la disastrosa sconfitta nella battaglia di Manzicerta del 1071. Questa segnava l'apice della crisi strutturale vissuta in quell'epoca dall'impero: la perdita dell'intera Asia Minore portava per la prima volta Costantinopoli a fissare, sulla riva opposta del Bosforo, una terra non più bizantina. Con la Crisobolla emanata nel 1082 da Alessio I Comneno, inoltre, iniziava la colonizzazione latina della stessa città di Costantinopoli. L'imperatore concedeva infatti ai Veneziani, in cambio dell'aiuto prestato nei conflitti contro i Normanni di Roberto il Guiscardo, di possedere un quartiere commerciale nella città, esente da dazi e dal controllo imperiale. Si trattava solamente della prima di numerose concessioni alle repubbliche marinare italiane, che avrebbero portato alla creazione di vere e proprie città nella città, spesso in conflitto tra loro. Nonostante un simile evento l'impero non solo sopravvisse, ma seppe trovare una nuova stagione di rinascita, segnata dall'arrivo degli eserciti della prima crociata, che, alleati dei bizantini, consentirono la riconquista della riva asiatica, strumento fondamentale per l'avvio dalla ripresa economica e sociale garantito dal nuovo sistema feudale della Pronoia. Il primo gruppo di crociati, guidato da Pietro l'Eremita, arrivò a Costantinopoli il 1º agosto del 1096, destando la costernazione e l'imbarazzo dell'imperatore Alessio: egli infatti pensava a un aiuto da parte dell'occidente nella sua guerra contro i selgiuchidi, e non all'immenso stuolo di gente comune che si era invece riversato sulle sue terre, creando non poco scompiglio fin dal suo apparire nei Balcani. L'imperatore reagì accelerando il passaggio della prima ondata di crociati sulla costa asiatica, dove vennero presto sconfitti. Il secondo e assai più serio stuolo di cavalieri, guidato da Goffredo di Buglione, arrivò invece a Costantinopoli nel dicembre dello stesso anno. Questa volta l'imperatore garantì la fornitura di sostegno e vettovaglie in cambio di un giuramento di fedeltà feudale e della promessa che le vittorie da esso conseguite avrebbero fatto recuperare all'impero bizantino numerosi territori caduti in mano ai Selgiuchidi. Uno degli effetti non secondari della riconquista e feudalizzazione dell'Asia Minore fu la riduzione del numero di aristocratici bizantini presenti nella capitale, con una conseguente riduzione della conflittualità all'interno della città. Nel 1118 un nuovo quartiere commerciale venne concesso ai mercanti latini, con la creazione di un settore commerciale esclusivo concesso in uso ai Pisani. Esso si affiancava al quartiere veneziano e alla cittadella di Galata, ceduta alla Repubblica di Genova. La presenza dei Latini divenne sempre più pressante e invasiva. Altri latini arrivarono presto a Costantinopoli, dopo avere razziato e devastato i territori attraversati, il 10 settembre 1147 arrivarono sotto le Mura Teodosiane le avanguardie della seconda crociata: i tedeschi dell'imperatore Corrado III. Seguite il 4 ottobre dai francesi di Luigi VII. Entrambi i sovrani fecero giuramento di fedeltà all'imperatore Manuele Comneno, ma nonostante questo l'imperatore bizantino venne a sapere da alcuni suoi fidati informatori che gli esagitati soldati francesi e tedeschi pensavano di unire le loro forze e attaccare Costantinopoli. Per risolvere questa situazione l'imperatore fece spargere la voce che in Anatolia un enorme esercito turco si stava mobilitando e che, se i crociati non fossero subito sbarcati in Asia minore, i cristiani sarebbero stati annientati dai Turchi: i crociati si affrettarono quindi a lasciare la città, che si salvò in tale modo da un possibile assedio. A Costantinopoli ormai vivevano però 80.000 latini che godevano di grandi privilegi, e di questi i Veneziani erano la comunità più numerosa e la più ricca, infatti il commercio bizantino era ormai un monopolio dei mercanti delle tre grandi repubbliche marinare che si stavano contendendo il monopolio del Mediterraneo Orientale. L'imperatore, che mal sopportava questa presenza, decise, all'inizio del 1171, di passare all'azione. L'occasione propizia si ebbe quando il quartiere genovese di Galata fu attaccato e in gran parte incendiato. L'evento venne imputato ad alcuni cittadini veneziani, probabilmente alleati con la malavita di Costantinopoli: l'imperatore ordinò quindi di imprigionare tutti i 10.000 veneziani presenti. La dominazione latina Dotata di un notevole impianto di fortificazioni, la città rimase per secoli inespugnata, fino al 1204, quando venne saccheggiata dagli eserciti della quarta crociata al comando di Enrico Dandolo e Bonifacio I del Monferrato. La conquista latina fu devastante per la città. Un gran numero di tesori e reliquie venne depredato. Gravi danni furono apportati al complesso dei Palazzi Imperiali e ai monumenti. I conquistatori resero la città capitale del nuovo impero latino, organizzato su base feudale, che sopravvisse per poco più di mezzo secolo, fino a quando nel 1261 la città venne riconquistata dai bizantini niceni, scacciandone Baldovino II. L'ultimo periodo bizantino Riconquistata dai bizantini di Michele VIII Paleologo, ci fu parziale ripresa della città dalle devastazioni dei crociati, anche se il processo di decadenza era oramai inarrestabile. Il complesso del Gran Palazzo venne definitivamente abbandonato, con il trasferimento della corte nel palazzo delle Blacherne, cui venne aggiunta la nuova ala nota come palazzo del Porfirogenito. Durante il periodo della dinastia dei Paleologi la città dovette subire numerosi assedi e attacchi, sia dai Latini, che se ne contendevano il controllo commerciale, sia dai Turchi, desiderosi di conquistarla. Nel decennio 1341-1351 si tennero poi in città i concili sull'esicasmo. I bizantini riuscirono a tenere la città per ancora un secolo fino a Costantino XI, quando, il 29 maggio 1453, divenuta "una testa senza corpo", capitale di un impero inesistente, ospitava solamente 50.000 abitanti, cadde in mano ai turchi ottomani guidati da Maometto II il Conquistatore, che ne fece la capitale dell'Impero ottomano. La caduta di Costantinopoli, e quindi la fine dell'impero romano d'oriente, è indicata talvolta come l'evento che convenzionalmente chiude il Medioevo e inizia l'evo moderno. La Costantinopoli cristiana Reliquie e icone Uno degli elementi centrali di Costantinopoli era il culto delle reliquie. In epoca più o meno tarda in questa città si concentrarono molti resti cristiani, salme di santi, e svariati altri oggetti legati a vicende bibliche o agiografiche. La città vide grandi contrapposizioni teologiche e vide la diatriba sulle immagini sacre (iconoclastia), tuttavia il loro culto alla fine prevalse ed era tenuto in grande considerazione. Tra le reliquie più venerate vi erano dunque varie icone ritenute miracolose, tra cui l'immagine della Vergine Odigitria, che si pensava dipinta da San Luca evangelista (a cui era dedicata una basilica), la famosa Vera Croce, il Maphorion (manto della Vergine o, secondo alcuni, il velo), e poi la veste di San Giovanni Battista, i sandali di Cristo, la Corona di spine usata durante la passione di Gesù, e molte altre. Tanto per intendere di quale considerazione godevano, il manto della Madonna veniva portato in processione lungo le mura per difendere la città dagli assalti, e perfino nei trionfi (cerimonia tipicamente romana) alcuni imperatori mettevano al posto d'onore, come protagonista del trionfo sul carro del vincitore, l'icona miracolosa della Madonna. Una vicenda curiosa riguarda la corona di spine, che nel 1239 fu data in pegno al re francese Luigi IX in cambio di una somma che serviva per fare andare avanti la città sempre meno dotata di territorio circostante. Alla fine questa reliquia e altre acquistate successivamente, restò in Francia, e per loro venne costruita appositamente la Sainte-Chapelle edificio che rappresenta un gioiello del gotico. A Costantinopoli fu portato anche il Mandylion, un telo sulla cui natura si discute: secondo alcuni era il telo usato dalla Veronica per asciugare il volto di Cristo durante la sua ascesa al Calvario (l'episodio è una delle stazioni della via Crucis) su cui sarebbe rimasto impresso il volto di Cristo, secondo altri il panno usato da Cristo per detergersi il sudore nell'orto del Getsemani, secondo altri ancora la Sindone di Torino, e infine secondo una leggenda che attraversa i millenni sarebbe un volto miracolosamente impresso da Cristo su un telo da inviare al re Abgar V di Edessa, intorno al IV secolo e che l'avrebbe guarito miracolosamente. Al Mandylion veniva attribuito il potere (se esposto sulle mura) di difendere la città da ogni assalto. Era inizialmente a Edessa e trasportato poi a Costantinopoli nel 944, dove si narra del suo potere taumaturgico. Tra le reliquie vi era anche il pozzo dove si svolse l'episodio evangelico di Cristo e della Samaritana, le reliquie di San Pietro e Paolo, il cinto di Maria, la lancia con cui venne trafitto il costato di Cristo, la pietra dove il corpo di Gesù venne preparato per la sepoltura, la spugna con cui i soldati romani diedero da bere a Cristo in croce, l'elmo di Costantino I contenente un chiodo della croce, il trono di Salomone, la verga di Mosè, i resti degli "innocenti", ovvero dei bambini fatti uccidere da Erode il Grande, e innumerevoli altre. L'Istanbul ottomana e turca La conquista ottomana portò un radicale mutamento per la città. Le distruzioni portate dall'assedio del 1453, unitamente al grave stato di declino in cui versavano la città e i suoi edifici, portarono a una radicale ricostruzione del centro urbano. La gran parte degli edifici religiosi venne convertita in moschea, mentre il trasferimento della capitale ottomana nell'antica città bizantina portò alla costruzione del grandioso complesso del Topkapi nell'area precedentemente occupata dal foro e dai palazzi imperiali. Sotto i sultani ottomani Costantinopoli ritrovò un nuovo periodo di splendore, diventando sede del califfato nel 1517, ma mantenendo la sede del patriarcato greco-ortodosso e in generale il carattere cosmopolita che l'aveva caratterizzata nei secoli precedenti. Il XVI secolo segnò l'apice del potere ottomano. A questo secolo risale la costruzione delle più importanti moschee della città: Beyazit, Suleymaniye (la più grande moschea di Istanbul), Sultan Ahmed e Fatih (lett. "il Conquistatore", riferito al sultano Maometto II, ossia Mehmet II). L'impero ottomano, sconfitto durante la prima guerra mondiale, finì ufficialmente il 1º novembre 1922. Quando nel 1923 fu fondata la Repubblica di Turchia, la capitale venne spostata da Istanbul ad Ankara. L'istruzione nella Costantinopoli Ottomana Nella società ottomana la prima educazione avveniva all'interno delle mura domestiche: era la madre a occuparsi del figlio fino all'età di sette anni, preoccupandosi d’insegnargli il rispetto per la famiglia, le buone maniere e i primi rudimenti di religione – quali le preghiere, a partire dai cinque anni. I maschi ricevevano maggiori opportunità di proseguire la propria istruzione, mentre le figlie femmine erano destinate in maniera coercitiva, già all'età di nove o dieci anni, a indossare il velo al pari delle donne e a essere introdotte alla vita adulta. Una seconda distinzione era determinata dall'agiatezza della famiglia: se nelle più povere solitamente l’insegnamento femminile non andava oltre la recitazione delle preghiere, in quelle più ricche le bambine erano introdotte al canto e alla recitazione dei poemi; assai di rado, tuttavia, si potevano trovare donne musulmane d’eccezionale cultura nella società stamboulita, e il fatto stesso di sapere leggere e scrivere era considerata una cosa fuori dalla norma. Proseguendo nella distinzione di ceto fra i figli maschi, se il padre fosse stato artigiano, egli lo avrebbe aiutato nel mestiere, mentre se avesse fatto parte della borghesia stamboulita, avrebbe avuto accesso a una cultura più approfondita. Nel caso in cui non ci si fosse potuti avvalere d’un precettore privato, la famiglia avrebbe mandato il figlio alla scuola di base nel suo quartiere, situata nei pressi della moschea. Il modello d'insegnamento tradizionale era per lo più rivolto a sviluppare la memoria anziché l'intelligenza: il maestro faceva imparare a memoria i versetti del Corano, scrivere in lettere arabe e, dopo che gli allievi le avevano apprese, a riscrivere i versetti in precedenza memorizzati. Il maestro stesso non andava oltre l’abilità di leggere e scrivere il già menzionato testo sacro, e non gli veniva richiesto d'insegnare altro. L'educazione, dunque, era principalmente di carattere religioso, e terminava con le preghiere e i gesti di prosternazione che le accompagnavano. Se il maestro era più colto, insegnava ai suoi allievi anche qualche rudimento di grammatica, di letteratura popolare e di calcolo. È da notare il fatto che il sapere scrivere il Corano aveva in sé uno scarso valore pratico, in quanto l'arabo, cui i giovani erano introdotti tramite i versi, non era adatto alla scrittura del turco che, benché avesse gli stessi caratteri grafici di quello, possedeva diversi fonemi e diversa grammatica. Le lezioni si tenevano di mattino, salvo il venerdì, ma il calendario contava anche varie festività laiche e religiose. Oltre alle scuole basilari appena descritte, esistevano le medrese, scuole aperte ad allievi d’ogni estrazione sociale, anche se, spesso, erano frequentate solo dai ragazzi di buona famiglia d’origine iranica. Le medrese servivano anche da dormitori per gli alunni (alla maniera degli odierni collegi), ma spesso alle lezioni potevano partecipare anche membri esterni. Molti sultani fecero costruire varie medrese attorno alle moschee a loro dedicate, e fra questi istituti esisteva una gerarchia: la medrese più importante, a Costantinopoli, era quella di Bayezid, cui seguiva quella di Santa Sofia, Maometto il Conquistatore e Solimano il Magnifico, per citare le più importanti; in tutta Costantinopoli se ne contavano circa sessantacinque. Cronologia riassuntiva e assedi Costantinopoli è la città che ha subito e respinto più assedi nella storia umana. La città dovette affrontare nel tempo numerosi assedi, quasi tutti superati vittoriosamente, a esclusione di quelli del 1203, del 1204, del 1261 e dell'ultimo e definitivo assedio del 1453: l'assedio di Avari e Sasanidi del 626, respinto; l'assedio arabo del 668, respinto l'assedio arabo del 674-678, respinto; l'assedio arabo del 717-718, respinto; l'assedio dei Bulgari dell'813, respinto; l'assedio dei Rus' dell'860, respinto; l'assedio di Tommaso lo Slavo dell'823, respinto; l'assedio Rus' del 907, respinto; l'assedio Rus' del 941, respinto; l'assedio di Leone Tornicio del 1047, respinto; l'assedio dei Peceneghi del 1090, respinto; l'assedio crociato del 1203, vinto dai crociati e dai bizantini loro alleati; la conquista crociata del 1204; l'assedio del 1260, respinto; la riconquista bizantina del 1261; l'assedio di Andronico IV Paleologo con supporti ottomani nel 1376 l'assedio ottomano del 1390, respinto; l'assedio ottomano del 1395, respinto; l'assedio ottomano del 1397, respinto; l'assedio ottomano del 1400, respinto; l'assedio ottomano del 1402, respinto; l'assedio ottomano del 1411, respinto l'assedio ottomano del 1422, respinto; la conquista ottomana del 1453. La sopravvivenza a così tanti assedi fu determinata dalla potenza del sistema difensivo della città, in particolare delle sue mura terrestri, e dal predominio marittimo sul Mar di Marmara e sugli stretti, che garantiva i rifornimenti alla città anche in caso d'assedio e la protezione delle difese a mare: la posizione favorevole tra due mari separati rendeva estremamente difficoltoso assediare la città da ambo i lati nord-sud (difesa navale) ed est-ovest. Le due vittorie crociate del 1203-1204 furono infatti determinate proprio dalla perdita del predominio navale, che consentì alla flotta veneto-crociata di assalire i bastioni marittimi, penetrando in città. Similmente la caduta finale della città venne determinata dal controllo ottomano sugli stretti, che strangolò Costantinopoli e la privò di rinforzi, prima ancora che per l'intervento delle artiglierie, che aprirono le brecce nelle (fino ad allora) inviolate mura teodosiane. Archeologia della città antica Impianto urbano Il cuore della città si trovava proteso verso il mare, sul sito della vecchia Bisanzio. Da qui si dipartiva la principale arteria della città la Mese ("via centrale"), che, in corrispondenza della piazza del Philophation si diramava a ipsilon. Un ramo proseguiva verso nord, in direzione della porta di Adrianopoli e della via che conduceva al cuore dei Balcani, l'altro proseguiva invece verso sud-ovest, trasformandosi nella via Trionfale che, raggiungendo la Porta d'Oro, conduceva alla via Egnazia, in direzione della Grecia e di Roma. I porti principali si trovavano all'entrata del Corno d'Oro nel Bosforo, sul lato nord-orientale della penisola (Prosphorion, Neorion) e sul Mar di Marmara (Kontoskalion/Portus Julianus, Porto di Eleutherios), sul lato meridionale-orientale. Confronto con le altre città romane Il nucleo della città era costituito da un grande complesso imperiale che, come si usava fin dalle età precedenti e in particolare dal periodo della tetrarchia, si articolava in diversi palazzi adibiti a abitazione, rappresentanza, sede della burocrazia. Come è tipico anche in altre città, gli edifici davano direttamente sul circo, dove si svolgevano non solo le corse dei cavalli, ma anche le cerimonie e le manifestazioni pubbliche. Non lontano vi era la basilica di Hagia Sophia e altre importanti chiese. Il centro della Nuova Roma nacque pertanto con l'aggregazione di un elemento cristiano (la basilica) uno per le manifestazioni pubbliche civili (il circo) e l'area dedicata al potere civile (il complesso dei palazzi imperiali). Un po' più decentrato era il centro tradizionale rispetto a quello delle città romane più antiche, ovvero i fori, e invece non seguiva lo schema tipico delle città e degli accampamenti romani, ovvero l'allineamento a graticola sui due assi ortogonali del cardo e del decumano. Nonostante la magnificenza profusa da Costantino, per lungo tempo la nuova capitale non fu in grado di competere con le altre metropoli dell'Impero: Roma, Antiochia e Alessandria, ricche di vie porticate, palazzi e ville, templi, teatri e altri edifici pubblici e privati. Sia Costantino che i suoi immediati successori avevano una visione unitaria dell'impero, ma successivamente esso venne diviso definitivamente in due parti (395) e Costantinopoli divenne la capitale della parte Orientale, mentre prima Milano e poi Ravenna assunsero il ruolo di capitali della parte occidentale. Da allora la crescita di Costantinopoli fu costante, mentre il declino delle altre città divenne inarrestabile: Roma venne saccheggiata nel 410 dai Goti e di nuovo nel 455 dai Vandali, mentre Antiochia fu distrutta da un terremoto nel 525 e conquistata nel 540 dai persiani; anche Alessandria subiva un declino, sebbene più lento. Con gli imperatori Anastasio I Dicoro e Giustino, ma soprattutto con la splendida epoca di Giustiniano, Costantinopoli divenne una grande città, anche se di dimensioni inferiori alla Roma di età imperiale: sebbene a Costantinopoli all'inizio del V secolo si contassero infatti 4.388 domus, il triplo che a Roma, il numero delle insulae era di gran lunga inferiore alle oltre 46.000 recensite per la Città eterna. Anche il lusso propendeva ancora verso Roma, dove vi erano 830 terme private (a Costantinopoli 153) e dove i ricchi senatori davano spettacoli molto più fastosi rispetto a quelli che poteva permettersi la nuova classe dirigente di Costantinopoli. Ma mentre per Roma, fin dal primo sacco subito a opera dei Visigoti (410), iniziò una fase di rapido spopolamento, Costantinopoli visse in quegli stessi anni un'epoca di grande espansione. Nel 413 le mura dovettero essere ampliate e la cinta muraria comprese in totale un'area quasi doppia rispetto a quella precedente. Si presume che già attorno alla metà del V secolo, all'indomani del secondo sacco dell'Urbe (455), l'antica Bisanzio avesse superato per numero di abitanti sia Roma che Alessandria divenendo la più popolosa città del mondo romano. Costantinopoli restò a lungo la più ricca, popolosa e importante realtà urbana del Mediterraneo e fu centro di irradiazione artistica e religiosa di primaria importanza. Il complesso monumentale dei palazzi imperiali Il palazzo imperiale venne edificato sull'estremità meridionale della penisola, nel sito oggi occupato, tra l'altro, dalla Moschea Blu. Del palazzo restano poche vestigia in uno stato di conservazione precario, che risalgono a periodi successivi all'epoca di Costantino. Dell'epoca del primo imperatore resta solo l'Ippodromo, costruito con priorità assoluta assieme alle mura. Ispirato al Circo Massimo di Roma, era straordinariamente monumentale e capiente, con una lunghezza di circa 450 metri per 120 di larghezza. La sua necessità era dovuta soprattutto quale luogo deputato all'"epifania" imperiale, cioè all'apparizione del sovrano nella sua tribuna, dalla quale si mostrava al popolo per presenziare ai giochi, circondato da quei segni di regalità e potere che dovevano apparire quasi ultraterreni, nell'accoglienza con l'acclamazione rituale della folla. L'Ippodromo era anche il fulcro di collegamento tra la zona imperiale, a sud, e i nuovi quartieri residenziali, a nord. Il foro si trovava a occidente, su un'altura. Era a pianta circolare e circondato da colonne a doppio ordine. Al centro del foro si trovava un altro monumento simbolo del potere imperiale, la colonna-santuario. Si trattava di una grande colonna sormontata da una statua bronzea dell'Imperatore rappresentato come Elio; la colonna si ergeva su uno zoccolo alto circa cinque metri, che racchiudeva un santuario dove si diceva messa, si bruciavano incensi, si accendevano lampade votive e si pregava, verso l'immagine imperiale, che scongiurasse sciagure proteggendo la città che aveva fondato. L'identificazione con Elio risulta connessa ai teologi di corte, che suggerirono l'uso dell'antica simbologia del Sol Invictus assimilata ormai a Cristo, come "sole di giustizia e salvezza". Tra le chiese fondate da Costantino c'erano quella dedicata alla Santa Sapienza (la Santa Sofia, prima della riedificazione al tempo di Giustiniano I (527-565) che ne fece un capolavoro dell'architettura di tutti i tempi), destinata a funzionare da cattedrale, e quella dei Santi Apostoli, a pianta centrale, che divenne il mausoleo imperiale. Queste grandi opere costruite in fretta si dimostrarono a volte fragili, e non furono esenti da rovinosi crolli. Sia la città che i palazzi videro una grande espansione, e negli anni successivi a Costantino si provvide a elaborare e aggiungere conventi, chiese, palazzi. Oltre ai monumenti citati si può ricordare il milion, un arco considerato il "centro" dell'impero, e dal quale si misuravano le distanze con le altre città, il palazzo della Magnaura (dal latino "magna aula", ovvero grande aula), salone dove venivano svolti gli atti solenni e ricevute le ambascerie più importanti, e il Palazzo del Boukoleon, residenza privata degli imperatori. Il complesso delle Blacherne Verso la fine del XII secolo gli imperatori iniziarono a realizzare un nuovo complesso palatino, situato lungo le mura di terra all'estremità settentrionale della città, dall'aspetto fortificato. Tale complesso chiamato Palazzo delle Blacherne per la sua vicinanza all'omonimo sobborgo, forniva infatti una maggiore sicurezza rispetto ai palazzi imperiali e godeva di un'atmosfera più salubre, esposto com'era al Corno d'Oro e alla campagna. Le Blacherne divennero il luogo di soggiorno degli imperatori, che per altro conservarono il palazzo in centro per le attività ufficiali, ovvero di rappresentanza e di governo. Solo dopo la breve parentesi del dominio latino, nel XIII secolo, la corte si trasferì definitivamente nella nuova residenza, ampliata con il complesso del Palazzo del Porfirogenito, abbandonando i vecchi palazzi imperiali. Le chiese In quanto centro della Cristianità orientale, fondamento dello stesso ordine imperiale, Costantinopoli era una città ricca di edifici religiosi. Le chiese principali erano quelle originariamente fondate dallo stesso Costantino: la basilica di Santa Sofia, chiesa cattedrale dedicata alla Santa Sapienza; la Chiesa di Santa Irene dedicata alla Santa Pace; la basilica dei Santi Apostoli, mausoleo imperiale dedicato ai dodici apostoli; Vi erano poi, tra le altre: la basilica di San Polieucto; la chiesa di Cristo Pantocratore; la chiesa di Cristo Pantepoptes; la chiesa di San Giovanni Battista in Lybos; la chiesa e monastero di San Giovanni Battista in Studion; la chiesa di San Giovanni Battista in Trullo; la chiesa di Santa Maria dei Mongoli; la chiesa di Santa Maria delle Blacherne la chiesa di San Nicola dei Cafioti; la chiesa di San Teodoro; la chiesa di Santa Eufemia; la chiesa di Santa Tecla alle Blacherne; la chiesa di Santa Teodosia in Dexiocrato; la chiesa dei Santi Sergio e Bacco; la chiesa del Myrelaion; la chiesa di San Salvatore in Chora; la chiesa della Theotokos Elousa; la chiesa della Theotokos in Lybos; la chiesa della Theotokos Kyrotissa; la chiesa di Theotokos Pammacaristos; il monastero della Vergine Odigitria; il monastero di San Giorgio dei Mangani; il monastero di Sant'Ipazio. Le mura Al momento della costruzione della nuova città, Bisanzio disponeva già di una cinta muraria, le cosiddette Mura Severiane, erette da Settimio Severo nel II secolo d.C. Le mura della nuova capitale, erette da Costantino, dette Mura Costantiniane, si estendevano per 2,8 chilometri (15 stadi) attraverso la penisola, a ovest delle vecchie mura, dal Mar di Marmara al Corno d'Oro, includendo un territorio quasi triplo del precedente. Completate nel 328, a queste mura si aggiungevano le opere difensive che proteggevano la città dal mare. Le mura costantiniane divennero ben presto troppo piccole per la città in rapida espansione, portando, ottant'anni dopo, alla costruzione di una nuova cerchia terrestre. Le nuove mura, completate durante il regno di Arcadio e dette Mura Teodosiane, furono un capolavoro di architettura militare dovuto al genio di Flavio Antemio. Si dimostrarono infatti per lungo tempo assolutamente imprendibili e persero la propria funzione militare solo con lo sviluppo dell'assedio scientifico. Questa nuova cinta muraria, molto potente, era in realtà composta da tre cerchi di fortificazioni. La cerchia interna o Grandi Mura, costituita da uno spesso e alto muro intervallato da potenti torri e numerose porte, aveva un'altezza tale da permettere di proteggere e superare con le armi dal lancio la cerchia esterna o Proteichisma, più bassa e anch'essa intervallata da torri, alternate rispetto a quelle interne, creando un unico complesso difensivo. Le due cerchie creavano uno spazio, detto Perivolos, attraversato da una strada militare protetta, utilizzabile durante i combattimenti. Oltre la cerchia esterna si trovava un vallo eretto a creare un ulteriore spazio, detto Parateichion, attraversato da un'ulteriore strada militare e allagabile in caso d'assedio, con un sistema a compartimenti che ne impediva il completo svuotamento. L'accesso principale alla città era rappresentato dalla Porta Aurea, aperta sulla via Egnazia, che conduceva, attraverso la rotta Durazzo-Brindisi, alla via Appia e a Roma. La porta era riservata alle cerimonie trionfali e si trovava all'estremità meridionale delle mura. All'estremità settentrionale si apriva invece la Porta delle Blacherne, annessa al complesso palatino addossato alle mura ed eretto nel XII secolo: la porta blacherniota era riservata all'uso esclusivo dell'Imperatore. In corrispondenza di queste due porte si ergevano due complessi fortificati, lo Strongylon e il Kastellion. Il sistema era completato dalle cosiddette Mura Marittime, in parte di epoca costantiniana, in parte successive, e le Mura delle Blacherne, costruite per proteggere l'omonimo sobborgo, nei pressi del nuovo Palazzo Imperiale. Al di là del Corno d'Oro vi erano poi le fortificazioni del quartiere di Galata, utilizzate come caposaldo per le catene con cui veniva chiuso il porto in caso di pericolo. L'Università Imperiale di Costantinopoli LUniversità Imperiale di Costantinopoli, detta anche "Università degli studi della sala del palazzo di Magnaura", fu riconosciuta nell'Impero bizantino come università nell'848, anche se gli stati dell'Europa occidentale non la riconobbero inizialmente come università. Come la maggior parte delle università medievali, era stata un'istituzione accademica per molti anni, prima che fosse riconosciuta come università, la nascita della scuola di Costantinopoli fu sotto il regno di Teodosio II (408-450) il 27 febbraio 425. L'università aveva le facoltà di medicina, di filosofia, di legge e di silvicoltura. Note Bibliografia Alexander P. Kazhdan, Bisanzio e la sua civiltà, traduzione di Giovanna Arcetri, Bari, Laterza, 1995. Saggio sulla cultura bizantina tra il X e il XII secolo. Steven Runciman, The Fall of Constantinople, 1453, Cambridge (UK), Cambridge University Press, 1990. ISBN 0-521-39832-0. Jonathan Phillips, The Fourth Crusade and the Sack of Constantinople, Pimlico, 2005. ISBN 1-84413-080-0 Philip Mansell, Constantinople: City of the World's Desire. Arnold Hugh Martin Jones, Il tardo Impero Romano, Il Saggiatore Pierluigi De Vecchi - Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, Milano, Bompiani, 1999, vol. 1. Silvia Ronchey - Tommaso Braccini, Il romanzo di Costantinopoli. Guida letteraria alla Roma d'Oriente, Torino, Einaudi, 2010. ISBN 978-88-06-18921-1 Voci correlate Istanbul Bisanzio Assedio di Costantinopoli (1453) Costantino I Funduk Impero bizantino Impero ottomano Venerazione della Vergine Maria a Costantinopoli Anastàsio il Questore Impero romano Altri progetti Collegamenti esterni Antiche mappe di Costantinopoli sul sito della Biblioteca nazionale Marciana di Venezia. Antiche mappe di Costantinopoli sul sito Historic Cities. Costantinopoli in Enciclopedia Sedi imperiali romane
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https://it.wikipedia.org/wiki/Campo%20elettromagnetico
Campo elettromagnetico
In fisica il campo elettromagnetico è il campo che descrive l'interazione elettromagnetica. È costituito dalla combinazione del campo elettrico e del campo magnetico ed è generato localmente da qualunque distribuzione di carica elettrica e corrente elettrica variabili nel tempo, propagandosi nello spazio sotto forma di onde elettromagnetiche. In elettrodinamica classica è descritto come un campo tensoriale; in elettrodinamica quantistica l'interazione è vista come lo scambio di particelle a massa nulla, i fotoni. Caratteristiche generali Il campo elettromagnetico interagisce nello spazio con cariche elettriche e può manifestarsi anche in assenza di esse, trattandosi di un'entità fisica che può essere definita indipendentemente dalle sorgenti che l'hanno generata. In assenza di sorgenti il campo elettromagnetico è detto "radiazione elettromagnetica" o "onda elettromagnetica", essendo un fenomeno ondulatorio che non richiede alcun supporto materiale per diffondersi nello spazio e che nel vuoto viaggia alla velocità della luce. Secondo il modello standard, il quanto della radiazione elettromagnetica è il fotone, mediatore dell'interazione elettromagnetica. Il campo elettrico e il campo magnetico sono solitamente descritti con vettori in uno spazio a tre dimensioni: il campo elettrico è un campo di forze conservativo generato nello spazio dalla presenza di cariche elettriche stazionarie, mentre il campo magnetico è un campo vettoriale non conservativo generato da cariche in moto. Le equazioni di Maxwell insieme alla forza di Lorentz caratterizzano le proprietà del campo elettromagnetico e della sua interazione con oggetti carichi. Le prime due equazioni di Maxwell sono omogenee e valgono sia nel vuoto che nei mezzi materiali: Esse rappresentano in forma differenziale, cioè valida localmente, la Legge di Faraday e la Legge di Gauss per il campo magnetico. Le altre due equazioni descrivono il modo con cui il materiale in cui avviene la propagazione interagisce, polarizzandosi, con il campo elettrico e magnetico, che nella materia sono denotati con (noto come campo Induzione elettrica) e (noto come campo magnetizzante). Esse mostrano in forma locale la Legge di Gauss elettrica e la Legge di Ampère-Maxwell: dove la densità di carica e la densità di corrente sono dette sorgenti del campo. La forza di Lorentz è la forza che il campo elettromagnetico genera su una carica puntiforme: dove è la velocità della carica. L'introduzione di un campo, in particolare di un campo di forze, è un modo per descrivere l'interazione reciproca tra cariche, che nel vuoto avviene alla velocità della luce. Nella teoria classica dell'elettromagnetismo tale interazione viene considerata istantanea, dal momento che la velocità della luce è approssimativamente di 300000 chilometri al secondo, mentre nella trattazione relativistica si tiene conto del fatto che tale velocità è finita e la forza tra cariche si manifesta dopo un certo tempo: in tale contesto è corretto affermare che una carica interagisce solamente con il campo e questo interagisce solo successivamente su un'eventuale seconda carica posta nelle vicinanze. In tale contesto il campo elettromagnetico viene descritto dalla teoria dell'elettrodinamica classica in forma covariante, cioè invariante sotto trasformazione di Lorentz, e rappresentato dal tensore elettromagnetico, un tensore a due indici di cui i vettori campo elettrico e magnetico sono particolari componenti. Se si considera infine anche il ruolo dello spin delle particelle cariche si entra nell'ambito di competenza dell'elettrodinamica quantistica, dove il campo elettromagnetico viene quantizzato. Potenziale L'elettrodinamica studia il campo elettromagnetico, che nel caso più generale è generato da una distribuzione di carica elettrica e corrente elettrica, tenendo conto dei principi della teoria della relatività, che nella teoria classica dell'elettromagnetismo vengono trascurati. Gli effetti generati dal comportamento dinamico di cariche e correnti furono studiati da Pierre Simon Laplace, Michael Faraday, Heinrich Lenz e molti altri già dagli inizi dell'ottocento, tuttavia uno studio coerente e logicamente completo dei fenomeni elettromagnetici può essere effettuato solamente a partire dalla teoria della relatività. L'elettrodinamica classica utilizza il formalismo dei tensori e dei quadrivettori per scrivere le equazioni di Maxwell in forma covariante per le trasformazioni di Lorentz, introducendo un quadripotenziale che estende i potenziali scalare e vettore del caso stazionario: in questo modo cariche e correnti elettriche vengono descritte dal quadrivettore densità di corrente dove la parte temporale del quadrivettore è data dalla densità di carica, moltiplicata per la velocità della luce , e la parte spaziale dalla densità di corrente elettrica. Il quadripotenziale che descrive il campo elettromagnetico è costituito da una parte spaziale data dal potenziale vettore , relativo al campo magnetico, e una parte temporale data dal potenziale scalare del campo elettrico: A partire dal quadripotenziale si possono definire i campi nel seguente modo: Inserendo tali espressioni nelle equazioni di Maxwell, la legge di Faraday e la legge di Gauss magnetica si riducono ad identità, mentre le restanti due equazioni assumono la forma: Tali espressioni sono equivalenti alle equazioni di Maxwell. Teoria di Gauge All'interno delle equazioni di Maxwell ogni grado di libertà in una data configurazione del campo elettromagnetico ha un proprio effetto misurabile sul moto di eventuali cariche di prova poste nelle vicinanze. Tuttavia, l'espressione dei campi rimane invariata se i potenziali subiscono la seguente trasformazione: Le espressioni dei potenziali si possono quindi modificare senza conseguenze in tal modo, infatti in seguito alla trasformazione il campo rimane invariato: essendo nullo il rotore del gradiente, mentre si modifica in modo tale che: Se si effettua quindi l'ulteriore trasformazione la derivata di nell'argomento del gradiente scompare e si ottiene anche . Una particolare scelta del potenziale scalare o del potenziale vettore è un potenziale di gauge, ed una funzione scalare utilizzata per cambiare il gauge è detta funzione di gauge. Tale arbitrarietà, intrinseca nella definizione, consente ai potenziali di soddisfare un'ulteriore condizione, che determina la scelta del gauge. I gauge più frequentemente utilizzati sono il Gauge di Coulomb ed il Gauge di Lorenz. Gauge di Coulomb Il gauge di Coulomb, detto anche gauge trasversale o gauge di radiazione, è scelto in modo tale che: In termini di deve pertanto soddisfare la relazione: e le equazioni Maxwell nel gauge di Coulomb sono scritte nel seguente modo: dove si nota che il potenziale scalare soddisfa l'equazione di Poisson, la cui soluzione è: mentre la soluzione per il potenziale vettore diventa più difficoltosa, e necessita la scomposizione del vettore densità di corrente in parte trasversale e longitudinale. Gauge di Lorenz La condizione imposta nel gauge di Lorenz è detta condizione di Lorenz, e si scrive nel seguente modo: Ovvero, deve soddisfare l'equazione: . La condizione di Lorenz consente di imporre ai potenziali che la soddisfano un ulteriore vincolo, detto trasformazione di Gauge ristretta: ed i potenziali che godono di tale invarianza appartengono al Gauge di Lorenz. La condizione di Lorenz permette inoltre di disaccoppiare le equazioni Maxwell scritte in termini dei potenziali, ottenendo l'equazione d'onda: dove è l'operatore di d'Alembert. L'equazione generale alla quale obbedisce il quadripotenziale ha la forma: Tale relazione costituisce un modo per esprimere le equazioni di Maxwell in forma covariante. Esplicitando inoltre l'operatore differenziale d'Alembertiano si ha: dove la quadridensità di corrente è Per la linearità dell'equazione, le possibili soluzioni per il quadripotenziale sono la somma delle possibili soluzioni dell'equazione omogenea più una soluzione particolare che non rientra in quelle precedenti, e che dà origine alla forma dei potenziali ritardati. Descrizione covariante La descrizione covariante del campo elettromagnetico nel vuoto viene svolta nell'ambito del gauge di Lorenz. La condizione di Lorenz garantisce che tale descrizione abbia la proprietà di essere Lorentz invariante, ovvero invariante rispetto ad una trasformazione di Lorentz, e di rispettare i gradi di libertà forniti dalle trasformazioni di gauge. Si consideri una carica in moto in un campo elettromagnetico. Dai postulati della relatività ristretta segue che l'azione per la carica è uno scalare di Lorentz, in accordo con il principio variazionale di Hamilton secondo il quale si deve verificare che . L'azione è data da: dove è la lagrangiana. La quantità deve essere quindi invariante. La lagrangiana per una particella libera ha la forma: Tale espressione è motivata dal fatto che la lagrangiana non deve dipendere dalla posizione: l'unica possibile quantità invariante è allora , dove è la quadrivelocità. In questo modo la lagrangiana risulta proporzionale a , e dalle equazioni di Eulero-Lagrange si verifica che la corrispondente equazione del moto è: In presenza di un campo elettromagnetico la lagrangiana di interazione per una particella carica ha la forma: dove si osserva che nel limite non relativistico essa si riduce all'energia potenziale di interazione tra la carica ed il campo, con la componente temporale del quadripotenziale : la richiesta di invarianza sotto traslazione conduce inoltre alla scelta del vettore da moltiplicare scalarmente con per ottenere una quantità invariante. L'espressione della lagrangiana di interazione è tuttavia motivata anche da osservazioni sperimentali, e si può giustificare imponendo che sia una funzione la cui derivata di grado massimo sia la derivata temporale prima delle coordinate, che sia invariante sotto traslazione e che sia lineare rispetto a potenziale e carica. In presenza di campo l'azione è così definita come l'integrale della lagrangiana totale nel tempo tra gli istanti iniziale e finale dell'evoluzione del sistema. In notazione relativistica si può sfruttare l'intervallo spaziotemporale (scalare) , dove è la posizione, e dal momento che , si ha: con il quadripotenziale. Il principio di minima azione stabilisce che il moto di un sistema fisico fra due istanti dello spazio delle configurazioni è tale che l'azione sia stazionaria in corrispondenza della traiettoria del moto per piccole perturbazioni dello stesso, ovvero: Se si integra per parti si ottiene: con la quadrivelocità. Dato che il secondo termine è nullo e che: si ha: dove nel secondo passaggio si è sfruttato il fatto che e . Ponendo: si ha: che è l'equazione del moto per una particella carica in un campo elettromagnetico. Equazione del moto Utilizzando il quadrimpulso , l'equazione del moto può essere scritta nel seguente modo: dove è il quadrimpulso e è il tempo proprio della particella. Il tensore è il tensore elettromagnetico contravariante e è la quadrivelocità della particella. L'equazione può anche essere scritta come: Raggruppando le tre equazioni spaziali si ha, esplicitamente: mentre per la componente temporale: Queste relazioni sono le equazioni del moto per una carica in un campo elettromagnetico. Tensore elettromagnetico Il tensore doppio di campo elettromagnetico è un tensore antisimmetrico del second'ordine covariante, e la sua traccia è nulla: Un diverso modo di rappresentare il campo attraverso un tensore antisimmetrico è fornito dal tensore duale elettromagnetico, dato da: Il tensore elettromagnetico gode della proprietà: Attraverso questa notazione si possono sintetizzare a coppie le equazioni di Maxwell. Le due equazioni vettoriali non omogenee si riducono a: mentre le equazioni omogenee sono: In modo equivalente: dove la prima espressione è derivante dall'equazione di Eulero-Lagrange e sintesi della legge di Gauss elettrica e legge di Ampère-Maxwell, mentre la seconda è la sintesi della legge di Gauss magnetica e legge di Faraday-Neumann-Lenz. Sorgenti variabili nel tempo I potenziali ritardati descrivono i potenziali nel caso in cui distribuzione di carica e corrente presente, sorgente del campo, sia variabile nel tempo. Si tratta delle espressioni dei potenziali utilizzata quando non è possibile utilizzare l'approssimazione secondo cui la propagazione dell'interazione elettromagnetica sia istantanea. Ponendo di trovarsi nel vuoto, nel gauge di Lorenz i potenziali ritardati assumono la forma: dove è la densità di carica, è la densità di corrente, la distanza del punto di osservazione del campo dall'elemento di volume su cui si effettua l'integrazione e: è il tempo ritardato. I potenziali ritardati sono la soluzione dell'equazione delle onde per i potenziali: Una volta determinati i potenziali e dalla distribuzione delle cariche e delle correnti nello spazio, è possibile esprimere il campo elettrico ed il campo magnetico attraverso le formule: Questo consente di scrivere l'equazione delle onde per i campi nel vuoto: La soluzione al tempo ritardato fornisce l'espressione preliminare per i campi: la cui scrittura esplicita è fornita dalle equazioni di Jefimenko: dove è un punto all'interno della distribuzione di carica e è un punto nello spazio. Le espressioni per i campi nella materia e hanno la stessa forma.. Potenziali di Liénard-Wiechert I potenziali di Liénard-Wiechert descrivono il campo elettromagnetico generato da una carica in moto a partire dai potenziali del campo. Costruiti direttamente a partire dalle equazioni di Maxwell, i potenziali forniscono una caratterizzazione generale e relativistica del campo variabile nel tempo generato da una carica in moto. Il potenziale elettromagnetico generato nel punto da una sorgente puntiforme di carica in moto è dato da: dove è la quadrivelocità della carica, la sua posizione e il tempo proprio. Nell'equazione la velocità e la posizione vengono valutati al tempo , che è definito dalla condizione del cono di luce. Tale condizione implica che: e pertanto permette di scrivere: con vettore unitario che ha la direzione di . Si ottiene in questo modo una forma equivalente, ma non covariante, del potenziale elettrico e del potenziale magnetico generati da una sorgente puntiforme di carica in moto: A partire dai potenziali è possibile ricavare le espressioni dei campi utilizzando la loro definizione, ottenendo per il campo elettrico: e per il campo magnetico: con: dove è il fattore di Lorentz. il termine nell'espressione del campo elettrico impone che la direzione del primo termine del campo sia lungo la congiungente con la posizione della carica, mentre il secondo termine, dovuto all'accelerazione della carica, è perpendicolare a . L'espressione dei campi è in questo modo data dalla somma di due contributi: il primo è detto campo di Coulomb generalizzato e decresce come il reciproco del quadrato della distanza dalla carica, il secondo è detto campo di radiazione e decresce come il reciproco della distanza dalla sorgente, e quindi è dominante lontano dalla carica. In entrambi i casi il campo di Coulomb generalizzato è relativo alla velocità della carica, mentre il campo di radiazione è generato dall'accelerazione. Equazione di Larmor Se si trascura il campo di Coulomb generalizzato, la componente radiale del vettore di Poynting, risultante dall'espressione di Liénard–Wiechert dei campi, è data da: dove il secondo membro, a differenza del primo, non è valutato al tempo ritardato. La relazione spaziale tra e determina la distribuzione di potenza angolare, ed il fattore al denominatore mostra la presenza degli effetti relativistici nel passaggio dal sistema di riferimento a riposo della particella al sistema di riferimento dell'osservatore. L'energia irradiata per angolo solido durante un'accelerazione tra gli istanti e è data da: Integrando tale espressione su tutto l'angolo solido si ottiene la generalizzazione relativistica della formula di Larmor: Nel limite relativistico per velocità prossime alla velocità della luce, in cui , la distribuzione angolare può approssimativamente essere scritta come: dove i fattori al denominatore restringono la distribuzione angolare in un fascio di luce conico e sempre più stretto al crescere della velocità, distribuito in un piccolo angolo intorno a . Trasformazioni del campo tra sistemi di riferimento inerziali Si considerino due sistemi di riferimento inerziali che si muovono con velocità relativa costante l'uno rispetto all'altro. Le componenti del campo parallele alla velocità sono denotate con e , mentre quelle perpendicolari con e . Considerando uno dei due sistemi di riferimento fermo, le variabili primate denotano i campi nell'altro sistema, in moto: dove: è il fattore di Lorentz e la velocità della luce. La trasformazione inversa si ottiene cambiando il segno della velocità. In modo equivalente, si può scrivere: dove è un vettore unitario diretto come la velocità. Data una particella di carica che si muove con velocità rispetto al sistema fermo, la forza di Lorentz agente su di essa è: mentre nel sistema in moto: Se i due sistemi hanno i tre assi rispettivamente paralleli, allora: Per un moto relativo tra i due sistemi lungo l'asse delle ascisse, si ottiene: In unità CGS: dove . Considerando trasformazioni di Lorentz più generali si può ricorrere al formalismo tensoriale. Detto il tensore elettromagnetico nel sistema fermo, quello nel sistema di riferimento in moto e denotando con la generica trasformazione di Lorentz si ha, nella notazione di Einstein: Questa relazione deriva dal fatto che è un tensore e dunque trasforma per definizione in questo modo. Campi nella materia Nella materia, il campo elettrico ed il campo magnetico sono dati da: e si trasformano in modo analogo ai campi nel vuoto: Potenziali del campo Il potenziale vettore relativo al campo magnetico ed il potenziale scalare del campo elettrico si trasformano come segue: dove è la componente parallela alla velocità relativa e e quella perpendicolare. In forma compatta: Sorgenti del campo Per le densità di carica e corrente elettrica si ha: e raggruppando le componenti: Approssimazione non relativistica Per velocità molto inferiori alla velocità della luce è prossimo ad 1 e pertanto si ha: Si tratta dell'approssimazione utilizzata nel caso non relativistico. Elettrodinamica quantistica L'elettrodinamica quantistica è una teoria quantistica del campo elettromagnetico che descrive i fenomeni che coinvolgono particelle elettricamente cariche interagenti per mezzo della forza elettromagnetica, ed ha permesso di ottenere predizioni estremamente accurate di quantità come il momento magnetico anomalo del muone, e lo spostamento di Lamb-Retherford dei livelli energetici dell'idrogeno. Matematicamente l'elettrodinamica quantistica ha la struttura di una teoria di gauge abeliana con un gruppo di gauge U(1): fisicamente questo significa che le particelle cariche interagiscono fra loro attraverso lo scambio di particelle a massa nulla dette fotoni. Considerando i potenziali come operatori di campo si ottiene la quantizzazione del campo elettromagnetico, e sostituendo nelle equazioni del gauge di Lorenz si ottiene: Se si vuole descrivere l'interazione tra campi elettromagnetici con l'equazione di Dirac, le densità di carica e corrente sono: dove sono le prime tre matrici di Dirac. Si possono così scrivere le equazioni di Maxwell come: Tale formulazione è alla base dell'ettrodinamica quantistica. Campi elettromagnetici e salute L'esposizione umana ai campi elettromagnetici è una problematica relativamente recente (1972) che assume notevole interesse con l'introduzione massiccia dei sistemi di telecomunicazione e dei sistemi di trasmissione e distribuzione dell'energia elettrica. In realtà anche in assenza di tali sistemi siamo costantemente immersi nei campi elettromagnetici per tutti quei fenomeni naturali riconducibili alla natura elettromagnetica, primo su tutti l'irraggiamento solare. Allo scopo di approfondire il legame tra esposizione a campi elettromagnetici e salute umana, sono stati avviati, a partire dalla seconda metà degli anni novanta dello scorso secolo, sia in Italia che all'estero, studi epidemiologici specifici. Le misure del campo elettromagnetico vengono effettuate con apposite sonde. Note Bibliografia Voci correlate Campo elettrico Campo magnetico Carica elettrica Quadripotenziale Equazioni di Maxwell Forza di Lorentz Gauge di Lorenz Interazione elettromagnetica Lagrangiana Legge di Biot-Savart Legge di Faraday Tensore elettromagnetico Teoria di gauge Trasformazione di Lorentz Potenziale di Liénard-Wiechert Potenziali ritardati Equazioni di Jefimenko Teoria assorbitore-emettitore di Wheeler-Feynman Misure EMF Altri progetti Collegamenti esterni Progetto CAMELET Campi elettromagnetici e Salute ISS Progetto POWERFIELD Schermatura e mitigazione dei campi elettromagnetici WHO Campi elettromagnetici Elettromagnetico
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https://it.wikipedia.org/wiki/Cucina%20%28attivit%C3%A0%29
Cucina (attività)
La cucina (dal latino coquere, "cuocere") è un'arte sinestetica, il cui messaggio passa attraverso sapori, profumi, sensazioni tattili (consistenze, temperature), sensazioni visive e, in una certa misura, anche suoni. Storia La storia della cucina riguarda l'insieme di pratiche e tradizioni legate alla produzione di materie prime, alla loro conservazione ed alla preparazione di cibi e bevande destinate all'alimentazione umana, ad esempio utilizzando il metodo della cottura. Ogni singola regione geografica solitamente si differenzia anche da quelle immediatamente vicine in quanto influenzata dalle materie prime disponibili e dalle tradizioni specifiche, sino ad arrivare a particolari precetti religiosi. Anche l'uso degli accessori per consumare il cibo influisce sulla cucina, come avviene con l'uso delle bacchette, delle posate o con la consuetudine di utilizzare direttamente le mani. Lo sviluppo delle tecniche di produzione e di conservazione degli alimenti, di immagazzinamento e trasporto, unito all'aumento degli scambi interculturali (favoriti dal turismo e dai flussi migratori), ha portato alla diffusione di cucine etniche accanto alla cucina tradizionale, alla modifica di abitudini secolari portate a conoscere prodotti industriali. A partire dalla fine del XX secolo la riscoperta della tradizione, la moda e la spinta ai consumi in alcuni Paesi ha prodotto una continua ricerca anche di nuove preparazioni e sperimentazioni da parte di numerosi chef. La cucina ha una forte valenza culturale e con l'enologia, ed in generale la gastronomia, è un aspetto che caratterizza lo stile di vita delle varie popolazioni. L'umanità alle sue origini sperimentò la cottura esponendo la carne e altri alimenti al calore del fuoco scoprendo la cottura come metodo di preparazione dei cibi, e da allora questo cammino non si è mai interrotto. Cucina italiana La cucina italiana tradizionale, ancor più di quella di altri paesi mediterranei, è molto ricca e variegata. Tale situazione è dovuta anche ai diversi contributi delle culture e dei popoli che sono arrivati sul territorio italiano: greci, etruschi, romani, arabi, normanni, austriaci, spagnoli, francesi e così via. Questi contributi culturali, uniti alla grande varietà climatica, ambientale e geopolitica del Paese, hanno portato ad una situazione quasi unica al mondo, in tal modo la cucina italiana viene apprezzata (ed imitata) nel mondo per la sua varietà e la sua qualità (legata alle materie prime ed alla loro preparazione). La varietà è resa evidente dal numero delle cucine regionali e dalle loro molteplici specialità. Diversi tratti distintivi della cucina italiana comprendono molti elementi considerati tipici della dieta mediterranea. A partire dai primi anni novanta si è risvegliato nel pubblico un notevole interesse per la gastronomia e l'enologia, e numerose associazioni si occupano della riscoperta e della salvaguardia delle tradizioni regionali italiane (ad esempio Slow Food e l'Accademia italiana della cucina). Le cucine regionali d'Italia Cucina abruzzese Cucina altoatesina Cucina calabrese Cucina campana Cucina napoletana Cucina emiliana Cucina bolognese Cucina modenese Cucina reggiana Cucina parmigiana Cucina piacentina Cucina romagnola Cucina cesenate Cucina friulana Cucina laziale Cucina romana Cucina ligure Cucina lombarda Cucina bresciana Cucina comasca Cucina lodigiana Cucina milanese Cucina mantovana Cucina dell'Alto Mantovano Cucina di Castel Goffredo Cucina lucana Cucina marchigiana Cucina molisana Cucina piemontese Cucina pugliese Cucina barese Cucina cerignolana Cucina salentina Cucina sarda Cucina siciliana Cucina toscana Cucina fiorentina Cucina trentina Cucina umbra Cucina valdostana Cucina veneta Cucina veneziana Cucina di altre nazioni Nord America Cucina canadese Cucina messicana Cucina statunitense Caraibi Cucina caraibica Cucina cubana Cucina giamaicana Cucina haitiana Sud America Cucina andina Cucina argentina Cucina brasiliana Cucina peruviana Europa Cucina albanese Cucina austriaca Cucina britannica Cucina ceca Cucina danese Cucina estone Cucina finlandese Cucina francese Cucina greca Cucina italiana Cucina maltese Cucina polacca Cucina rumena Cucina russa Cucina sammarinese Cucina spagnola Cucina svedese Cucina svizzera Cucina tedesca Cucina ucraina Cucina ungherese Africa Cucina angolana Cucina araba Cucina egiziana Cucina marocchina Cucina tunisina Cucina senegalese Cucina zanzibari Medio Oriente Cucina araba Cucina libanese Cucina palestinese Cucina armena Cucina emiratina Cucina iraniana Cucina israeliana Cucina turca Cucina asiatica Cucina cambogiana Cucina cinese Cucina coreana Cucina filippina Cucina giapponese Cucina indiana Cucina indonesiana Cucina malaysiana Cucina nonya Cucina pakistana Cucina thailandese Cucina vietnamita Altri tipi di cucina Cucina afrodisiaca Cucina fusion Cucina macrobiotica Cucina vegana Cucina vegetariana Fast food Note Bibliografia Pellegrino Artusi, La scienza in cucina e l'arte di mangiare bene – Giunti Editore 1998 Pearl S. Buck, Oriental Cookbook, trad. it. La Cucina Orientale Milano, Rizzoli 1975 Gualtiero Marchesi, Il grande ricettario. Oltre 2300 ricette della cucina italiana e internazionale – De Agostini 2003 Marino Niola, Si fa presto a dire cotto. Un antropologo in cucina – Il Mulino 2009 AAVV, Alimentazione: Enciclopedia della cucina regionale italiana – Boroli Editore 2004 Vittorio Castellani aka Chef Kumalé, Il Mondo a Tavola: precetti, riti e tabù – Giulio Einaudi Editore 2007 Voci correlate Alimentazione Alimento Gastronomia Enologia Altri progetti Collegamenti esterni Economia domestica
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https://it.wikipedia.org/wiki/Calendario%20rivoluzionario%20francese
Calendario rivoluzionario francese
Il calendario rivoluzionario francese o calendario repubblicano francese (calendrier révolutionnaire français o calendrier républicain français) fu stabilito per commemorare la fine della monarchia e la nascita della repubblica. La sua epoca, cioè il Capodanno dell'anno I, fu stabilita il 22 settembre 1792, giorno seguente alla proclamazione della Repubblica con la votazione che dichiarò abolita la monarchia. Restò in vigore sino al 31 dicembre 1805, ma fu riadottato per soli 18 giorni dalla Comune di Parigi del 1871. Elaborazione e adozione del nuovo calendario La Rivoluzione francese, dopo aver creato il Sistema metrico decimale («Sistema metrico provvisorio», 1º agosto 1793), intervenne sul calendario, la cui riforma era attesa sin dal 1789. Il progetto fu presentato alla Convenzione nazionale il 20 settembre 1793 e utilizzato in Francia a partire dal 24 ottobre 1793. Esso fu elaborato da una commissione scientifica alla quale parteciparono Joseph-Louis Lagrange, Gaspard Monge, Joseph Jerôme de Lalande, Pierre Simon Laplace e altri, e presieduta da Gilbert Romme, professore di matematica. La riforma fu motivata, come dichiarò Gilbert Romme, dal fatto che il tempo nuovo determinato dalla Rivoluzione doveva «incidere con un nuovo bulino gli annali della Francia rigenerata», rinnegando «l'era volgare, era della crudeltà, della menzogna, della perfidia, della schiavitù; essa è finita con la monarchia, fonte di tutti i nostri mali». Costruito sul sistema decimale, il tempo nuovo si fondava sulla scienza moderna e, decristianizzato – eliminando i cicli settimanali della religione ebraica e cattolica, definita «complice di tutti i crimini del Re» dal deputato protestante François-Antoine de Boissy d'Anglas – assumeva valori laici; avendo a base il sistema agricolo, avrebbe mostrato al popolo, disse Fabre d'Églantine, «le ricchezze della natura, per fargli amare i campi e designargli con metodo l'ordine delle influenze del cielo e delle produzioni della terra». Associando a ogni giorno il nome di un prodotto della natura, di uno strumento agricolo o di un animale domestico si mostravano «tutti gli oggetti che compongono la vera ricchezza nazionale». Fine Il calendario repubblicano fu soppresso da Napoleone I con decreto del 22 fruttidoro anno XIII (9 settembre 1805), e il calendario gregoriano rientrò in vigore dal 1º gennaio 1806. Nel 1871, durante la Comune di Parigi, fu adottato a partire dal 5 maggio, o 15 fiorile secondo il Calendario rivoluzionario. Funzionamento generale Un anno del calendario rivoluzionario era diviso in 12 mesi di 30 giorni ciascuno (360 giorni) più 5 giorni (6 negli anni bisestili) aggiunti alla fine dell'anno per pareggiare il conto con l'anno tropico (365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 46 secondi). Ciascun mese era diviso in tre decadi; in ciascuna decade vi erano 8 giorni e mezzo di lavoro e due mezze giornate solo di riposo assicurato (il pomeriggio del quinto e del decimo giorno). Il passaggio da un sistema settimanale a uno decadico aveva come conseguenza per i lavoratori l'aumento da 52 a 54 dei giorni di riposo all'anno (escludendo dal conto le feste religiose da un lato, e le nuove feste rivoluzionarie, tra cui i giorni Sanculottidi, dall'altro). Ogni giorno è composto da 10 ore, divisa ciascuna in 10 decimi o 100 minuti (centesimi); ogni minuto ha 100 secondi e ogni ora corrisponde perciò a 2 ore e 24 minuti dell'orologio classico sessagesimale. Ogni nome di mese richiama un aspetto del clima francese (ad esempio dicembre, «nevoso», la neve) o di momenti importanti della vita contadina francese (settembre, «vendemmiaio», la vendemmia). Ogni mese era associato a una figura femminile con intento allegorico. La corrispondenza di date è appresso riportata a titolo indicativo. In effetti varia leggermente da un anno all'altro, a causa della mancata coincidenza del giorno in più nell'anno bisestile. I dodici mesi del calendario repubblicano Autunno (suffisso -aire in francese, -aio in italiano) vendemmiaio (vendémiaire) (22 settembre–21 ottobre) brumaio (brumaire) (22 ottobre–20 novembre) frimaio (frimaire) (21 novembre–20 dicembre) Inverno (suffisso -ôse in francese, -oso in italiano) nevoso (nivôse) (21 dicembre–19 gennaio) piovoso (pluviôse) (20 gennaio–18 febbraio) ventoso (ventôse) (19 febbraio–20 marzo) Primavera (suffisso -al in francese, -le in italiano) germinale o germile (germinal) (21 marzo–19 aprile) fiorile o floreale (floréal) (20 aprile–19 maggio) pratile (prairial) (20 maggio–18 giugno) Estate (suffisso -idor in francese, -idoro in italiano) messidoro (messidor) (19 giugno–18 luglio) termidoro (thermidor) (19 luglio–17 agosto) fruttidoro (fructidor) (18 agosto–16 settembre) I cinque giorni supplementari di fine anno, i giorni sanculottidi, erano: Per l'anno non bisestile Giorno della virtù (17 settembre) Giorno del genio (18 settembre) Giorno del lavoro (19 settembre) Giorno dell'opinione (20 settembre) Giorno delle ricompense (21 settembre) Per l'anno bisestile Giorno della virtù (16 settembre) Giorno del genio (17 settembre) Giorno del lavoro (18 settembre) Giorno dell'opinione (19 settembre) Giorno delle ricompense (20 settembre) Giorno della rivoluzione (21 settembre) I dieci giorni delle decadi: Primidì Duodì Tridì Quartidì Quintidì Sestidì Settidì Ottidì Nonidì Decadì Allegorie dei mesi Quadri allegorici dei mesi del calendario rivoluzionario francese disegnati nel 1796 da Louis Lafitte: Gli anni bisestili Gli anni bisestili del Calendario rivoluzionario sono un argomento di grande dibattito, a causa delle situazioni contraddittorie che nascono dal far partire l'anno dall'equinozio d'autunno aggiungendo invece un anno bisestile ogni quattro anni come nel calendario gregoriano. Mentre gli anni III, VII e XI furono osservati come bisestili, e gli anni XV e XX fossero stati programmati come tali, non fu mai sviluppato un algoritmo per la determinazione dei bisestili dopo il XX. Sono ipotizzabili tre metodi di calcolo dei sestili: il primo prevede l'allineamento al calendario gregoriano dal 1812 in poi; il secondo ne recepisce i criteri (bisestili tutti gli anni divisibili per 4, ma non bisestili quelli divisibili per 100 e non per 400); il terzo ne formula di diversi (bisestili tutti gli anni divisibili per 4, ma non bisestili quelli divisibili per 128: un sistema lievemente più accurato del gregoriano). L'abolizione del calendario repubblicano non permette di sapere quale metodo poteva venir preferito, e rende incerta la conversione fra le date gregoriane e le ipotetiche date repubblicane dopo l'anno XX, anche se . Considerando bisestile l'anno solo se lo è nel gregoriano, il giorno bisestile cade alla fine, quindi negli anni bisestili la coincidenza dei giorni con il gregoriano slitta a partire dal 29 febbraio fino a metà settembre. Tuttavia il più corretto astronomicamente è il terzo. Uso al di fuori della Francia rivoluzionaria Il calendario rivoluzionario, nato con la proclamazione della Repubblica in Francia, fu poi adottato anche in Italia nelle Repubbliche sorelle e in Belgio. Dopo la sua abolizione da parte di Napoleone, fu usato solo nel periodo della Comune e poi abbandonato. Nessuno stato al mondo lo ha più utilizzato. Lunari artistici con il calendario vengono o sono stati prodotti a livello amatoriale e ufficialmente da istituzioni per il bicentenario della Rivoluzione (1989). Note Bibliografia Cesare Cantù, Cronologia per servire alla Storia Universale, Torino, Pomba, 1838 (tabelle a p. 26 e 174-183) Mara de Paulis, Giuseppe Pontremoli, Mario Salomone, La Rivoluzione del Calendario, Torino, il manifesto / rossoscuola, 1988 Elizabeth Liris, Calendrier révolutionnaire, in AA. VV., Dictionnaire historique de la Révolution française, Paris, PUF, 2006, pp.179–180 ISBN 2-13-053605-0 Voci correlate Calendario Calendario gregoriano Altri progetti Collegamenti esterni Repubblicanesimo
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https://it.wikipedia.org/wiki/Calendario
Calendario
Il calendario è un sistema adottato dall'uomo per suddividere, calcolare e identificare precisi periodi di tempo. Questi periodi, suddivisi generalmente in giorni, costituiscono le date del calendario. Il termine calendario identifica inoltre lo strumento materiale utilizzato per illustrare tale sistema di calcolo cronologico (ad esempio, un calendario a muro o da scrivania). Più in generale, il termine calendario è anche usato per denotare una lista di eventi stabiliti o pianificati in maniera dettagliata. Struttura Quasi tutti i calendari si basano su alcune unità di tempo fondamentali: la settimana, di sette giorni; il mese, di circa quattro settimane; l'anno, in genere di dodici mesi. Ciascuna nazione adotta un proprio calendario ufficiale per definire le festività e identificare le date in modo univoco; quasi tutti i paesi del mondo, nonché le organizzazioni sovranazionali come l'ONU adottano il calendario gregoriano; molti paesi affiancano a questo altri calendari: alcuni paesi musulmani adottano il calendario islamico; la Cina e la maggior parte dei paesi orientali adottano anche il calendario cinese; l'India adotta anche il calendario nazionale indiano; la Thailandia adotta anche il calendario buddhista; in Iran e Afghanistan è correntemente utilizzato il calendario persiano; Israele adotta il calendario ebraico. Diversi altri calendari sono stati usati, ufficialmente o no, in passato. Alcuni di essi rimangono in uso soprattutto per motivi religiosi o liturgici; ad esempio le Chiese ortodosse utilizzano il calendario giuliano. Astronomia Le unità di tempo fondamentali su cui si basano i calendari sono ricavate dall'osservazione del Sole e della Luna: la settimana corrisponde alla durata di una singola fase lunare (7,01 giorni) tra le quattro principali; il mese corrisponde alla durata di un ciclo completo di fasi (28,07 giorni), cioè a quattro settimane; l'anno corrisponde alla durata di un ciclo di stagioni, cioè a un periodo di rivoluzione della Terra intorno al Sole (non esattamente a causa della precessione degli equinozi). Poiché però un anno solare non corrisponde a un numero intero di mesi lunari (13 mesi, il rapporto è di circa 12,3683), i calendari seguono in genere o l'uno o l'altro dei due cicli. Essi si distinguono quindi in: calendari solari: sono basati sulla durata dell'anno solare, o anno tropico, di circa 365 giorni. In questi calendari le stagioni cominciano sempre nelle stesse date (queste date tuttavia possono spostarsi molto lentamente, nel volgere dei secoli), ma i mesi non seguono esattamente il ciclo delle fasi lunari. Esempi di calendari solari sono il calendario gregoriano e il calendario giuliano. calendari lunari: sono basati sulla durata del mese lunare, di circa 29 giorni e mezzo. In questi calendari il mese comincia sempre con la Luna nuova, ma la data d'inizio delle stagioni si sposta in avanti da un anno all'altro (in media di circa 11 giorni). Un esempio è il calendario islamico. calendari lunisolari: sono sincronizzati sia con la durata dell'anno tropico, sia con quella del mese lunare. Per poter mantenere questa sincronia, occorre alternare anni di 12 e di 13 mesi (vedi Ciclo metonico). In questi calendari, la data d'inizio delle stagioni si sposta in avanti o indietro da un anno all'altro, ma si mantiene sempre vicina (entro 12-13 giorni) a una data fissa. Un esempio è il calendario ebraico o, in passato, il calendario celtico rivelato dalla lamina bronzea di Coligny. Anche la durata media di una fase lunare non è esattamente di sette giorni (precisamente è di circa 7,3826 giorni): per questo motivo le fasi non cominciano sempre lo stesso giorno della settimana. Intercalazione I calendari basati su eventi astronomici necessitano periodicamente di intercalare nell'anno periodi di tempo extra per mantenere la sincronizzazione con l'evento astronomico di riferimento. Alcuni tipi di intercalazione calendariale ben noti sono il giorno aggiuntivo introdotto negli anni bisestili, il tredicesimo mese intercalare introdotto periodicamente nei calendari lunisolari (come quelli ebraico e cinese), e il secondo intercalare aggiunto periodicamente al tempo segnato dagli orologi atomici. I calendari più diffusi Calendario attico Calendario babilonese Calendario balinese Calendario bengalese Calendario berbero Calendario buddhista Calendario celtico Calendario cinese Calendario copto Calendario C&T Calendario ebraico Calendario egizio Calendario etiopico Calendario giapponese Calendario giuliano Calendario gregoriano Calendario induista Calendario nazionale indiano Calendario islamico Calendario Juche Calendario maya Calendario olocenico Calendario persiano Calendario rivoluzionario francese Calendario rivoluzionario sovietico Calendario romano Calendario somalo Calendario tuareg Numerazione degli anni Per distinguere i vari anni tra loro, si usa assegnare a ciascuno di essi un numero progressivo. Nel calendario gregoriano e in quello giuliano la numerazione attualmente in uso inizia dalla data di nascita di Gesù calcolata nel VI secolo dal monaco Dionigi il Piccolo. Gli anni successivi a tale data sono denominati "dopo Cristo", in sigla d.C.; gli anni precedenti "avanti Cristo", in sigla a.C. Non esiste l'anno zero: l'1 d.C. segue immediatamente l'1 a.C. Gli astronomi usano tuttavia, per semplicità di calcolo, una numerazione che comprende lo zero (corrispondente all'1 a.C.) e in cui gli anni precedenti all'1 a.C. sono indicati da numeri negativi. In tempi passati si sono usati sistemi di numerazione basati su altri eventi storici: i più diffusi sono stati quelli che facevano riferimento alla fondazione di Roma e all'inizio dell'impero di Diocleziano. Altri calendari usano una numerazione loro propria: per esempio quello ebraico inizia dalla creazione del mondo (calcolata in base alla Bibbia), quello islamico dall'Egira. Per evitare il riferimento alla religione cristiana, si sta diffondendo, soprattutto nei paesi anglosassoni, l'uso di sostituire le locuzioni "prima di Cristo" (a. C.) e "dopo Cristo" (d. C.) con le equivalenti: "ante era volgare" (a.e.v.) ed "era volgare" (e.v.). Primo giorno dell'anno Durante il Medioevo, tutti gli stati e le città dell'Europa occidentale seguirono il calendario giuliano, ma si differenziarono riguardo al giorno d'inizio dell'anno: tra le differenti date adottate vi furono il 1º marzo, il 25 marzo, il giorno di Pasqua, il 1º settembre, il 25 dicembre . La numerazione degli anni variava di conseguenza, per cui lo stesso giorno poteva corrispondere in diversi paesi ad anni diversi. In seguito, a partire dalla promulgazione del calendario gregoriano (1582), progressivamente si ritornò alla data del 1º gennaio, originariamente fissata da Gaio Giulio Cesare, e oggi adottata universalmente. Bibliografia Voci correlate Almanacco Barbanera (almanacco) Anno bisestile Anno Domini Calcolo della Pasqua Calendario dei santi Calendario cosmico Calendario sexy Ciclo metonico Data di nascita di Gesù Formato della data Giorno giuliano ISO 8601 Stile pisano Altri progetti Collegamenti esterni Calendario perpetuo mensile Regolabile dall'anno 15 al 4099 Calendario fisso CAL13 regolare e immutabile nel tempo Geody Calendari in formato iCal e csv - Calendari gratuiti (licenza CC-by-sa) La sfida del Calendario Video tratto dalla mostra 'Galileo. Immagini dell'universo dall'antichità al telescopio'
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Corrado III di Svevia
Biografia Era figlio di Federico I di Svevia e di Agnese di Waiblingen. Come duca di Franconia alla morte di Enrico V di Franconia nel 1125 sostenne, senza successo, la candidatura del fratello e duca di Svevia Federico II il Guercio per l'elezione a re dei Romani. Fu invece eletto Lotario II. In contrapposizione a quest'ultimo fu poi egli stesso eletto re d'Italia nel dicembre 1127 e incoronato a Monza l'anno successivo dall'arcivescovo di Milano Anselmo V Pusterla a sua volta per questo scomunicato da papa Onorio II. Corrado si arrese a Lotario II solo nel 1135. Dopo la morte di Lotario (dicembre 1137), Corrado fu eletto re dei Romani a Coblenza nel marzo 1138, e poco dopo concesse diritto di zecca a tre città del nord Italia, prima a Genova (negli ultimi giorni del medesimo anno) e in seguito ad Asti e a Piacenza. Nel 1146 Corrado, dopo aver ascoltato Bernardo di Chiaravalle predicare la crociata, partì con Luigi VII per la Terrasanta. Corrado e il suo esercito viaggiarono via terra attraverso l'Ungheria causando distruzioni nei territori bizantini attraversati. Giunsero a Costantinopoli nel dicembre 1147, alla testa delle armate francesi. Quindi, invece di seguire la costa, dove avrebbe incontrato territori abitati da cristiani, e dove fece transitare molti dei suoi non combattenti, Corrado guidò il suo esercito attraverso l'Anatolia. Nell'ottobre del 1148 le armi cristiane vennero sconfitte dai Turchi a Dorylaeum, nei pressi di Eskişehir. Corrado e molti dei suoi cavalieri scamparono, ma molti dei soldati appiedati furono uccisi o catturati. Corrado più tardi riuscì a raggiungere il regno crociato via mare da Costantinopoli. Corrado non fu mai incoronato imperatore, e continuò a fregiarsi del titolo di re dei Romani fino alla morte. Egli stesso designò a succedergli il nipote Federico Barbarossa (figlio di suo fratello, Federico II il Guercio) piuttosto che il proprio figlio, mostrando così che l'ereditarietà degli uffici in linea diretta non si era affermata prima della successione familiare. Matrimoni e discendenza Nel 1136 Corrado sposò Gertrude di Sulzbach (verso il 1114 – 1146), figlia di Berengario II di Sulzbach e di Adelaide di Wolfratshausen. Dalla seconda moglie Corrado ebbe due figli: Enrico Berengario (1137 – 1150) re dei Romani dal 1147 alla morte; Federico di Rothenburg (1144 – 1167), duca di Svevia, che nel 1166 sposò Gertrude di Sassonia († 1196), figlia di Enrico il Leone, duca di Baviera e di Sassonia. Falsa unione Verso il 1115, secondo lo storico Hansmartin Decker-Hauff, Corrado sposò, prima di Gertrude di Sulzbach, Gertrude di Comburg († 1130 o 1131), figlia di Enrico, conte di Rothenburg e di Gepa di Mergenthaeim. Questa unione sembra fosse frutto della fantasia dello storico. Essi ebbero: Agnese di Franconia († 1151), che sposò Iziaslav II di Kiev (1097 – 1154) assumendo il nome di Liubava; Berta di Franconia, badessa di Erstein; Gertrude di Franconia. Non è chiaro se esse furono frutto dell'unione con Gertrude di Sulzbach o se non fossero affatto figlie di Corrado. Falsi discendenti Presunti discendenti di Corrado III con una certa nobile Gerberga, non menzionata nei documenti: Sofia († dopo il 1135/1140) (esistenza incerta) ⚭ Corrado di Pfitzingen (attestato nel 1136/1141); Leopoldo (esistenza incerta); Costantino di Lochgarten, fondò il monastero di Lochgarten nel 1144; Giselberto di Höttingen, fratello e cofondatore del monastero di Lochgarten nel 1144. Egli ebbe una presunta figlia; Petrissa († dopo il 1165), Zensualin del monastero di Lorch; ⚭ Adeldegen, ministeriale episcopale di Bamberga. Ludmilla di Langenberg (esistenza incerta) ⚭ sposò un uomo dal nome sconosciuto di Vellberg. Ascendenza Note Bibliografia Gerd Althoff, Konrad III. (1138–1152) In: Die deutschen Herrscher des Mittelalters. Historische Portraits von Heinrich I. bis Maximilian I. (919–1519), a cura di Bernd Schneidmüller e Stefan Weinfurter, München 2003, pp. 217–231, ISBN 3-406-50958-4. Wilhelm Bernhardi, Konrad III. Berlin 1975. Ristampa della I ed. dai Jahrbüchern der Deutschen Geschichte (1883) Regesta Imperii IV,1,2. Konrad III. 1138 (1093/94)–1152. Wien 2008. Wolfram Ziegler: König Konrad III. (1138–1152). Hof, Urkunden und Politik. (Forschungen zur Kaiser- und Papstgeschichte des Mittelalters, 26). Wien 2008, ISBN 978-3-205-77647-5 Altri progetti Collegamenti esterni Hohenstaufen Imperatori del Sacro Romano Impero Cristiani della seconda crociata
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https://it.wikipedia.org/wiki/Castrignano%20del%20Capo
Castrignano del Capo
Castrignano del Capo (Cascignanu in dialetto salentino) è un comune italiano di abitanti della provincia di Lecce in Puglia. Situato nell'estremo lembo della penisola salentina, è il comune più a sud della Puglia. Rientrano nel suo territorio le frazioni di Giuliano di Lecce, Salignano e Santa Maria di Leuca, quest'ultima rinomata località turistica. Fa parte dell'Unione dei comuni Terra di Leuca. Dal 2016 fa parte dell'associazione Borghi Autentici d'Italia Geografia fisica Territorio Il territorio comunale ha una superficie di 20,27 km², per una densità abitativa di 265,96 abitanti per chilometro quadrato. Sorge a 121 m s.l.m., su un dirupo tufaceo digradante verso il mare. L'abitato, dalla planimetria molto confusa, delimitata da un perimetro altrettanto irregolare, si estende tra la Serra di Vereto e la costa adriatica. Appartengono al Comune di Castrignano del Capo piccole frazioni importantissime per le risorse turistiche: Giuliano di Lecce e Salignano (rispettivamente a Nord-Ovest e a Est) e Santa Maria di Leuca, un moderno centro balneare sorto sul sito di un'antica città messapica, nell'insenatura tra il Capo Santa Maria di Leuca e punta Ristola, la parte più meridionale della penisola salentina. In qualità di località balneare, Santa Maria di Leuca è stata segnalata con tre vele nella Guida Blu di Legambiente ed è stata Bandiera Blu delle Spiagge nell'anno 2005. Dall'ottobre 2006, parte del suo territorio rientra nel Parco Costa Otranto - Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase istituito dalla Regione Puglia allo scopo di salvaguardare la costa orientale del Salento, ricca di pregiati beni architettonici e di importanti specie animali e vegetali. Il territorio, ricoperto di macchia mediterranea, pinete e uliveti, confina a ovest con il comune di Patù, a nord con il comune di Morciano di Leuca e Alessano, a est con il comune di Gagliano del Capo, a sud-ovest con il mare Ionio e a sud-est con il mare Adriatico. Classificazione sismica: zona 4 (sismicità molto bassa), Ordinanza PCM n. 3274 del 20/03/2003 Clima Dal punto di vista meteorologico Castrignano del Capo rientra nel territorio del basso Salento che presenta un clima prettamente semiarido (BWh) e un regime termico di tipo praticamente tropicale. Gli inverni sono molto caldi per la latitudine (paragonabili a quelli delle coste settentrionali del Golfo Persico) e le estati sono caratterizzate da caldo intenso e umide. In base alle medie di riferimento, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta attorno ai +16,8 °C, mentre quella del mese più caldo, agosto, si aggira sui +28,5 °C. Le precipitazioni medie annue, che si aggirano intorno ai 321 mm, presentano un minimo in primavera-estate ed un picco in autunno-inverno.Facendo riferimento alla ventosità, i comuni del basso Salento risentono debolmente delle correnti occidentali grazie alla protezione determinata dalle serre salentine che creano un sistema a scudo. Al contrario le correnti autunnali e invernali da Sud-Est, favoriscono in parte l'incremento delle precipitazioni, in questo periodo, rispetto al resto della penisola. Le temperature percepite in inverno non superano quasi mai i 23 °C, mentre d'estate sono quasi sempre superiori a 34 °C con picchi fino a 40/44 °C. Classificazione climatica di Castrignano del Capo: Zona climatica: C Gradi giorno: 1116 Origini del nome Così come per Castrignano de' Greci e per Castri di Lecce, anche per Castrignano del Capo si pensa che il nome derivi dalla parola latina castrum che significa fortezza, accampamento. L'aggiunta della specifica "del Capo", in quanto sorge nel "Capo di Leuca", è per distinguerlo da Castrignano de' Greci. Storia Le origini della nascita del paese non sono certe. Il territorio fu certamente insediamento romano anche se la presenza dell'uomo è attestata sin dall'età del Bronzo per la presenza del menhir "di Ussano" posto nella frazione di Giuliano di Lecce. Pare addirittura che San Pietro stesso, nel suo viaggio verso Roma, si sia fermato a Castrignano del Capo (precisamente a Santa Maria di Leuca) e che, da allora, il tempio pagano dedicato alla dea Minerva sia diventato il Santuario della "Madonna de finibus terrae". Veri e propri centri urbani cominciarono, comunque a prendere forma solo intorno al X secolo, quando i Saraceni distrussero la vicina Vereto causando la fuga dei suoi abitanti che, a loro volta, diedero vita a nuovi agglomerati come quello di Castrignano del Capo. Infeudato ai d'Almeto nel 1280, il paese passò nel corso dei secoli a numerose famiglie feudatarie. Fu feudo dei De Caniano, dei Pignatelli, dei Bilitta, degli Ayerbo, dei Della Ratta, dei Della Barliera, dei De Frisis e dei Guarini. Simboli Descrizione araldica dello stemma: Descrizione araldica del Gonfalone: Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose Chiesa di San Michele Arcangelo La costruzione della chiesa madre di San Michele Arcangelo ebbe inizio il 2 aprile 1743 e sorge sulle rovine di una precedente chiesa rinascimentale, distrutta dal terremoto del 20 febbraio 1743. I lavori furono completati nel 1751 ed il 22 dicembre dello stesso anno venne consacrata alla presenza del vescovo Luigi D'Alessandro. Edificata in stile barocco, conserva ancora alcuni tratti della preesistente struttura rinascimentale costruita tra le due torri dell'antica rocca. Realizzata in carparo, la chiesa misura una lunghezza di 36 metri, una larghezza di 11 metri ed un'altezza di 17 metri. Il prospetto è caratterizzato dal portone centrale decorato con bassorilievi, stemmi che ricordano la vecchia chiesa ed una statua di San Michele, in pietra, adagiata al centro di una cornice che poggia su due colonne laterali. Due nicchie con statue si aprono ai lati del portale. L'interno, ad unica navata, ha sei altari laterali (tre per lato), dei quali si distinguono per importanza quelli dedicati alla Pietà, alla Madonna del Rosario e a San Michele. Quadri e tele settecentesche raffigurano Sant'Oronzo, San Michele Arcangelo, San Giovanni Battista, la Madonna delle Grazie e la Visitazione della Beata Vergine Maria. Di particolare pregio artistico è la statua in legno datata 1707, opera del napoletano Nicola Fumo, raffigurante San Michele Arcangelo. Una leggenda popolare vuole che questa statua non sia appoggiata su un piedistallo, ma che vi sia un millimetro di spazio fra il piede e la base. Nel 1970, in seguito alla riforma del Concilio Vaticano II che prevedeva il sacerdote celebrante rivolto verso i fedeli, il presbiterio fu privato del raffinatissimo altare maggiore in marmi pregiati e della balaustra. Nella navata di destra, al di sopra del terzo altare, si trova un imponente organo costruito dall'illustre artigiano Sebastiano Kircher nel 1751. Alto circa tre metri e largo due, l'organo è formato da una cassa a tre campane e 25 canne. Altre chiese Cappella di Sant'Antonio da Padova – situata nel centro del paese, fu edificata nella seconda metà del XIX secolo. Presenta una sobria facciata in stile neoclassico e un interno a tre navate con altare maggiore. Chiesa della Madonna delle Morelle – adiacente al cimitero, fu edificata agli inizi del XIX secolo in seguito ad un fatto prodigioso. Secondo la leggenda popolare, nel Settecento, un cacciatore durante una battuta di caccia trovò, tra i rami di un cespuglio di more (o morelle), un'immagine della Madonna. Cappella dello Spirito Santo – si tratta di una piccolissima struttura, dall'estrema semplicità architettonica, edificata nel XVIII secolo. Cappella di Santa Maria della Misericordia – risale al 1639 e fu edificata sulle rovine di un'altra chiesa dedicata a Santa Maria dello Trisciolo. Chiesa della Madonna Immacolata – posta nelle immediate vicinanze del centro storico, risale agli inizi del Settecento e presenta all'interno un decoratissimo altare maggiore in marmi policromi. È sede dell'omonima confraternita. Basilica santuario di Santa Maria de Finibus Terrae, situata nella frazione di Santa Maria di Leuca. Architetture civili Borgo Terra L'antico centro di Castrignano del Capo, detto "Borgo Terra", rappresenta la prima società rurale del paese e risale al Medioevo, periodo in cui si succedettero svariate famiglie feudatarie. Il Borgo, uno dei luoghi più suggestivi del paese, è costituito da una serie di piccoli e contorti vicoli che si snodano tra le pareti bianche delle case a corte con caratteristici balconi. Vi è la presenza di numerosi frantoi oleari ipogei. Il piccolo centro medievale venne arricchito nel 1460 dall'interessante Palazzo Fersini. In abbandono per molto tempo, negli ultimi anni ha riacquistato l'importanza che gli compete. Palazzo Muzi Palazzo Muzi, edificato tra la fine del XVIII e i primi anni del XIX secolo, è ubicato nel nucleo antico di Piazza San Nicola, oggi Piazza Mercato. Si presenta con una facciata elegante e fu costruito lungo le mura di cinta del Borgo Terra. Dell'impianto originario rimangono una cortina in muratura a pendenti e una gettarola dalla quale venivano lanciati pietre ed olio bollente contro gli attacchi dei pirati. Per oltre due secoli fu la dimora della famiglia Trani. Il palazzo, oltre ad essere la dimora signorile dei proprietari, aveva le stesse funzioni delle antiche masserie autosufficienti. All'interno, infatti, vi erano un mulino, tre pozzi per la raccolta dell'acqua piovana e un frantoio ipogeo. Si racconta che questa dimora abbia ospitato nel 1807 Giuseppe Bonaparte. Inoltre nel 1943 vi alloggiò il re Vittorio Emanuele III accompagnato dal maresciallo Badoglio. Attualmente è stato trasformato in Bed & Breakfast. Masseria Palamita Masseria Palamita, risalente al XVI secolo, fu edificata sul luogo dove sorgeva una torre di difesa. Il complesso masserizio, trasformato recentemente in dimora stagionale, sorge sulla strada litoranea che conduce al Marina di Leuca. Altro Colonna dell'Immacolata La colonna votiva dedicata alla Vergine Immacolata fu innalzata nel 1838 come ricorda l'iscrizione latina riprodotta a pennello sulla facciata est dell'alto piedistallo quadrato, che sorregge la grande colonna. Sulla sommità è posizionata una statua della Madonna realizzata dallo scultore Martino Carluccio di Muro Leccese. Colonna di San Michele La Colonna di San Michele fu fatta costruire nel 1839. Le analoghe caratteristiche stilistiche con la colonna dell'Immacolata, fanno pensare alla stessa manodopera. Monumenti e luoghi d'interesse nelle frazioni Giuliano di Lecce Da vedere: Castello cinquecentesco Chiesa madre di San Giovanni Crisostomo Chiesa dell'Immacolata Chiesa bizantina di San Pietro Cripta del Pantocratore Menhir Mensi Salignano Da vedere: Chiesa madre di Sant'Andrea Chiesa della Purificazione Chiesa di San Giuseppe Chiesa della Madonna delle Rasce Torre di difesa del 1550 Santa Maria di Leuca Da vedere: Promontorio Japigeo "De Finibus Terrae", estremo lembo della penisola salentina. Santuario della Madonna de Finibus Terrae Grotte Ville ottocentesche Società Evoluzione demografica Etnie e minoranze straniere Al 31 dicembre 2020 a Castrignano del Capo risultano residenti 152 cittadini stranieri. Le nazionalità principali sono: Marocco - 21 Lingue e dialetti Il dialetto parlato a Castrignano del Capo è il dialetto salentino nella sua variante meridionale. Il dialetto salentino, appartenente alla famiglia delle lingue romanze e classificato nel gruppo meridionale estremo, si presenta carico di influenze riconducibili alle dominazioni e ai popoli stabilitisi in questi territori nei secoli: messapi, greci, romani, bizantini, longobardi, normanni, albanesi, francesi, spagnoli. Cultura Istruzione Biblioteche Biblioteca comunale Scuole Le scuole, statalizzate, presenti a Castrignano sono 4: scuola elementare di S.M. di Leuca; scuola elementare di Castrignano del Capo; scuola media inferiore di Castrignano del Capo; scuola materna di Salignano. Cucina I piatti che caratterizzano il paese sono quelli presenti in tutto il Salento: Ciceri e tria (pasta e ceci) minchiareddi (pasta fatta in casa) gnommareddi (involtini di frattaglie di agnello o capretto) taraddu (frisa con olio, pomodoro e sale) conserva (passata di peperoni piccanti) pittule (impasto comprendente farina, che viene fritto e condito con verdura, sale o zucchero) la salamura cotta (pomodori freschi, cipolla abbondante, con peperoni dolci e piccanti) Economia L'economia locale è dedita all'agricoltura e al turismo. La frazione di Santa Maria di Leuca è una delle principali località turistiche del Salento. Infrastrutture e trasporti Strade I collegamenti stradali principali sono rappresentati da: Strada statale 16 Adriatica Lecce-Maglie; SS 275 di Santa Maria di Leuca Maglie-Leuca. SS 101 Salentina di Gallipoli Lecce-Gallipoli; SS 274 Salentina Meridionale Gallipoli-Leuca. Il centro è anche raggiungibile dalle strade provinciali interne: SP74 Castrignano del Capo-Santa Maria di Leuca, 'SP191 Castrignano del Capo-Marina di Leuca, SP351 Morciano di Leuca-Patù-Castrignano del Capo-Gagliano del Capo. Amministrazione Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune. Note Voci correlate Giuliano di Lecce Salignano Santa Maria di Leuca Diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca Altri progetti Collegamenti esterni
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Calendario giuliano
Il calendario giuliano è un calendario solare, cioè basato sul ciclo delle stagioni. Fu elaborato dall'astronomo greco Sosigene di Alessandria e promulgato da Giulio Cesare (da cui prende il nome), nella sua qualità di pontefice massimo, nell'anno 46 a.C. Fu in vigore anche dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, rimanendo in uso fino al XVI secolo, quando fu sostituito dal calendario gregoriano tramite la bolla Inter gravissimas di Papa Gregorio XIII del 4 ottobre 1582. Storia Esso divenne da allora il calendario ufficiale di Roma e dei suoi domini. Nei secoli il suo uso si estese a tutti i Paesi d'Europa e d'America, man mano che venivano cristianizzati o conquistati dagli europei. Rispetto all'anno astronomico, ha accumulato un piccolo ritardo ogni anno, pari ad un giorno ogni 128 anni, a partire dalla sua introduzione nel 45 A.C., così da arrivare a circa 13 giorni nel XVI secolo. Per recuperare i 10 giorni di ritardo accumulati dal 325 d.C., anno del Concilio di Nicea, nel 1582 è stato sostituito dal calendario gregoriano per decreto di papa Gregorio XIII; diverse nazioni tuttavia hanno continuato a utilizzare il calendario giuliano ben oltre tale data, adeguandosi poi in tempi diversi tra il XVIII e il XX secolo. Alcune Chiese appartenenti alla Chiesa ortodossa tuttora usano il calendario giuliano come proprio calendario liturgico: da ciò deriva che presso alcune Chiese ortodosse il Natale viene festeggiato il 25 dicembre come nella Chiesa cattolica, presso altre il 7 gennaio. Il calendario giuliano è anche alla base del calendario berbero, tradizionale del Nordafrica. Anni bisestili Nel calendario giuliano si utilizzano gli anni bisestili per compensare il fatto che la durata dell'anno tropico (o anno solare) non è data da un numero intero di giorni. Il giorno in più si aggiunge dopo il 24 febbraio (sexto die ante Calendas Martias nella lingua latina). Va ricordato che i romani avevano l'abitudine di contare i giorni mensili sottraendoli a determinate festività, come le Idi e le Calende, contando anche il giorno di partenza; quindi tra il 24 febbraio e il 1º marzo (che coincide con le Calende di marzo) ci sono appunto sei giorni (24-25-26-27-28-1). Negli anni bisestili, con febbraio di 29 giorni, il giorno 24, che era sexto die, sarebbe diventato septimo die. Ma dato che septimo die era il giorno 23, non potendo chiamare il 24 septimo die lo chiamarono bis sexto die. Di qui il nome di "anno bisestile". Sosigene stabilì che un anno ogni quattro fosse bisestile: in questo modo la durata media dell'anno giuliano risultava di 365 giorni e un quarto. Ne consegue che il calendario giuliano è ciclico ogni 4 anni equivalenti a 365 × 4 + 1 = 1461 giorni; considerando anche i giorni della settimana, allora il calendario giuliano è ciclico ogni 1461 × 7 = giorni che equivalgono a 4 × 7 = 28 anni (questo perché 1461 non è divisibile per 7). La differenza con l'anno tropico risulta così di soli 11 minuti e 14 secondi circa, una precisione molto accurata per l'epoca. Questa differenza, pari a circa un centesimo di giorno, si accumulava però col passare dei secoli, per cui la data d'inizio delle stagioni si spostava man mano all'indietro (si perdeva un giorno ogni 128 anni circa). Questo fenomeno era ben noto agli astronomi medievali; Dante vi accenna nella Divina Commedia: Per questo motivo nel 1582 fu introdotto il calendario gregoriano, che riduce l'errore a soli 26 secondi (un giorno ogni 3323 anni circa). Dopo Augusto sono bisestili gli anni il cui numero è divisibile per 4. Prima di lui, invece, non esisteva una regola fissa, dato che l'applicazione della norma era demandata discrezionalmente a decisioni politiche. Fu solo Augusto a imporre definitivamente la cesarea determinazione delle annualità bisestili. Il primo anno bisestile fu il 45 a.C., anno in cui il nuovo calendario entrò in vigore. Per compensare gli errori accumulati in passato e riportare l'equinozio primaverile al 25 marzo, era però necessario introdurre 85 giorni. Allo scopo furono aggiunti due mesi fra novembre e dicembre all'anno precedente, uno di 33 giorni e l'altro di 34; motivo per cui il 46 a.C., durato 445 giorni, fu soprannominato annus confusionis ("l'anno della confusione"). Questa confusione ebbe varie ripercussioni nei successivi 50 anni fino a circa l'8 a.C. Dopo la morte di Giulio Cesare (44 a.C.) si commisero vari errori facendo diventare bisestili alcuni anni che non lo dovevano essere e saltando quelli corretti. Fu poi Augusto nell'8 a.C. a sistemare l'errore, ordinando che per un certo numero di anni non ci fossero più anni bisestili. Non vi è unanimità di vedute riguardo quali anni siano effettivamente stati bisestili prima del riordino augusteo; un'ipotesi semplice prevede che essi siano stati 45 a.C., 42 a.C., 39 a.C., 36 a.C., 33 a.C., 30 a.C., 27 a.C., 24 a.C., 21 a.C., 18 a.C., 15 a.C., 12 a.C., 9 a.C., 8. Sarebbe cioè stata fraintesa l'indicazione di inserire un anno bisestile ogni tre anni "normali", inserendolo invece ogni tre anni "compreso" quello bisestile (cioè uno ogni tre invece che uno ogni quattro). Mesi e giorni La riforma giuliana, in sostanza, riprendeva il calendario egizio riformato dal decreto di Canopo e fissava l'inizio dell'anno il 1º gennaio, mentre prima era il 1º marzo. Infatti i mesi di quintile (oggi luglio), sestile (agosto), settembre, ottobre, novembre e dicembre derivavano i loro nomi dall'essere rispettivamente il quinto, sesto, settimo, ottavo, nono e decimo mese dell'anno. I nomi dei mesi del calendario giuliano sono quelli derivanti dall'antico calendario romano, con alcune modifiche introdotte dagli imperatori: Il settimo mese (quinto secondo il calendario di Romolo, che veniva chiamato infatti quintilis) fu dedicato a Giulio Cesare nel 44 a.C. per iniziativa di Marco Antonio, l'ottavo (sextilis, il sesto mese secondo il calendario di Romolo) a Augusto nell'8 a.C. (Lex Pacuvia de mense augusto). Alcuni testi datano il cambiamento di nome di agosto al 26 o al 23 a.C. ma la data della Lex Pacuvia è certa. Alcuni affermano (come Giovanni Sacrobosco nel Computus del 1235) che originariamente febbraio avesse 29 giorni, e che da marzo in poi si alternassero regolarmente mesi di 31 e 30 giorni; ma, come ulteriore atto di omaggio ad Augusto, fu decretato anche di aggiungere un giorno ad agosto (che, secondo questa tesi, aveva 30 giorni) togliendolo a febbraio, e invertendo la durata degli ultimi quattro mesi per non avere tre mesi consecutivi di 31 giorni. Altri cambiamenti di nome dei mesi non sopravvissero. Caligola chiamò "germanico" settembre, Nerone chiamò "claudio" maggio e "germanico" giugno, e Domiziano chiamò "germanico" settembre e "domiziano" ottobre. Bloccata sul nascere la proposta fatta per piaggeria a Tiberio di chiamare novembre, il suo mese natale, col suo nome. La risposta dell'imperatore fu: "E che farete se Roma avrà tredici imperatori?". Anche Carlo Magno avrebbe tentato di dare nuovi nomi ai mesi: wintarmanoth, hornung, lentzinmanoth, ostarmanoth, winemanoth, brachmanoth, heuvimanoth, aranmanoth, witumanoth, wintumanoth, windumemanoth, herbistmanoth e heilagmanoth. Il modo di contare i giorni continuò nella tradizione romana, cioè contando i giorni che mancavano ad alcune festività fisse (Calende, None e Idi), fino a che i Visigoti introdussero l'abitudine di assegnare un numero progressivo ai giorni, metodo che però divenne ufficiale solo con Carlo Magno. Con il Cristianesimo, inoltre, invalse l'abitudine popolare di indicare il giorno con il nome del santo che in esso si venerava: questa usanza si mantenne fino all'età moderna. Le feste dei santi erano chiamate feriae, da cui l'espressione "giorni feriali" per i giorni non festivi. Nel 321 l'Imperatore Costantino introdusse la settimana di sette giorni: Domini dies, il giorno del Signore, in seguito modificato in dominica. Lunae dies, il giorno dedicato alla dea Luna. Martis dies, giorno dedicato al dio Marte. Mercurii dies, dedicato al dio Mercurio. Iovis dies, dedicato al dio Giove. Veneris dies, dedicato alla dea Venere. Saturni dies, giorno dedicato al dio Saturno. La designazione anglosassone di questo giorno traduce letteralmente il Saturni dies in Saturn day, da cui la forma contratta Saturday. La parola italiana "sabato" deriva invece da shabbat, che nella religione ebraica è il giorno sacro di astensione da qualsiasi opera creatrice e dunque anche dal lavoro. L'Imperatore Costantino decretò che il giorno di riposo, invece del sabato, fosse la domenica (dies solis), il giorno dedicato al dio Sole e associato alla risurrezione di Cristo perché, se Gesù era morto il quinto giorno della settimana ebraica, doveva essere resuscitato la domenica. Con la domenica festiva si soddisfaceva anche un'altra religione molto diffusa: il culto di Mitra, dio dei patti e dell'amicizia nella religione persiana del periodo vedico che adorava il sole e il suo derivato Sol Invictus (Sole invitto), da cui deriva l'associazione tra il sole e Gesù adoperata da Costantino per promuovere questa nuova, ma sconosciuta ai più, religione (il cristianesimo). Nel latino cristiano i giorni della settimana sono chiamati, a partire dalla domenica: dominica, feria secunda, feria tertia, feria quarta, feria quinta, feria sexta, sabbatum. Quest'uso di contare i giorni a partire dalla domenica, considerato quindi primo giorno della settimana, viene dall'Ebraismo, mentre questa particolare denominazione dei giorni persiste ancora oggi in alcune lingue, come il portoghese. La settimana di sette giorni si trovava nei calendari mesopotamici, anch'essi di cultura ed etnia semitica come gli ebrei, la cui matematica era di tipo sessagesimale. Mentre invece non è attestata nel calendario egizio che era composto da gruppi di dieci giorni, chiamati decadi, e la cui matematica era invece di tipo decimale. Numerazione degli anni A partire dalla fine del periodo repubblicano il calendario giuliano enumerava gli anni dalla fondazione della città di Roma (Ab Urbe condita), che avvenne nell'anno 753 a.C. secondo i calcoli di Dionigi il Piccolo. Precedentemente il metodo in uso tra i Romani per ordinare gli eventi della storia era quello adottato agli inizi dell'età repubblicana: si indicavano gli anni a partire dai nomi dei due consoli in carica (detti perciò eponimi). Dionigi calcolò la data della nascita di Gesù sulla base di uno dei due censimenti effettuati in Israele dai Romani, ma sbagliò probabilmente il riferimento: alcune fonti, confrontate con i quattro Vangeli canonici, ci mostrano come Erode, tetrarca della Galilea, ivi citato per la strage degli innocenti, fosse già morto quattro anni prima. Alcuni studiosi fanno riferimento anche al passaggio di una cometa. Il calendario liturgico ortodosso In alcuni paesi la Chiesa ortodossa celebra le sue festività secondo le date del calendario giuliano, per questo motivo in questi paesi il Natale corrisponde al 7 gennaio del calendario gregoriano. Anche la data della Pasqua differisce fra oriente e occidente. Le tredici festività liturgiche maggiori sono: Natività di Maria Madre di Dio cattolici e ortodossi (8 settembre), ortodossi che seguono il calendario giuliano (21 settembre) Esaltazione della Santa Croce Cattolici (14 settembre) ortodossi (27 settembre) Entrata di Maria al Tempio cattolici (21 novembre) una parte di ortodossi seguono il calendario giuliano (4 dicembre) Natività di nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo cattolici e ortodossi (25 dicembre) una parte di ortodossi seguono il calendario giuliano (6 o 7 gennaio) Teofania o Epifania cattolici e ortodossi (6 gennaio) ortodossi che seguono il calendario giuliano (19 gennaio) Presentazione di Gesù al Tempio cattolici (2 febbraio) ortodossi (15 febbraio) Annunciazione di Maria cattolici (25 marzo) ortodossi che seguono il calendario giuliano (7 aprile) Entrata in Gerusalemme (domenica prima di Pasqua) Pasqua (domenica di resurrezione di Gesù Cristo) Ascensione di Gesù (40 giorni dopo Pasqua) Pentecoste (50 giorni dopo Pasqua) Trasfigurazione di Nostro Signore cattolici (6 agosto) ortodossi (19 agosto) Assunzione di Maria cattolici e ortodossi (15 agosto) ortodossi che seguono il calendario giuliano (28 agosto) Il calendario giuliano è tuttora in uso in Etiopia, sia dallo Stato sia dalla Chiesa. Il calendario giuliano è seguito soprattutto dalla Chiesa serba, macedone, russa, georgiana e di Gerusalemme. Calendario giuliano prolettico Il "calendario giuliano prolettico" (nome usato per analogia con il calendario gregoriano prolettico) si ottiene estendendo nel passato il calendario giuliano a date che precedono il 4 d.C., anno in cui si è stabilizzata la convenzione dell'anno bisestile quadriennale: infatti dal 45 a.C. al 4 d.C. gli anni bisestili sono stati irregolari. Note Voci correlate Acoreo Calendario berbero Calendario bizantino Calendario ebraico Calendario egizio Calendario gregoriano Calendario gregoriano prolettico Calendario romano Giorno giuliano ISO 8601 Altri progetti Collegamenti esterni Giuliano Usi e costumi dell'antica Roma Gaio Giulio Cesare
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https://it.wikipedia.org/wiki/Compay%20Segundo
Compay Segundo
Biografia Nacque a Siboney, presso Santiago. Compose la sua prima canzone (Yo vengo aquí) a quindici anni e cominciò a suonare il clarinetto a tredici, nel 1920, per poi passare successivamente alla chitarra e all'armonico, uno strumento musicale di sua invenzione a sette corde simile ad una chitarra. Fece parte di varie formazioni ma il grande successo popolare arrivò quando, insieme a Lorenzo Hierrezuelo, formò il duo Los Compadres. A quel periodo risale il soprannome di "Compay Segundo" attribuitogli da un presentatore radiofonico perché nel duo egli faceva la seconda voce, mentre Lorenzo Hierrezuelo fu soprannominato "Primo Compay". Negli anni cinquanta formò i Compay Segundo Y Su Grupo, ma successivamente il suo nome finì nell'oblio e Compay Segundo, pur non abbandonando mai la musica, lavorò in una fabbrica di sigari. Negli anni novanta, ormai in pensione, il mondo musicale tornò ad occuparsi di lui, e così ebbe la possibilità di tenere concerti anche in Europa. Il vero grande successo arrivò però nel 1997 con il film Buena Vista Social Club di Wim Wenders e con l'album della colonna sonora, che vinse numerosi premi Grammy. Dopo l'uscita del film, nonostante i novantatré anni tenne alcuni concerti in Italia durante i quali restava in piedi per oltre un'ora, a tratti anche ballando. Scherzosamente diceva che avrebbe voluto vivere fino a centosedici anni, l'età della morte di sua nonna, ma un'insufficienza renale ne causò il decesso a 95 anni nel 2003. Oggi riposa nel cimitero di Santa Ifigenia a Santiago de Cuba. Nel 2007 il centenario della sua nascita è stato celebrato con un concerto dedicato alle sue composizioni con il gruppo Compay Segundo, composto dai figli ed ex suoi musicisti, assieme all'orchestra sinfonica veneta. Compay Segundo y Su Grupo Questa la formazione del complesso guidato dal musicista cubano: Compay Segundo: armonico e seconda voce Julio Fernandez Colina: percussioni e voce solista (da fine anni'50 a fine anni '90) Benito Suarez: chitarra e cori Salvador Repilado: (figlio di Compay): contrabbasso e cori Hugo Garzon: percussioni e voce solista (da fine anni '90) Lazaro Inciarte: clarinetto (da fine anni '90) Haskell Armenteros: clarinetto (da fine anni '90) Rosendo Nardo: clarinetto basso (da fine anni '90) Ernesto Valera: percussioni (da fine anni '90) Basilio Repilado: percussioni e voce (da fine anni '90) Discografia 1942-1955 Sentimiento Guajiro Cantando en el Llano Compay Segundo y Compay Primo Mi Son Oriental Los Reyes del Son Los Compadres 1956-1995 Balcon de Santiago Balcon de Santiago – Reedición Saludo, Compay 1996-2002 Cien Años de Son Son del Monte Buena Vista Social Club Antologia (1997) Lo Mejor de la Vida Calle Salud Yo Soy del Norte Antologia (2001) Las Flores de la Vida Duets Postuma Cien Años. 100th Birthday Celebration (3CD+DVD) (2007) Note Voci correlate Musica di Cuba Ibrahim Ferrer Rubén González (pianista) Eliades Ochoa Faustino Oramas Omara Portuondo Buena Vista Social Club Altri progetti Collegamenti esterni
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Composti dell'azoto
Tra i più comuni composti dell'azoto si annoverano: Nitruri Azoturi Composti con l'idrogeno Ammoniaca, NH3 Ione ammonio, NH4+ Ione ammoniuro, NH2- Idrazina, NH2NH2 Diazene, N2H2 Isodiazene, N2H2 Triazano, N3H5 Ciclotriazano, N3H3 Idrossilammina, NH2OH Pentazolo, HN5 Composti con l'ossigeno Monossido di azoto, NO Ione nitrosonio, NO+ Ione nitrossile, NO- Diossido di azoto, NO2 Ione nitronio, NO2+ Ione nitrito, NO2- Ione nitrato, NO3- Ione perossinitrito, ONOO- Ione ortonitrato, NO43- Ossido di diazoto, N2O Diossido di diazoto, N2O2 Ione iponitrito, N2O22- Triossido di diazoto, N2O3 Ione ossoiponitrito, N2O32- Tetraossido di diazoto, N2O4 Pentaossido di diazoto, N2O5 Nitrosilazoturo, (NO)N3 Nitroilazoturo, (NO2)N3 Composti con gli alogeni Trifluoruro di azoto, NF3 Ione tetrafluorammonio, NF4+ Tetrafluoroidrazina, N2F4 Diflurodiazene, N2F2 Fluoroazoturo, FN3 Ossido di trifluoroammina, NF3O Clorodifluoroammina, NF2Cl Diclorofluoroammina, NFCl2 Tricloruro di azoto, NCl3 Cloroazoturo, ClN3 Tribromuro di azoto, NBr3 Bromoazoturo, BrN3 Triioduro di azoto, NH3NI3, NI3 Iodoazoturo, IN3 Alogenoammine, H2NX Alogenuri di nitrosile, XNO Alogenuri di nitronio, XNO2 Alogenonitrati, XONO2 Composti con il boro Borazone, BN Borazina, B3N3H6 Amminoborani Composti con il carbonio Acido cianidrico, HCN Ione cianuro, CN- Cianogeno, (CN)2 Ione cianato, OCN- Ione tiocianato, SCN- Fulminati, CNOM Calcio cianammide, CaNCN Cianammide, H2NCN Composti con il fosforo Acido fosforoamidico, H2NP(O)(OH)2 Acido fosforodiamidico, (H2N)2P(O)OH Triamide, (H2N)3PO Fosfazeni, (NPR2)n Policlorofosfazeni, (NPCl2)n Polifluorofosfazeni, (NPF2)n Fosfame, (PN2H)n Composti con lo zolfo Acido solfammico, NH2SO2OH Tetranitruro di tetrazolfo, S4N4 Dinitruro di dizolfo, S2N2 Ione nitruro di dizolfo, NS2+ Politiazile, (SN)n Cationi ciclotiazenio Anioni ciclotiazenio Composti organici Ammine Ammidi Lattami Nitrili Cianidrine Nitroderivati Immidi Ossime Idrazoni Azidi N-nitrosammine Sali di diazonio Isocianati Carbammati Carbodiimmidi Nitroni Eterocicli azotati Amminoacidi Alcaloidi Peptidi Liste di chimica
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https://it.wikipedia.org/wiki/Cnidaria
Cnidaria
Gli cnidari costituiscono un phylum di animali acquatici a simmetria raggiata, diblasteri ed acquatici. Tipici rappresentanti di questo gruppo sono le meduse, i coralli, le gorgonie e gli anemoni di mare o attinie. Anatomia e fisiologia Il corpo degli Cnidari ha una sola apertura, circondata da tentacoli, che funge da bocca ma serve anche per espellere l'anidride carbonica e le sostanze di rifiuto. I tentacoli servono per afferrare le prede. La cavità interna, detta celenteron, è una vera cavità gastrovascolare, che si prolunga in parte anche nei tentacoli. Il celenteron svolge due funzioni: digestiva, in quanto vi si riversano succhi digestivi prodotti dalle cellule che lo rivestono. vascolare, in quanto l'acqua che lo riempie giunge abbastanza vicino a tutti i tessuti del corpo, fornendo nutrimento ed ossigeno e rimuovendo anidride carbonica e sostanze di rifiuto. Il modello strutturale dei Celenterati si concretizza in due forme: polipo e medusa. I polipi sono di norma sessili, ossia fissati ad un supporto solido, e quindi bentonici, con l'apertura boccale verso l'alto. Le meduse sono invece natanti, con l'apertura boccale verso il basso. Il corpo delle meduse, data la sua forma, è detto ombrella; la parte aborale dell'ombrella (normalmente rivolta verso l'alto), convessa, è detta esombrella, mentre la parte orale (normalmente rivolta verso il basso), concava, è detta subombrella; questa si prolunga al centro in una struttura tubuliforme più o meno allungata detta manubrio, che termina con la bocca. I tentacoli di norma si dipartono dal margine dell'ombrella (cioè al confine fra esombrella e subombrella). Fanno parte del plancton, in quanto non nuotano attivamente in direzione orizzontale, pur potendo contrarre l'ombrella per muoversi verticalmente. Nello strato esterno del corpo (epiderma) sono presenti cellule differenziate. Le cellule muscolari, in grado di contrarsi e garantire il movimento e il tono del corpo. Le cellule nervose, in grado di trasmettere stimoli. Nei polipi il sistema nervoso è a rete, senza una particolare organizzazione. Nelle meduse c'è un accenno di gerarchizzazione, con raggi nervosi principali che partono dalla sommità dell'ombrello. Tra lo strato esterno e quello interno che tappezza il Celenteron (gastroderma) c'è uno strato gelatinoso, la mesoglea, acellulare almeno nelle forme più primitive. Sulla superficie, soprattutto sui tentacoli, sono presenti cellule urticanti, i cnidocisti, che funzionano una volta sola, per cui devono essere rigenerate. Hanno funzioni difensive e anche offensive, soprattutto quando si tratta di paralizzare la preda. Esse si attivano quando vengono toccate, grazie a un meccanocettore detto cnidociglio, ed estroflettono dei filamenti urticanti detti cnidocisti  (dal greco κνίδα knìda, ortica). Le cnidocisti possono essere di diverso tipo: nematocisti o spirocisti, e sono collegate agli cnidoblasti che contengono un liquido urticante. Le cnidocisti, in genere, inoculano una sostanza che uccide la preda per shock anafilattico. Il liquido urticante ha azione neurotossica o emolitica, la cui natura può variare a seconda della specie, ma di solito è costituita da una miscela di tre proteine a effetto sinergico: ipnossina, talassina e congestina. L'ipnossina ha effetto anestetico, quindi paralizzante; la talassina ha un comportamento allergenico che causa una risposta infiammatoria; la congestina paralizza l'apparato circolatorio e respiratorio. Anche se non tutte le meduse sono urticanti, alcune, come le cubomeduse, sono particolarmente pericolose per l'uomo: in taluni casi possono causare anche la morte per shock anafilattico. Nei polipi gli unici sensi presenti sono il tatto e la sensibilità alle sostanze disciolte nell'acqua. Nelle meduse troviamo due organi di senso veri e propri. La statocisti, una vescicola ricoperta internamente di cellule ciliate e contenente uno statolito, un corpo minerale secreto dall'animale. Esso permette alla medusa di reagire a cambiamenti della posizione rispetto alla verticale, in quanto lo statolito preme in quel caso su parti diverse della parete. Una macchia oculare, sensibile all'intensità luminosa, che permette all'animale di regolare la sua profondità secondo l'intensità della luce. Biologia Alimentazione La dieta degli cnidari è carnivora: si nutrono di copepodi e piccoli pesci, in stadi più giovanili si alimentano di fitoflagellati e rotiferi. L'abbondanza di cibo è importante per lo sviluppo degli cnidari dato che è l'elemento principale affinché la strobilazione degli idrozoi e degli scifozoi abbia luogo. La preda viene catturata grazie all'inoculazione di veleno attraverso gli cnidocisti, di cui tutte le specie del phylum sono provviste ed in seguito introdotta nella cavità interna per essere digerita. La digestione è in parte extracellulare ed in parte intracellulare. La digestione extracellulare avviene per via di enzimi digestivi prodotti nel celenteron. La digestione intracellulare è ottenuta dalle cellule stesse che fagocitano e digeriscono al proprio interno piccole particelle di cibo. I residui della digestione vengono poi espulsi dalla bocca nell'ambiente esterno. Riproduzione La riproduzione sessuale è presente in tutte le specie; quella asessuale, per lo più per gemmazione, si ha in genere nei polipi. Esistono specie nelle quali si ha alternanza di generazioni tra polipi e meduse. In questi casi, le meduse si riproducono sessualmente, producendo dei gameti che vengono espulsi dalla cavità gastrovascolare. La fecondazione avviene nell'acqua; dall'uovo fecondato si sviluppa la larva cigliata, detta planula, che a un certo punto si adagia in una zona ottimale e incomincia a crescere dando origine all'embrione. Quest'ultimo si riproduce asessualmente per strobilazione dando origine alle meduse. Sistematica Il phylum Cnidaria viene suddiviso generalmente in 6 classi, ciascuna delle quali comprendente una vasta diversità di organismi accomunati da un simile ciclo vitale e da medesimi elementi di simmetria interna. Secondo Petersen (e successivamente Bouillon), gli Cnidari sono suddivisi in due sub-phylum: gli Anthozoaria che hanno unicamente fase polipoide e i Medusozoa che hanno sia la fase di medusa che di polipo. I Medusozoi sono poi suddivisi in Idrozoi, Cubozoi e Scifozoi. Classe Anthozoa (Antozoi) Sottoclasse Ceriantharia Ordine Penicilaria Ordine Spirularia Sottoclasse Hexacorallia (Esacoralli) Ordine Actiniaria Ordine Antipatharia Ordine Corallimorpharia Ordine Rugosa † Ordine Scleractinia Ordine Zoantharia Sottoclasse Octocorallia (octocoralli) Ordine Alcyonacea Ordine Helioporacea Ordine Pennatulacea Classe Hydrozoa (Idrozoi) Sottoclasse Hydroidolina o Hydroida Ordine Anthoathecata Ordine Leptothecata Ordine Siphonophora Sottoclasse Trachylinae o Automedusae Ordine Actinulida Ordine Limnomedusae Ordine Narcomedusae Ordine Trachymedusae Classe Scyphozoa (Scifozoi) Sottoclasse Discomedusae Ordine Semaeostomea Ordine Rhizostomea Sottoclasse Coronatae Classe Cubozoa (Cubozoi) Ordine Carybdeida o Cubomedusae Ordine Chirodropida Classe Staurozoa Ordine Conulatae † Ordine Stauromedusae Classe incertae sedis Famiglia Tesseranthidae Classe Polypodiozoa (filogenetica incerta nel 2014) Ordine Polypodiidea Note Bibliografia D. T. Anderson, Invertebrate Zoology, 2nd Ed., Oxford University Press, 2001, Kap. 3, S. 31, ISBN 0-19-551368-1 R. S. K. Barnes, P. Calow, P. J. W. Olive, D. W. Golding, J. I. Spicer, The invertebrates – a synthesis, 3rd ed., Blackwell, 2001, Kap. 3.4.2, S. 54, ISBN 0-632-04761-5 D. Bridge, C. W. Cunningham, R. DeSalle, L. W. Buss, Class-level relationships in the phylum Cnidaria: Molecular and morphological evidence, Molec. Biol. Evol., 1995, 12, S. 679 R. C. Brusca, G. J. Brusca, Invertebrates, 2nd Ed., Sinauer Associates, 2003, Kap. 8, S. 219, ISBN 0-87893-097-3 J. Moore, An Introduction to the Invertebrates, Cambridge University Press, 2001, Kap. 4, S. 30, ISBN 0-521-77914-6 E. E. Ruppert, R. S. Fox, R. P. Barnes, Invertebrate Zoology – A functional evolutionary approach, Brooks/Cole, 2004, Kap. 7, S. 111, ISBN 0-03-025982-7 D. G. Fautin, Reproduction of Cnidaria, Canadian Journal of Zoology 2002, 80, S. 1735 PDF G. O. Mackie, What's new in cnidarian biology?, Canadian Journal of Zoology, 2002, 80, S. 1649 PDF G. Kass-Simon, A. A. Scappaticci Jr., The behavioral and developmental physiology of nematocysts, Canadian Journal of Zoology, 2002, 80, S. 1772 PDF-Version Altri progetti Collegamenti esterni Cnidaria - sito web del Museum of Paleontology della University of California
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https://it.wikipedia.org/wiki/Cephalopoda
Cephalopoda
I cefalopodi (Cephalopoda, dal greco κεφαλή (kephalḗ) = testa e πούς (poús) = piede) sono molluschi esclusivamente marini, tra i più complessi, con conchiglia ridotta internamente o del tutto assente, prettamente nectonici (come le seppie e i calamari) o bentonici (come il polpo e il moscardino). Si svilupparono in una grande moltitudine di forme durante il Mesozoico, colonizzando praticamente tutti gli ambienti marini con i gruppi dei nautiloidi, ammonoidea e belemnoidi, gli ultimi due totalmente estinti. Ipotesi recenti considerano i cefalopodi derivati direttamente da monoplacofori con conchiglia a spiralizzazione più accentuata; si suppone che la regione apicale del sacco dei visceri di questi molluschi si ritirasse di tanto in tanto e il mantello che li ricopriva formasse una serie successiva di setti calcarei interni, delimitando cavità ripiene di gas. Ciò produsse una sempre maggiore leggerezza, caratteristica questa che permise loro di acquisire un galleggiamento neutro per potersi spostare nel liquido con minor sforzo. Durante questi primi stadi evolutivi, i cefalopodi acquisirono velocità e capacità di predazione, sviluppando un capo dotato di lobi prensili, derivati da tentacoli semplici di monoplacofori ancestrali. Le dimensioni sono molto variabili, da pochi millimetri a vari metri nel caso del calamaro gigante, che è il secondo mollusco più grande, oltre ad essere anche il secondo animale più grande tra tutti gli invertebrati attuali. Nelle dimensioni è superato solamente dal calamaro colossale, Mesonychoteuthis hamiltoni, che può avere un mantello lungo quasi il doppio del suo. Alcuni cefalopodi estinti, come il vampiromorfo cretaceo Tusoteuthis ed il nautiloide ordoviciano Cameroceras, potevano raggiungere dimensioni perfino più grandi. Anatomia Il processo di cefalizzazione ha condotto a specie con capo voluminoso, fornito di appendici periboccali molto caratteristiche: 8 braccia ricche di ventose e, non sempre, 2 tentacoli, il tutto ottenuto dalla lenta modificazione del piede. È presente anche una formazione muscolare imbutiforme, situata ventralmente al capo e aperta nella cavità palleale, destinata a permettere l'espulsione violenta dell'acqua e la locomozione "a reazione", anch'essa ottenuta dalla modificazione del piede ancestrale. I cefalopodi sono predatori efficienti di invertebrati e pesci, capaci di propulsione a getto e dotati di tentacoli per trattenere la preda e di una bocca armata da robuste mascelle a forma di becco. Rispetto agli altri molluschi l'apparato digerente ha migliorato la sua resa affidando gran parte dell'azione alla muscolatura liscia. Lo stomaco è costituito da due camere comunicanti e la digestione è esclusivamente extracellulare. Sistema nervoso e organi di senso Si è sviluppato un grosso cervello, prodotto dalla fusione di più gangli nervosi e protetto da una formazione cartilaginea, connesso a grandi globi ottici altamente evoluti, sicuramente i più complessi fra gli invertebrati, capaci di una risoluzione simile a quella dei vertebrati (per esempio un polpo può avere mezzo miliardo di cellule nervose). Grosse fibre nervose distribuiscono gli impulsi al corpo, regolando i giochi cromatici dei cromatofori, piccole sacchette elastiche piene di pigmento che, espandendosi o contraendosi, permettono all'organismo di cambiare colore, come è evidente nelle seppie e nei polpi. Nei test possono essere addestrati a discriminare forme e oggetti , e in una certa misura possono venire addomesticati. Respirazione e circolazione La respirazione avviene attraverso gli ctenidi (branchie) situati all'interno della cavità palleale, il cui numero è un carattere tassonomico. L'epitelio ciliato degli ctenidi permette uno scambio gassoso controcorrente con il sistema circolatorio chiuso. Quello dei cefalopodi infatti è l'unico caso di circolazione chiusa tra tutti i molluschi, quindi l'emolinfa (sangue) non fuoriesce dal sistema di vasi sanguigni: il ciclo inizia negli ctenidi dove il sangue si ossigena, poi grazie anche alla presenza di cuori brachiali fluisce verso il cuore centrale (composto da due atri e un ventricolo), situato nella cavità pericardica (di origine celomatica); viene quindi pompato nell'aorta che si biforca in due rami, e successivamente nella rete di vasi sanguigni che raggiungono i vari distretti del corpo. Nel sangue dei cefalopodi il pigmento respiratorio principale è l'emocianina, simile all'emoglobina ma contenente rame invece che ferro; l'emocianina ha dimensioni maggiori ed è presente in grande quantità, garantendo molta efficienza nel trasporto, ma aumentandone la viscosità necessitando di maggior lavoro da parte del cuore. Conchiglia Gli unici rappresentanti viventi di cefalopodi provvisti di conchiglia esterna sono i nautiloidi, gruppo di molluschi un tempo assai diffuso e diversificato del quale sopravvivono solo due generi e sette specie. La conchiglia dei Nautilus è sottile e liscia, avvolta dorsalmente su uno stesso piano, e ciò non implica una torsione dei visceri come nei gasteropodi. Inoltre, il nicchio è concamerato, presenta un canale che collega i vari compartimenti e permette al gas azotato ivi contenuto di passare tranquillamente attraverso i setti trasversali che delimitano le camere, favorendo il galleggiamento dell'animale tramite opportune regolazioni di pressione. L'ultima camera, la più grande, è l'unica occupata dalle parti molli dell'organismo, dotato di circa 90 tentacoli privi di ventose. Analogo significato funzionale hanno gli ossi di seppia e la conchiglia delle Spirula, che permettono gli spostamenti verticali. Nei calamari, invece, la conchiglia perde anche tale funzione ed appare ancora più ridotta. Le femmine del genere Argonauta, invece, secernono all'evenienza un'ooteca calcarea simile ad una conchiglia, che serve solo per trasportare le uova. Gli ottopodi invece sono privi di conchiglia interna. Apparato riproduttivo I cefalopodi sono sempre dioici, cioè a sessi separati, le gonadi sono localizzate all'estremità posteriore del corpo e si aprono direttamente nella cavità celomatica. Da qui, i gameti vengono espulsi attraverso i pori genitali nella cavità palleale. Il maschio non libera gli spermi ma li impacchetta in spermatofore che deposita, tramite un tentacolo apposito detto ectocotile, nella cavità palleale della femmina. Per questo motivo rappresenta un particolare modello di fecondazione interna senza copulazione. La femmina depone grappoli di uova ricche di deutoplasma fissandole a substrati rigidi, dalle quali si originano tipicamente discoblastule che portano alla nascita di progenie simile alle forme adulte, priva di stati larvali particolari. Classificazione La classe dei cefalopodi è normalmente divisa in dibranchiati e tetrabranchiati, a seconda che dispongano per la respirazione di una o due coppie di branchie. Si elencano i taxa sottordinati: Sottoclasse Ammonoidea† (Ammonoidi) Sottoclasse Nautiloidea (Nautiloidi) Ordine Nautilida (Nautilidi) Sottoclasse Coleoidea (Coleoidi) Superordine Decapodiformes (Decapodiformi) Ordine Spirulida (Spirulidi) Ordine Sepiida (Sepiidi) Ordine Sepiolida (Sepiolidi) Ordine Teuthida (Teutidi) Superordine Octopodiformes (Octopodiformi) Ordine Vampyromorphida (Vampiromorfidi) Ordine Octopoda (Octopodi) Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Conchifera
Conchifera
I Conchiferi (Conchifera, Gegenbaur 1878) sono un subphylum del phylum dei molluschi. Comprende le seguenti classi: Gastropoda Scaphopoda Rostroconchia† Cephalopoda Bivalvia Monoplacophora Helcionelloida† Invero, considerare Helcionelloida e Rostroconchia estinti, significherebbe considerarli parafiletici, e ciò non è scientificamente corretto, dato che filogeneticamente agli Helcionelloida, che sono particolari monoplacofori, appartengono i Gastropoda, i Cephalopoda, gli Scaphopoda ed i Rostroconchia, i quali, questi ultimi hanno portato ai Bivalvia, che infatti SONO particolari Rostroconchia. Quindi, in realtà, Helcionelloida e Rostroconchia non si sono affatto estinti. Collegamenti esterni Molluschi
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https://it.wikipedia.org/wiki/Crustacea
Crustacea
I crostacei (Crustacea ) costituiscono un subphylum degli Artropodi che comprende principalmente animali acquatici marini, sebbene siano ampiamente presenti anche nelle acque dolci e sia nota qualche specie terrestre. Grazie a vari studi molecolari, è adesso bene accettato che il gruppo dei crostacei è parafiletico e comprende tutti gli animali nel clado pancrustacea tranne gli esapodi. Alcuni crostacei sono dunque più vicini agli insetti e altri esapodi che altri crostacei. Descrizione Quello dei Crostacei costituisce un gruppo molto eterogeneo i cui membri, a livello morfologico, sono accomunati soprattutto da due caratteri basali: la presenza di due paia di appendici preorali (antennule e antenne) nel cephalon (capo), altrimenti identico – per numero e disposizione dei segmenti e appendici – a quello di Miriapodi ed Esapodi; la presenza di alcune appendici biramose (differenti però da quelle dei Trilobitomorfi). Nei Crostacei più primitivi vi sono ancora segni di metameria omonoma nel tronco, unica regione successiva al cephalon: in tal caso tutti i segmenti del tronco recano appendici locomotorie, che si fanno solitamente più piccole avvicinandosi all'ultimo segmento, che presenta spesso una forcula rigida. Nei crostacei più evoluti il tronco è suddiviso in torace e addome, detti rispettivamente pereion e pleon. In questo caso si ha una differenziazione delle appendici in pereiopodi (nel pereion) e pleiopodi (nel pleon): i pereiopodi sono principalmente adibiti alla locomozione terrestre (i pereiopodi più anteriori possono svolgere la funzione di presa e triturazione del cibo ed in tal caso vengono detti massillipedi), mentre i pleiopodi svolgono altre funzioni (per esempio possono essere foggiati a paletta per il nuoto, possono recare branchie, servire a trattenere le uova). A volte i pleiopodi dell'ultimo paio sono appiattiti e si affiancano al telson (segmento post-anale privo di appendici), anch'esso appiattito, formando un ventaglio caudale (ad esempio nelle aragoste). In alcuni Crostacei, i più noti, il torace e il capo sono fusi assieme a costituire un cefalotorace, ricoperto da un carapace reso più rigido dalla deposizione di carbonato di calcio. Gli occhi possono trovarsi all'estremità di appendici modificate o essere peduncolati. Un tipico esempio di avanzamento della differenziazione dei segmenti si ha nei granchi. In questi Crostacei evoluti, l'addome non presenta più appendici: è anzi ridotto e rivoltato sotto al cefalotorace. Stadi larvali I crostacei passano generalmente per due fasi larvali, chiamate rispettivamente nauplio e zoea, ed una fase post-larvale, tutte distinte dal metodo di locomozione utilizzato. Le fasi larvali si dividono ulteriormente in stadi separati da mute e contraddistinte da numeri romani (p.es. nauplio II, nauplio III, zoea I, zoea IV). Alcune specie invece passano simili fasi embrionali nell'interno dell'uovo, per poi uscirne con fattezze simili a quelle adulte (oppure come zoea). Nauplio Nello stadio di nauplio il crostaceo si muove grazie alle proprie antenne. Sono ben sviluppati solo il capo e la coda, mentre il torace e l'addome sono assenti o ridotti, secondo lo stadio. I nauplii sono caratterizzati da un unico primitivo occhio, detto ocello naupliare, che consente loro di percepire l'intensità luminosa. Questo occhio generalmente scompare negli stadi successivi con la comparsa degli occhi composti, mentre in alcune specie, come il Triops, rimane anche nella fase adulta. Zoea La seconda fase, detta zoea, si muove invece grazie alle appendici sul torace, mentre i pleopodi non sono ancora ben sviluppati. Le zoee hanno due occhi composti. Post-larva La post-larva presenta ormai la maggior parte delle caratteristiche dell'organismo adulto, e si muove con i propri pleopodi. Spesso vengono usati nomi particolari a seconda dei taxa (p.es. megalopa). Importanza economica I crostacei più noti, appartenenti all'ordine dei Decapodi, sono largamente usati per l'alimentazione umana e in qualche caso anche allevati: gamberi, granchi, aragoste, astici, mazzancolle, scampi ecc. Vengono consumate anche poche specie di altri ordini (p.es. Squilla). Hanno importanza economica per i danni che producono i Cirripedi. Sistematica Il prospetto seguente rispecchia la classificazione di J.W. Martin e G.E. Davis del 2001. Classe Branchiopoda , 1817 Sottoclasse Sarsostraca , 1969 Ordine Anostraca , 1867 Sottoclasse Phyllopoda , 1951 Ordine Notostraca , 1867 Ordine Diplostraca , 1866 Sottordine Laevicaudata , 1945 Sottordine Spinicaudata , 1945 Sottordine Cyclestherida , 1899 Sottordine Cladocera , 1829 Infraordine Ctenopoda , 1865 Infraordine Anomopoda , 1902 Infraordine Onychopoda , 1865 Infraordine Haplopoda , 1865 Classe Remipedia , 1981 Ordine Nectiopoda , 1986 Classe Cephalocarida , 1955 Ordine Brachypoda , 1960 Classe Maxillopoda , 1956 Sottoclasse Thecostraca , 1905 Infraclasse Facetotecta , 1985 Infraclasse Ascothoracida , 1880 Ordine Laurida , 1987 Ordine Dendrogastrida , 1987 Infraclasse Cirripedia , 1834 Superordine Acrothoracica , 1905 Ordine Pygophora , 1907 Ordine Apygophora , 1907 Superordine Rhizocephala , 1862 Ordine Kentrogonida , 1884 Ordine Akentrogonida , 1911 Superordine Thoracica , 1854 Ordine Pedunculata , 1818 Sottordine Heteralepadomorpha , 1987 Sottordine Iblomorpha , 1987 Sottordine Lepadomorpha , 1916 Sottordine Scalpellomorpha , 1987 Ordine Sessilia , 1818 Sottordine Brachylepadomorpha , 1923 Sottordine Verrucomorpha , 1916 Sottordine Balanomorpha , 1916 Sottoclasse Tantulocarida , 1983 Sottoclasse Branchiura , 1864 Ordine Arguloida , 1963 Sottoclasse Pentastomida , 1836 Ordine Cephalobaenida , 1935 Ordine Porocephalida , 1935 Sottoclasse Mystacocarida , 1943 Ordine Mystacocaridida , 1943 Sottoclasse Copepoda , 1840 Infraclasse Progymnoplea , 1948 Ordine Platycopioida , 1985 Infraclasse Neocopepoda , 1991 Superordine Gymnoplea , 1882 Ordine Calanoida , 1903 Superordine Podoplea , 1882 Ordine Misophrioida , 1933 Ordine Cyclopoida , 1834 Ordine Gelyelloida , 1988 Ordine Mormonilloida , 1979 Ordine Poecilostomatoida , 1859 Ordine Siphonostomatoida , 1859 Ordine Monstrilloida , 1901 Classe Ostracoda , 1802 Sottoclasse Myodocopa , 1866 Ordine Myodocopida , 1866 Sottordine Myodocopina , 1866 Ordine Halocyprida , 1853 Sottordine Cladocopina , 1865 Sottordine Halocypridina , 1853 Sottoclasse Podocopa , 1894 Ordine Platycopida , 1866 Ordine Podocopida , 1866 Sottordine Bairdiocopina , 1865 Sottordine Cytherocopina , 1850 Sottordine Darwinulocopina , 1988 Sottordine Cypridocopina , 1901 Sottordine Sigilliocopina , 1992 Classe Malacostraca , 1802 Sottoclasse Phyllocarida , 1879 Ordine Leptostraca , 1880 Sottoclasse Hoplocarida , 1904 Ordine Stomatopoda , 1817 Sottordine Unipeltata , 1825 Sottoclasse Eumalacostraca , 1892 Superordine Syncarida , 1885 Ordine Bathynellacea , 1915 Ordine Anaspidacea , 1904 Superordine Peracarida , 1904 Ordine Spelaeogriphacea , 1957 Ordine Thermosbaenacea , 1927 Ordine Lophogastrida , 1870 Ordine Mysida , 1825 Ordine Mictacea , 1985 Ordine Amphipoda , 1816 Sottordine Gammaridea , 1802 Sottordine Corophiidea , 1814 Infraordine Corophiida , 1814 Infraordine Caprellida , 1814 Sottordine Hyperiidea , 1830 Infraordine Physosomata , 1929 Infraordine Physocephalata , 1973 Sottordine Ingolfellidea , 1903 Ordine Isopoda , 1817 Sottordine Phreatoicidea , 1893 Sottordine Anthuridea , 1922 Sottordine Microcerberidea , 1961 Sottordine Flabellifera , 1882 Sottordine Asellota , 1802 Sottordine Calabozoida , 1983 Sottordine Valvifera , 1882 Sottordine Epicaridea , 1831 Sottordine Oniscidea , 1802 Infraordine Tylomorpha , 1943 Infraordine Ligiamorpha , 1943 Ordine Tanaidacea , 1849 Sottordine Tanaidomorpha , 1980 Sottordine Neotanaidomorpha , 1980 Sottordine Apseudomorpha , 1980 Ordine Cumacea , 1846 Superordine Eucarida , 1904 Ordine Euphausiacea , 1852 Ordine Amphionidacea , 1973 Ordine Decapoda , 1802 Sottordine Dendrobranchiata , 1888 Sottordine Pleocyemata , 1963 Infraordine Stenopodidea , 1872 Infraordine Caridea , 1852 Infraordine Thalassinidea , 1831 Infraordine Palinura , 1802 Infraordine Anomura , 1838 Infraordine Brachyura , 1758 Note Voci correlate Arthropoda Mandibulata Pancrustacea Esoscheletro (zoologia) Muta (biologia) Frutti di mare Acquacoltura Plancton Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Canottaggio
Canottaggio
Il canottaggio è un'attività sportiva che consiste nel muovere un'imbarcazione dotata di remi sfruttando la forza fisica dei vogatori. Storia Oggi il canottaggio è governato dalla FISA (Fédération Internationale des Sociétés d'Aviron), fondata il 25 giugno 1892 a Torino, presso la Reale Società Canottieri Cerea, che organizza i Campionati del mondo dal 1962. Tuttavia in Italia è più conosciuta la FIC ("Federazione Italiana Canottaggio"), che, fondata nel 1888, oggi organizza e soprattutto gestisce la maggior parte degli avvenimenti sportivi nel territorio. Gare di canottaggio si disputano anche ai Giochi olimpici fin dal 1900 (vennero cancellate nella prima edizione del 1896). Tra le nazioni più forti nel canottaggio si trovano Italia, Regno Unito, Stati Uniti, Francia, Germania, Australia e Nuova Zelanda. Tra i più noti atleti di questo sport troviamo in Italia Daniele Giladoni, Franco Sancassani, Elisabetta Sancassani, Laura Schiavone, Manfredi Marini, Luca Moncada, Simone Raineri, Rossano Galtarossa, Leonardo Pettinari , Elia Luini ed i fratelli Abbagnale, Giuseppe, Carmine, Agostino, Alessio Sartori; tra gli atleti esteri, Sir Steven Redgrave (GB), Thomas Lange (Germania), Rob Waddell, Eric Murray, Hamish Bond e Mahé Drysdale (Nuova Zelanda) e Xeno Müller (Svizzera). Tra le donne Ekaterina Karsten (Bielorussia) e Kathrin Boron (Germania). Lo sport Il canottaggio è uno sport di velocità e resistenza che utilizza delle barche dalla forma estremamente affusolata, nella quale gli atleti siedono su seggiolini mobili (chiamati "carrelli"), scorrevoli o fissi orientati verso poppa, e usano dei remi per far muovere l'imbarcazione. Questo sport può essere praticato su fiumi, laghi o sul mare. Le principali differenze nelle imbarcazioni usate per il canottaggio sono date dal numero di componenti dell'equipaggio, dal numero di remi azionati da ogni vogatore, che possono essere uno ("di punta") o due ("di coppia") e dalla presenza o meno di un timoniere (si parla quindi di "con" e "senza"). Nelle barche cosiddette lunghe cioè con più di un vogatore è molto importante la figura del capovoga cioè colui che siede sul primo carrello partendo da poppa. Il suo compito è quello di dare il giusto ritmo (rapporto tra passata e ripresa) alla barca e di scegliere una giusta strategia di gara. Le imbarcazioni da canottaggio olimpico sono lunghe e strette, allo scopo di ridurre la resistenza offerta dall'acqua. Questa forma le rende instabili e soggette a rovesciamenti improvvisi, ma con l'esperienza e la pratica si impara a non rovesciarsi più. Essere in grado di tenere in equilibrio la barca, ponendo al tempo stesso il massimo dello sforzo nei remi, è una dote essenziale per il canottaggio. Le imbarcazioni, in origine costruite in legno, sono oggi fabbricate in fibra di carbonio, mentre le imbarcazioni da competizione sono ormai quasi tutte in materiali compositi. Questa evoluzione avviene per ottenere barche sempre più veloci ed idrodinamiche perché in alcune competizioni pochissimi secondi ed anche meno possono essere decisivi per il piazzamento dell'atleta. I vogatori praticano questo sport a livello amatoriale o agonistico. Esistono diversi tipi di competizioni nel canottaggio. Le regate si tengono in primavera ed in estate e sono generalmente gare di velocità. La distanza regolamentare su cui si svolgono le gare è di 2.000 metri, si disputano gare anche sui 1000 e 1500 metri per le categorie giovanili. Esistono inoltre altri tipi di gare, denominate di "Gran fondo", la cui distanza varia generalmente tra i 6.000 ed i 7.000 metri. Le imbarcazioni possono effettuare partenze "volanti" (se non tenute) o ferme (se tenute per la poppa fino al via), il primo equipaggio a tagliare la linea di arrivo è il vincitore. Generalmente il campo di regata permette di gareggiare ad un massimo di otto imbarcazioni (ognuna ha una sua corsia delimitata dalle altre) ma le gare ufficiali internazionali si disputano su sei corsie, per questo motivo la gara viene suddivisa in una serie di batterie (con eventuali recuperi), semifinali e una finale. Esiste un altro tipo di regata che si svolge di solito dall'autunno alla primavera (a seconda delle condizioni locali). Le imbarcazioni partono in movimento una alla volta, a intervalli di 10-20 secondi, e gareggiano contro il tempo. Le distanze possono variare dai 2.000 metri a oltre 12.000. Un terzo tipo di regata detta bumps, si svolge a Oxford e a Cambridge. In queste gare le imbarcazioni partono allineate lungo il fiume a intervalli regolari, e partono contemporaneamente. Lo scopo della gara è quello di raggiungere l'imbarcazione che sta davanti, senza farsi raggiungere da quella posta indietro. Se un equipaggio raggiunge quello che gli sta davanti, ottiene un bump, entrambi gli equipaggi accostano a riva e non prendono più parte alla gara. Comunque, il giorno seguente, gli equipaggi che hanno ottenuto il bump, partono davanti a quelli che sono stati raggiunti. Questo tipo di gare si svolge su un periodo di diversi giorni, e le posizioni alla fine dell'ultima gara sono usate per stabilire l'ordine di partenza del primo giorno di gara dell'anno seguente. Oxford e Cambridge disputano queste gare due volte all'anno, per gli equipaggi dei rispettivi college. Esistono anche bumps cittadine, aperte a tutti gli equipaggi. Questo tipo di gara è estremamente raro al di fuori del Regno Unito. Il canottaggio è atipico per quanto riguarda lo sforzo richiesto ai concorrenti. La distanza di gara standard di 2.000 m è abbastanza lunga da richiedere doti di resistenza, ma abbastanza corta (di solito da 6'00" a 8'00") da sembrare una gara di velocità. Ciò significa che i vogatori possiedono una potenza tra le più alte di tutti gli sport. Al tempo stesso i movimenti richiesti da questo sport comprimono i polmoni degli atleti, limitando la quantità di ossigeno disponibile. Ciò richiede che il vogatore adatti la respirazione al ritmo della remata, tipicamente inalando ed esalando due volte per remata, contrariamente ad altri sport, come ad esempio il ciclismo, dove l'atleta può respirare liberamente. Il campo di regata Il campo di regata cambia lunghezza in base alla categoria, ed è largo in modo da garantire 15 m di distanza tra una corsia e l'altra. Per la categoria allievi B (10-12 anni allievi B1, 11-12 anni allievi B2) la distanza di gara è di 1000 metri; per gli allievi C (12-13 anni) e per i cadetti (13-14 anni) la distanza di gara è di 1500 m. Il campo di regata è però sempre di 2000 m per permettere le regate over 14 (nelle categorie dei Ragazzi e Junior in su). Esistono tuttavia gare dette "Sprint" che si svolgono su una distanza di soli 500 metri, molto spesso questi avvenimenti sono solamente regionali e vengono allestiti direttamente da una società. Il numero delle corsie disponibili varia a seconda della larghezza del bacino o del fiume che ospita l'evento. Le gare di fondo invece si svolgono su una distanza maggiore che dipende da regata a regata possono essere da 2000 metri a 6000 metri tranne per le categorie B1, B2 e cadetti e allievi C 1500 metri. Queste gare servono per la resistenza. La tecnica di voga La remata inizia nella cosiddetta posizione di "finale" con la pala inserita nell'acqua e posta perpendicolarmente rispetto ad essa. Il rematore ha le gambe distese, il corpo leggermente piegato indietro oltre i 90° e le braccia raccolte al petto con i gomiti ben aperti e alti. La pala viene ruotata di 90° in modo da rimanere piatta sull'acqua; Il vogatore porta prima in avanti le braccia e, una volta distese completamente, porta in avanti il tronco mediante una contrazione della fascia lombare; le gambe rimangono stese. Il vogatore piega le gambe, facendo scorrere in avanti il seggiolino avendo cura di giungere con le tibie perpendicolari all'acqua. La pala del remo viene ruotata di 90° quando il rematore raggiunge la metà del carrello mentre si porta in avanti, in modo che sia perpendicolare all'acqua raggiunta la massima estensione (posizione di "attacco"). La pala viene inserita rapidamente in acqua. Il vogatore spinge la barca facendo leva sulla pala del remo, tramite la distensione delle gambe, mentre il corpo resta inclinato in avanti e le braccia stese. Il vogatore continua a spingere con le gambe, distese le gambe il corpo si raddrizza e raggiunge la posizione di 90°, a quel punto la schiena torna nella posizione iniziale (angolo > 90°) e le braccia raccolte sul petto con i gomiti ben aperti. Il vogatore spinge rapidamente il manico del remo verso il basso in modo che la pala esca dall'acqua. Da questo punto si ricomincia con il primo passaggio, la remata è un'azione ripetitiva e deve rispettare sempre i passaggi descritti. Si ricorda che il passaggio in cui il vogatore piega le gambe è molto più lento di quello in cui le spinge. Il rapporto tra passata (la pala spinge in acqua) e ripresa (la pala è estratta e viene spinta in avanti) è di circa 1 a 2. Il numero di colpi al minuto si indica a tutta la serie di passaggi precedentemente descritti: nel fondo è tra i 18 e i 22, in gara è tra i 30 e i 40, nelle partenze può arrivare a 55. Il vogatore (canottiere è più tecnico) usa tutti i muscoli più importanti durante questa azione ed anche per questo il canottaggio è considerato uno degli sport più completi a livello fisico. Allenamento L'allenamento a livello agonistico si svolge sia su uno specchio d'acqua che in palestra. Nel periodo autunnale e invernale si predilige un allenamento basato sul fondo medio lungo, curandone tutti gli aspetti tecnico-fisiologici a un basso numero di colpi in acqua. Oltre ai pesi e agli attrezzi utilizzati per aumentare massa muscolare e forza, un pezzo dell'equipaggiamento comunemente usato per gli allenamenti a secco è il remoergometro, divenuto popolare anche al di fuori di questo sport. Esso riproduce piuttosto fedelmente il gesto che il canottiere compie in barca, con la naturale differenza della diversa sensibilità: in barca l'atleta poggia su un mezzo liquido, mentre sul remoergometro è saldamente poggiato a terra. Questo attrezzo viene molto utilizzato sia dagli atleti professionisti che dalle scuole di voga, perché permette di allenarsi in modo piuttosto verosimile. Il remoergometro è sostanzialmente formato da una rotaia, su cui scorre il carrello mobile su cui siede l'atleta, e da una ventola al termine della rotaia stessa: a questa ventola è attaccata una catena, il cui fattore di resistenza (drag) può essere regolato a seconda delle preferenze. Questa catena va tirata verso l'atleta, prendendola con un apposito manubrio, con la forza di (nell'ordine) gambe-schiena-braccia. I remoergometri più moderni e tecnologici presentano anche uno schermo su cui compaiono tutti i fattori rilevati dai sensori della ventola, tra cui tempo medio sulla distanza di 500 metri, numero di colpi per minuto e la potenza esplicata dal soggetto espressa in watt. Nella stagione primaverile solitamente si incrementano gli allenamenti nello specchio d'acqua, alternando programmi d'alta intensità a sedute di fondo (di lunga durata e bassa intensità) per affinare la tecnica e il rapporto con l'imbarcazione in vista delle gare. Specialità Ai Campionati del mondo si disputano gare per i seguenti equipaggi (maschili e femminili): singolo (1x) (maschile e femminile) due di coppia (2x) (maschile e femminile) due senza (2-) (maschile e femminile) due con (2+) (maschile) quattro di coppia (4x) (maschile e femminile) quattro senza (4-) (maschile e femminile) quattro con (4+) (maschile e femminile) otto (8+) (maschile e femminile) Dai Giochi di Atlanta del 1996, il "quattro con" e il "due con" non sono più gare olimpiche: al loro posto sono stati inseriti il doppio e il quattro senza pesi leggeri (anche quest'ultimo escluso dalle gare olimpiche a partire dai giochi di Tokyo 2020) per gli equipaggi maschili, e doppio e quattro di coppia pesi leggeri per gli equipaggi femminili. Come risultato della cancellazione di questi equipaggi ai Giochi olimpici, i vogatori sono meno interessati a partecipare a questo tipo di barche anche ai Campionati del mondo. Esistono anche altre imbarcazioni molto più larghe e pesanti: canoino singolo (c1) doppio cànoe (c2) due iole quattro iole (4J) otto iole (8J) doppio elba Queste barche sono utilizzate soprattutto nelle località marittime o da principianti per imparare a remare. Esiste un campionato italiano specifico denominato Campionati Italiani di Canottaggio in Tipo Regolamentare (o più comunemente chiamati Campionati del Mare), organizzato ogni anno in località diverse. Esiste inoltre il singolo 7.20 una barca da uno più pesante e corta del singolo tradizionale usata solitamente da bambini fino all'età di cadetti. Categorie Senior e pesi leggeri Al livello Assoluto esistono due categorie di canottieri: Senior, senza limite di peso, e Pesi Leggeri, con limite per gli uomini al di sotto di 72,5 kg nel singolo e 70 kg come media nelle barche multiple e per le donne al di sotto dei 59 kg nel singolo e 57 kg come media nelle barche lunghe. Mentre la categoria Senior investe tutte le imbarcazioni, la categoria "P.L." non prevede il due con ed il quattro con. Inizialmente i Giochi olimpici erano riservati a tutte le barche "pesanti" ma per favorire anche la partecipazione delle Nazioni Orientali a partire dall'edizione di Atlanta 1996 vennero introdotte le gare del "doppio pesi leggeri" e del "quattro senza pesi leggeri" al posto del due con (mitico armo dei fratelli Abbagnale) e del quattro con. Categoria para-rowing Il canottaggio è rivolto anche ai disabili. Dal 17 febbraio 2013 la FISA ha stabilito di cambiare il nome di questa disciplina, chiamandola para-rowing e a febbraio del 2017, il Congresso FISA ha adottato le terminologie PR1, PR2 e PR3 per suddividere gli atleti a seconda del grado di disabilità. Il programma di gare attualmente prevede cinque classi di barche che fanno parte del programma Paralimpico. Le cinque classi di barche sono: Quattro con PR3 Misto (l’atleta utilizza tutto il corpo: gambe, tronco e braccia) Doppio PR3 Misto (l’atleta utilizza tutto il corpo: gambe, tronco e braccia) Doppio PR2 Misto (l’atleta utilizza solo il tronco e le braccia) Singolo PR1 maschile (l’atleta utilizza solo le braccia e le spalle) Singolo PR1 femminile (l’atleta utilizza solo le braccia e le spalle) Dal 2017 le gare si disputano sulla distanza di 2000 metri (fino al 2016 la lunghezza del percorso era di 1000 metri). Nei giochi olimpici di Pechino 2008 un'imbarcazione italiana, formata da Alessandro Franzetti (Gavirate), Paola Protopapa (Aniene), Luca Agoletto (Aniene), Daniele Signore (Flora), Graziana Saccocci (Gavirate) ha raggiunto il gradino più alto del podio. Varianti Oltre al canottaggio classico esistono altre tre specialità: Canottaggio costiero – tipo di canottaggio che si pratica lungo le coste su imbarcazioni adattate per sopportare le difficoltà che le onde alte del mare possono causare. Questa specialità prevede imbarcazioni di singolo, doppio e quattro. Solo il quattro dispone anche del timoniere e può essere sia di coppia che di punta. Lance a Remi – Specialità che riprende le prime barche da canottaggio, la Lancia, che comprende 10 vogatori su un'imbarcazione larghissima e ciascuno possiede 1 solo remo e non si siede su carrellini. Sedile fisso – Specialità che comprende le larghe imbarcazioni tradizionali che non possiedono il carrellino (elba, iole, gozzo e gozzetto) Note Voci correlate Canottaggio ai Giochi olimpici Campionati del mondo di canottaggio Medaglia Thomas Keller Campo di gara Altri progetti Collegamenti esterni FIC (Federazione Italiana Canottaggio) FICSF (Sito ufficiale della Federazione Italiana Canottaggio Sedile Fisso) FISA (Fédération Internationale des Sociétés d'Aviron)
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https://it.wikipedia.org/wiki/Ciclismo
Ciclismo
Per ciclismo si intende l'utilizzo di una bicicletta come mezzo meccanico a scopi differenziati. L'accezione più comune di "ciclismo" è riferita allo sport del ciclismo, ma in realtà lo spettro è più ampio abbracciando anche gli usi trasportistici, quelli ricreativi e cicloturistici e quelli militari. Il mezzo meccanico ovvero la bicicletta ha cominciato a diffondersi nel XIX secolo e sono circa due miliardi le persone, di ogni età ed estrazione sociale, che nel mondo utilizzano tale veicolo. È il principale mezzo di trasporto in molti paesi in cui la motorizzazione di massa non si è sviluppata a pieno. In altri paesi in cui questo processo è già avvenuto, a causa delle conseguenze negative (congestione, inquinamento, vivibilità), si è avviato un processo di riduzione ed uscita dal trasporto motorizzato. Le primissime gare ufficiali si sono svolte nel 1868. Gli europei, gli inglesi e i francesi vi hanno preso parte. In uno dei parchi della capitale francese, era necessario guidare per due chilometri. Successivamente, hanno iniziato a condurre gare di lunga distanza e sviluppare il campo del ciclismo. Storia Nel 1790 nasce il celerifero del Conte Mede de Sivrac, di legno, senza sterzo e catena, con avanzamento a spinta. La draisina di Von Drais (barone tedesco) risale invece al 1818 ed era costituita da un manubrio per dirigere la ruota anteriore e un sellino; l'avanzamento era sempre a spinta, così come il materiale: il legno. La prima "vera" bicicletta fu inventata verso il 1839 da un maniscalco scozzese: Kirkpatrick Mac Millan e consisteva in una "draisienne migliorata", alla quale Mac Millan aveva installato un sistema abile di pedali. Contrariamente alla draisienne, diventava possibile rotolare senza che i piedi toccassero il suolo. Il primo velocipede (così battezzato dal francese Michaux nel 1855) modello Michaudina aveva i pedali innestati direttamente sul mozzo anteriore, la cui ruota era molto grande (circa 3 metri). Il telaio era in ferro e il freno a pattino si trovava sulla ruota posteriore. Questa bicicletta ebbe un grande successo, e si passò dai due esemplari del 1861, ai 4 esemplari del 1865. La funzione di una ruota anteriore grande, era quella di aumentare lo spazio percorso in funzione del tempo, quindi di incrementare la velocità. L'altezza della ruota anteriore costringeva il ciclista ad usare uno scalino per poter montare in sella. Durante questo periodo nacquero anche le prime corse in bicicletta, le quali avevano la funzione di promuovere questo mezzo, quindi i fini erano di tipo commerciale. Nel 1868 fecero la loro apparizione telai e forcelle di acciaio forgiato, ruote di legno cerchiate in ferro, rivestimenti delle ruote in caucciù. Nel 1869 nasce in Francia la Parigi-Rouen (prima grande corsa ciclistica su strada, da Parigi a Rouen sulla distanza di 126 chilometri, con la partecipazione di 304 concorrenti), vinta dal veterinario inglese Moor, il quale percorse la distanza a circa 15 km/h. La prima gara in Italia risale invece al 1870 (Firenze-Pistoia); 33 km percorsi in poco più di 2 ore. Intorno al 1875 apparve in Inghilterra la "grande B" detta anche "il ragno", con la ruota anteriore di 1,5 m di diametro, al cui mozzo erano posti i pedali, mentre la minuscola ruota posteriore serviva solo da punto di appoggio. La prima classica italiana (1876) fu vinta da Maghetti, che percorse 150 km da Milano a Torino. Nel 1877 Rousseau inventa gli ingranaggi moltiplicatori applicati alla ruota anteriore, con trasmissione a catena. Tra il 1876 ed il 1879 Shergold, Vincent e Lawson applicano gli ingranaggi nella ruota posteriore. Nel 1880 a New York in America, nasce la prima 6 giorni di corsa su pista. Nel 1883 in Inghilterra Starley introdusse sulla sua "safety" la trasmissione a catena, oltre a rimettere in uso il sistema a raggi tangenziali e non perpendicolari al mozzo, per una migliore ripartizione del carico. Nel 1888 Dunlop inventa lo pneumatico; con l'arrivo dello pneumatico di Dunlop si risolse soprattutto il problema delle strade accidentate di allora, rendendo così più confortevoli e pratiche le biciclette. Tra il 1889 e il 1890, rispettivamente Michelin e Pirelli apportano delle modifiche sullo pneumatico inventato da Dunlop. Nel 1890 nasce la Parigi-Brest-Parigi: 1260 km no stop da pedalare giorno e notte. Nel 1896 nasce la prima classica francese denominata Parigi-Roubaix. Nel 1897 nasce la prima ruota libera. Nel 1898 vengono installati i mozzi forniti di freni "retro-pedale" alla bicicletta. Tra il 1900 e il 1912 aumenta il numero di biciclette in Italia, fino ad arrivare a circa un milione di esemplari. Nel 1903 nasce il Tour de France che fu vinto da Maurice Garin, spazzacamino valdostano. Sei anni dopo il primo "Tour de France", nel 1909, l'Italia si adegua e organizza il primo "Giro d'Italia" della penisola, grazie all'inventiva di Tullo Morgagni de "La Gazzetta dello Sport". 127 i corridori al via della corsa che non aveva ancora come simbolo del primato la maglia rosa e la classifica non era redatta in base al tempo impiegato da ciascun corridore, ma in base ad un punteggio assegnato al termine di ogni arrivo di tappa. E già nella prima frazione il "Giro" perse due dei probabili favoriti: il "diavolo rosso", l'astigiano Giovanni Gerbi e il francese Lucien Mazan che si faceva chiamare Petit Breton entrambi coinvolti in due differenti cadute. La classifica finale vide primeggiare Luigi Ganna che precedette di due punti Carlo Galetti e di 15 Giovanni Rossignoli. Infine, nel 1912 nasce il professionismo. Tipologie Trasporto L'uso trasportistico della bicicletta ha luogo, soprattutto in aree urbane, sia per gli spostamenti di persone che in attività commerciali, per il trasporto merci. La bicicletta ha storicamente costituito uno dei pochi modi per spostare persone e merci a disposizione delle classi meno agiate. Lo sviluppo economico, a partire dalla seconda metà del XX secolo, ha portato a un'importante diffusione dell'automobile, che ha in gran parte soppiantato l'uso della bicicletta come mezzo di trasporto. Con l'aumento del traffico urbano, tuttavia, e il raggiungimento, soprattutto nei territori fortemente urbanizzati, dei limiti di sviluppo del trasporto motorizzato, l'utilizzo della bicicletta è ridivenuto concorrenziale: a suo favore anche l'estrema economicità rispetto agli altri mezzi e l'impatto ambientale praticamente nullo. Storicamente un uso molto diffuso della bicicletta è stato quello nel servizio postale, ridottosi nel corso della crescente motorizzazione ed in nuova espansione. Anche l'uso della bicicletta nei corpi delle forze dell'ordine ha avuto un decorso simile: forte nella prima metà del ventesimo secolo, poi quasi abbandonato, è in forte ritorno in concomitanza con le limitazioni al traffico motorizzato, la congestione e le pedonalizzazioni. Infine, un aspetto trasportistico-commerciale per il trasporto di persone è quello dei velotaxi, tipici dei centri storici, sovente chiusi al traffico, di molte città europee. Ricreazione L'uso ricreativo della bicicletta è diffuso in ogni età. Il cicloturismo è uno sviluppo moderno in forma di gite e viaggi di varia durata, esplorazioni o visite su distanze più o meno lunghe. Si tratta di un modo di viaggiare particolarmente economico, generalmente estraneo ai consueti itinerari del turismo di massa. Scopi militari La fanteria in bicicletta ha costituito, tra il XIX e il XX secolo, una delle specialità della fanteria. Suddivisi in reparti organici, e armati di moschetti e di mitragliatrici, i fanti in bicicletta potevano coprire 80–90 km al giorno e trovare utilità sia in fase prebellica che in combattimento. In fase prebellica avevano numerosi impieghi: coadiuvare la cavalleria nelle fasi esplorative e di studio del nemico, sostenere, nelle fasi di inizio ostilità, le truppe di copertura e contribuire alla protezione di grandi unità ferme, ma anche formare servizio di pattuglia e dare aiuto logistico (collegamenti e trasmissione di notizie). In fase di combattimento, invece, in cooperazione con la cavalleria, agivano come i normali reparti di fanteria, caratterizzandosi però per azioni rapide e a sorpresa contro il fianco e le spalle del nemico. In tale ottica rientrano la rapida occupazione di punti avanzati di importanza strategica, l'inseguimento del nemico sconfitto e il suo trattenimento per agevolare la ritirata delle proprie truppe. L'ultimo paese ad avere truppe in bicicletta è stata la Svizzera, che ha soppresso quel tipo di reparti nel 2003. Sport Le competizioni di ciclismo sono parte integrante di questa disciplina. Nate negli ultimi decenni del XIX secolo, si sono storicamente distinte in tre discipline principali: il ciclismo su pista, praticato all'interno dei velodromi, il ciclismo su strada, praticato sulle comuni strade, e il ciclocross, praticato fuori strada. Dagli anni settanta e ottanta ha avuto molta diffusione anche il mountain bike. Sono poi riconosciute anche le specialità della BMX, del trial, del ciclismo indoor e del paraciclismo. Il ciclismo è sport olimpico dal 1896, anche se solo dal 1984 sono ammesse nel programma le gare femminili. Al 2012 rientrano nel programma olimpico quattro discipline: il ciclismo su pista, il ciclismo su strada, il mountain biking e la BMX. Le competizioni sono regolate e coordinate dall'Unione Ciclistica Internazionale attraverso le organizzazioni continentali e nazionali. Note Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Curling
Curling
Il curling è uno sport di squadra nel quale si gioca sul ghiaccio con pesanti pietre di granito levigate, dette semplicemente sassi o pietre (stone in inglese), dotate di un'impugnatura. I giocatori, suddivisi in due squadre, fanno scivolare queste pietre su un pavimento di ghiaccio verso un'area di destinazione, detta casa, contrassegnata da tre anelli concentrici. Le due squadre, ognuna composta da quattro giocatori, lanciano a turno le pietre con un effetto detto curl ("far muovere a spirale" in inglese), grazie al quale la pietra percorre una traiettoria curvilinea. Ogni squadra ha a disposizione otto lanci per ogni intervallo di gioco, detto end, in cui ogni giocatore lancia due pietre. Lo scopo del gioco è di accumulare, nel corso della partita, un punteggio maggiore dell'avversario. I punti si calcolano in base al numero di stone più vicine al centro della casa alla conclusione di ogni mano. Una mano si completa quando entrambe le squadre hanno lanciato tutte le proprie pietre. Un gioco può essere costituito da dieci o da otto mani. La traiettoria curvilinea può essere ulteriormente influenzata dall'azione delle scope da curling, che vengono usate per abradere la superficie del ghiaccio di fronte al sasso alterandone le caratteristiche. Strategia e gioco di squadra determinano il percorso ideale e il posizionamento della pietra in ogni lancio; il compito della squadra è far sì che la pietra arrivi nel punto desiderato. Per la strategia e la tattica applicata questo sport è soprannominato "scacchi sul ghiaccio". Origini e storia Si presume che il curling sia stato inventato nella Scozia medievale. Il primo riferimento scritto di una gara con delle pietre sul ghiaccio proviene dai registri dell'Abbazia di Paisley, nel Renfrewshire, databile al febbraio del 1541. Due dipinti, entrambi datati 1565, di Pieter Bruegel il Vecchio, ritraggono dei contadini olandesi che praticano il curling. La Scozia e i Paesi Bassi avevano forti legami commerciali e culturali durante questo periodo, come è evidenziabile anche dalla storia del golf. Un'altra prova dell'esistenza del curling in Scozia agli inizi del XVI secolo è una stone sulla quale è incisa la data del 1511, scoperta insieme ad un'altra che porta la data 1551. La scoperta avvenne quando nella città scozzese di Dunblane venne prosciugato un vecchio stagno. Il Curling Club Kilsyth sostiene di essere il primo club di curling del mondo, essendo stato formalmente costituito nel 1716, ed essendo ancora attualmente attivo. La città scozzese di Kilsyth sostiene anche di possedere il più antico stagno artificiale appositamente costruito per il curling, per la precisione a Colzium. Questo stagno venne ricavato tramite la costruzione di una piccola diga che ha creato un bacino idrico poco profondo, di circa 100×250 metri, ma ormai le condizioni climatiche necessarie per giocare a curling si verificano molto di rado, a causa degli inverni sempre più caldi. La parola curling appare per la prima volta in una stampa del 1620 a Perth, nella prefazione in versi di una poesia di Henry Adamson. Il gioco era noto anche come "il gioco tuonante" a causa del suono che le stone producono scivolando sul pebble (gocce d'acqua applicate sulla superficie di gioco). Nel passato le stone erano semplicemente sassi di fiume a fondo piatto, a volte dentellate o di forma irregolare. I giocatori, a differenza di oggi, avevano scarso controllo sul sasso, e si basavano più sulla fortuna che sull'abilità o sulla strategia. Si narra che a Darvel, nell'East Ayrshire, i tessitori si rilassassero giocando a curling. Le stone usate erano i pesi di pietra dei filatoi, dotati di un manico staccabile. Fra una partita e l'altra, più di una moglie teneva la maniglia in ottone del marito per le stone da curling, lucidata fino a brillare, sulla mensola del caminetto. Il curling all'aperto era molto popolare in Scozia tra i secoli XVI e XIX, anche perché il clima rigido garantiva che il ghiaccio avesse lo spessore necessario per giocare. La Scozia è sede dell'organismo internazionale che disciplina il gioco del curling, la World Curling Federation con sede a Perth. La WCF è nata originariamente come organo del Royal Caledonian Curling Club, considerato il "club madre" del curling. Oggi il gioco si è maggiormente affermato nell'ovest del Canada, importato dagli emigranti scozzesi. Il Royal Montréal Curling Club, fondato nel 1807, è il più antico club di questo sport ancora attivo in nord America. Sempre da emigranti scozzesi, nel 1830, è stato fondato il primo club di curling negli Stati Uniti, mentre è stato introdotto in Svizzera e Svezia prima della fine del XIX secolo. Oggi il curling è praticato in tutta Europa e si è diffuso anche in Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Cina e Corea Il primo campionato mondiale di curling maschile, conosciuto come Scotch Cup, si è tenuto a Falkirk e Edimburgo, in Scozia, nel 1959. Il primo titolo mondiale è stato vinto dal team canadese di Regina, nel Saskatchewan, capitanato da Ernie Richardson. Curling ai Giochi olimpici Il curling è uno sport ufficiale dei Giochi Olimpici Invernali dall'edizione del 1998. Nel febbraio del 2002, il Comitato Olimpico Internazionale con effetto retroattivo ha decretato che la competizione disputata alle Olimpiadi invernali del 1924 sarebbe stata considerata disciplina olimpica ufficiale e non più evento dimostrativo. Così, le prime medaglie olimpiche di curling, che a quel tempo era chiamato Openair, sono state assegnate ai I Giochi olimpici invernali disputati a Chamonix. In quell'occasione la medaglia d'oro fu assegnata alla Gran Bretagna, quella d'argento alla Svezia, e quella di bronzo alla Francia. Un torneo dimostrativo si è svolto nel 1932 anche durante i III Giochi olimpici invernali di Lake Placid, tra quattro squadre provenienti dal Canada e quattro squadre provenienti dagli Stati Uniti. In quell'occasione il Canada vinse dodici partite contro le quattro vittorie statunitensi. Attrezzature Campo da curling La superficie di gioco del curling viene descritta dal regolamento di gioco della World Curling Federation. Il campo è una superficie ghiacciata preparata con cura per essere la più piatta e livellata possibile, di dimensioni comprese tra 146 e 150 piedi di lunghezza, da 45 a 46 metri circa, e 14,5 piedi di larghezza, 4,4 metri circa. Grazie alla forma allungata, più campi possono essere disposti fianco a fianco nella stessa area, consentendo lo svolgersi di più partite contemporaneamente. La cosiddetta "casa", ossia una serie di anelli concentrici, è segnata su ciascuna estremità del campo. La casa è composta da tre anelli concentrici dipinti di colore diverso l'uno dall'altro. Questi anelli sono conosciuti con il nome inglese corrispondente alla misura del loro diametro, perciò quello centrale (rosso) si chiama four-foot ring (anello da 4 piedi, pari a 1,21 metri), quello un po' più grande (bianco) eight-foot ring (anello da 8 piedi, pari a 2,44 metri) ed infine quello più grande (blu) twelve-foot ring (anello da 12 piedi, pari a 3,66 metri). Gli anelli sono solo un aiuto visivo per prendere la mira e giudicare quale stone sia più vicina al centro, ma non influenzano il punteggio, anche se la stone deve toccare almeno il twelve-foot ring, altrimenti non fa punteggio (vedi punteggio qui sotto). Ogni casa è centrata sull'intersezione della linea che divide per metà longitudinalmente il campo chiamata con il nome inglese di centerline (linea centrale), e una linea perpendicolare chiamata teeline, disegnata a 12 piedi (3,66 metri) dalle staffe. Queste linee suddividono le case in quarti. Il centro di ogni casa, all'intersezione della centerline e della teeline, è noto come bottone (in inglese button). Due hogline ("linea del maiale") sono disegnate perpendicolari alla centerline a 33 piedi (10,05 metri) dalle staffe. La staffe sono fissate a 12 piedi (3,66 metri) dietro ogni button, una staffa (chiamata spesso con il termine inglese hack) è un supporto con il quale i giocatori si danno la spinta quando effettuano il tiro. Nei campi sono solitamente installate due staffe gommate fisse, una su ciascun lato della centerline, con il bordo interno distante non più di 3 pollici (circa 7,6 cm) dalla centerline e il cui bordo anteriore non deve oltrepassare la hackline (linea delle staffe). Può anche essere utilizzata una singola staffa, come solitamente avviene nel curling openair, in cui si usa una staffa mobile posta sulla centerline. Il ghiaccio può essere naturale, ma è generalmente congelato da un impianto di refrigeramento a serpentina, che pompa una soluzione salina attraverso numerose tubazioni fissate longitudinalmente sul fondo di una superficie di acqua. La maggior parte delle strutture di curling ha un icemaker, ossia un addetto specializzato il cui principale compito è quello di prendersi cura del ghiaccio. Ai principali campionati di curling la manutenzione del ghiaccio è estremamente importante. Grandi eventi, come il Tim Hortons Brier o altri campionati internazionali, sono in genere tenuti in un'arena che presenta una sfida per gli icemaker, che devono costantemente monitorare e regolare le temperature del ghiaccio e dell'aria, nonché i livelli di umidità dell'aria per garantire una superficie di gioco uniforme. È comune per ciascun campo di gioco avere molteplici sensori incorporati per monitorare la temperatura superficiale, così come sono comuni sensori per monitorare l'umidità. La superficie del ghiaccio viene mantenuta a una temperatura di circa -5 °C. Una parte fondamentale della preparazione della superficie di gioco è lo spargimento di goccioline d'acqua sul ghiaccio, che formano, a causa del congelamento, una superficie grumosa. La superficie del ghiaccio assomiglia a una buccia d'arancia, e la pietra si muove al di sopra delle goccioline di ghiaccio. Queste goccioline vengono chiamate pebble e influenzano la traiettoria e l'effetto della pietra. L'ice maker deve essere anche consapevole della usura del pebble, poiché questo, consumandosi durante la partita, influisce sulle condizioni di gioco. Perciò il ghiaccio in genere deve essere raschiato al fine di riformare il pebble prima di ogni partita. Stone da curling La pietra da curling (a volte anche detta semplicemente sasso), come definito dalla World Curling Federation è un disco di pietra spessa del peso compreso tra 38 e 44 libbre (tra 17,24 e 19,96 kg circa) con una maniglia fissata alla parte superiore. La circonferenza massima ammissibile è di 36 pollici (circa 91,44 cm) e l'altezza minima consentita è di 4,5 pollici (circa 11,43 cm). Il manico è legato da un bullone che scorre verticalmente attraverso un foro al centro della pietra. La maniglia consente alla pietra di essere impugnata e ruotata durante il rilascio; su una superficie ghiacciata adeguatamente preparata il percorso della pietra curva (curl) nella direzione in cui il bordo anteriore della pietra stessa sta girando. Più la stone rallenta, più l'effetto del curl è marcato, per cui un tiro lento curverà prima e maggiormente di un tiro più veloce. Le maniglie sono colorate per identificare le pietre di ciascuna squadra, i due colori più popolari nei tornei più importanti sono il rosso e giallo. L'unica parte della pietra a contatto con il ghiaccio è la corona, una stretta porzione del sasso fatta ad anello, di dimensioni comprese tra 0,5 e 0,25 pollici (da 1,27 a 0,635 cm) di spessore e di 5 pollici di diametro (circa 12,7 cm). I lati della pietra convergono verso il basso (verso la corona) e la parte interna della corona è concava e vuota per eliminare il ghiaccio. Tradizionalmente, le pietre per il curling sono fatte di due tipi specifici di granito, chiamati Blue Hone e Ailsa Craig Common Green. Entrambi si trovano sull'isola di Ailsa Craig, al largo della costa scozzese dell'Ayrshire. Il Blue Hone ha un assorbimento di acqua molto basso, il che impedisce l'azione di congelamento e l'erosione della pietra mentre l'Ailsa Craig Common Green è un granito di qualità minore rispetto al Blue Hone. In passato, la maggior parte delle pietre di curling erano costituite da Blue Hone, tuttavia, essendo l'isola diventata una riserva della fauna selvatica, la cava è stata costretta a contingentare le estrazioni e vietare le detonazioni. Attualmente il granito per la produzione di pietre da curling viene principalmente dal nord del Galles. Questo granito si chiama Trefor ed è disponibile in tonalità blu, grigia, rossa e marrone. La cava in Galles che fornisce il granito per la produzione di pietre da curling ha un'esclusiva con l'azienda canadese Canada Curling Stone Co. La cava gallese è una cava piena e attiva e non si prevede l'esaurimento di questo granito in tempi brevi. La Canada Curling Stone Co. produce stone da curling dal 1992. Il costo di un sasso da curling del nuovo granito Trefor è di circa 600 dollari canadesi l'una. La famiglia scozzese Kay ha fabbricato pietre da curling dal 1851 e possiede i diritti esclusivi del granito di Ailsa Craig, concessi dal Marchese di Ailsa, la cui famiglia è proprietaria dell'isola dal 1560. Le ultime estrazioni di granito di Ailsa Craig da parte della famiglia Kay hanno avuto luogo nel 2002 (1500 tonnellate), 2013 (2000 tonnellate) e 2020 (600 tonnellate). La famiglia Kay è stata il produttore esclusivo di pietra da curling per tutti i Giochi olimpici in cui il curling è stato sport ufficiale eccetto per Salt Lake City 2002, edizione che vide anche pietre di Trefor. Una terza azienda privata entrata nel ristrettissimo mercato della produzione di pietre da curling è la cinese Tiano Curling Stone, fondata nel 2010. Recentemente è stato inventato un manico elettronico, conosciuto come Eye on the Hog ("Occhio sul[la linea del] Maiale"). Questa tecnologia può essere montata sulle pietre per rilevare le hog line violation, ovvero un fallo di gioco, causa più frequente delle contestazioni che avvengono durante il gioco. Questi manici rilevano elettronicamente se la mano del giocatore è in contatto con il manico stesso mentre la pietra passa la hog line. Il fallo è segnalato dalle luci alla base del manico. LEye on the Hog elimina l'errore umano e la necessità di avere due arbitri sulle linee stesse. Questa tecnologia è obbligatoria in competizioni di alto livello nazionale e internazionale, ma il suo costo, intorno a 650 $ ciascuno, la rende generalmente fuori dalla portata della maggior parte delle strutture. Scopa da curling La scopa da curling viene utilizzata per spazzare la superficie del ghiaccio lungo il percorso della pietra (vedi anche spazzata), ed è spesso usata anche come sostegno durante il lancio della stone. Inizialmente le scope erano fatte di saggina, pertanto simili alle scope per la casa. Oggi le scope dette "a pennello" hanno sostituito le tradizionali scope di saggina, ma sono universalmente note come scope. I pad sono la parte terminale delle scope a pennello e possono essere di stoffa, pelo animale o sintetico o di crine. I moderni manici delle scope da curling di solito sono tubi cavi di vetroresina o in fibra di carbonio. Questi nuovi manici sono più leggeri e più forti di quelli tradizionali di legno e permettono un più rapido spazzamento, consentendo inoltre di imprimere più forza verso la testa della scopa. Scarpe Le scarpe da curling sono simili a normali calzature sportive tranne per il fatto che le due suole sono diverse. Lo scivolo è la suola progettata per il piede che appunto scivola, mentre l'altra scarpa ha una suola progettata per non scivolare sul ghiaccio. La suola della scarpa con lo scivolo è solitamente realizzata in Teflon, ma ne esistono in acciaio inox e in PVC di color rosso mattone. La maggior parte delle scarpe dispone di una suola dotata di scivolo, ma esistono delle suolette-scivoli applicabili sotto la calzatura, a contatto con il ghiaccio, e fissate alle scarpe tramite lacci o elastici. Alcune scarpe hanno scivoli composti da due dischi di piccole dimensioni che coprono la porzione anteriore della suola e il tallone. Quando un giocatore non sta tirando, lo scivolo del giocatore può essere temporaneamente reso non scivoloso utilizzando una "barca", ossia una suola applicabile sopra la scarpa. La scarpa che non deve scivolare è progettata per fare aderenza. Può possedere una normale suola da scarpa sportiva o uno speciale strato di materiale gommoso applicato alla suola, con uno spessore pari a quello dello scivolo. La punta della scarpa può anche avere un rivestimento in gomma sulla superficie superiore o un lembo che sovrasta la punta. Questo riduce l'usura e l'attrito sulla parte superiore della scarpa durante il tiro. Altre attrezzature Altri tipi di apparecchiature comprendono: Pantaloni curling: elastici per facilitare le posizioni e i movimenti del curling. Cronometro: utilizzati dagli scopatori per avere un'idea della velocità della stone. Il cronometro può essere collegato ai vestiti o alla scopa. Guanti: per mantenere le mani calde e/o migliorare la presa sulla scopa. Gioco Le competizioni internazionali sono suddivise in 10 mani, quindi la maggior parte dei campionati nazionali giocano dieci mani. Tuttavia, nel corso della Coppa del Mondo per club, chiamata World Curling Tour, si disputano solo otto mani. La maggior parte dei tornei sociali sono di otto mani. La fine di una mano avviene quando ogni giocatore di entrambe le squadre ha già lanciato due stone da un'estremità del campo verso la casa del lato opposto, per un totale di 16 pietre. Le ultime mani possono non essere giocate se una squadra ha già automaticamente vinto e per gli avversari è impossibile pareggiare. Vince la squadra con il punteggio più alto, dopo che tutte le mani sono state completate (si veda Punteggio sotto). Nelle competizioni internazionali, a ciascuna squadra viene concesso un tempo limite di 73 minuti per completare tutti i propri lanci. Ad ogni squadra sono anche concessi due timeout di 60 secondi ciascuno. Se è necessario giocare ulteriori mani (extraend), ogni squadra ha a disposizione 10 minuti di tempo di gioco per completare i propri lanci ed un'aggiunta di un timeout di 60 secondi per ogni extraend giocata. Scivolata Il processo di spinta di una pietra lungo il campo è noto come scivolata. La scivolata viene determinata da tre fattori principali: la forza, la linea ed il curl. Questi fattori saranno influenzati dalle tattiche di gioco. La forza della stone è la sua velocità, questa, durante il lancio, dipende dalla spinta delle gambe, piuttosto che del braccio. Il curl è la rotazione della pietra, che le conferisce una traiettoria curva. La linea è la direzione del tiro indipendentemente dall'effetto curl, ovvero il punto verso cui è diretta la scivolata. Lo skip (caposquadra) può comunicare la forza, il curl, la linea e altre tattiche chiamandole a voce o appoggiando la scopa sul ghiaccio. Nel caso di una guardia, una bocciata o una promozione indicherà le pietre coinvolte. Prima della scivolata, la superficie del ghiaccio sulla traiettoria della pietra viene pulita con la scopa, se necessario, in quanto lo sporco sul fondo di una stone o nel suo percorso può modificare la traiettoria e rovinare il tiro. Il lanciatore tira il sasso. Un altro giocatore, di solito lo skip, è di stanza dietro il button dall'altra parte del campo per determinare tattica, forza, curl e linea mentre gli altri due possono spazzare davanti alla stone per influenzare la traiettoria (si veda Sweeping, qui di seguito). Quando tira lo skip, il viceskip assume il suo ruolo. Il lanciatore appoggia la scarpa con l'aderenza (dotata di suola antiscivolo) sulla staffa, per un giocatore di curling destrorso è il piede destro, quello sinistro per un mancino. Il lanciatore, allinea parallelamente alla staffa, le linee delle spalle, puntando con il resto del corpo la scopa dello skip. La pietra è posta di fronte ai piedi tenuta con la mano destra per i destrorsi, con la sinistra per i mancini. A seconda delle tecniche di lancio si possono effettuare diverse scivolate, che, dalla posizione di partenza, portano il giocatore in posizione di scivolata, ossia con il piede dotato di scivolo sotto il busto, con la gamba piegata, mentre l'altra gamba si distende dietro. La spinta viene data da questa gamba, il cui affondo determina la forza del tiro e quindi la distanza che la pietra percorrerà. Per bilanciare il corpo si può utilizzare una scopa tenuta nella mano libera. La pietra deve essere rilasciata entro la hog line, in prossimità di questa viene impartito il curl, prodotto da una leggera torsione in senso orario o antiorario della maniglia della stone. Solitamente se si tira con il curl in senso orario si parte con la maniglia in posizione ore 10 e si rilascia il sasso in posizione ore 12, se il senso del curl è antiorario si parte solitamente in posizione ore 2 e si rilascia sempre in posizione ore 12. Una stone normalmente compie circa 2 giri e mezzo lungo il campo prima di fermarsi. La pietra per rimanere in gioco deve fermarsi prima di attraversare interamente la back line (se ci è sopra la stone è ancora in gioco), ma deve necessariamente oltrepassare interamente la linea del maiale (hog line). Viene fatta un'eccezione se una stone tocca un'altra stone in gioco: in questo caso anche se il sasso non ha interamente attraversato la hog line rimane comunque in gioco. L'''Eye on the Hog è un sensore all'interno della pietra che indica se essa è stata rilasciata prima della hog line o meno. Se le luci sulla stone diventano rosse la pietra verrà immediatamente eliminata dal gioco. Spazzata Dopo che la stone viene lanciata la sua traiettoria è ancora influenzabile dai due scopatori sotto istruzioni dallo skip. Quando si spazza, la pressione e la velocità della testina sciolgono leggermente il pebble, causando un lieve aumento dello strato di umidità che si accumula sotto la pietra. Le scope hanno due effetti sul sasso: riducono l'attrito sotto la pietra e diminuiscono l'effetto del curl. Le pietre "curlano" (curvano in direzione del curl) di più man mano che rallentano: se si spazza subito aumenta la distanza percorsa dal sasso e si raddrizza il percorso, viceversa se si spazza nella parte finale del percorso aumenta il curl e la distanza percorsa lateralmente. Uno degli aspetti della strategia alla base del curling è sapere quando spazzare. Quando il ghiaccio davanti alla pietra viene spazzato, questa di solito arriva più lontano e rimane più diritta. In alcune situazioni una delle due alterazioni nel percorso non è desiderabile. Ad esempio, una stone può essere troppo veloce, ma deve essere spazzata per impedire che finisca su una guardia. La squadra deve decidere cosa sia meglio: evitare la guardia ma finire troppo lontani, o colpire la guardia. Gran parte delle urla che si sentono durante una partita di curling provengono o dallo skip che "chiama" (dà indicazioni) sulla "linea" (traiettoria) del tiro o dagli spazzatori che chiamano la "forza" (velocità). Lo skip valuta il percorso della stone in base alla linea e alla forza, e se necessario, dice agli spazzatori di spazzare per mantenere la traiettoria prevista. Gli stessi spazzatori sono responsabili nel giudicare la forza della stone, comunicando la corretta velocità allo skip. Alcune squadre utilizzano un cronometro per misurare il tempo percorso dal sasso durante il tiro tra la linea di tiro e la linea del maiale (hogline), un aiuto per gli spazzatori nel determinare l'esatta forza. Molte squadre utilizzano un sistema di numeri per comunicare in quale delle 10 zone giocabili si stima la pietra si fermerà. Solitamente, i due spazzatori stanno dalle due parti opposte della stone, anche se non è obbligatorio. Velocità e pressione sono fondamentali per una spazzata efficace. Afferrando la scopa, una mano dovrebbe stare, partendo dalla testa della scopa, a circa un terzo della lunghezza del manico, mentre l'altra mano dovrebbe situarsi ad un terzo della lunghezza del manico dalla parte opposta. L'angolo tra la scopa e il ghiaccio deve permettere di esercitare la maggior pressione possibile sul ghiaccio. La quantità di pressione può variare, da relativamente leggera per garantire che i detriti non modifichino il percorso della stone, a un massimo di pressione. Durante il turno della propria squadra a tutti e quattro i componenti, e ovunque sul ghiaccio fino all'altezza del centro della casa (teeline), è consentito di spazzare. Tuttavia, una volta che il bordo anteriore della pietra oltrepassa la teeline solo un giocatore della squadra può spazzare, ed è inoltre permesso ad un giocatore dell'altra squadra. Questo è l'unico caso in cui una stone può essere spazzata da un membro del team avversario. Per i regolamenti internazionali questo giocatore deve essere lo skip o, se lo skip sta tirando, il viceskip. Bruciare una pietra Occasionalmente, i giocatori possono accidentalmente toccare una pietra con la loro scopa o una parte del corpo. Questo è spesso definito come "bruciare" una pietra. Toccare una pietra ferma quando non c'è un tiro in corso non è considerato infrazione ed è comune rimetterla semplicemente a posto. Quando una pietra viene toccata mentre le stone sono in gioco, i rimedi variano, o si elimina la pietra toccata o viene spostata. Le regole dicono che la pietra debba essere posizionata dalla squadra avversaria in modo da svantaggiare la squadra che ha commesso l'infrazione. Generalmente per fair play questo non accade. Tipi di tiri Diverse tipologie di tiro vengono usate per piazzare attentamente le stone per ragioni strategiche o tattiche, ma si dividono in tre categorie fondamentali: Guardie: vengono posizionate le stone davanti alla casa nella free guard zone, di solito per proteggere il punto (la pietra più vicina al button al momento) o per rendere difficile il tiro alla squadra avversaria. Tiri a guardia possono essere centrali (center-guard) o laterali (corner-guard) a seconda della strategia (si veda Free Guard-Zone). Punti: vengono tirate le pietre per raggiungere la casa. I tiri a punto includono promozioni (spingere altri sassi all'interno della casa o più vicino al centro), appoggi (appoggiarsi appunto con un sasso ad altre stone ferme), tape-back (ossia spingere un sasso solitamente avversario sotto la teeline) e congelate o freeze (un appoggio molto preciso che solitamente impedisce al sasso di essere bocciato). Bocciate: sono destinate a rimuovere le pietre dal gioco e comprendono l'apertura (bocciata molto forte il cui obiettivo è liberare il campo dalle guardie), hit-and-roll (bocciata di una pietra avversaria che permette di "rollare" dietro le guardie) e doppie (bocciate che coinvolgono più sassi). Free Guard-Zone La Free Guard-Zone è una regola del gioco durante la quale, fino a che le prime quattro pietre non sono state giocate (due per ciascuna squadra), i sassi a guardia (quelle pietre rimaste nella zona tra lhogline e la casa) non possono essere rimosse da una pietra avversaria. Se queste guardie vengono bocciate accidentalmente dall'avversario, vengono riposizionate nello stesso posto, e la pietra avversaria viene rimossa dal gioco. Se invece un sasso viene bocciato durante un tiro della stessa squadra, il tiro è regolare. Originariamente, la regola fu introdotta su suggerimento di Russ Howard per un torneo con il più ricco premio mai assegnato fino a quel momento a Moncton, nel Nuovo Brunswick, nel 1991. La Regola di Howard (nota anche come la Regola Moncton) prevedeva che le prime quattro stone in gioco non potessero essere rimosse dall'avversario fino al quinto tiro, indipendentemente da dove si trovassero. Questa regola di gioco venne leggermente alterata e adottata come Free Guard-Zone per le gare internazionali poco dopo. Dalla stagione 1993-94 alla 2002-03 in Canada era in vigore una Free Guard-Zone estesa alle prime 3 stone, ma successivamente Canadian Curling Association decise di sostituirla con quella standard a 4 sassi. Durante questo periodo le squadre canadesi utilizzavano per i campionati nazionali il sistema a 3 sassi, mentre nei campionati internazionali (anche quelli disputati in Canada) utilizzavano la Free Guard-Zone a quattro sassi. Questa regola, un'aggiunta relativamente recente del gioco del curling, è stata inserita in risposta a una strategia chiamata peeling (sbucciamento). Questa strategia consiste nel giocare senza pietre in gioco, ossia chi ha il martello (ultimo tiro) boccia tutte le pietre dell'avversario e tira fuori campo l'ultimo tiro della mano fino alla fine della partita dove segna l'unico punto. Una squadra in testa adottando questa strategia durante il gioco avrebbe quasi sicuramente vinto. Questa strategia si era sviluppata (soprattutto in Canada), dal momento che le macchine del ghiaccio erano diventate capaci di preparare campi di gioco molto regolari e prevedibili. Inoltre l'adozione delle scope a pennello permetteva un maggiore controllo della pietre. La strategia del peeling rese però il gioco poco emozionante, tanto che nel 1990 il Tim Hortons Brier è stato considerato da molti appassionati di curling come noioso da vedere, a causa della pressoché costante strategia del peeling. Questo rese immediata e ben accetta l'adozione della Free Guard-Zone. Una strategia sviluppata dai giocatori di curling in risposta alla Free Guard-Zone (Kevin Martin dall'Alberta è uno dei migliori esempi) è chiamata spaccata (anche split o teak), in cui si effettuano dei tiri il cui scopo è quello di spostare la pietra di guardia avversaria di lato, abbastanza lontana da renderla difficile o impossibile da usare, ma rimanendo pur sempre in gioco. Il sasso lanciato esce invece dal gioco. L'effetto è funzionalmente identico al peeling, ma molto più difficile, infatti se una bocciata colpisce la guardia troppo forte (spingendola fuori dal gioco) la guardia viene rimessa nella sua posizione originale, mentre se la bocciata non è abbastanza forte ed entrambi i sassi rimangono in gioco si crea una situazione tatticamente utile all'avversario. C'è anche una maggiore probabilità che il colpo manchi la guardia del tutto a causa della precisione necessaria per effettuare il tiro. A causa della difficoltà obiettiva di questo tipo di strategia, solo le migliori squadre normalmente ci provano, risultando comunque meno dominante del peeling. Martello L'ultima pietra di una mano viene chiamata martello (dall'inglese hammer). Prima della partita, le squadre decidono chi si prende il martello o lo concordano tramite un'estrazione casuale (come un lancio della moneta), con un draw-to-the-button, dove un rappresentante di ogni squadra tira un'unica pietra tentando di avvicinarsi il più possibile al centro della casa (in inglese button), oppure in particolare nei tornei disputati ai Giochi olimpici invernali, da un confronto storico di tre vittorie-sconfitte delle squadre. In tutte le mani successive, il martello appartiene alla squadra che non ha ottenuto punti alla fine della mano precedente. Nel caso in cui nessuna delle due squadre segni punti, il martello rimane alla stessa squadra. Naturalmente, è più facile segnare punti con il martello che senza, dunque in un torneo la squadra che lo detiene in genere cerca di segnare due o più punti. Se è possibile fare solo un punto, lo skip spesso cerca di fare "mano nulla"; ossia fare in modo che nessuna delle due squadre segni punti per mantenere il martello la mano successiva, dove cercherà di segnare due o più punti. Segnare punti senza il martello è comunemente indicato come "rubare una mano", ed è molto più difficile. Strategia Il curling è un gioco di strategia, tattica e abilità. La strategia dipende dalla capacità del team, l'abilità dell'avversario, le condizioni del ghiaccio, il punteggio del gioco, quante mani rimangono alla fine, e se la squadra ha o meno il vantaggio dell'ultima pietra (martello). Una squadra può giocare una mano aggressiva o difensiva. Un gioco aggressivo consiste nel mantenere molte stone in gioco, il che rende la mano più rischiosa, ma dà anche la possibilità di fare molti punti (anche all'avversario). Un gioco difensivo è composto da molte bocciate in modo da non avere molte stone in gioco, questa strategia tende ad essere meno rischiosa. Una squadra che gioca bene a punto di solito tende a giocare in modo aggressivo, mentre una squadra che predilige le bocciate opta solitamente per giocare sulla difensiva. Se una squadra non ha il martello in una mano, cercherà di ostruire la zona di guardia (four-foot zone) di fronte alla casa per impedire l'accesso alla squadra ai due cerchi più interni della casa. Questo può essere fatto posizionando con i primi due tiri delle guardie centrali (chiamate in inglese center guard) davanti alla casa in prossimità della linea centrale. Se una squadra invece ha il martello, cercherà di mantenere la four-foot zone libera, in modo da avere accesso alla zona centrale in ogni momento. Una squadra con il martello tenderà a tirare con i primi due tiri una guardia laterale (in inglese corner guard). Queste servono generalmente a una squadra a segnare due o più punti in una mano, perché si può tirare un punto laterale che curlando si può nascondere dietro, rendendo più difficile una bocciata da parte della squadra avversaria. Idealmente, la strategia in una mano per una squadra con il martello è quella di segnare due punti o più. Segnare solo un punto è spesso un'occasione sprecata, in quanto si perde il vantaggio del martello nella mano successiva. Se una squadra non può segnare due punti capita spesso che si tenti una mano nulla, bocciando qualsiasi pietra dell'avversario in modo che escano entrambi i sassi o, se non ci sono stone avversarie, semplicemente lanciando la stone oltre la casa, in modo che nessuna squadra segni punti e la squadra con l'hammer lo mantenga la mano successiva. In generale, una squadra senza il martello vorrebbe sia forzare la squadra avversaria a segnare un solo punto (in modo che possano ottenere il martello la mano successiva) sia rubare la mano segnando uno o più punti. Generalmente maggiore è il vantaggio di una squadra e più questa giocherà in maniera difensiva, bocciando tutte le stone dell'avversario, negandogli così l'opportunità di segnare in una mano più di un punto difendendo così il vantaggio. Una squadra in svantaggio viceversa tenterà un gioco più aggressivo, nascondendosi dietro le guardie, spingendo le stone avversarie nella parte posteriore della casa con un tiro conosciuto come tape-back (se sono di fronte alla tee-line) o appoggiandosi a esse (se sono dietro la linea di tee). Una pietra congelata (freeze) è difficile da rimuovere, perché è a contatto con la pietra avversaria. Concedere il gioco Non è raro che a qualsiasi livello la squadra perdente decida di terminare la partita prima che tutte le mani siano state completate se crede che non ha più una reale possibilità di vincere. Nelle competizioni internazionali questa possibilità viene data dalla sesta o dall'ottava mano in poi oppure quando la squadra perdente è a corto di rocce, cioè una volta che ha un minor numero di pietre in gioco e/o giocabili del numero di punti necessari per pareggiare o vincere. Quando una squadra ritiene che sia impossibile o quasi impossibile vincere una partita, di solito stringe la mano alla squadra avversaria ammettendo la sconfitta. Ciò può verificarsi in qualsiasi momento durante il gioco, ma di solito accade verso la fine definitiva. Ai Giochi olimpici invernali una squadra può concedere il gioco dopo aver terminato qualsiasi mano durante la fase a girone, ma può concedere il gioco solo dopo aver terminato otto mani durante le fasi ad eliminazione diretta. A differenza di altri sport, non vi è alcuna connotazione negativa associata al concedere il gioco. Infatti, in numerosi tornei, una squadra è tenuta a concedere il gioco quando è matematicamente impossibile per loro pareggiare. Risoluzione delle controversie La maggior parte delle decisioni sono lasciate ai due skip, anche se, in tornei ufficiali, le decisioni possono essere lasciate ai giudici. Tuttavia, tutte le controversie di punteggio vengono gestite dai vice-skip. Non ci devono essere altri giocatori ad eccezione dei due vice-skip in casa mentre viene determinato il punteggio. In un torneo, la circostanza più frequente in cui una decisione deve essere fatta da qualcuno che non sia il vice-skip è quando i due non riescono ad accordarsi su quale sia la stone più vicina alla zona centrale (button). Un giudice indipendente (supervisore in Canada ed ai campionati del mondo) misura le distanze con un dispositivo appositamente progettato che ruota dal centro del button. Quando i giudici indipendenti non sono disponibili, sono gli stessi vice-skip a misurare le distanze. Punteggio La vincitrice è la squadra con il più alto numero di punti accumulati al termine di otto o dieci mani. I punti vengono assegnati a conclusione di ciascuna di queste mani come segue: quando ogni squadra ha tirato le sue otto pietre, la squadra con la pietra più vicina alla zona centrale vince la mano, inoltre alla squadra vincente viene assegnato un punto per ciascuna delle sue pietre in casa più vicine al button della pietra avversaria più vicina al centro. Le posizioni di tutti i sassi più lontani di quella dell'avversario non fanno alcuna differenza per il punteggio. Solo le pietre che sono in casa sono considerate nel punteggio. Una pietra è in casa se si trova all'interno dell'anello più esterno. Poiché la base della pietre è arrotondata, una pietra appena in casa non avrà alcun contatto reale con l'anello, che passerà sotto il bordo arrotondato della pietra, ma viene conteggiata ugualmente. Questo tipo di pietra si dice che "morde" i cerchi. Può non essere evidente ad occhio quale delle due rocce è più vicina al button (centro) o se una roccia in realtà morde o no i cerchi. Esistono dispositivi di misurazione determinati, ma questi non possono essere portati in campo fino a quando la mano non è terminata. Pertanto, una squadra può prendere decisioni strategiche durante una mano basandosi solo sulla rivelazione a occhio, anche se queste si rivelano errate. Il punteggio è segnato su un tabellone, di cui esistono due tipi: il tipo baseball e il tabellone club. Il "tipo baseball" è stato creato per motivi televisivi per un pubblico che non ha familiarità con il tabellone club. Le mani sono contrassegnate da colonne da 1 a 11 (10 regolari più la possibilità di una mano supplementare, conosciuta anche come extraend) più un'ulteriore colonna per il totale. Sotto questo sono due file, una per ogni squadra, contenente il punteggio ottenuto dalla squadra in ogni mano e i due punteggi totali riportati nell'ultima colonna di destra. Il "tabellone club" tradizionale è utilizzato nella maggior parte dei club di curling. La fila centrale numerata rappresenta la somma del punteggio totale di ciascuna squadra. Ci sono due altre file, una sopra e una sotto la fila del punteggio, che indicano le due squadre ed i numeri posti in queste file rappresentano la mano in cui tale team ha ottenuto il punteggio cumulativo. Se la squadra rossa totalizza tre punti nella prima mano, il cartellino 1 (indicante la prima mano) è posizionato sopra al numero 3 nella fila della squadra rossa. Se la stessa squadra totalizza altri due punti in più nella seconda mano, il cartellino 2 sarà posizionato sopra al 5 nella riga della squadra rossa, indicando che la squadra rossa ha cinque punti in totale (3 nella prima mano +2 nella seconda). Questo quadro di valutazione funziona perché solo una squadra può ottenere punti in una mano. Tuttavia, una certa confusione può sorgere quando viene giocata una mano nulla. I numeri delle mani nulle di solito sono posizionati nella colonna a destra nella fila della squadra che ha il martello (vantaggio dell'ultima pietra), o su un posto speciale per le mani nulle. Il punteggio su questo tabellone richiede solo l'uso di (fino a) 11 cartellini cifrati, mentre con il punteggio di tipo baseball sono necessari molti cartellini con le stesse cifre (in particolare cifre particolarmente basse come 1). Il seguente esempio illustra la differenza tra i due tipi. L'esempio illustra la finale degli uomini alle Giochi olimpici invernali del 2006. Tabellone tipo baseball Tabellone club Il massimo numero di punti ottenibile in una sola mano è 8, ossia tutte le stone di una squadra. Segnare una mano da otto punti contro una squadra relativamente competente è molto difficile nel curling ed è considerato l'equivalente del Perfect game nel baseball ed è conosciuto come "pupazzo di neve". Probabilmente il più noto pupazzo di neve è avvenuto nel 2006 al Players Championships, prova di Coppa del Mondo e del Grande Slam di curling. La futura (2007) campionessa del mondo Kelly Scott ha segnato otto punti in una delle sue partite contro la medaglia di bronzo mondiale 1998 Cathy King. Cultura del curling Nei tornei le squadre sono normalmente chiamate con il cognome dello skip, per esempio Team Martin per skip Kevin Martin. Altrimenti le squadre prendono il nome del club di appartenenza o, come accade in Canada, della divisione amministrativa rappresentata. I campionati di curling di massimo livello sono tipicamente svolti da squadre unicamente maschili o femminili. Il gioco è conosciuto come curling misto quando una squadra è composta da due uomini e due donne. Il campionato canadese misto di curling è la competizione di più alto livello seguito dai campionati europei misti di curling, in assenza di un campionato del mondo e della categoria misti ai Giochi olimpici. Il curling è particolarmente popolare in Canada. I miglioramenti nella produzione del ghiaccio e le modifiche al regolamento per aumentare la competitività e promuovere la complessa strategia hanno aumentato la popolarità già alta di questo sport in Canada, e il grande pubblico televisivo segue trasmissioni annuali di curling, in particolare il Torneo dei Cuori (Scotties Tournament of Hearts, ossia il campionato nazionale femminile), la Tim Hortons Brier (il campionato nazionale maschile) e i campionati mondiali di curling. Nonostante la provincia canadese del Manitoba abbia una popolazione limitata (5º posto su 10 province canadesi), le squadre del Manitoba hanno vinto circa un terzo delle edizioni del Brier. Il Torneo di Cuori e il Brier vengono disputati dai campioni dei campionati provinciali canadesi e i campionati del Mondo dai campioni nazionali. Ernie Richardson della provincia dello Saskatchewan e la squadra composta dalla sua famiglia hanno dominato il curling canadese e internazionale durante la fine del 1950 e 1960 e sono stati considerati i migliori giocatori di curling di tutti i tempi. Sandra Schmirler ha portato la sua squadra alla prima medaglia d'oro del curling femminile alle Giochi olimpici invernali del 1998. Quando morì due anni dopo di cancro oltre 15.000 persone hanno partecipato al suo funerale, ed è stato trasmesso dalla televisione nazionale. Uno sport amatoriale Nonostante i bonspiels canadesi (tornei) offrano premi in denaro, ci sono pochissimi giocatori di curling professionisti a tempo pieno. Tuttavia, alcuni giocatori di curling ricavano una parte considerevole del loro reddito dal curling. La maggior parte dei giocatori comunque non è professionista nemmeno da quando questo sport è stato reintrodotto nel programma dei Giochi olimpici invernali nel 1998 con tornei maschili e femminili. Curling in carrozzina Il curling in carrozzina, è la variante del curling praticabile da persone con disabilità agli arti inferiori. La differenza più evidente nel meccanismo di gioco è l'assenza della fase di [[Curling#spazzata'|spazzata]], che rende il curling in carrozzina ancora più simile alle bocce. Per il resto la superficie di gioco, le stone e le regole sono le stesse. Alcuni adattamenti sono legati al fatto che i giocatori si spostano su sedie a rotelle: non sono necessarie le apposite scarpe con suole differenziate, si può usare un manico estensore per lanciare la pietra, e un compagno di squadra può aiutare a tenere ferma la carrozzina durante il lancio. L'attività agonistica internazionale è organizzata dalla Federazione Mondiale di Curling (World Curling Federation). Il curling in carrozzina è stato inserito nel programma dei Giochi paralimpici a partire dai IX Giochi paralimpici invernali di Torino 2006, con un torneo unico riservato a squadre miste. Nella cultura di massa Nel film Aiuto! (Help!), diretto nel 1965 da Richard Lester, i Beatles - protagonisti dello stesso - tentano di giocare a curling in una sequenza ambientata sulle Alpi austriache. Il film canadese del 2002 Gli uomini con le scope, interpretato e diretto da Paul Gross e girato nei centri sportivi del curling, racconta la storia di una squadra di curling di una piccola cittadina canadese. Il film ha incassato più di 4,2 milioni di dollari solo in Canada, diventando così il campione di incassi tra i film canadesi sovvenzionati dalla Telefilm Canada tra il 1997 e il 2002. Nel 2010, nella 21ª stagione de I Simpson, viene messo in onda l'episodio Un incontro con il curling: la squadra di Homer, Marge, Skinner e Agnes vince la medaglia d'oro alle Olimpiadi di Vancouver. Nel 2013, nell'episodio Peter selvaticus de I Griffin, la domestica Consuelo vince l'oro olimpico con la squadra messicana battendo il Canada. Un altro film incentrato sul curling è La mossa del pinguino, diretto nel 2014 da Claudio Amendola: un'improbabile squadra di dilettanti tenta di qualificarsi alle Olimpiadi di Torino 2006. Note Voci correlate Curling in carrozzina Curling ai Giochi olimpici Ranking mondiale WCF Curling in Italia Grande Slam Campionati di curling Curling ai Giochi olimpici Campionati mondiali di curling Campionati mondiali junior di curling Campionati mondiali senior di curling Campionati mondiali doppio misto di curling Continental Cup di curling Campionati europei di curling Campionati europei misti di curling Campionati italiani di curling Campionati italiani junior di curling Campionati italiani senior di curling Campionati italiani misti di curling Campionati italiani doppio misto di curling Curling club in Italia Associazione Curling Cortina Curling Club 66 Cortina Curling Club Tofane Curling Club Dolomiti Curling Club New Wave Curling Club Olimpia Curling Club Anpezo Curling Club Pinerolo Torino Curling Club Draghi Curling Club Torino 150 Curling Club Claut Varese Curling Altri progetti Collegamenti esterni Manuale del giocatore di curling canadese: trascrizione del testo del 1840 Discipline olimpiche Sport in Scozia
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https://it.wikipedia.org/wiki/Calcio%20a%205
Calcio a 5
Il calcio a 5 è uno sport di squadra, derivato dal calcio, che ha avuto origine in Uruguay, dove è tradizionalmente conosciuto come fútbol de salón (e colloquialmente fútbol sala). Internazionalmente è conosciuto come futsal, parola macedonia latina che deriva dalla contrazione dei termini fútbol/futebol ("calcio") e sala/salón/salão ("salone", inteso come struttura sportiva coperta). Il termine calcio a 5 è la traduzione italiana del termine football five e serviva originalmente per distinguere la versione del gioco messo a punto e sviluppato dalla FIFA dalla metà degli anni 1980 in poi, dalla versione originale così definita a partire dal secondo dopoguerra in Sud America. Etimologia Nei primi anni, la disciplina era nota in Italia come "calcetto", come testimoniano le denominazioni delle prime federazioni nazionali (Federazione Italiana Calcetto e Lega Italiana Calcetto). Successivamente, con l'affermazione del "five-a-side football" proposto dalla FIFA, finì per imporsi il calco linguistico "calcio a 5". Con l'avvento del nuovo millennio ha preso piede anche nell'italiano la parola "futsal" per definire il "calcio a 5", mentre per quanto riguarda il gioco del futbol de salón, gestito dalla AMF, viene in genere tradotto come "calcio da sala". Storia La fondazione e la scelta delle regole Il futsal nacque nell'anno 1930, quando un professore della ACM di Montevideo, Juan Carlos Ceriani, spinto dall'esigenza di far giocare gli studenti in una piccola palestra, o sui campi di pallacanestro ed hockey (all'aperto), ne ideò la formula. Il suo obiettivo era quello di ideare un gioco di squadra che potesse essere praticato sia all'aperto che in strutture coperte, sfruttando i già diffusi campi di pallacanestro, ma che ricordasse da vicino il calcio, che in quegli anni godeva di una smisurata popolarità in Uruguay, dopo che la nazionale aveva vinto i Mondiali del 1930 e le Olimpiadi del 1924 e del 1928. Ceriani assemblò le prime regole basandosi sul principio del gioco del calcio, ovvero sulla possibilità di giocare la sfera con tutto il corpo a eccezione degli arti superiori, ma aggiungendo molti elementi di pallamano, pallanuoto e pallacanestro: da quest'ultimo mutuò il numero di giocatori (cinque) e la durata dei tempi (40 minuti); dalla pallanuoto le regole del portiere, e dalla pallamano le dimensioni del campo e della porta (3 metri di larghezza per 2 di altezza). La codifica delle regole avvenne nel 1933; fin dagli esordi la disciplina godette di una forte e rapida diffusione nell'America meridionale e soprattutto in Brasile, grazie al fatto che un gioco simile, seppur non codificato, veniva praticato abitualmente in strada dai ragazzi. Fu il giovane João Lotufo, appena rientrato dall'Uruguay, a importare e adattare il gioco alle esigenze dell'educazione fisica di cui era stato insegnante presso il Ginásios de Esportes presso Pocitos, un sobborgo di Montevideo. Il gioco in Brasile Lotufo, tornato in patria, stabilì il primo punto di educazione a questo sport nellA.C.M. – Centro de São Paulo. Inizialmente le regole del gioco erano confuse e non uniformi in tutto il paese: nei due decenni del '30 e del '40, nelle ACM del Brasile, si disputavano tornei di questo "calcio" non solo a 5, ma anche a 6 o a 7 giocatori per squadra. Nel 1949 il Segretario all'Educazione Fisica (Secretário de Educação Física) Asdrúbal do Nascimento, mise a punto un libretto che si proponeva di unificare le regole di questo sport. Nel 1952 fu unificato il torneo di tale sport presieduto dalla ACM per opera di Habib Mahfuz, in cui entrarono a far parte formazioni come il Tênis Clube Paulista e l'Associação Atlhética São Paulo, la prima lega fu chiamata Liga de Futebol de Salão. La creazione di un torneo unico per il calcio a cinque attirò anche un certo interesse dei media, in particolare dei giornalisti Raul Tabajara e José Antônio Inglêz, della Gazeta Esportiva, Inglêz è accreditato come il primo a coniare l'acronimo "Futsal" per definire tale sport. Nel 1954 venne fondata la Federação Metropolitana de Futebol de Salão, poi diventata Federação de Futebol de Salão do Estado do Rio de Janeiro; nel 1955 fu fondata la Federação Paulista de Futebol de Salão. Nel 1956, Luiz Gonzaga de Oliveira, della Federação Paulista de Futebol de Salão scrisse il primo libro delle regole, posteriormente adottato dalla FIFUSA (Federação Internacional de Futebol de Salão). Verso la fine del decennio si costituirono altre federazioni, non sempre uniformi nel tipo di regolamento da applicare: nel 1958 le federazioni di San Paolo e Rio de Janeiro erano ancora in disputa per decidere il regolamento ufficiale, di cui si occupò direttamente quell'anno la Confederação Brasileira de Desportos. I primi organismi internazionali La prima denominazione del gioco fu fútbol de salón nei paesi sudamericani di lingua ispanica, mentre in Brasile esso prese piede con il nome di futebol de salão. Nel 1965 si formò il primo organismo internazionale per il governo di questo sport, ad Asuncion in Paraguay venne fondata la Confederación Sudamericana de Fútbol de Salón, che nello stesso anno indisse il primo torneo continentale per squadre nazionali e non, che si svolse nella medesima Asuncion e vide i padroni di casa del Paraguay battere il Brasile. Nel 1971 fu poi fondata la Federação Internacional de Futebol de Salão (FIFUSA), a San Paolo. L'istituzione contava 32 paesi partecipanti che praticavano questo sport con la modalità brasiliana. il primo presidente fu João Havelange, il primo segretario, invece, Luiz Gonzaga de Oliveira. Il Brasile si avviava a dominare il calcio a 5, con la sua squadra nazionale che vinceva due successive edizioni del Campeonato Sul-Americano, e replicava le vittorie per tutto il decennio nelle edizioni del 1973, 1975, 1976, 1977, 1979. Quest'ultimo anno segna anche la nascita della Confederação Brasileira de Futebol de Salão, in data 15 giugno: ne facevano parte le federazioni degli stati di Ceará, Rio de Janeiro, San Paolo, Espirito Santo, Sergipe, Amazonas, Pernambuco, Maranhão, Bahia, Paraíba, Mato Grosso, Brasília, Acre, Minas Gerais, Rio Grande do Sul, Paraná, Santa Catarina, Rio Grande do Norte, Amapá, Alagoas e Goiás. La gestione FIFUSA dagli anni settanta agli anni ottanta La FIFUSA si dedicò alla crescita di questo sport anche successivamente al passaggio di Havelange alla FIFA; il successivo presidente fu Waldir Nogueira Cardoso, eletto nel 1975, che organizzò i campionati panamericani a partire dal 1980. In quello stesso anno fu eletto un nuovo presidente nella figura di Januário D'Aléssio Neto, dirigente del Palmeiras, che traghettò lo sport verso il riconoscimento mondiale anche di organismi sovranazionali di sport, venne istituito un campionato del mondo la cui prima edizione venne disputata nel 1982 in Brasile e fu vinta dai padroni di casa per 1-0 sul Paraguay al Ginásio do Ibirapuera davanti a 11.829 paganti. I primi campioni del mondo furono Beto, Pança, Barata, Paulinho, Leonél, Paulo César, Carlos Alberto, Miral, Branquinho, Cacá, Paulo Bonfim, Jorginho, Douglas, Jackson e Walmir. La FIFUSA iniziò a lavorare per portare il grande evento anche in Europa. Fu scelta la Spagna per disputare la fase finale del 1985, a cui parteciparono 12 formazioni. Il 27 ottobre 1985, davanti a 12.000 persone, il Brasile si riconfermò campione battendo i padroni di casa per 3-1. La grande risposta di pubblico e l'interesse mediatico (TVE riprese l'evento in diretta) diedero le dimensioni della crescita di questo sport, su cui la FIFA stava lavorando sin dall'inizio del decennio nella prospettiva di inglobarlo tra le sue attività. A tal proposito, nel biennio che andò dal 1986 al 1987 si disputarono tre tornei internazionali sotto l'egida della FIFA, chiamati FIFA Futsal Tournament, una sorta di minitornei mondiali in cui furono invitate dapprima otto formazioni, poi, nell'ultima edizione, (svolta a Brasilia) salite a dieci. L'avvento della gestione FIFA e la scissione La FIFA non appoggiò la disputa del secondo Mondiale in Spagna del 1985, poiché il suo obiettivo era quello di promuovere la propria versione del calcio a 5, chiamata futbol 5. Per questo arrivò anche a vietare l'utilizzo della parola "football" ("futbol" in spagnolo) per indicare il gioco del calcio a 5 praticato sotto l'egida della FIFUSA. La Federazione Internazionale decise, quindi, sempre nel 1985, di utilizzare l'acronimo fut-sal, che presto si diffuse e sostituì anche futbol 5. Dove la versione di stampo brasiliano era più radicata, la FIFA cercò con più forza di promuovere la sua nuova realtà: in Argentina venne organizzato dalla Asociación del Fútbol Argentino, in collaborazione con la FIFA, il primo campionato di futbol 5, che trovò terreno nell'area della Capitale Federale dove la federazione nazionale impose ai club di iscrivere una squadra anche in questo sport. Negli anni successivi fu modificata la linea guida della federazione argentina, che non impose iscrizioni obbligatorie, ma vietò ai propri tesserati di partecipare alle attività della Confederación Argentina de Fútbol de Salón (CAFS). Questa mossa costrinse le principali formazioni di club argentine ad abbandonare la CAFS, della quale erano state tra le fondatrici nel 1975. LA CAFS, nello stesso 1986, nella causa contro la AFA e la FIFA, ottenne dalla Confederación Argentina de Deportes (C.A.D.) la risoluzione n. 13, in cui veniva definita come l'unica entità preposta alla gestione del calcio a 5. Nel 1988 il calcio a 5 divenne infine una disciplina riconosciuta ufficialmente dalla FIFA, che decise di gestirlo attraverso un Comitato per il Futsal. Il 23 novembre 1989 a Rio de Janeiro si tenne una riunione della FIFUSA con l'intenzione di votare lo scioglimento della federazione ed il confluire nella FIFA: al voto favorevole di sette federazioni, tra cui quella brasiliana, si opposero dodici federazioni, tra cui il Paraguay, che si fece promotore di una campagna di dissenso verso questo assorbimento, inalberando motivazioni legate all'autonomia di questo sport: secondo i dirigenti era evidente che i due sport avessero come momento comune solo le parti del corpo da utilizzare per controllare il pallone, mentre, per il resto, la gestione del tempo, il concetto di tiro libero, le sostituzioni volanti ed altre caratteristiche del calcio a 5 lo rendevano fondamentalmente diverso dal calcio a 11. Si era soliti portare ad esempio la distinzione tra tennis e tennis tavolo, che non rientra nella gestione della Federazione Internazionale Tennis. Il 2 maggio 1990, la federazione brasiliana si staccò definitivamente dalla FIFUSA. Il 25 settembre 1990, a Bogotà, venne fondata la Confederacion Panamericana de Futbol de Salon (PANAFUTSAL), di cui facevano parte Paraguay, Colombia, Messico, Uruguay, Argentina, Venezuela, Costa Rica, Puerto Rico e Bolivia, a cui si aggiunsero col tempo Ecuador, Antille Olandesi, Aruba e Canada. Il congresso tenutosi in Guatemala, nel 2000, tra membri della PANAFUTSAL e della FIFA, mirava alla ricostruzione della disputa tra le due istituzioni e l'affermazione del futsal nella versione pura che aveva fatto appassionare molti in Sudamerica. La firma del protocollo detto "Guatemala 2000", però, non fu seguita da atti concreti e la FIFA perseguì la promozione della propria versione di calcio a 5. La PANAFUTSAL decise così di dare vita ad un nuovo organismo di carattere mondiale, per la salvaguardia dello sport del calcio a 5 nella modalità che si era diffusa in Sudamerica e nel mondo a partire dagli anni 1960. Nel dicembre 2002, venne così fondata ad Asunción la AMF Asociación Mundial de Futsal, che attualmente conta 31 federazioni nazionali affiliate e tre organismi continentali. Il calcio a cinque e le manifestazioni multidisciplinari Il futsal fece il suo esordio nelle grandi manifestazioni internazionali multidisciplinari nel 1994 quando a Valencia ebbe luogo il primo torneo di calcio a 5 ai Giochi sudamericani, dove i padroni di casa ebbero la meglio sugli avversari. In questa edizione, così come in quella successiva, il torneo venne svolto con il regolamento previsto dalla FIFUSA. Nel 1998, invece, per la VI edizione dei giochi a Cuenca in Ecuador, fu la nazionale del Paraguay ad imporsi, in un torneo che valse anche il titolo di campione sudamericano della CSFS. Nelle successive due manifestazioni (Rio de Janeiro nel 2002 e Buenos Aires nel 2006), il calcio a 5 è stato presente, ma con il regolamento previsto dalla FIFA. Ciò ha messo fine alla presenza del vecchio futsal nei giochi internazionali. Nell'ottica di potenziamento della presenza delle manifestazioni patrocinate dalla FIFA all'interno del Comitato Olimpico Internazionale (CIO), a partire dalla metà degli anni duemila si è iniziato a parlare di ammissione del futsal all'interno della pletora degli sport olimpici, dopo l'avvenuto ingresso ai giochi sudamericani nel 2002. Il movimento "I want olympic futsal", promosso dalla Federazione Paulista di Futsal e dal portale FutsalPlanet.com ha trovato un primo riscontro nella possibilità di disputare un torneo di calcio a 5 durante i Giochi panamericani del 2007 a Rio de Janeiro, vinti dal Brasile sull'Argentina per 4-1. Trofei internazionali legati alla FIFA Nel 1989 si è giocata nei Paesi Bassi la prima coppa del mondo di calcio a 5 denominata FIFA Futsal World Championship, vinta dal Brasile che ha poi dominato il torneo anche nelle successive due edizioni. Le edizioni del 2000 e 2004 hanno visto trionfare la Spagna. Nell'ultima edizione del 2008 ha visto tornare alla vittoria il Brasile proprio sui campioni uscenti della Spagna. Dal 1992 la CONMEBOL ha iniziato ad organizzare il proprio campionato sudamericano, vinto sempre dal Brasile ad esclusione dell'ultima edizione del 2003 dove ha trionfato l'Argentina. Dello stesso anno è il primo torneo simile organizzato in Oceania per la definizione della nazionale campione continentale e qualificata per il mondiale. Dal 1996 la UEFA organizza un torneo continentale per nazioni denominato inizialmente European Futsal Tournament e dal 1998 UEFA Futsal Championship, che ha visto trionfare la Spagna nelle edizioni 1996, 1999, 2005. Nello stesso anno si sono svolti anche i primi trofei continentali di CONCACAF e CAF. L'Asian Football Confederation ha istituito un proprio trofeo continentale solo dal 1999, a cadenza annuale. Nel 2009, su iniziativa della Federazione calcistica della Libia, sull'onda dell'entusiasmo per la vittoria nel campionato continentale e la partecipazione al mondiale, è nata la Futsal Confederations Cup, attualmente solo "approvata" dalla FIFA, che ricalca il modello della Confederations Cup calcistica. Dal 2001 la UEFA organizza un torneo per formazioni di club chiamato Coppa UEFA a cui accedono tutte le squadre vincenti i rispettivi campionati nazionali. Il trofeo ha sostituito l'European Champions Tournament, una manifestazione non ufficiale a invito disputata tra il 1985 e il 2001. La situazione attuale ed il fenomeno della "naturalizzazione" Nel mondo del calcio a 5 ci sono attualmente due grandi poli che attraggono l'interesse della maggior parte degli addetti ai lavori ma anche degli appassionati: in primo luogo vi è ovviamente il Brasile, in secondo luogo ed in fortissima ascesa la Spagna. Il Brasile ha oramai regolamentato la propria attività di club istituendo la Liga Futsal dove si affrontano molti dei migliori giocatori brasiliani tra cui ad esempio Falcão. La Spagna a sua volta alla fine degli anni 1980 ha istituito un campionato unico nazionale che dal 1995/1996 si svolge a girone unico. La Division de Honor della LNFS spagnola raccoglie ormai i migliori talenti del calcio a 5 mondiale e le sue squadre sono sempre tra le favorite nelle competizioni internazionali a cui partecipano. La maggiore disponibilità finanziaria per gli sport in generale ha fatto sì che molti giocatori sudamericani, tra i migliori di questo sport, migrassero nel vecchio continente andando ad infoltire le migliori formazioni europee, ne è dimostrazione l'andamento della Coppa Intercontinentale di calcio a 5 che nelle ultime 6 edizioni ha visto quattro successi europei contro i due sudamericani. A seguito di questa migrazione sportiva si è prodotto un altro fenomeno: aiutati dagli avi provenienti dal vecchio continente, diversi giocatori sudamericani hanno ottenuto la cittadinanza di paesi come Spagna, Portogallo ed Italia. Quest'ultima ha fatto pesare in maniera determinante questo fenomeno di "naturalizzazione": gli oriundi hanno portato all'Italia il titolo europeo del 2003 e nel 2014, e sono arrivati a disputare la finale del mondiale nel 2004 quando per l'infortunio a Gianfranco Angelini, nessun giocatore sceso in campo per la nazionale azzurra era nato in Italia. Il fenomeno delle naturalizzazioni è stato sfruttato anche da altri paesi europei quali il Portogallo ed in maniera molto minore la Spagna, ma ultimamente ha preso piede in nazioni solitamente estranee a queste operazioni quali la Russia (Cirilo e Pele Junior sono stati determinanti per portare i russi in semifinale all'Europeo 2007). Posizioni e ruoli dei giocatori Nel calcio a 5 si possono individuare diverse posizioni e diversi ruoli per i giocatori in campo. Il portiere ha l'obiettivo di impedire che la palla entri in porta durante la partita. Nella propria metà campo ha solo quattro secondi (scanditi sia ad alta voce che con le dita da parte dell'arbitro) di possesso palla a seconda della situazione di gioco: Rimessa dal fondo: il portiere ha quattro secondi per rimettere in gioco la palla utilizzando le mani. Retropassaggio: il portiere ha quattro secondi di possesso palla con i piedi e non può ricevere nuovamente un passaggio nella stessa azione di gioco da un compagno di squadra a meno che: La palla viene toccata da un avversario. Il portiere riceve palla nella metà campo offensiva. Il difensore o ultimo o centrale o fisso o play si posiziona davanti al portiere e al centro del campo come ultimo difensore in campo. Questo giocatore è solitamente quello che imposta il gioco e, in particolari situazioni, lo finalizza. Si distingue per le ottime abilità nella tecnica individuale (ad esempio ricezione e trasmissione della palla) e per le capacità fisiche (ad esempio i contrasti). L'intermedio o ala o laterale si posiziona sulle fasce laterali del campo. Partecipa alla fase difensiva e offensiva del gioco e, solitamente, si distingue per le ottime abilità nella tecnica individuale (ad esempio dribbling) e per le capacità fisiche (ad esempio rapidità e velocità). Il pivot o boa è il giocatore che si posiziona più vicino alla porta avversaria che svolge funzioni prettamente offensive. Si distingue per le capacità fisiche (ad esempio protezione della palla) e di tecnica individuale (ad esempio il tiro). Il portiere di movimento è un ruolo particolare che afferisce alle situazioni speciali (in questo caso a quelle che concernono la superiorità numerica) e che viene utilizzato con due differenti obiettivi segnare una rete e mantenere il possesso palla. Il portiere di movimento deve rispettare le stesse regole del portiere di ruolo e, al momento del suo ingresso in campo, deve indossare una maglietta dello stesso colore di quella del portiere di ruolo seppur con il numero personale del giocatore che la indossa (in modo tale da distinguersi visivamente dagli altri giocatori di movimento, ma essere comunque identificato univocamente per numero dai direttori di gara). Tattica individuale e collettiva: principi difensivi e principi offensivi Per tattica si intende il modo di agire e di comportarsi che viene considerato il più adeguato e conveniente per raggiungere un determinato fine o risultato [...]. Negli sport a squadre, lo schieramento che un allenatore fa assumere agli atleti a sua disposizione per impostare una determinata condotta di gara durante una partita. La tattica può essere allenata, applicata e studiata come una sorta di "comportamento in campo" adottato sia a livello del singolo individuo o giocatore, ovvero la tattica individuale (ad esempio il posizionamento del difendente nell'1vs1), sia da parte due o più giocatori, ovvero la tattica collettiva (ad esempio le disposizioni per la difesa del 3vs4, ovvero la difesa dell'inferiorità numerica dopo un'espulsione). Principi difensivi individuali Si riferiscono ad azioni difensive di tipo individuale in cui la squadra si ritrova senza il possesso della palla. Il ripiegamento o la transizione difensiva è un movimento effettuato verso la propria porta non appena si ha la perdita del possesso della palla e può essere effettuato in due modalità: Intensivo: quando la palla è vicina alla propria porta (ad esempio nella metà campo difensiva). Non intensivo: quando la perdita della palla avviene in un'area lontana dalla nostra porta (ad esempio nella metà campo offensiva). A sua volta, a seconda della posizione dei giocatori, il ripiegamento può essere anche suddiviso in: Posizionale: quando ogni giocatore recupera la sua posizione originaria in campo. Non posizionale: quando il giocatore rimane nella zona in cui si trova nel momento in cui l'azione offensiva (durante la quale la sua squadra era in possesso della palla) è terminata. Si configura dunque come un movimento in arretramento per impedire agli avversari di attaccare la profondità dietro la propria linea di difesa (attraverso una conduzione, un movimento senza palla o un passaggio). La pressione è un'azione rivolta nei confronti del proprio diretto avversario al fine di ritardarne, ostacolarne o impedirne la conduzione o il passaggio. Può variare di intensità a seconda delle disposizioni dell'allenatore o della zona di campo in cui viene eseguita e si differenzia dal contrasto indiretto o temporeggiamento in quanto si effettua direttamente sulla palla. La marcatura è un'azione eseguita dal difendente sugli avversari per impedire loro la conduzione o la ricezione della palla e si possono differenziare tre tipi diversi di marcatura: Individuale o a uomo: quando ogni giocatore ha il compito di marcare il proprio diretto avversario indipendentemente dalla posizione in campo del difendente o attaccante. A zona: quando ogni giocatore difende la sua zona di campo e marca l'avversario che occupa la zona a lui assegnata. Mista: quando si adottano la marcatura sia di tipo individuale o a uomo che a zona (ad esempio marcatura a zona nella metà campo offensiva e marcatura individuale o a uomo nella metà campo difensiva). L'intercettazione è un'azione effettuata dal difendente per impedire alla palla di raggiungere la propria porta o un avversario attraverso il cambiamento o interruzione della traiettoria della trasmissione di palla. Si differenzia dall'anticipo in quanto è un'azione che viene eseguita direttamente sulla palla e non sull'avversario ricevente. Il contrasto è un'azione effettuata da un difendente su un avversario con l'intenzione di prendergli la palla e può essere effettuato in due modalità: Diretto: quando si ha un tentativo fisico di recupero della palla da parte del difendente (ad esempio il tackle). Indiretto o temporeggiamento o presa di posizione: quando si ha una marcatura sull'avversario in possesso della palla in modo tale da poter intervenire con un contrasto di tipo diretto (ad esempio il posizionarsi di fronte all'avversario in possesso della palla) o in modo tale da impedire la ricezione del passaggio da parte di un compagno di squadra avversario (ad esempio mettendo “in ombra” un possibile ricevente posizionandosi sulla linea immaginaria tra palla-possibile ricevente). Si differenzia dalla pressione in quanto si effettua sull'avversario. L'anticipo è un'azione che prevede un movimento anticipato rispetto al diretto avversario in modo da frapporsi tra lui e la palla nel momento in cui il diretto avversario sta per ricevere un passaggio da un suo compagno. Essa si configura come una presa di posizione davanti all'avversario non in possesso palla quando viene effettuato un passaggio a lui indirizzato in modo tale da intercettare la palla prima che raggiunga la sua destinazione. Si differenzia dall'intercettazione in quanto si effettua direttamente sull'avversario. La sorveglianza o vigilanza o attenzione o concentrazione è un'azione di osservazione visiva dei difendenti, compiuta in fase di marcatura, nei confronti degli avversari che non partecipano direttamente o attivamente all'azione. Essa si configura come una ricerca visiva della posizione, da parte dei difendenti, dei loro diretti avversari (ad esempio gli avversari su lato debole o dietro le spalle) per poter eseguire una marcatura più efficace ed evitare la ricezione o anticipo degli attaccanti stessi. Principi difensivi collettivi Si riferiscono ad azioni difensive di tipo collettivo in cui la squadra si ritrova senza il possesso della palla. La copertura è un'azione di aiuto o supporto nei confronti di un compagno di squadra che è in marcatura del diretto avversario in modo da raddoppiare o prendere la marcatura sull'avversario marcato dal compagno. Il cambio di marcatura è un'azione di scambio della marcatura del diretto avversario, che viene assegnato a un compagno di squadra, per marcare l'avversario su cui era presente la marcatura del compagno stesso (ad esempio per la difesa a zona o in seguito a dei blocchi). Il pressing è un'azione effettuata nei confronti della squadra avversaria al fine di ritardarne, ostacolarne o impedirne la conduzione della palla, il passaggio o il possesso della palla attraverso le marcature dei diretti avversari.Si differenzia dalla pressione in quanto si effettua in modo collettivo e si caratterizza per il poter essere sia un principio difensivo che un principio offensivo. Lo scaglionamento difensivo è un'azione effettuata dalla squadra in difesa per evitare di disporsi su una sola linea difensiva in modo tale che, se tale linea fosse superata dagli avversari, vi sia la presenza di un'altra linea pronta a difendere. Principi offensivi individuali Si riferiscono ad azioni offensive di tipo individuale in cui la squadra si ritrova con il possesso della palla. Il blocco è un'azione fisica di impedimento del movimento del diretto avversario con lo scopo di facilitare il movimento o il tiro di un proprio compagno di squadra (come nella disciplina del basket). Il dribbling è un movimento con cui il giocatore in possesso palla supera il diretto avversario o marcatore. La conduzione o guida della palla è un movimento con cui il giocatore in possesso palla controlla e porta o muove la palla all'interno del rettangolo di gioco. Il tiro o calcio è un movimento con cui il giocatore in possesso palla calcia quest'ultima verso la porta avversaria. Il passaggio o trasmissione della palla è un movimento con cui il giocatore in possesso palla trasmette quest'ultima a un suo compagno di squadra. Il supporto è un movimento con lo scopo di offrire aiuto a un compagno di squadra che ha il possesso palla e si distingue in tre differenti tipologie a seconda della posizione del giocatore non in possesso di palla: Sostegno: quando il compagno si trova dietro o sotto la linea della palla (ad esempio per cambiare il lato offensivo dell'azione) Vertice: quando il compagno si trova davanti o sopra la linea della palla (ad esempio per attaccare la profondità e guadagnare campo) Appoggio: quando il compagno si trova sulla stessa linea della palla (ad esempio per attaccare uno dei due lati del campo) Lo smarcamento è un movimento compiuto da un giocatore per allontanarsi dal diretto avversario e cercare di trovare un vantaggio posizionale (ad esempio per ricevere palla senza la marcatura avversaria) o spaziale (ad esempio per ricevere palla in profondità o nella metà campo avversaria) e può essere distinto in due categorie differenti: Semplice: quando si effettua con un movimento monodirezionale o unidirezionale oppure senza una variazione di velocità o ritmo (ad esempio una corsa in ampiezza a velocità constante). Complesso: quando si effettua un movimento pluridirezionale oppure con una variazione di velocità o ritmo (ad esempio un contromovimento composto da un primo movimento corto a ritmo blando e incontro al possessore di palla seguito da un movimento veloce per attaccare la profondità). L'attacco dello spazio è un'azione che prevede lo sfruttamento dello spazio lasciato libero dalla squadra avversaria (ad esempio per errori difensivi) o dai propri compagni di squadra (ad esempio attraverso movimenti offensivi come le rotazioni) per poi occuparlo e sfruttarlo per attaccare la porta avversaria e si distingue in tre diverse categorie a seconda del tipo di spazio attaccato: Attacco della profondità: quando un attaccante attacca uno spazio che si trova oltre la linea difensiva avversaria per costringere la difesa ad arretrare. Attacco dell'ampiezza: quando un attaccante attacca uno spazio che si trova vicino alla linea laterale del campo per costringere la difesa avversaria ad allargarsi e a lasciare spazio tra i difensori stessi. Attacco tra le linee: quando un attaccante attacca uno spazio che si trova tra le linee difensive avversarie per costringere la difesa avversaria ad avanzare, arretrare, allargarsi o stringersi verso il ricevente e disorganizzare la difesa avversaria stessa. Si differenzia dallo scaglionamento offensivo in quanto si effettua in modo individuale. Principi offensivi collettivi Si riferisce ad azioni offensive collettive in cui la squadra si ritrova con il possesso della palla. L'azione offensiva è un'azione che ha come scopo il segnare un gol nella porta avversaria e si può suddividere in tre fasi distinte: Fase di impostazione o fase di uscita dal pressing avversario: quando la squadra in possesso palla cerca di consolidare il possesso della palla (o uscire dal pressing avversario) nella propria metà campo per poi portare i giocatori nella metà campo avversaria senza perdere il possesso palla. Fase di elaborazione o sviluppo: quando la squadra in possesso palla, dopo aver consolidato il dominio della sfera e le posizioni offensive dei giocatori nella metà campo offensiva, cerca di trovare lo spazio adatto (sia con movimenti senza palla sia con movimenti con la palla) per arrivare a calciare in porta. Fase di finalizzazione: quando la squadra in possesso palla arriva a calciare verso la porta avversaria. Il contrattacco o ripartenza o transizione offensiva o contropiede è un'azione di attacco della difesa avversaria dopo aver recuperato il possesso della palla che si configura come un processo il più rapido possibile in modo tale che, dopo il recupero della palla, la squadra che l'ha conquistata possa guadagnare superiorità a livello numerico (ad esempio 3 vs 2), posizionale (ad esempio sfruttare l'ampiezza per colpire nel lato scoperto della difesa) e spaziale (ad esempio attaccare la profondità con una conduzione di palla) ed evitare così il ripiegamento difensivo della squadra avversaria. La rotazione consiste in una serie di movimenti di scambio della posizione in campo da parte di due o più giocatori di una squadra per disorganizzare le dirette marcature, le coperture e le linee difensive avversarie con l'obiettivo di sfruttare lo spazio e attaccare la porta avversaria. La conservazione o mantenimento del possesso di palla è un'azione che prevede il mantenere il controllo della palla al fine di raggiungere l'obiettivo prefissato, sia che si tratti di segnare un gol sia di mantenere il possesso palla in una situazione di vantaggio nel punteggio. Lo scaglionamento offensivo è la disposizione in campo della squadra in attacco tale per cui essa si dispone in modo tale da avere più linee offensive e più giocatori possibili tra le linee difensive avversarie così da costringere la difesa avversaria ad avanzare, arretrare, allargarsi o stringersi verso i possibili riceventi e dunque disorganizzare la difesa avversaria stessa. Si differenzia dall'attacco tra le linee in quanto si effettua in modo collettivo. L'imprevedibilità è la capacità e abilità di differenziazione e improvvisazione della squadra attaccante (o dell'attaccante) con lo scopo di disorientare e disorganizzare la squadra difensiva (o il difendente) per guadagnare un vantaggio numerico, spaziale o di punteggio e si configura come un principio offensivo sia di tipo individuale sia di tipo collettivo. Il pressing è un'azione effettuata nei confronti della squadra avversaria al fine di ritardarne, ostacolarne o impedirne la conduzione della palla, il passaggio o il possesso della palla attraverso le marcature dei diretti avversari e si differenzia dalla pressione in quanto si effettua in modo collettivo e si caratterizza per il poter essere sia un principio offensivo che un principio difensivo. Regole Le regole ufficiali del gioco del calcio a 5 (in inglese Futsal Laws of the Game, Regole del Gioco) sono 17 e sono pubblicate dalla FIFA. Le regole nella loro base sono simili a quelle del calcio a 11: il gioco è possibile con tutte le parti del corpo, ad esclusione degli arti superiori. Il punto viene chiamato goal e si effettua spingendo la palla oltre l'area delimitata dai pali e dalla traversa. La principale differenza di questo sport rispetto al calcio è che non vi è il fuorigioco, le rimesse laterali vengono effettuate con i piedi ed è possibile operare un numero illimitato di sostituzioni. Inoltre, contrariamente a quanto avviene nel calcio, in ognuno dei due tempi di gioco ogni squadra può richiedere un time-out di un minuto. Diversa è anche la gestione dei falli: le infrazioni sono principalmente le stesse del calcio ma, similmente a quanto avviene per esempio nel basket, dal sesto fallo commesso in un solo tempo viene accordato un tiro libero diretto senza la possibilità di formare una barriera. Le regole base sono da applicarsi a tutti i livelli del calcio a 5, anche se sono consentite alcune modifiche alle dimensioni del terreno di gioco, dimensione, peso e materiale del pallone, dimensioni delle porte, durata dei periodi di gioco e numero delle sostituzioni per partite tra giocatori con meno di 16 anni, donne, calciatori veterani (oltre i 35 anni) o portatori di handicap, a patto che vengano rispettati i principi fondamentali del gioco. Altre modifiche, invece, devono ottenere il consenso dell'IFAB. Le odierne 17 regole riguardano: Il rettangolo di gioco Il pallone Il numero dei calciatori L'equipaggiamento dei calciatori L'arbitro e il secondo arbitro Il cronometrista e il terzo arbitro La durata della gara L'inizio e la ripresa del gioco Il pallone in gioco e non in gioco La segnatura di una rete Falli e scorrettezze Calci di punizione Falli cumulativi Il calcio di rigore La rimessa dalla linea laterale La rimessa dal fondo Il calcio d'angolo. In aggiunta alle 17 regole, contribuiscono a regolamentare il gioco del calcio le norme aggiuntive del regolamento e anche numerose decisioni dell'IFAB e altre direttive. Inoltre non è una regola, ma una modalità di comportamento definita fondamentale per il gioco del calcio, il fair play, per il quale la FIFA ha creato una campagna d'informazione e stilato un codice di condotta. Una partita di calcio a 5, che dura 40 minuti, si disputa in due tempi di 20 minuti effettivi ciascuno e si svolge sotto il controllo di due arbitri, che hanno «la piena autorità necessaria per far osservare le Regole del Gioco nell'ambito della gara che è chiamato a dirigere» e le cui decisioni sono inappellabili. Differenza di regolamento tra FIFA e AMF Le principali differenze tra la versione di calcio a 5 della AMF e quella della FIFA sono: Competizioni Competizioni per selezioni nazionali AMF AMF Futsal World Cup FEF European Championship FIFA FIFA Futsal World Cup Copa América UEFA Futsal Championship Calcio a 5 nel mondo Calcio a 5 in Italia FIGC In Italia si disputa un regolare campionato italiano di calcio a 5 dal 1984, organizzato dalla Divisione Calcio a 5 della FIGC. Tale torneo è diviso in tre serie nazionali (Serie A, A2 e B), una o due categorie regionali (Serie C1 ed eventualmente Serie C2) e infine una provinciale (Serie D). La nazionale italiana, anche se con un utilizzo di giocatori naturalizzati, negli ultimi anni ha svolto un ruolo di primaria importanza nei tornei internazionali, laureandosi campione d'Europa nel 2003 a Caserta e nel 2014 ad Anversa, ed arrivando a disputare la finale del torneo mondiale nel 2004 a Taiwan, persa contro la Spagna. FIFS La Federazione Italiana Football Sala, nota anche con l'acronimo di FIFS, è la federazione sportiva italiana che si occupa di promuovere in Italia il football sala, calcio a 5 indoor o futsal (spagnolo: fútbol de salón o microfutbol), giocato con il Regolamento dell'Asociación Mundial de Futsal (AMF). Organizza campionati, tornei nazionali, internazionali e amichevoli per squadre/rappresentative nazionali e di club, eventi amatoriali e competizioni per diversamente abili. Inoltre, ha organizzato cinque volte (dal 1992 al 1996), in collaborazione con The Walt Disney Company Italia, il Trofeo Topolino Ha sede a Milano e l'attuale presidente è Axel Paderni, in carica dal luglio 2009. È l'unica federazione sportiva italiana riconosciuta dall'Asociación Mundial de Futsal (AMF) e, quindi, l'unica autorizzata a utilizzare i marchi e i loghi internazionali. Calcio a 5 per disabili Calcio a 5 per ciechi Tra le discipline previste dai Giochi paralimpici vi è il calcio a 5 per ciechi. Si disputano due tempi di 25 minuti ciascuno e il campo, di forma rettangolare, è lungo tra i 38 e i 42 metri e largo tra i 18 e i 22 metri. Viene utilizzato un pallone che emette un suono chiaramente udibile dai giocatori. Il portiere non deve soffrire di cecità totale (B-1). Note Voci correlate Calcio (sport) Beach soccer
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https://it.wikipedia.org/wiki/Cheratina
Cheratina
La cheratina (dal greco: κέρας = corno) è una proteina filamentosa ricca di zolfo, elemento contenuto nei residui amminoacidici di cisteina. Si tratta di una struttura quaternaria, composta da più strutture terziarie messe una in fila all'altra. È prodotta dai cheratinociti, ed è immersa nel loro citosol come filamenti intermedi. È il principale costituente dello strato corneo dell'epidermide dei tetrapodi e soprattutto degli amnioti, nei quali garantisce l'impermeabilità. Molto stabile e resistente, la sua principale funzione è protettiva. Struttura La molecola di cheratina è costituita da una catena polipeptidica con struttura ad elica di lunghezza intorno ai 450 Å. Le catene interagiscono tra loro, organizzandosi in strutture man mano più grandi e complesse. Per prima cosa le singole eliche si associano, tramite interazioni idrofobiche, in coppie (dimeri) e ciascuna coppia, oltre all'avvolgimento delle eliche, si avvolge ulteriormente su se stessa. A loro volta i dimeri così formati si associano tra loro, sia trasversalmente che longitudinalmente, tramite ponti disolfuro tra residui di cisteina di filamenti vicini e altre interazioni. Si formano in questo modo i protofilamenti. Secondo un grado di organizzazione crescente, si costituiscono successivamente le protofibrille (due protofilamenti affiancati), le microfibrille (quattro protofibrille affiancate) e infine le macrofibrille (più microfibrille). Classificazioni In base alla struttura secondaria α-cheratina: costituita da α eliche intrecciate fra loro, è debolmente basica, se non neutra. Il passo dell’α-elica (che è destrorsa come α-elica di Pauling) è di 5,1 Å (invece che di 5,4 Å come nell’α-elica di Pauling). È presente nei mammiferi come epitelio, unghie, peli, corna e fanoni; β-cheratina: costituita prevalentemente da foglietti β, non da alfa eliche, è leggermente acida. È presente nei rettili (soprattutto nei serpenti costrittori, come i pitoni) e negli uccelli come epitelio, artigli, squame, penne e piume. In base alla consistenza Molle: è traslucida, di consistenza plastica e facilmente divisibile in piccole scaglie. Se sottoposta a calore si retrae, se invece inserita in acqua fredda si idrata gonfiandosi; Dura: è compatta, di colore ocra, non divisibile in scaglie e molto resistente sia all'acqua che al calore. Utilizzo Il principale utilizzo della cheratina è nell'industria farmaceutica, in quanto questo materiale ricopre le pillole gastro-resistenti, ovvero che resistono agli acidi gastrici, come l'HCl (acido cloridrico). La cheratina viene inoltre utilizzata come elemento di composizione di alcuni cosmetici per il trattamento dei capelli in forma idrolizzata in quanto intensamente idratante per il suo potere di legare l'idratazione. Note Bibliografia Voci correlate Epidermide Anomalie della cheratinizzazione Cheratinocita Altri progetti Collegamenti esterni Proteine
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https://it.wikipedia.org/wiki/Calendario%20romano
Calendario romano
Il calendario romano o calendario pre-giuliano denota l'insieme dei calendari che furono in uso nella Roma antica dalla sua fondazione fino all'avvento nel 46 a.C. del calendario giuliano. Secondo la tradizione, il calendario romano fu istituito nel 753 a.C. da Romolo, fondatore di Roma: subì diverse modifiche nel corso dei secoli, venendo infine sostituito nel 46 a.C. dal calendario giuliano promulgato da Gaio Giulio Cesare. Organizzazione e revisioni Calendario di Romolo Il calendario romano fu revisionato diverse volte fra la fondazione di Roma e la caduta dell'Impero romano d'Occidente. Una testimonianza importante è di Macrobio nella I giornata dei Saturnalia. In origine era un calendario lunare diviso in dieci mesi con inizio alla luna piena di marzo (il 15), istituito, secondo la tradizione, da Romolo, fondatore di Roma, nel 753 a.C.: sembra fosse basato sul calendario lunare greco. I mesi, in realtà non lunari in quanto la durata del mese avrebbe dovuto essere di 29,5 giorni, erano: In totale, quindi, il calendario durava 304 giorni e c'erano circa 61 giorni di inverno che non venivano assegnati ad alcun mese: in pratica, dopo dicembre, si smetteva di contare i giorni per riprendere nuovamente il conteggio al marzo successivo. I primi mesi prendevano il nome dalle principali divinità legate alle attività umane: Marte (la guerra), Afrodite (l'amore), Maia (la fertilità della terra) e Giunone (la maternità e la procreazione); gli altri avevano il nome che ricordava la loro posizione nel calendario: quintilis derivava da quinque, sextilis da sex, september da septem, october da octo, november da novem e december da decem. Ovidio nei suoi Fasti spiega che Romolo creò il primo calendario basandosi sul periodo di gestazione del nascituro nel grembo materno. Parte della critica moderna ritiene che il calendario romano sia sempre stato della durata di dodici mesi, relegando quindi a leggenda il calendario romuleo in dieci mesi. Calendario di Numa Pompilio Numa Pompilio, il secondo dei sette re di Roma, modificò il calendario nel 713 a.C., aggiungendo i mesi di gennaio e febbraio ai dieci preesistenti. Complessivamente, egli aggiunse 51 giorni ai 304 del calendario di Romolo, ma, togliendo un giorno da ciascuno dei sei mesi che ne avevano 30 (facendoli così diventare dispari), portò a 57 giorni il totale di quelli che i mesi di gennaio e febbraio dovevano spartirsi. A gennaio vennero assegnati 29 giorni e a febbraio 28. Degli undici mesi con un numero dispari di giorni, quattro ne avevano 31 e sette ne avevano 29. Poiché i numeri pari erano ritenuti sfortunati, febbraio fu considerato adatto come mese di purificazione. Esso fu diviso in due parti, ciascuna con un numero dispari di giorni: la prima parte finiva il giorno 23 con i Terminalia, considerati la fine dell'anno religioso, mentre i restanti cinque giorni formavano la seconda parte. In origine il primo mese dell'anno era considerato marzo, ma nel 154 a.C. i consoli entrarono in carica a gennaio per fronteggiare una ribellione. William Warde Fowler sostiene che gli ufficiali religiosi continuarono a ritenere però marzo come il primo mese. Mese intercalare Al fine di mantenere l'anno del calendario allineato all'anno tropico, veniva aggiunto di tanto in tanto, ma perlopiù ad anni alterni, un mese intercalare, il mercedonio (Mensis Intercalaris, anche noto come Mercedonius o Mercedinus). Esso era inserito al termine della prima parte di febbraio (la cui durata quindi restava di 23 giorni). I 22 giorni inseriti a cui venivano aggiunti i 5 giorni della seconda parte di febbraio componevano un mercedonio di 27 giorni: le sue none cadevano il quinto giorno e le idi il tredicesimo giorno. In questo modo, non si verificavano cambiamenti nelle date e nelle festività. L'anno intercalare, con l'aggiunta del mercedonio, risultava di 377 o 378 giorni, a seconda che esso iniziasse il giorno dopo o due giorni dopo i Terminalia. La decisione di inserire il mese intercalare spettava al pontefice massimo e in genere veniva inserito ad anni alterni. Inizialmente il mese intercalare era inserito con lo schema: anno normale, anno con mercedonio di 22 giorni, anno normale, anno con mercedonio di 23 e così via. Successivamente, per correggere lo sfasamento della corrispondenza tra mesi e stagioni dovuta all'eccesso di un giorno dell'anno medio romano sull'anno solare, l'inserimento del mese intercalare fu modificato secondo lo schema: anno normale, anno con mercedonio di 22 giorni, anno normale, anno con mercedonio di 23 e così via per i primi 16 anni di un ciclo di 24. Negli ultimi 8 anni l'intercalazione avveniva solo con mese mercedonio da 22 giorni, tranne l'ultima intercalazione che non avveniva: anno da 355, anno da 377, anno da 355, anno da 377, anno da 355, anno da 377, anno da 355, anno da 355. Il risultato di questo schema ventiquattrennale era di una grande precisione per l'epoca: 365,25 giorni, come risulta dal seguente calcolo: Tuttavia, nel corso del tempo, numerosi pontefici massimi, invece di seguire scrupolosamente lo schema del ciclo di 24 anni, si arrogarono il diritto di aggiungere e sopprimere il mese intercalare a loro piacere, in maniera arbitraria. Da ciò ne conseguì, nel corso dei secoli, un sempre più crescente sfasamento della corrispondenza tra mesi e stagioni, tanto che all'epoca di Giulio Cesare (I secolo a.C.) i mesi che avrebbero dovuto corrispondere all'inverno cadevano in realtà in autunno. Lo stesso Cesare, una volta rivestita la carica di pontefice massimo, volle porre rimedio allo sfasamento che si era nel frattempo creato, e nel 47 a.C. incaricò un astronomo alessandrino, Sosigene, di riformare il calendario romano. Sosigene, per correggere lo sfasamento di ben 67 giorni creatosi nel corso dei secoli a causa dell'arbitrio dei pontefici massimi, propose di aggiungere, oltre alla già prevista intercalazione di 23 giorni, due ulteriori mesi all'anno 46 a.C., che dunque fu eccezionalmente di ben 15 mesi (corrispondenti a 456 giorni). Secondo Svetonio, infatti: A partire dal 46 a.C. entrò in vigore il Calendario giuliano ideato da Sosigene, che, seppur in un ciclo di soli 4 anni (3 normali da 365 + 1 bisestile da 366), aveva la stessa precisione del calendario di Numa: 365 giorni e 1/4. Per migliorare davvero la precisione del calendario civile, avremmo dovuto attendere il 1582 d.C., quasi 23 secoli dopo Numa, con il Calendario gregoriano. Calendario giuliano Il calendario di Numa Pompilio venne riesaminato quando ad essere pontefice massimo fu Giulio Cesare: venne così istituito, nel 46 a.C., il calendario giuliano. Quest'ultimo eliminò il mese di mercedonio, portò la durata dell'anno a 365 giorni e introdusse l'anno bisestile: le riforme al calendario giuliano furono completate sotto il suo successore Augusto, che lo rimise in ordine dopo le guerre civili. Quintilis fu ribattezzato Iulius nel 44 a.C. in onore a Giulio Cesare e Sextilis fu ribattezzato Augustus nell'8 a.C. in onore allo stesso Augusto, in quanto quest'ultimo durante questo mese era divenuto per la prima volta console e aveva ottenuto grandi vittorie. Il calendario giuliano rimase in vigore per molti secoli anche dopo la caduta dell'impero romano, sostituito solo nel 1582 dal calendario gregoriano. I giorni Nel calendario romano, tre erano i giorni che avevano un loro nome peculiare. Il primo era il giorno delle calende, da cui deriva la parola calendario: individuava il primo giorno di ogni mese. Gli altri due erano le none e le idi, mobili a seconda della durata del mese: in marzo, maggio, quintile e ottobre, le none cadevano il settimo e le idi il quindicesimo giorno mentre negli altri mesi esse cadevano il quinto ed il tredicesimo giorno. Questo sistema era in origine basato sulle fasi lunari: le calende erano il giorno della luna nuova, le none erano il giorno del primo quarto (mezza luna), le idi il giorno della luna piena. Il modo di indicare una data era molto differente da quello attualmente in vigore. I Romani non contavano i giorni a partire dall'inizio del mese (primo, secondo, terzo, ..., giorno dall'inizio del mese), ma contavano i giorni mancanti alle calende, none o idi, a seconda di quali di esse fossero più prossime, un po' come quando si contano i giorni mancanti alla data di un particolare evento molto atteso. Essi, inoltre, contavano tutto incluso (cioè comprendevano nel conteggio anche i giorni di partenza e di arrivo): così, ad esempio, il 3 settembre era considerato il terzo, e non il secondo, giorno prima delle none, quando queste cadevano il 5. Guardando la tabella si può notare come, contando tutto incluso, non esistesse la possibilità di dire: "il secondo giorno prima di..." Il giorno precedente a queste date fisse era indicato con l'avverbio pridie (il giorno precedente) seguito da Kalendas, Nonas, Idus (in caso accusativo). Ad esempio il 14 luglio era detto pridie Idus Iulias, il 6 marzo pridie Nonas Martias. Il giorno successivo alla data fissa si indicava con l'avverbio postridie e poi con il caso accusativo (ad esempio l'8 marzo era detto postridie Nonas Martias). Pertanto, i mesi di marzo, maggio, luglio e ottobre con le idi cadenti il 15, avevano 31 giorni, come avviene anche attualmente, mentre gli altri ne avevano 29, a differenza di oggi che ne hanno 30, eccetto febbraio che ne aveva 28. Per riallineare l'anno di calendario con l'anno solare fu aggiunto il mese di mercedonio di 22 o 23 giorni: questa aggiunta doveva verificarsi ad anni alterni, ma non fu sempre così e ciò rese necessario apportare delle riforme. I mesi La riforma di Numa Pompilio, con l'introduzione di gennaio e febbraio, portò da 10 a 12 il numero di mesi originariamente istituiti da Romolo. Essi erano: Gli anni L'anno romano aveva inizio il 1º di marzo, come si ricava dai nomi dei mesi in latino che seguono Iunius (giugno), iniziando da Quintilis, cioè il Quinto (mese). Non si conosce il momento in cui si passò a considerare il 1º gennaio come l'inizio dell'anno. Alcuni autori antichi attribuirono la decisione a Numa Pompilio, mentre Marco Terenzio Varrone, sulla base di un commentario di Marco Fulvio Nobiliore (console 159 a.C.) sui fasti da lui stesso posti nel tempio di Ercole e le Muse nel 153 a.C., sosteneva che, poiché il nome gennaio (presente in questi fasti) deriva dal dio Giano bifronte, e quindi di frontiera (in questo caso tra due anni), tale innovazione fu introdotta a partire dal 153 a.C. Un calendario risalente alla tarda repubblica romana prova che l'anno iniziava a gennaio prima della riforma introdotta dal calendario giuliano. Agli inizi della Repubblica romana, gli anni non venivano contati: essi erano individuati con il nome del console che era in carica (per la corrispondenza si veda Consoli repubblicani romani). Per cui non si individuava l'anno con un'indicazione numerica, ma con i nomi dei consoli in carica. Successivamente, nella tarda Repubblica, si cominciò a contarli dalla fondazione di Roma (ab Urbe condita), avvenuta secondo la tradizione nel 753 a.C.. Perciò in alcune iscrizioni il numero dell'anno è seguito dall'acronimo AVC, che significa appunto Ab Urbe Condita (la lettera V rappresenta la U). Durante il tardo Impero romano si usò anche contarli dall'insediamento di Diocleziano con la sigla AD che sta per Anno Diocletiani da non confondere con la sigla A.D. usata nel medioevo con il significato di Anno Domini. Il ciclo nundinale I Romani, così come gli Etruschi, adottavano una settimana di 8 giorni, i quali erano contrassegnati con le lettere dalla A alla H. Dato che l'anno iniziava sempre con la lettera "A", ogni data era sempre contraddistinta dalla stessa lettera. A questo scopo anche il giorno addizionale, che veniva inserito negli anni bisestili dopo il 24 febbraio, aveva la stessa lettera del giorno precedente. Tale settimana veniva chiamata ciclo nundinale ed era cadenzata dai giorni di mercato, che si svolgevano ogni otto giorni. Essi erano le cosiddette nùndine (dal lat. nundinae, composto da novem nove e dies giorno,) da cui l'aggettivo nundinale per scandire la periodicità settimanale di "nove giorni" (dovuta al conteggio tutto incluso dei Romani, laddove oggi diremmo periodicità di otto giorni). Poiché la durata dell'anno non era un multiplo di 8 e tenendo conto che esso iniziava sempre con la lettera "A", si aveva che la lettera per il giorno di mercato (nota come lettera nundinale), pur rimanendo costante durante tutto l'anno, non era la stessa al passare degli anni. Infatti nel calendario pregiuliano l'anno ordinario di 355 giorni era composto di 44 periodi nundinali (completi di 8 giorni) più 3 giorni residui (la lettera finale dell'anno era pertanto la "C"), nel calendario giuliano l'anno ordinario (di 365 giorni) era composto di 45 periodi nundinali più 5 giorni residui (la lettera finale dell'anno era dunque la "E"). Volendo fare un esempio, se la lettera per i giorni di mercato di un dato anno era stata la "H" e l'anno era di 355 giorni, l'ultimo giorno di mercato nell'anno era il 352-esimo e la lettera nundinale per il giorno di mercato dell'anno successivo diventava la "E". Il ciclo nundinale scandiva la vita romana: sebbene esistessero tanto mercati giornalieri (macella) quanto fiere periodiche (mercatus), le nundinae erano i giorni nei quali la gente di campagna interrompeva il lavoro nei campi per andare in città a vendere i propri prodotti. Era un'occasione per informare la popolazione del contado degli atti amministrativi. L'importanza delle nundine era tale che fu approvata una legge nel 287 a.C. (la Lex Hortensia) che vietava i comizi e le elezioni in quel giorno, sebbene consentisse lo svolgimento delle cause, e questo perché i cittadini dalla campagna non fossero costretti a raggiungere appositamente l’Urbe per comporre le loro liti, ma lo potessero fare negli stessi giorni nei quali già venivano per il mercato. Agli inizi del periodo repubblicano nacque la superstizione che portasse sfortuna cominciare l'anno (calende di gennaio) con un giorno di mercato. Era anche considerato pericoloso che il giorno di mercato coincidesse con le none di ciascun mese, dal momento che, in quell'occasione si tenevano le celebrazioni per l’anniversario della nascita di Servio Tullio (si sapeva che era nato nelle none, ma non di quale mese); in particolare si temeva che nell'occasione, potessero avvenire dei tumulti tesi a riportare un re sul trono. Il pontefice massimo, a cui spettava la gestione del calendario, adottava le opportune misure per evitare che ciò accadesse. Poiché durante la Repubblica il ciclo nundinale era rigidamente di otto giorni, le informazioni sulle date dei giorni di mercato rappresentano uno degli strumenti più importanti in nostro possesso per determinare a quale giorno del calendario giuliano corrisponde un determinato giorno del calendario romano. Il ciclo nundinale venne successivamente sostituito dalla settimana di sette giorni, entrata in uso agli inizi del periodo imperiale, dopo l'avvento del calendario giuliano. Il vecchio sistema di lettere nundinali viene comunque utilizzato ancora oggi, riadattato per la settimana di sette giorni (cfr. lettera dominicale). Per qualche tempo la settimana e il ciclo nundinale coesistettero, ma quando la settimana fu ufficialmente istituita da Costantino I nel 321 d.C., il ciclo nundinale era già caduto in disuso. Costantino sostituì la dies solis (giorno del sole) con la dies dominica (giorno del Signore), effettuando un compromesso tra mondo pagano e mondo cristiano. Infatti, la durata di sette giorni corrispondeva alle attese dei cristiani, che ottenevano l'ufficializzazione della settimana ebraica, mentre ai giorni venivano dati i nomi degli dei pagani. I cristiani affiancarono le proprie denominazioni ad alcune denominazioni ufficiali dei giorni, in particolare per il sabato e la domenica. Le ore Per i Romani il giorno iniziava al levare del sole: l'intervallo di tempo compreso tra l'alba e il tramonto veniva diviso in 12 ore (horae). In altri termini, il periodo di luce della giornata veniva diviso in 12 ore, indipendentemente dal fatto che ci si trovasse in estate o inverno. Questo comportava che la durata delle ore era variabile: all'equinozio un'ora "romana" durava quanto un'ora attuale, mentre al solstizio d'inverno essa era più corta e in quello d'estate più lunga. Lhora prima era la prima ora dell'alba, lhora duodecima era l'ultima ora di luce al tramonto, mentre il punto mediano identificava lhora sexta o meridies (mezzogiorno). Nella vita militare la notte era divisa in 4 vigiliae (prima vigilia, secunda vigilia, tertia vigilia e quarta vigilia) o turni di guardia, ciascuna di 3 ore in media. Nella vita civile si usavano dei termini più generici per indicare le varie parti della notte. Si riporta una tabella approssimativa di corrispondenza delle ore. Festività Note Bibliografia Jérôme Carcopino, La vita quotidiana a Roma Angelo Brelich, Calendari festivi, Editori Riuniti university press, Roma, 2015 www.saturniatellus.com, Kalendarium, https://www.saturniatellus.com/kalendarium/ Paolo Casolari, Roma dentro, MMC Edizioni, Roma, 2013, pagg. 35-58, 275-298 Voci correlate Calendario giuliano Calendario gregoriano Cronografo del 354 (Calendario di Filocalo) Altri progetti Collegamenti esterni Il calendario di Furio Dionisio Filocalo
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https://it.wikipedia.org/wiki/Costante%20fisica
Costante fisica
Una costante fisica è una grandezza fisica oppure un numero adimensionale che è universale in natura e indipendente dall'istante e dal luogo in cui viene misurata (costante di natura). A differenza di una costante matematica (adimensionale), una costante dimensionale è sempre eliminabile dalle equazioni, a patto di scegliere un sistema di unità naturali. Rimangono molte costanti dimensionali nelle equazioni fondamentali della fisica. Le costanti sono prevalentemente grandezze dimensionate, anche se ci sono esempi di costanti matematiche, come per esempio il rapporto tra la masse del protone e la massa dell'elettrone o la costante di struttura fine. Sono spesso legate ad un'interpretazione di un fenomeno, oppure assumono significato specifico all'interno del modello teorico che le definisce. Costanti dimensionali Il valore numerico delle costanti fisiche dimensionali dipende dal sistema di unità di misura usato, per esempio il Sistema Internazionale o il Sistema CGS. Tali sistemi scelgono arbitrariamente come unità grandezze che non rappresentano la misura di un fenomeno fisico universalmente valido, ma grandezze "comparabili" con quelle dell'esperienza umana; nella definizione delle unità di misura "umane" sulla base di fenomeni fisici universali sono introdotti dall'uomo coefficienti arbitrari, come per esempio il numero 9192631770 nella definizione di secondo, coefficienti che hanno lo scopo di avere a disposizione un'unità di misura "maneggevole". Risulta pertanto evidente che i valori numerici delle costanti fisiche espressi in unità di misura che hanno un elemento di arbitrarietà introdotto dall'uomo, come per esempio quello della velocità della luce c espresso in metri al secondo (299792458), non sono valori che le teorie fisiche possono predire. Utilizzando dei sistemi di misura basati su "standard extraumani", come le unità naturali o quelle successivamente proposte da Max Planck, queste costanti invece non figurano. I rapporti di grandezze fisiche simili non dipendono dal sistema di misura, quindi sono numeri puri il cui valore potrebbe essere predetto da una teoria fisica. Inoltre tutte le equazioni che descrivono leggi fisiche possono essere espresse senza l'uso di costanti fisiche dimensionali, mediante un processo chiamato adimensionalizzazione e usando solo costanti adimensionali. I fisici teorici tendono a considerare queste quantità adimensionali come costanti fisiche fondamentali. Tuttavia l'espressione costante fisica fondamentale è anche usata in altri modi. Per esempio il National Institute of Standards and Technology la usa per riferirsi a qualsiasi costante universale che si ritiene essere costante, come la velocità dalla luce . La costante di struttura fine α è probabilmente la costante fisica fondamentale adimensionale più conosciuta. Non è noto perché assuma proprio il suo valore che è stato misurato e vale circa 1/137.035999. Molti tentativi sono stati fatti per derivare questo valore dalla teoria, ma nessuno ha avuto successo. Lo stesso vale per i rapporti delle masse delle particelle fondamentali, il più semplice vale circa 1836.152673. Tuttavia nel XX secolo, con lo sviluppo della chimica quantistica, un vasto numero di costanti adimensionali sono state predette dalle teorie e quindi molti fisici teorici sperano di riuscire a spiegare in futuro i valori della costanti fisiche adimensionali. Se le costanti fisiche avessero valori diversi l'universo sarebbe molto diverso da come lo osserviamo. Per esempio un piccolo cambiamento di pochi punti percentuali del valore della costante di struttura fine sarebbe sufficiente per eliminare stelle come il Sole. Questo ha portato alla formulazione del principio antropico come spiegazione del valore delle costanti adimensionali. Quanto le costanti fisiche sono costanti? Alcuni scienziati hanno speculato che le costanti fisiche possano variare con l'età dell'universo. Nessun esperimento scientifico ha potuto falsificare l'ipotesi di costanza nel tempo, ma si è riusciti a porre un limite superiore alla variazione massima relativa, per esempio circa 10−5 per anno per la costante di struttura fine e 10−11 per la costante di gravitazione universale. Paul Dirac nel 1937 ipotizzò che la "costante" di gravitazione universale fosse inversamente proporzionale all'età dell'universo; questa ipotesi fu dimostrata inattendibile nel 1948 da Edward Teller, poiché avrebbe comportato nel passato che la Terra fosse molto più calda e che gli oceani sarebbero stati in ebollizione fino a 200/300 milioni di anni fa, quindi la vita come la conosciamo non sarebbe apparsa. George Gamow suggerì successivamente che la carica elementare crescesse proporzionalmente alla radice quadrata dell'età dell'universo, ma anche questa ipotesi fu scartata poiché il valore di in passato sarebbe stato troppo piccolo per consentire la nascita di stelle come il Sole. Principio antropico Alcuni fisici hanno calcolato che se alcune costanti fisiche fossero leggermente diverse il nostro universo sarebbe radicalmente diverso, tale che una forma di vita intelligente analoga alla nostra probabilmente non si sarebbe potuta sviluppare. Il principio antropico debole afferma che solo grazie al fatto che le costanti fisiche assumono certi valori è possibile che si sviluppi la vita intelligente che è in grado di osservare la natura e di ricavare i valori delle costanti. Per esempio per il processo tre alfa le costanti che determinano la forza elettromagnetica e la forza nucleare devono stare in un ridotto corridoio di variazione affinché l'abbondanza relativa di carbonio e ossigeno prodotta all'interno delle stelle non sia totalmente sbilanciata dall'una o dall'altra parte. In merito alle costanti fondamentali il principio antropico è basato soprattutto su un'argomentazione statistica per cui è estremamente improbabile che: una variabile continua cada nell'unico intervallo di valori ammissibili per la vita; cada in un intervallo che è infinitamente piccolo, ossia "centri" il valore necessario per la vita con una precisione infinitesima; un evento così improbabile si ripeta ben cinque volte, per ogni costante fondamentale, sembrando queste costanti eventi indipendenti, non legati ad oggi da una relazione fisica unificante. Il principio antropico può essere poi esteso all'evoluzione dell'universo rilevando i numerosi passaggi biologici e chimici indispensabili alla vita, che potevano non avvenire o verificarsi in diversa sequenza e tempistiche, in modo da compromettere la stessa comparsa di forme viventi. La teoria fisica non deduce per via teorica un valore di queste costanti, né un intervallo in cui esso deve essere compreso, né delle relazioni quantitative fra di esse. Non è poi stato dimostrato che si tratta di grandezze discrete, ovvero che possiedono un numero finito di valori ammissibili, fra i quali quello misurato negli esperimenti. La probabilità che una variabile continua assuma un valore fra infiniti possibili è statisticamente zero. L'interrogativo si apre quanto più questo fatto si verifica su un numero non trascurabile di costanti fondamentali che sembrano indipendenti, e con una precisione infinitesimale di queste. La probabilità che tante costanti (discrete, o ancor più, se continue) indipendenti, assumano il valore atteso per la vita intelligente, è pari al loro prodotto, e decresce rapidamente a zero. L'unificazione delle forze della fisica spera di spiegare le leggi fisiche deducendole da un'unica legge fondamentale, e di conseguenza, di ricondurre tutte le costanti ad una. In questo modo, il valore favorevole alla vita e la precisione millesimale delle costanti sarebbero giustificati con un solo numero, senza la "frequenza anomala" che ad oggi viene registrata. Altri fisici postulano una teoria degli infiniti universi, governati dalle stesse leggi fisiche del nostro universo, ma con valori differenti delle costanti. Un infinito numero di universi (finiti) potrebbe esplorare tutti i valori ammissibili delle costanti fondamentali, e quello in cui viviamo, essere l'unico dei tanti favorevole alla vita. La teoria ammette implicitamente che esiste un grado di indeterminismo nelle costanti fondamentali, le quali possono assumere un numero finito/infinito di valori ammissibili. La teoria degli infiniti universi ha un limite nel postulato di semplicità e uniformità della scienza newtoniana, perché per spiegare un universo con vita intelligente, postula l'esistenza di infinite altre realtà non ancora misurate. Tabella di costanti fisiche Di seguito sono riportate denominazioni e valori misurati di varie costanti fisiche. Note Bibliografia Peter J. Mohr and Barry N. Taylor, "CODATA Recommended Values of the Fundamental Physical Constants: 1998," Journal of Physical and Chemical Reference Data, Vol. 28, No. 6, 1999 and Reviews of Modern Physics, Vol. 72, No. 2, 2000. Voci correlate Costante matematica Notazioni matematiche Principio antropico Altri progetti Collegamenti esterni Archivio fisico di riferimento americano: è un database gestito dal NIST (National Institute of Standards and Technology) consultabile liberamente che contiene moltissime costanti fisiche corredate di unità di misura ed incertezza.